QUATTRO MODI PER LA DISSOLUZIONE
Astavakra disse:
5:1 Sei sempre puro e incontaminato, cosa c’è da rinunciare? Conoscendo questo distruggi quell’aggregato di materia conosciuto come il corpo-mente e ottieni la dissoluzione.
La conoscenza è il riconoscimento del fatto che sono libero dal corpo e dalla mente. È un fatto non un obbiettivo da raggiungere. Riconoscere che tu sei l’elemento costante dell’esperienza mentre i pensieri, ricordi, emozioni, sensazioni e le percezioni che costituiscono l’apparato psicosomatico gli aspetti transitori, rappresenta di per sé la dissoluzione, la libertà dal corpo-mente.
5:2 L'universo sorge da te come le bolle sorgono dall’oceano. Sapendo di essere soltanto uno, ottieni la dissoluzione.
Tutti gli oggetti che compongono l’universo non sono altro che te, esistenza-coscienza-beatitudine (sat-cit-ananda), nello stesso modo in cui le bolle che sorgono dall’oceano non sono altro che acqua. A differenza delle bolle che si dissolvono nell’acqua da cui sono sorte, l’universo è “dissolto” in te comprendendo che non è altro che te stesso.
5:3 L'universo che appare in te è come un serpente visto dove c’è solo una corda, è irreale. Non esiste in te che sei sempre puro. Conoscendo questo, ottieni la dissoluzione.
Proprio come un serpente illusorio viene “dissolto” rendendosi conto che è una corda, allo stesso modo l’universo è “dissolto” con la conoscenza che non è altro che te stesso, l’immutabile e puro Sé.
5:4 Tu sei perfetto e immutabile nel piacere e nel dolore, nella speranza e nella disperazione, nella vita e nella morte. Conoscendo questo, ottieni la dissoluzione.
L’idea che la libertà dipenda da una determinata condizione della tua mente è di gran lunga la più comune, persistente e dannosa concezione della libertà. Finché giudichi te stesso sulla base delle condizioni della tua mente sei un samsari, uno invischiato nel mondo relativo delle apparenze e quindi soggetto all’alternanza imprigionante della dualità. E quando smetti di giudicarti, sei ciò che il Vedanta indica come un jivanmukta, liberato in vita.
(Questo rappresenta il mio personale commento ai 4 versi del quinto capitolo dell'Astavakra Samhita. Prendetelo con le pinze, e se lo ritenete opportuno potete liberamente cestinarlo.
Grazie)