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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 10:11
da latriplice
Cielo ha scritto:

Qui ci sono limiti, non certezze, una visione personale, non Verità.
Sembra che tu ne vada fiera, dei limiti.
Nel sonno profondo possiamo avere l'esperienza di quella consapevolezza in sè, ma soltanto come un profumo che aleggia all'intorno, e di cui conserviamo un ricordo ritornando all'attenzione dello stato di veglia.
Nel sonno profondo non si ha coscienza dell'io individuale e del corpo-mente, però si è consapevoli di essere.

Ma è una consapevolezza presente a se stessa e non speculare come coscienza ordinaria in cui viene percepita l'alterità. Nella tua affermazione non è chiara la natura del soggetto che riporta l'esperienza.

Ma "chi" ricorda di essere? Certamente non l'io o il corpo-mente, che erano assenti in quel lasso di tempo, ma il Sé.

Sembra ardita come affermazione vero?

Eppure se ci pensi, nel sonno profondo era assente la mente, lo strumento dell'esperienza. Nonostante ciò, tutti facciamo esperienza della consapevolezza presente a se stessa che definiamo sonno profondo.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 10:47
da cielo
Fedro ha scritto:
28/10/2018, 9:23
cielo ha scritto:
28/10/2018, 8:29
Fedro ha scritto:
27/10/2018, 23:12
Non credo sia necessario scomodare il Brahman per stabilire come abbiamo dormito:
possiamo constatare se siamo stati in dormiveglia (quindi dormito male) o inferire se siamo sprofondati nel sonno.
Il brahman non si scomoda, non ha capacità sensoriali, non percepisce ed è oltre piacere (non mi scomodo) e avversione (mi scomodo). E' oltre la codificazione del mondo come lo conosciamo. Non è legato ad un corpo dotato di sensi e non basa l'interpretazione del mondo sulla percezione interpretata con lo strumento mentale.
Non focalizza l'attenzione su questo e su quello.
E' tutto ciò che è.
Scomodarlo, nel senso di tirarlo fuori come concetto/soggetto/oggetto, da porre a nostro piacimento, ove ci torna comodo nel discorso
Dunque è come dici
Sì, avevo intuito il senso che volevi esprimere, ma siccome ci stavamo misurando, inevitabilmente, con i limiti del linguaggio, ho approfittato per cogliere in fallo l'uso della parola per esprimere l'Iinesprimibile, la pura consapevolezza in sè stessa a cui noi tendiamo prendendo la mira per il nostro goal, ma possiamo farlo solo nell'ambito dei nostri limiti, e anche del "senso" che diamo alle nostre parole che l'altro coglierà sempre e comunque a modo suo.
Sappiamo quanto sia difficile comprenderci visto che sono anni che continuiamo a sfregare le nostre carte a vetro l'una con l'altra, lisciandoci e mescolando le nostre visioni. Possiamo sempre imparare qualcosa, se non altro a tollerarci nella nostra diversità.

E giustamente Latriplice ha fatto notare i miei di limiti espressivi con le parole.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 10:58
da cielo
latriplice ha scritto:
28/10/2018, 10:11
Cielo ha scritto:

Qui ci sono limiti, non certezze, una visione personale, non Verità.
Sembra che tu ne vada fiera, dei limiti.
Nel sonno profondo possiamo avere l'esperienza di quella consapevolezza in sè, ma soltanto come un profumo che aleggia all'intorno, e di cui conserviamo un ricordo ritornando all'attenzione dello stato di veglia.
Nel sonno profondo non si ha coscienza dell'io individuale e del corpo-mente, però si è consapevoli di essere.

Ma è una consapevolezza presente a se stessa e non speculare come coscienza ordinaria in cui viene percepita l'alterità. Nella tua affermazione non è chiara la natura del soggetto che riporta l'esperienza.

Ma "chi" ricorda di essere? Certamente non l'io o il corpo-mente, che erano assenti in quel lasso di tempo, ma il Sé.

Sembra ardita come affermazione vero?

Eppure se ci pensi, nel sonno profondo era assente la mente, lo strumento dell'esperienza. Nonostante ciò, tutti facciamo esperienza della consapevolezza presente a se stessa che definiamo sonno profondo.
Chi è che sa di aver dormito?
Un io di veglia che conserva l'esperienza del passaggio in uno stato di in-coscienza ma in cui permaneva la consapevolezza di essere (altrimenti l'esperienza non potrebbe essere testimonianta), come anche nel sogno quando si sa di stare sognando e si sogna dentro il sogno sdoppiando l'io immaginario.

Non dimentichiamo Ramana che ad un aspirante che esprimeva la sua paura della morte come perdita di individualità percettiva, disse: "Hai paura di dormire? No e allora perchè hai paura della morte?"
Chiaro e semplice.
Passaggi di stato, chi li testimonia?

PS: riguardo ai limiti non ne vado fiera, li constato in questa mediocrità che indosso poi davanti allo specchio, la mattina, mi guardo a volte dritta negli occhi, mi faccio coraggio e ruggisco alla vita (in realtà sarebbero miagolii, ma non voglio svilire l'essere luminoso e illimitato che c'è in me e di cui sono più o meno consapevole riflesso, più meno che più). Spesso non mi guardo neppure, tanto la faccia è sempre la stessa, finchè Sorella Morte non mi separerà dal ramo, in quanto matura e pronta ad andarmene da questa irrealtà.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 12:16
da ortica
latriplice ha scritto:
26/10/2018, 18:44
La coscienza è il fondamento ontologico di tutta l'esperienza dell'ente. Essa è presente nello stato di veglia, di sogno e di sonno senza sogni; infatti possiamo affermare di essere coscienti di aver sognato e persino di non aver sognato.
Se non ci fosse stata la presenza della coscienza non avremmo potuto prendere consapevolezza dell'assenza dei sogni. Possiamo anche dire che Colui che afferma "questo è" oppure"questo non è" costui è il solo reale, e questo reale rappresenta la pura coscienza-Sé la quale esiste prima, durante e dopo ogni affermazione o negazione di qualsivoglia natura.

Dal libro AUTOCONOSCENZA a cura del Gruppo Kevala, cap. Il conscio pag. 106, Associazione ecoculturale Parmenides.

Quindi "Colui che afferma", il Brahman, pensa?

Dove è scritto che colui che afferma è il Brahman?
Da nessuna parte e sai perché? Perché il testo Autoconoscenza è rivolto alla possibilità di armonizzazione del complesso psicofisico umano - il perfezionamento dei Piccoli Misteri - e non è in alcun modo un testo che riguardi la metafisica - ovvero i Grandi Misteri.
La tua domanda è basata su un equivoco dovuto ad un'inferenza causata da un lato dalla mancata contestualizzazione e dall'altro da un'interpretazione soggettiva della parola "coscienza".
In altre parole, poiché la tua mente quando legge "coscienza" pensa automaticamente al Brahman, hai interpretato erroneamente il brano.

La coscienza di cui si parla nel testo citato è coscienza con la minuscola, ovvero "la consapevolezza che ciascuno ha delle proprie sensazioni e dei propri atti. È quel riflettore che rende consapevoli del proprio divenire e del proprio essere" (ibidem, alcune righe prima).
Non per nulla la frase citata è inserita nel capitolo "Il conscio".
Potremmo, usando altra terminologia, inferire con relativa certezza che tale coscienza si riferisca al riflesso incarnato o jiva.
Tant'è che la citazione in argomento dice testualmente che questo reale (si noti il minuscolo) "rappresenta (dove? ovviamente sul palcoscenico del mondo, il piano ontologico) la pura coscienza-Sè la quale esiste prima, durante e dopo ogni affermazione o negazione di qualsivoglia natura".
Solo quest'ultima è auto esistente e non nega nè afferma in quanto identica al Brahman.
Solitamente, in questo luogo, seguendo le indicazioni del riferimento, siamo soliti definirla consapevolezza, proprio per distinguerla dalla coscienza di.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 12:54
da latriplice
Mah!

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 16:17
da Fedro
Se il testo parla di coscienza in quanto "fondamento ontologico" e quindi non di coscienza di questo e di quello, ma inerente a se stesso, indica la coscienza di essere.
Coscienza che, come specifica il testo, è "presente nello stato di veglia, sogno e sonno senza sogni":
non mi pare che il testo dia adito a dubbi sull'interpretazione.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 28/10/2018, 16:50
da latriplice
Fedro ha scritto:
28/10/2018, 16:17
Se il testo parla di coscienza in quanto "fondamento ontologico" e quindi non di coscienza di questo e di quello, ma inerente a se stesso, indica la coscienza di essere.
Coscienza che, come specifica il testo, è "presente nello stato di veglia, sogno e sonno senza sogni":
non mi pare che il testo dia adito a dubbi sull'interpretazione.
Esattamente. Ciò che il Vedanta indica come Brahman o che viene rappresentato con il simbolo dell'Om.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 30/10/2018, 18:38
da latriplice
D'altra parte, dall'osservazione diretta possiamo riconoscere che l'io implica la realtà della coscienza; siamo infatti consapevoli di essere un centro unitario, per cui la coscienza, essendone il fondamento, rappresenta (http://www.treccani.it/vocabolario/rappresentare/) il "testimone" dell'intero campo esistenziale dell'ente. La sensazione, il pensiero e lo stesso io non possono cogliere il "testimone" perché vengono dopo di esso.

Dal libro AUTOCONOSCENZA, a cura del Gruppo Kevala, cap. Il conscio, pag. 112

Se siamo consapevoli di essere un centro unitario (l'io o il senso dell'io), significa che siamo il testimone che è identificato al centro unitario e in quanto tale vuole trascendere (se ha aspirazioni spirituali) il centro unitario mantenendo l'identificazione (per ignoranza) con il centro unitario per realizzare la sua vera natura come testimone del centro unitario.

Suona un pò contorto, non è vero? Ma è ciò che succede.

Ovvio che nel "diventare" non raggiungerà mai la meta perché parte dal presupposto di ciò che non è, ma almeno ha una storia da raccontare per perpetuarsi dal momento che si tratta di "qualcuno".

La perla da non gettare ai porci perché non sono in grado di comprendere questo semplice fatto e pertanto non sono da biasimare, è che l'io come indica il testo, non può cogliere il "testimone", essendo a posteriori.

Ma può farti credere di essere "tu".

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/10/2018, 10:50
da ortica
latriplice ha scritto:perla da non gettare ai porci perché non sono in grado di comprendere questo semplice fatto e pertanto non sono da biasimare, è che l'io come indica il testo, non può cogliere il "testimone", essendo a posteriori.
Quindi latriplice si pone automaticamente fra i dispensatori di perle e non è il solo.

Si tratta di un meccanismo mentale interessante: la maggior parte di coloro che leggono il passo evangelico e anche la sua interpretazione buddhista di cui al Pensiero del giorno di ieri, collocano se stessi dal lato dei dispensatori di perle, quasi nessuno da quello dei porci.
I porci sono sempre gli altri.

Per quanto mi riguarda, mi trovo benissimo fra i porci, animali peraltro intelligenti e sensibili - dicono gli scienziati più dei cani - e mi ritengo fortunata ad aver avuto la grazia d'incontrare chi ha saputo offrire pazientemente il cibo più idoneo senza mai pretendere che si mangiassero perle.

Ma chi è capace di offrire a ciascuno il nutrimento adatto per lui, anche se quel nutrimento è differente da quello di cui piacerebbe pascersi?
Come sapere quale sia il giusto nutrimento? Come arrogarsi questo diritto?
È necessario un discernimento totale che è solo di chi vede e conosce.

Solitamente chi dispensa perle indiscriminatamente è un cieco che vorrebbe guidare altri ciechi.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/10/2018, 11:38
da cielo
ortica ha scritto:
31/10/2018, 10:50
latriplice ha scritto:perla da non gettare ai porci perché non sono in grado di comprendere questo semplice fatto e pertanto non sono da biasimare, è che l'io come indica il testo, non può cogliere il "testimone", essendo a posteriori.
Quindi latriplice si pone automaticamente fra i dispensatori di perle e non è il solo.

Si tratta di un meccanismo mentale interessante: la maggior parte di coloro che leggono il passo evangelico e anche la sua interpretazione buddhista di cui al Pensiero del giorno di ieri, collocano se stessi dal lato dei dispensatori di perle, quasi nessuno da quello dei porci.
I porci sono sempre gli altri.
Si dimentica - o s'ignora - che l'insegnamento di Gesù in questo caso è diretto ai discepoli, non alle folle, e che i discepoli del Cristo erano necessariamente qualificati, visto che li aveva scelti lui, uno per uno, e vi era stato reciproco riconoscimento.

Per quanto mi riguarda, mi trovo benissimo fra i porci, animali peraltro intelligenti e sensibili - dicono gli scienziati più dei cani - e mi ritengo fortunata ad aver avuto la grazia d'incontrare chi ha saputo offrire pazientemente il cibo più idoneo senza mai pretendere che si mangiassero perle.

Ma chi è capace di offrire a ciascuno il nutrimento adatto per lui, anche se quel nutrimento è differente da quello di cui piacerebbe pascersi?
Come sapere quale sia il giusto nutrimento? Come arrogarsi questo diritto?
È necessario un discernimento totale che è solo di chi vede e conosce.

Solitamente chi dispensa perle indiscriminatamente è un cieco che vorrebbe guidare altri ciechi.
Condivido, però penso che ognuno di noi sia necessariamente dispensatore di perle e contemporaneamente maialetto che cerca nutrimento e mastica perle dure che sputacchia qua e là.

Di conseguenza, nel caso in cui, ad esempio, si inizi un discorso un po' filosofico o semplicemente culturalmente inaccessibile per qualcuno incontrato per caso, è meglio evitare di gettare perle, ovvero lanciarsi in considerazioni complesse e sempre più inaccessibili per quel poveretto/a e usare un linguaggio più semplice, sforzandosi di farsi capire, almeno un poco.
Ugualmente si resta consapevolmente maialetti e si continua ad imparare dalla vita, masticando, come fanno gli amici suini, qualsiasi cosa che ci capita a tiro, per capire se è nutrimento o se è ancora troppo dura per i nostri denti.
Evitando di masticare le persone, ovvero scatenare conflitti pretendendo, ad esempio, di nutrire porcellini sazi o inquietandosi se troviamo perle a pezzetti e sputate.

Masticare "qualsiasi cosa" non esonera chiaramente dal dovere di esercitare la discriminazione e il distacco, caratteristiche che si dice siano tipiche (a un certo livello di profondità speculativa) dell'essere umano e non dell'animale, il quale però, che conosce sè stesso unicamente attraverso l'istintualità, ma lo conosce, difficilmente sceglie di trangugiare cibi che nuocciono (a meno che sia ingannato dall'uomo con le polpette avvelenate), digiuna in caso di malattia per non sovraccaricare l'organismo impegnato nella difesa, si ritira per leccarsi le ferite, non infierisce su animali vecchi, malati e a volte risparmia i cuccioli, e uccide solo per necessità alimentare (se carnivoro) e per difendere la prole (tutti gli animali).
Non conosce la crudeltà, e neppure l'arroganza presuntuosa di dispensatori di perle convinti di appartenere ad una elite e di essere ormai oltre il maiale.

Quindi i fratelli minori discriminano, perfino più dell'essere umano che si lancia a volte in ardite speculazioni sul Divino e l'aldilà e continua a mangiare il cioccolato anche se gli fa venire il prurito.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/10/2018, 20:50
da latriplice
ortica ha scritto:
31/10/2018, 10:50
latriplice ha scritto:perla da non gettare ai porci perché non sono in grado di comprendere questo semplice fatto e pertanto non sono da biasimare, è che l'io come indica il testo, non può cogliere il "testimone", essendo a posteriori.
Quindi latriplice si pone automaticamente fra i dispensatori di perle e non è il solo.

Si tratta di un meccanismo mentale interessante: la maggior parte di coloro che leggono il passo evangelico e anche la sua interpretazione buddhista di cui al Pensiero del giorno di ieri, collocano se stessi dal lato dei dispensatori di perle, quasi nessuno da quello dei porci.
I porci sono sempre gli altri.

Per quanto mi riguarda, mi trovo benissimo fra i porci, animali peraltro intelligenti e sensibili - dicono gli scienziati più dei cani - e mi ritengo fortunata ad aver avuto la grazia d'incontrare chi ha saputo offrire pazientemente il cibo più idoneo senza mai pretendere che si mangiassero perle.

Ma chi è capace di offrire a ciascuno il nutrimento adatto per lui, anche se quel nutrimento è differente da quello di cui piacerebbe pascersi?
Come sapere quale sia il giusto nutrimento? Come arrogarsi questo diritto?
È necessario un discernimento totale che è solo di chi vede e conosce.

Solitamente chi dispensa perle indiscriminatamente è un cieco che vorrebbe guidare altri ciechi.
Il meccanismo mentale interessante sarebbe il tuo, dal momento che ti sei sentita personalmente chiamata in causa, peraltro prevedibile.

Eppure non ti risparmi ad offrire valutazioni personali non richieste come è avvenuto nel brano precedentemente postato, che poi da una attenta disamina, si sono rivelate incongruenti rispetto al tema trattato:

"La tua domanda è basata su un equivoco dovuto ad un'inferenza causata da un lato dalla mancata contestualizzazione e dall'altro da un'interpretazione soggettiva della parola "coscienza". In altre parole, poiché la tua mente quando legge "coscienza" pensa automaticamente al Brahman, hai interpretato erroneamente il brano".

Grazie della tua autentica "perla psicologica".

Ciononostante non ti consideri dispensatore di perle di saggezza ma il destinatario indegno di tali perle, giustificabile se tu fossi una neofita.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 01/11/2018, 8:34
da cielo
Stavo riflettendo tra me e me, camminando sotto la pioggia, sulla mia considerazione che ognuno di noi è alternativamente dispensatore di perle e maiale affamato che mastica tutto quanto gli capita sotto i denti.

E mi dicevo: "Ma quali perle, ma sei sicura di quello che hai detto? Definiamo intanto che cos'è "perla" e dopo sulle conseguenze eventuali di aver gettato una vera perla ai porci, superficialmente e senza esercitare la discriminazione e il distacco dai frutti dell'azione"

Ora sto cercando di darmi una risposta; intanto procedo sul focalizzare su che cosa non è una vera perla.

Non sono perle, pur se buone imitazioni, le nostre considerazioni e le interpretazioni su "vere perle" quali ad esempio le mahavakya vediche (Tu sei Quello; Sono il brahman, Quello io sono...).

Sono la bigiotteria, più o meno raffinata, formata nei nostri laboratori, lavorata con gli strumenti della nostra esperienza personale inevitabilmente fondata sulla memoria e attenta ad evitare o favorire esperienze pregresse ricordate come piacevoli o spiacevoli, conflittuali o armoniche.

Pur sempre bigiotteria, all'apparenza vera, soprattutto se indossata da una splendida modella che sfila sulla passerella con i suoi vestiti di parole cucite a mano.

Ma allora cos'è "la perla vera"?
Non è basata sull'esperienza personale, non è la citazione della Tradizione lì per lì incollata e osannata come capita nella sua essenza e offerta generosamente ad altri, non è un ragionamento deduttivo basato sulla memoria e la concettualizzazione, sempre un castello di carte mostrato in una competizione tra eruditi aspiranti pandit.

Potrebbe essere un lampo di luce dell'intuizione superiore (buddhi), affrancata dalle funzioni del manas (mente empirica) e dalla sua memoria che fa risplendere le parole di propria luce, senza più un soggetto che le muove. Venute spontaneamente, puro suono risuonante nel vuoto.

Ecco che allora la parola, il Verbo, il Veda è racchiuso nella potenzialità di ognuno, nel nucleo di ogni esistente di vita propria per quel breve lasso di tempo nel Grande Tempo del Cosmo.

Ma probabilmente occorre offrirsi al suono primigenio come flauto vuoto e libero da ogni pre-concetto, pre-giudizio, pre-occupazione.
E senza dimenticare che i nostri sono solo balbettii sul Vero.

Buona festa dei Santi, luci di stelle remote.


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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 29/11/2018, 18:09
da viviana
Oggi ho trovato questo interessante brano di Ajahn Sucitto, monaco buddista della tradizione theravada, dei monaci della foresta.
il discorso da cui è estrapolata qs frase:

La fede nel senso di saddha, significa:
"ciò su cui si puo' poggiare il cuore"

è ben più lungo, quello che segue è uno stralcio del discroso, comprensivo della frase citata.

..."L’autorità personale si può capire attraverso l’insegnamento del Buddha sui Cinque Indriya.
Gli indriya sono i leader, le cose che dominano, quindi in un certo senso sono le autorità della nostra citta, della nostra mente.
La consapevolezza della mente può essere dominata da vari indriya, per esempio il maschile e il femminile sono indriya. Nella donna la mente è guidata da particolari aspetti femminili della psiche; negli uomini, è guidata dagli aspetti maschili, sebbene di solito tutti gli uomini e tutte le donne abbiano entrambi gli aspetti.
L’infelicità, il pessimismo, la depressione costituiscono l'indriya di domanassa (sofferenza puramente mentale); ottimismo e gioiosità sono l’'indriya di somanassa (stati mentali piacevoli). Questi sono esempi di indriya ordinari, le cose che normalmente guidano l’atteggiamento mentale di citta.
Praticare il Dhamma significa stabilire indriya spirituali, leader spirituali, che possono fare da guida a citta. I leader spirituali sono cinque: fede o devozione (saddha); energia o vitalità (viriya); consapevolezza (sati); concentrazione o raccoglimento (samadhi); e saggezza o conoscenza (panya).

La fede, nel senso di saddha, significa ‘ciò su cui si può poggiare il cuore’.
E’ l’atto di porre la propria chiara consapevolezza su una cosa, o un’idea, un soggetto o un’aspirazione.
E’ una potenzialità aperta e positiva, essa riconosce le attitudini per andare oltre.

Energia, nel senso di viriya, significa impegno in grado di perseverare.

Consapevolezza, significa capacità di essere presente a qualcosa e di ristabilire questa presenza; è la costante consapevolezza di una cosa nel contesto, per esempio esperire una sensazione corporea come il calore, il formicolio, la pressione o il movimento e sapere che ‘questo è il corpo’.
La stessa cosa avviene per la conoscenza di una esperienza mentale nel contesto mentale. Così, le cose, invece di accadere a qualche ‘entità egoica’ astratta e generalizzata, accadono a un corpo, alle sensazioni o alla mente – è una prospettiva che ci permette di avere più chiarezza.
Quando si applica la consapevolezza, si produce un’abilità che permette di mettersi in relazione con l’esperienza da una posizione di autorità. L’ ‘io’ apparente viene riconosciuto come un punto di riferimento piuttosto che come entità fondamentale.

Samadhi è una esperienza piacevole basata sulla purezza dell’attenzione.
Quando si pone attenzione e la mente si rilassa e si raccoglie in se stessa, si ha una sensazione di contentezza, di benessere, di unità, di calma.
Samadhi è attenzione senza distrazione.
Questo fa sì che l’esperienza della mente non venga sopraffatta da fenomeni sensoriali, emotivi o psicologici.

Panya è la saggezza discernente, quindi è la capacità di conoscere i limiti e le caratteristiche delle cose. Chi è talmente saggio da comprendere l'impermanenza non prova un senso di perdita perché c’è la profonda ‘conoscenza’ che tutto ciò che sorge, passa.
E non si tratta di una semplice affermazione intellettuale.
La nostra esistenza in questa vita non è infinita – i nostri corpi sono destinati a cambiare, sono situazioni mutevoli.
Quindi chi comprende questo pienamente è libero dalla sensazione di abbandono, di morte e di fine.

Le persone sagge, che fanno esperienza del non sé, riconoscono che nulla gli appartiene. Il corpo non gli appartiene, va per la sua strada.
Le persone non gli appartengono; sono come sono. Noi non possiamo dire sii così per me, dimostrati felice, capiscimi, stai qui per sempre, e così via.
Quindi, chi è saggio è libero dalla sensazione di abbandono e di tradimento, ha un punto fermo all’interno del fluire delle cose.

La saggezza può essere vista anche come conoscenza dei limiti.
Una persona saggia è una persona che sa fino a che punto può arrivare nelle cose – conosce le proprie capacità, sa quanto può chiedere a se stessa.
Una persona che comprende il dukkha (sofferenza) con saggezza sa che le cose in sé non possono mai essere sostanzialmente soddisfacenti. Per questo non ha molte aspettative o desideri e non si sente delusa."
....

questo è il link con il discorso completo:
https://santacittarama.altervista.org/a ... ituale.htm

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/12/2018, 12:25
da Fedro
. E quando smetti di giudicarti, sei ciò che il Vedanta indica come un jivanmukta, liberato in vita.
Soltanto questo: mi sembra un'affermazione un po' azzardata, considerarsi un jivanmukti sol perché si è smesso di giudicarsi

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/12/2018, 14:05
da latriplice
Fedro ha scritto:
31/12/2018, 12:25
. E quando smetti di giudicarti, sei ciò che il Vedanta indica come un jivanmukta, liberato in vita.
Soltanto questo: mi sembra un'affermazione un po' azzardata, considerarsi un jivanmukti sol perché si è smesso di giudicarsi


Non sottovalutare questo raggiungimento da parte del jiva, quella di non dipendere dallo stato d'animo del momento rispetto al quale si auto-giudica. È una abitudine talmente radicata che tutti indistintamente ne soffrono perché equivale assoggetarsi al movimento alternato delle condizioni psicologiche che contraddistingue la mente duale. Significa essere libero dalle coppie di opposti che la mente nel suo moto incessante alterna.

A fronte di questa realizzazione posso ora considerarmi un jivanmukta, Un liberato o un illuminato?

Assolutamente no!

Quel Jiva che riconosce il fatto che é libero dal moto alterno della mente non sono io, è semplicemente un oggetto inerte conosciuto e testimoniato da me,
Coscienza-Se.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/12/2018, 16:18
da Fedro
latriplice ha scritto:
31/12/2018, 14:05
Fedro ha scritto:
31/12/2018, 12:25
. E quando smetti di giudicarti, sei ciò che il Vedanta indica come un jivanmukta, liberato in vita.
Soltanto questo: mi sembra un'affermazione un po' azzardata, considerarsi un jivanmukti sol perché si è smesso di giudicarsi


Non sottovalutare questo raggiungimento da parte del jiva, quella di non dipendere dallo stato d'animo del momento rispetto al quale si auto-giudica. È una abitudine talmente radicata che tutti indistintamente ne soffrono perché equivale assoggetarsi al movimento alternato delle condizioni psicologiche che contraddistingue la mente duale. Significa essere libero dalle coppie di opposti che la mente nel suo moto incessante alterna.

A fronte di questa realizzazione posso ora considerarmi un jivanmukta, Un liberato o un illuminato?

Assolutamente no!

Quel Jiva che riconosce il fatto che é libero dal moto alterno della mente non sono io, è semplicemente un oggetto inerte conosciuto e testimoniato da me,
Coscienza-Se.
Non sto sottovalutando... essere distaccati e incondizionati dai moti della mente sarà pure una forma di realizzazione, ma è già questo il jivanmukti?
Io non ne ho elementi (né letterature inerenti) per dirlo, tu forse si.

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 31/12/2018, 17:22
da latriplice
Fedro ha scritto:
31/12/2018, 16:18
latriplice ha scritto:
31/12/2018, 14:05
Fedro ha scritto:
31/12/2018, 12:25
. E quando smetti di giudicarti, sei ciò che il Vedanta indica come un jivanmukta, liberato in vita.
Soltanto questo: mi sembra un'affermazione un po' azzardata, considerarsi un jivanmukti sol perché si è smesso di giudicarsi


Non sottovalutare questo raggiungimento da parte del jiva, quella di non dipendere dallo stato d'animo del momento rispetto al quale si auto-giudica. È una abitudine talmente radicata che tutti indistintamente ne soffrono perché equivale assoggetarsi al movimento alternato delle condizioni psicologiche che contraddistingue la mente duale. Significa essere libero dalle coppie di opposti che la mente nel suo moto incessante alterna.

A fronte di questa realizzazione posso ora considerarmi un jivanmukta, Un liberato o un illuminato?

Assolutamente no!

Quel Jiva che riconosce il fatto che é libero dal moto alterno della mente non sono io, è semplicemente un oggetto inerte conosciuto e testimoniato da me,
Coscienza-Se.
Non sto sottovalutando... essere distaccati e incondizionati dai moti della mente sarà pure una forma di realizzazione, ma è già questo il jivanmukti?
Io non ne ho elementi (né letterature inerenti) per dirlo, tu forse si.
Riporto nuovamente il brano di Swami Dayananda:

Giudicarsi, in qualsiasi momento, sulla base della condizione contingente della propria mente è un errore. La condizione attuale della mente può essere dolore, depressione, frustrazione, rimpianto, delusione o solo una risposta al fallimento. Finché giudichi te stesso in base alle condizioni della tua mente, sei un samsari (uno invischiato nel mondo relativo delle apparenze e quindi, soggetto alla scomoda alternanza della dualità). Quando ti rifiuti di giudicare te stesso sulla base della condizione contingente della tua mente, sei un mumuksu (colui che cerca la libertà da ogni apparente limitazione) e un jignasu (colui che cerca la libertà attraverso la conoscenza). E quando smetti di giudicare te stesso sulla base della condizione contingente della mente, sei libero.

Questa è l'unica libertà che esiste: la libertà dall'errore di auto-giudizio che si basa sulla condizione della mente.

L'errore è evidente. La natura della mente è quella di continuare a cambiare costantemente. Al mattino ti giudichi in un modo, e alla sera in un modo diverso. Quando il giudizio viene intrattenuto, esso viene immagazzinato nella memoria, creando una "personalità" da un individuo. La personalità è puramente psicologica. È contro la visione del Sé che il Vedanta rivela attraverso i suoi insegnamenti. E se la conoscenza del Sé che il Vedanta rivela non funziona per te, non funziona solo a causa di questo giudizio. Quando ti rifiuti di giudicare te stesso sulla base della tua mente, allora sei maturo nel cercare la chiarezza nella visione della verità del Sé.

Questo non significa che devi avere sempre un particolare tipo di mente.

La mente cambia e continuerà a farlo, a meno che tu non ti anestetizzi psicologicamente, il che è innaturale. I pensieri non si "asciugano" perché la fonte dei pensieri, delle percezioni e della memoria è sempre lì (corpo causale-maya-ignoranza).

Lo studente dice: "Mi sembra di capire la visione, ma allora perché sono ancora infastidito da un groviglio di pensieri?" A causa della condizione mentale in cui si trova, lo studente dubita della visione, della stessa conoscenza. Il dubbio è un ostacolo per ottenere la conoscenza.

La conoscenza non è una condizione contingente della mente, un particolare stato mentale. La conoscenza è il riconoscimento del fatto che sono libero dai pensieri. Questo riconoscimento è diverso da uno stato mentale senza pensieri. La differenza tra riconoscere la mia natura fondamentale come libero dal pensiero e mirare ad una mente libera dal pensiero è la differenza tra conoscenza e ignoranza.

Rifiuta di giudicare te stesso sulla base della condizione contingente della mente. Allora sei maturo nella ricerca della libertà. Poi c'è la libertà. Non c'è nessun'altra libertà.


Swami Dayananda - Piercy, CA marzo 1983

Egli dice:

"Questa è l'unica libertà che esiste: la libertà dall'errore di auto-giudizio che si basa sulla condizione della mente."

Non lo dice espressamente che si tratta di un jivanmukti, questo l'ho aggiunto io a commento del post originale su cui ora si sta riflettendo (in effetti avevo specificato che se veniva considerato spazzatura di liberamente cestinarlo).

Detto questo, la libertà a cui si fa riferimento, é quella di non condividere il movimento mayahico che si esprime tramite l'oscillazione duale della mente. Cosa di non poco conto, se ci pensi.

Oltre a questo, personalmente non concepisco altra forma di libertà.

Inoltre Swami Dayananda aggiunge:

"La conoscenza non è una condizione contingente della mente, un particolare stato mentale. La conoscenza è il riconoscimento del fatto che sono libero dai pensieri. Questo riconoscimento è diverso da uno stato mentale senza pensieri. La differenza tra riconoscere la mia natura fondamentale come libero dal pensiero e mirare ad una mente libera dal pensiero è la differenza tra conoscenza e ignoranza."


Spazzando via il dubbio che tu debba liberare la mente dai pensieri.

p.s. Comunque non voglio approfittare della libertà che mi è stata concessa per esprimere il mio pensiero, pertanto preferirei concludere qui l'argomento. Buon anno. :D

Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Inviato: 01/01/2019, 13:49
da ortica
La fai facile, latriplice, quando invece è semplice ma non facile.
Ci sono molte realizzazioni fra cui quella che descrivi, fino all'ultima, ma poi è davvero l'ultima?
:lol:

Comunque sia, buon anno!

Si diventa ciò che si pensa

Inviato: 13/06/2020, 18:39
da Fedro
129. Quando l'individuo pensa a un oggetto, egli diviene tale oggetto; quando pensa al vuoto (akasa), diventa tale vuoto, mentre se si concentra su Brahman raggiunge la perfezione. Perciò si deve pensare costantemente alla perfezione.

"Si diventa ciò che si pensa, questo è l'eterno mistero" afferma la Maitry Upanisad.

Aparoksanubhuti, pag 77, ed. Asram Vidya.129.
Quando l'individuo pensa a un oggetto, egli diviene tale oggetto; quando pensa al vuoto (akasa), diventa tale vuoto, mentre se si concentra su Brahman raggiunge la perfezione. Perciò si deve pensare costantemente alla perfezione.
Se cominciassi leggendo dall'ultima frase, rimarrei molto perplesso.
In pratica: se penso alla (se rifletto sull'idea di) perfezione divengo il Brahman?
Detta così fa quasi sorridere...dunque come bisogna interpretarla?
Ovviamente, ciascuno come può, coi mezzi di conoscenza che dispone.
Un'altro modo, sarebbe pensare di poter divenire perfetti, o comunque perfettibili rispetto a ciò che si è.
Oppure: che si è sempre perfetti per come si è, quindi sfugge pure il pensiero del divenire altro da ciò che si è.
in altre parole, non può essere presente alcun me che possa/debba cambiare le cose in me stesso, per divenire la perfezione del Brahman.
Allontanata l'idea del fare per essere, rimane soltanto l'essere che si è.
Ma nell'essere che si è, nessuna proiezione esterna (un pensiero che diviene) può autarmi, poichè l'essere trascende la sfera di questo me stesso.
In definitiva, è una frase che può essere letta e interpretata in mille modi, ed io ne ho solo portato un esempio.
A questo punto, trovo utile ricordare, una frase che invece non mi lascia dubbi interpretativi in proposito:

Il sistema definitivo è dimenticare ogni cosa
(Advaita Bodha Dipika)

Re: Si diventa ciò che si pensa

Inviato: 14/06/2020, 1:26
da latriplice
In pratica: se penso alla (se rifletto sull'idea di) perfezione divengo il Brahman?
Vediamo cosa ha detto Samkara:

129. Quando l'individuo pensa a un oggetto, egli diviene tale oggetto; quando pensa al vuoto (akasa), diventa tale vuoto, mentre se si concentra su Brahman raggiunge la perfezione. Perciò si deve pensare costantemente alla perfezione.

Significato: la perfezione risultante dall'essersi concentrati sul Brahman che è perfetto. E' sottinteso.

Vediamo cosa ha scritto Raphael a commento di tale sutra:

"Si diventa ciò che si pensa, questo è l'eterno mistero" afferma la Maitry Upanisad.

Se l'hanno detto loro, non vedo cosa tu abbia da obbiettare. Forse non hai compreso le dinamiche coinvolte.

Vediamo se riesco a chiarirti la faccenda:

Quando pensi un pensiero, la mente si dirige verso l'oggetto del pensiero. Se per Brahman si intende la consapevolezza, quando pensi "io sono la consapevolezza", l'oggetto del pensiero è la consapevolezza e la mente che non è nient'altro che la consapevolezza con l'attenzione estrovertita sugli oggetti, si introverte fino a riassorbirsi del tutto e ritrovarsi consapevolezza in assenza di oggetti proiettati, come durante il sonno profondo.

Non credo che la tua mente abbia difficoltà nel prendere la giusta direzione, se per Brahman intende l'immutabile, illimitata, ordinaria consapevolezza non nata, non agente e non duale che tu sei (tat tvam asi) come riportato nelle scritture.

In fondo di che cosa consiste l'esperienza?

Tu, consapevolezza, in associazione con un oggetto. Puoi separare un qualsiasi oggetto dalla consapevolezza? Assolutamente no. La consapevolezza sussiste in assenza di oggetti? Certamente si. Pertanto se gli oggetti dipendono dalla consapevolezza per esistere, significa che quest'ultimi non sono nient'altro che la consapevolezza, inclusa la mente.

Perfino il sonno profondo che normalmente viene considerato come l'assenza dell'esperienza, in realtà è una esperienza: l'esperienza dell'assenza.

Pertanto anche senza pensarci, diventi il Brahman ogni notte che vai a dormire. Che corrisponde anche al sistema definitivo dell' Advaita Bodha Dipika che è dimenticare ogni cosa. Due piccioni con una fava.


Aham Brahmasmi