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Sai Baba - non durerà

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cielo
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Sai Baba - non durerà

Messaggio da cielo » 01/07/2017, 21:56

Il brano che segue, con relativa presentazione, è stato pubblicato nel forum pitagorico anni fa e riporta un discorso in cui Sai Baba racconta un episodio in cui Krishna consegna a Dharmaraja, il maggiore dei fratelli Pandava, un bigliettino con un'indicazione da seguire in caso "perdesse la bussola".
I Pandava, consapevoli della morte imminente di Krishna, si preparavano ad abbandonare il corpo anche loro, viaggiando verso nord fino allo stremo delle forze.

Lo riposto ora perchè qualche notte fa ho fatto un sogno curioso durante il quale Bodhananda, giovane e luminoso, mi si avvicinava per mettermi un bigliettino in tasca e poi si allontanava rapido con un gesto di saluto dicendomi che aveva molto da fare.
In una visione duale come la mia, ho avuto la sensazione di incontrare per un attimo un amico durante un breve atterraggio.
Riguardo ai sogni, creazioni della mente che lavora ancora mentre il corpo è in stand by creando un soggetto percipiente, Bodhananda mi domandava sempre, quando li raccontavo: "Eri consapevole?"

Ho sempre pensato che per avere consapevolezza di sogno bisognerebbe sviluppare nello stato di sogno il medesimo distacco che si rende necessario nella veglia, insieme alla discriminazione tra reale e irreale, relativo e assoluto.
E' la medesima sadhana: autoosservazione, centrarsi sulla consapevolezza osservante.
Mi rendo conto che sono davvero pochi i momenti in cui so che in sogno ero consapevole di esistere, testimone e osservatrice degli eventi, non coinvolta e distaccata, tanto da ricordarli con la stessa vividezza degli accadimenti di veglia, senza differenza.

Giusto stasera un amico a cui avevo raccontato il sogno giorni fa mi ha chiesto al brucio: "Ma allora che cosa c'era scritto in quel bigliettino che Bo ti ha messo in tasca?"
"Non lo so!" Ma subito mi è venuto da dire: "Ricorda la storia del bigliettino che Krishna diede a Dharmaraja: non durerà".
La trovo una bella storia e la condivido volentieri.
A seguire un commento di Teano.



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Ho trascritto, parzialmente, un discorso di Sai Baba del 1963 che mi ha molto colpito, soprattutto la storia sulle vicende legate alla dipartita di Krishna, vicende e aneddoti che, come dice Sai Baba stesso, non troverete sui libri o nelle esegesi e nei commentari degli studiosi, perchè si tratta di ricordi di prima mano, di quando l’Avatar vestiva quegli altri panni divini.

Il discorso non è presente sul web ed è disponibile nel volume III dei Discorsi di Satya Sai Baba, recentemente riedito da Mother Sai publications che ha revisionato, con un ottimo servizio (ha aggiunto note e completato le annate con discorsi inediti) i primi tre volumi di questi discorsi già disponibili in una precedente edizione.
Avendo tutti e due i libri ho fatto un mix delle due traduzioni italiane e devo dire che, nel complesso, preferisco l’edizione più vecchia perché il linguaggio è più diretto, più vicino, secondo me, allo stile di Sai Baba quando parla alle folle.
Con la parola “discorsi”, soprattutto per anni precedenti al 1963 quando inizia a strutturarsi ufficialmente l'Organizzazione Satya Sai indiana, che supporterà Sai Baba nei suoi viaggi in giro per l'India, ci si riferisce alla traduzione degli appunti presi in inglese dal Prof. Kasturi, il biografo ufficiale di Sai Baba, durante gli incontri pubblici tenuti da Bhagavan a folle eterogeee, o a Prashanti Nilayama (la dimora di pace infinita) o nelle varie città visitate. In quegli anni Sai Baba girava molto per tutta l’India, andò anche in Kashmir e nella regione himalayana.
E’ stato Sai Baba stesso a scegliersi Kasturi come biografo e viene detto anche come madre nella sua futura incarnazione come Prema Sai.

Discorso del 26 ottobre 1963 (revisioni e note sono mie).


Non durerà

La cosa più stana è che nessuno conosce se stesso e nessuno si sforza di farlo, neanche coloro che spendono la vita intera a cercare di conoscere gli altri.

Il vostro Sè è qualcosa di più sottile dell'acqua, dell'aria e persino dello spazio; deve pervadere l'occhio per permettervi di vedere, deve essere nella mano in modo che possa afferrare, deve essere nei piedi affinchè possiate camminare.

I sensi sono materia inerte e l'"Io" deve operare in modo che possano funzionare.
Quell'"Io" è Brahman, erroneamente creduto separato da se stessi!

Lo spazio racchiuso in un vaso e lo spazio interno ad un monastero sono identici allo spazio esterno dell'immenso cielo; solo i "contenitori", ovvero il vaso e il monastero, continuano a dare l'illusione della separazione.

I sensi sono dei furfanti perchè provocano l'illusione che voi siate il "contenitore" (upadhi), cioè il corpo.
Imbrigliateli come si sottomette il toro con l'anello al naso, il cavallo con il morso in bocca, l'elefante con il pungolo.

Quando i Pandava stavano attraversando le regioni himalayane, andando incontro alla loro fine [dopo la notizia della dipartita dal mondo di Krishna i cinque fratelli Pandava decisero di abbandonare il regno lasciandolo alla cura del piccolo Parikshit e iniziarono a camminare verso Nord, ininterrottamente, fino alla morte] Dharmaraja* era ancora tormentato da inquietudini mentali, quindi pregò Krishna di trascorrere un po’ di tempo con loro.

Alla sua partenza [quando si accomiatò definitivamente dai Pandava per tornare a Dvaraka] Krishna diede a Dharmaraja un appunto da leggere ogni volta provasse gioia o dolore.

Il bigliettino diceva: “Questo non durerà!”

Ecco un metodo con il quale calmare le agitazioni della mente.
Prendete la vita nel mondo come un dovere che vi è stato imposto: voi ora siete in prigione, condannati per crimini commessi nelle altre vite.
Il Soprintendente assegna vari compiti: cucinare, attingere l’acqua, spaccare la legna, ecc…
Dovete svolgere il lavoro assegnatovi al meglio delle vostre capacità, senza aspettarvi nessuna ricompensa.
Se vi comportante bene, se non causate problemi, se fate il vostro dovere senza esitazioni, forse un giorno la vostra condanne sarà annullata e sarete liberati prima del tempo con un certificato di affidabilità e di buona condotta.
Questa attitudine vi darà modo di praticare il nishkama karma [l’azione compiuta senza il desiderio dei frutti, il compimento di azioni non egoistiche e disinteressate]* che è molto valido per controllare i sensi.

Certe persone, quando sentono parlare di Dio, dicono: "Crederemo quando Lo avremo visto!”
Quando i Pandit (gli studiosi vedici) si recheranno nei villaggi per svolgere la loro missione di diffondere la verità dei Veda, si sentiranno rivolgere questa domanda, alla quale dovranno rispondere: “Io non crederò che voi soffrite fino a quando non avrò visto la vostra sofferenza con i miei occhi!”
Dio è beatitudine, come può la beatitudine essere vista o mostrata? Ci crediate o no, due più due fa sempre quattro.
Potreste essere o no d’accordo, ma questo è un fatto provato dal’esperienza. Può essere detta la stessa cosa per ciò che riguarda l’esperienza di Dio.

Dovete vivere con il pensiero costante in Dio e nella morte.
Il corpo è il veicolo che vi conduce verso la morte. Potreste incontrarla in ogni momento, mentre state guidando; può venire da un albero, da un autocarro o da una scivolata nel fango.
Ricordatevi che dovete morire!
Ricordatevi che il tempo si consuma ad ogni istante, così non sarete tentati di perderlo in discorsi inutili o in divertimenti volgari.

In auto dovete guidare con attenzione, lentamente, con il dovuto riguardo per quelli che viaggiano sulla stessa strada, non cercate di sorpassarli o di competere in velocità; siate consapevoli dei limiti del vostro veicolo e della strada, così non avrete incidenti e il vostro viaggio sarà un’esperienza felice per voi e per gli altri.
(…)

Prima di assumervi degli impegni (insegnare, riformare, ricostruire e fare molte altre cose), anzitutto aiutate voi stessi, miglioratevi, poi imparate a ricostruirvi e dopo potrete cercare di risolvere i problemi degli altri.
Questa ricostruzione è abbastanza facile, purchè analizziate con calma la vostra personalità: “Sono il corpo, o i sensi, la mente o l’intelletto?”
(…)
Prashanti Nilayam, 26 ottobre 1963.



*Si racconta che alla morte di Krishna, che segna l’inizio della nostra era (l’era di Kali) i cinque fratelli Pandava sconvolti decisero di abbandonare il governo del regno al piccolo Parikshit, figlio di Abhimanyu, a sua volta figlio di Arjuna. Dopo l’incoronazione e l'insediamento sul trono di Hastinapura di questo re bambino, disperato per le responsabilità che gli venivano lasciate, tutti i fratelli Pandava e Draupadi, moglie di Arjuna, partirono. Dharmaraja, il più vecchio dei Pandava, cominciò a camminare in direzione nord; gli altri lo seguirono, uno dietro l'altro.
Dopo aver camminato per una certa distanza, senza guardarsi tra loro o parlarsi, caddero morti ad uno ad uno: Nakula, poi Sahadeva, poi Bhîma, Arjuna e anche Draupadī.
Dharmaraja invece rimase imperturbabile e proseguì da solo fino all'incontro con Yama Dharmaraja, il suo omonimo Dio della Morte, che lo portò a farsi un giro all’inferno prima di collocarlo definitivamente in Paradiso, ma questa è un’altra storia…


da Teano » 08/08/2011, 13:49

Rimango sempre piacevolmente stupito della completezza dell'insegnamento di Satya Sai Baba.
Non sapevo di questo discorso, anche se il volume III dei suoi discorsi lo ricordo come quello che mi stimolò ad approfondire il Vedanta.

Il "non durerà" è stato uno strumento fondamentale in una certa fase della vita di questo aspirante, anche se da cane sciolto lo vivevo a mio modo. Lo chiamavo l' "Asso di coppe" (credo che venga fuori dai circoli del gioco d'azzardo di Las Vegas).

Mi dicevo che per quanto possa essere dura, c'è sempre la scelta di terminare tutto all'istante. La possibilità (e apparente libertà) di porre termine alla vita è stata veramente un toccasana e una forza che ho avuto sempre presente.

Buffo scoprire che Sri Ramakrishna realizzò la Madre Divina nel momento in cui disperato decise di giocarsi l'Asso di Coppe...

cielo
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Il bigliettino

Messaggio da cielo » 06/08/2022, 21:34

Ieri è capitato che, scambiando con una amica, sia tornato fuori nel discorso il famoso bigliettino che Bo mi mise in tasca, dopo la morte del suo corpo ( 2017).
Il sogno l'ho raccontato sopra, ma mi sono accorta che non ho scritto che cosa c'era scritto sul bigliettino e, visto che la mia amica logicamente me l'ha chiesto e le ho risposto, ho pensato di condividere qui il nostro dialogo.
Dopo più di un lustro, vado oltre la riservatezza, questo pubblico silente, in fondo, lo sento fatto di amici e di amiche, di viandanti come me.
Chissà che un giorno qualcun altro mi inviti ad ascoltare una sua canzone intorno al fuoco di un improvvisato bivacco.

PS: Quello è un bigliettino magico, ogni tanto mi sogno (anche da sveglia) una nuova parola da aggiungere.
Divertente. Ce ne sono 4 o 5. L'ultima è fiducia.


Immagine


Dialogo A. e B (2022).

A. Una volta Bo mi disse che stavo facendo una pratica troppo spinta perché ero disequilibrata. Stetti zitta. Non sapevo cosa rispondere. Non stavo facendo nessuna pratica.

B. La vita è la pratica e forse voleva dirti che stavi vivendo in modo troppo spinto. E solo tu puoi capire in che senso eri disequilibrata. E come sarebbe stata una vita non spinta

A. Grazie grazie grazie!
Mi hai dato quel tassello che mi mancava da 5 anni e non riuscivo ad afferrare. Lo sapevo, me lo dicevo ma non integravo. Ora sì.

B. Ne sono contenta. Integrare è impegnativo, devi svuotare, non riempire. Eppure sempre impegnati a riempire la testa e così siamo pieni di tanti modi diversi nell'organizzare e proporre credenze sempre nuove. Spesso non realizzate, eppure correttamente descritte. Realizzare=rendere reale.

A. Per integrazione intendo altro. È difficile usare le parole: sono sempre interpretabili e questo può causare confusione. Integrare per me è unire tutte le singolarità delle maschere quotidiane in una sola che, a questo punto, ha la comprensione del “chi sono io” e quali sono gli impegni di vita che ancora non ho risolto e quali sono le distrazioni che mi impediscono di vedere.

B. Per quello che riguarda questa me, sto sempre a gestire il tempo tra il lavoro e lo svago (e il sonno post coma di assenza da vigile), ma trascurando di rimanere in quel silenzio dove finalmente il lago è un po' meno increspato.
Vedo che c'è un dolore profondo che non molla, resiste. È un attimo che il mondo che dichiaravi illusorio ed effimero (io sono Quello, sempre esistente, oltre nascita e morte) ti affonda, ma sei sempre tu che ti pensi affondabile.
E difatti affondo...

A. Ti capisco.
Sto affondando anche io con pensieri e preoccupazioni.
Questo voleva dirmi Bo. Non posso gestire tutto. Quel tutto che da una vita tengo sotto controllo e che adesso non posso più controllare, ma non posso mollare.
Vorrei lasciare tutto, lasciarmi andare. Ma Bo mi disse che, prima di lasciare, debbo risolvere quello che ho in ballo (la pratica spinta che tu mi hai fatto capire… che stupida sono a non averlo capito).
Il lago in cui stiamo è di acqua salata e l’acqua salata tiene a galla….
Basta poco per sorreggerci , basta anche un dito, un tocco leggero, una parola, uno scritto, un pensiero…. un abbraccio anche virtuale… che ci sorregge anche se annaspiamo…
Non sei, non siamo sole.
Smettiamo di pensarlo [di essere affondabili]. Ci riuscivamo, ci riusciremo ancora.
In pratica Bo mi dice che non posso accedere alla trascendenza finché non recido i legami che ho qui. Famiglia e lavoro. Ora ho solo la famiglia e a questo mi devo dedicare. Devo lasciar perdere ogni distrazione e concentrarmi e centrarmi sul chi sono.
Quante volte lo abbiamo detto e ridetto e mai compreso a fondo! Io chi sono? Sono una madre e, nel qui ed ora, anche una amica di qualcuno. Tutto il resto lo devo recidere: il cazzeggio e balle varie.
Dedichiamoci a quel che siamo. Avere più piedi in una scarpa non dà equilibrio.

B. Grazie, mi rincuori. Anche a me le cose che scrivi quasi sempre mi aprono gli occhi e mi mostrano una prospettiva nuova da cui guardare le cose. L'amicizia sincera aiuta.
Comunque, con altre parole, Bo a te disse la stessa cosa che disse a me mettendomi in tasca il bigliettino dopo la sua morte.

A. Quale bigliettino, se posso?

B: C'era scritto: " Risolvi le upadhi". Me lo sono "tradotto" a modo mio (visto che è a questo me che l'ha lasciato).
Risolvi le sovrapposizioni limitanti. I condizionamenti che si sovrappongono al Reale autoevidente, le guaine che avvolgono il bruco: i veicoli del jivātman. Non sei questi corpi condizionanti, non sei il nome e la forma ora che indossi, i ruoli e le maschere in metamorfosi.
Qualche giorno dopo la sua morte feci un sogno in cui lo incontravo faccia a faccia e mi guardava negli occhi mettendomi questo bigliettino in tasca come nella famosa storia del biglietto che Krishna mise in tasca al più vecchio dei fratelli pandava con scritto: Non durerà.Il bigliettino era da leggere quando uno si sentiva alla frutta...

Ma poi, cosa vuol dire risolvere?



I sensi sono dei furfanti perchè provocano l'illusione che voi siate il "contenitore" (upadhi), cioè il corpo.
Imbrigliateli come si sottomette il toro con l'anello al naso,
il cavallo con il morso in bocca,
l'elefante con il pungolo.

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