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Rudrākṣa

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cielo
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Rudrākṣa

Messaggio da cielo » 16/11/2016, 16:13

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Da millenni le tradizioni induiste considerano i rudrākṣamālā, i rosari di semi rudrākṣa potenti strumenti di guarigione e di illuminazione spirituale in quanto molte scritture tradizionali (shastra) ne elencano le proprietà medicinali, mistiche e astrologiche.

Nelle scritture si legge che le rudraksha hanno il potere di rimuovere i peccati, anche i più terribili, quali l’omicidio di un bramino, e di portare alla moksha allontanando e neutralizzando i desideri materiali e le loro rappresentazioni “sottili” (demoni, spiriti malvagi, streghe, fantasmi ed incantesimi).

La mitologia più antica (Shiva Purana e Padma Purana) racconta che l’albero è nato dalle lacrime di Rudra-Shiva, cadute al suo riaprire gli occhi dopo aver contemplato la distruzione, resasi necessaria, di tre città e aver a lungo meditato sulla sofferenza e salvezza del genere umano.

L’etimologia stessa del nome rudrākṣa lo ricorda: Rudra è lo Shiva primordiale il cui nome deriva dalla radice rud: urlo (Signore delle urla e delle lacrime) mentre akṣa in sanscrito significa occhio.
Nell’iconografia tradizionale, Rudra-Shiva viene rappresentato adornato di copiose rudrākṣa, che ne costituiscono quindi uno degli attributi caratteristici. Inoltre i frutti maturi dell'albero (le rudra sono la parte legnosa, il nocciolo del seme) hanno un bellissimo colore blu acceso, proprio il colore della gola del Dio.
In alcune rudrākṣa si nota il tridente di Shiva o la testa di un cobra.
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Nello Shiva Purana si racconta che Shiva venne pregato di sconfiggere i Tripurasura, tre demoni di potenza inimmaginabile che vivevano in tre cittadelle-fortezze (Pura) "costruiti nel cielo e rotanti nello spazio".
Queste città fortezze (tripura) erano sotto la protezione di Ganesha e non potevano essere distrutte se non nel momento in cui si fossero trovate allineate su un solo asse, momento che avviene soltanto una volta ogni mille anni (divini).

Pregato da tutti gli dei, Shiva decise di intervenire e distruggere i demoni e relative città.
Per questo si dedicò a un'austerità molto severa (tapasya) da praticare con gli occhi socchiusi (Ardha Nimeelita neetra).

Dopo un po' aprì gli occhi, concentrò lo sguardo sull'asse delle tre città che esplosero in un fragore di fuoco.
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A causa dello sforzo provocato dal tapasya, gli occhi di Shiva si riempirono di lacrime quando li riaprì per contemplare il disastro.

Dopo la distruzione delle tre città, Shiva Shambo, il benefico osservò l’eterna sofferenza che doveva sopportare il genere umano di generazione in generazione.

Così le lacrime cominciarono ad uscire dai suoi occhi ed ovunque caddero sulla terra, fecero nascere un possente albero di Rudraksha.

Le Rudrakṣa vengono pertanto considerate un dono di Shiva all’uomo, una manifestazione della sua compassione, un aiuto per alleviare le sofferenze dell’umanità.

Nello Shrimad Devi Bhagavatam è lo stesso Shiva che ne narra l’origine a suo figlio Kartikeya:

“Nei tempi antichi Brahma, Vishnu e tutti gli altri dei vennero da me per chiedermi di uccidere il demone Tripura perchè non riuscivano a sconfiggerlo. Immaginai quindi un’ arma terribile, che contenesse in se la forza di tutti gli dei. Per realizzarla, sono rimasto mille anni divini in meditazione, con gli occhi sempre aperti, dopo di che essi hanno cominciato a lacrimare, e da quelle gocce d’acqua è nato il grande albero delle Rudraksha, a beneficio di tutti”.

Nei vari Purana viene riportata più o meno sempre la medesima storia dello Shrimad, ma non si contano le varianti.
Come tutte le storie antiche anche la storia dell'albero di Rudraksha viene manipolata come argilla dalla fantasia dell'uomo.

Una storia popolare racconta che Parvati desiderava come ogni donna adornare il proprio corpo con gioielli e monili vari e perciò continuamente chiedeva al marito di provvedere.
Shiva non ne vedeva la necessità, ritenendoli inutili orpelli materiali, superflui ed infantili eludendo così anno dopo anno le richieste della moglie. Dopo tante insistenze, un giorno Shiva decise di soddisfare finalmente i desideri di Parvati, strinse i pugni, e dal cielo caddero nelle sue mani le Rudraksha; le dette quindi a Parvati, poiché ne facesse collane, braccialetti ed orecchini, dicendole che quelli erano i migliori gioielli che la moglie di un asceta poteva indossare.

Le proprietà e gli effetti benefici sull’uomo e sugli animali delle rudrakṣa sono indicate anche nella Rudraksha Jabalopanishad e nello Shrimad Devi Bhagavatam.

Secondo la medicina ayurvedica indossare dei semi di rudraksha porta, grazie alle loro proprietà elettromagnetiche, effetti benefici su cuore, sistema nervoso e pressione sanguigna oltre ad alleviare stress, depressione, ansia e stanchezza mentale, mentre la polpa viene somministrata per curare numerose patologie.

Nota botanica
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Le rudrakṣa sono il nocciolo (endocarpo) del frutto di un albero che ha lo stesso nome, Rudraksha (Elaeocarpus ganitrus), grande latifoglia sempreverde della famiglia delle tiliaceae che cresce dalla piana del Gange fino alle propaggini dell'Himalaya, in buona parte del Sudest asiatico (in particolare è presente a Giava e a Bali) e in Nepal e che si presenta esternamente come una bacca tondeggiante e bluastra, simile a un' oliva.

E’ una specie tropicale e sub-tropicale, probabilmente nativa di Nepal ed India, della Malesia e dell’Indonesia
Si ritrova pure in Cina, nel nord Australia, in Nuova Zelanda ed in Madagascar; in mancanza di studi approfonditi il suo areale naturale rimane comunque incerto, ed in diversi luoghi è stato presumibilmente introdotto, talora molti secoli fa, da viaggiatori e commercianti.

La popolazione naturale di Elaeocarpus ganitrus è in continua diminuzione, dato che è stato intensamente utilizzato per ricavare legna da ardere e legname per mobili. Attualmente è più diffuso in Nepal ed in Indonesia, mentre è divenuto alquanto raro in India. E’ albero ad accrescimento relativamente rapido, può raggiungere i trenta metri di altezza ed il metro e mezzo di diametro. Fiorisce in differenti epoche dell’anno, a seconda dell’area geografica in cui vive, producendo fiori biancastri, profumati e riuniti in densi racemi; i frutti maturano tra agosto e novembre, prendendo un bellissimo e vistoso colore blu.

I singoli semi all'interno di queste bacche hanno una superficie a meandri percorsa da un variabile numero di scanalature verticali, la colorazione può essere di sfumature diverse che vanno dal beige al nero, passando per varie tonalità di marrone e, rara se non unica particolarità botanica, sono attraversati da un naturale foro longitudinale.

Vengono da sempre composti in ghirlande, rosari, gioielli ed oggetti rituali in combinazione con metalli o altri materiali. Tra gli oggetti sacri hanno goduto di una considerazione e di un rispetto eccezionali e sono state indossate da santi e maestri, re e persone comuni.

Essendo dedicate a Shiva Mahakala, il Re degli yoghi che accosta i fuori casta, i lebbrosi, i pazzi, i mendicanti, possono essere indossate da tutti.

Nella tradizione popolare le collane o rosari, mala, e gli amuleti composti con questi semi, sono considerati oggetti di buon auspicio e dai poteri soprannaturali, che donano a colui che li indossa non soltanto benefici fisici ed “astrologici” (neutralizzazione delle correnti planetarie “avverse”), ma anche la preservazione da pensieri ed azioni impure.
In quanto agli effetti di tipo spirituale, esse concederebbero calma e pace mentale, divenendo un valido supporto per la meditazione e la pratica dello Yoga.
Ricerche in ambito accademico e non, hanno riconosciuto alle Rudrākṣa una notevole attività elettromagnetica che interagirebbe con il sistema nervoso periferico di chi le porta a contatto con la pelle.
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