«Sole che brucia.
Dev’essere mezzogiorno. Il sentiero non finisce di salire… malgrado la fame e la fatica continuo, del resto dove potrei sedermi? Da una parte la scogliera calcinata, dall’altra il precipizio.
Kapsokalivià è uno dei luoghi più scoscesi e aridi del Monte Athos.
Mi avevano detto:
“Da quella parte incontrerai degli eremiti, i più sono folli, sporchi o abbrutiti, ma vale la pena”
Io però rispondevo che non ero venuto al Monte Athos come in uno zoo per contemplare gli ultimi superstiti di una razza in via d’estinzione…Tuttavia mi chiedevo che cosa facevo lassù a quell’ora, su quel sentiero sassoso che sembrava non conducesse da nessuna parte…Semplice curiosità? Desiderio di vedere Dio concretizzato nella carne dell’uomo più che nella carta dei libri?
Scorsi allora una specie di capanna con una piccola terrazza, un monaco era là, in piedi, un rosario di lana annodato a mano.
Mentre mi avvicinavo, mi aspettavo indietreggiasse o almeno avesse un moto di sorpresa, ma no, il monaco si accontentò di sorridere, molto semplicemente, mise un dito davanti alla bocca facendomi così comprendere che dovevo rimanere in silenzio.
Il suo sguardo era strano.
Non riuscivo a distinguere il colore dei suoi occhi, occhi senza fondo.
Mentre cominciavo a provare in cuore una leggera vertigine, mi fece cenno di sedermi. Allora, inoltrandosi con passo rapido sul sentiero, mi lasciò solo di fronte al mare, di fronte ai miei pensieri, piuttosto perplesso.
Dopo un’ora e mezzo di snervante e preoccupata attesa, lo vidi ritornare. Teneva in mano una scatola di conserva colma d'acqua…
Compresi allora che aveva camminato tutto quel tempo sotto un sole cocente solo per poter estinguere un poco la mia sete.
Quando mi tese la scatola di conserva arrugginita, vidi meglio i suoi occhi – due strani abissi d’acqua e di luce.
Amore non è il termine appropriato e tuttavia non ne trovo altri.
Cominciai a bere e credetti per un istante che non avrei mai più avuto sete.
Pare che il più piccolo atto di puro amore sia più grande della più grande cattedrale.
Quel giorno entrai dunque nel cristianesimo attraverso la grande porta: una scatola di conserva arrugginita, l’infinito d’un gesto quotidiano.
Da molti anni quello sconosciuto silenzioso non cessa di sorridermi: c’è questa scheggia d’acqua e di luce nella carne bruciata della mia storia».
Jean-Yves Leloup *
Scritti sull'esicasmo - Introduzione
ed. Gribaudi, pag. 9-10
Buona Pasqua ai viandanti.
Pantocrator - Monastero Santa Caterina del Sinai