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Pensiero del Giorno - Riflessioni

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Fedro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 11/08/2017, 7:45

latriplice ha scritto:
11/08/2017, 7:28



Saremmo anche neovedantini, ma qua degli autentici vedantini in conformità al titolo del forum neanche l'ombra. Piuttosto una massa confusa di yoga, buddismo, interpretazioni personalizzate in ossequio all' immancabile anima contestatrice squisitamente italica la fa da padrona.
Non è mio interesse e forse capacità, verificare se vi siano qui dei vedantini DOC, ma mi chiedo su che base tu possa verificare l'autenticità di altri a proposito. È già tanto se riusciamo a constatare una qualche forma di genuinità nelle affermazioni, e direi sia sufficiente: qual'è invece il tuo metro, visto che ancora non l'ho compreso?

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 8:43

anima contestatrice squisitamente italica la fa da padrona.
Ma perchè tu da dove vieni? Dal Canton Ticino?
Ma mi faccia il piacere! :D

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 11/08/2017, 8:53

latriplice ha scritto:
11/08/2017, 7:28
Mauro ha scritto:
10/08/2017, 15:39
Fedro ha scritto:
10/08/2017, 12:07
Il problema è che in quest'epoca, ci si è convinti che, basti che sia l'io a cambiare la prospettiva, quindi virtualizzando la visione, per illudersi di vedere da altro punto, o di essere la liberazione stessa perché ha letto circa quei punti
Concordo.

Come dice lux o, basta dar una bella bastonata sulla zucca a tutti questi neovedantini per farli ritornare in sè.

O anche una bella bastonata sulla capoccia è liberazione?

Om Shanti...



Saremmo anche neovedantini, ma qua degli autentici vedantini in conformità al titolo del forum neanche l'ombra. Piuttosto una massa confusa di yoga, buddismo, interpretazioni personalizzate in ossequio all' immancabile anima contestatrice squisitamente italica la fa da padrona.
Per fortuna che dall'ombra escono raggi del puro sole dell'essenza del puro Vedanta: i tuoi.
Non contesto, attendo fiduciosa che quei raggi illuminino il tracciato che porta fuori dal labirinto della confusione.

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 11/08/2017, 9:26

Lo Yogavasishta è puro Advaita, in quanto tale comprende il triplice sentiero: bhakti vada, karma vada, jnana vada.
Il testo fu prediletto da Ramana Maharshi il quale usava consigliarne lo studio a coloro che chiedevano.

Tuttavia i dettagli sono importanti e la traduzione proposta è errata in un dettaglio significativo.
Nella frase iniziale è stata aggiunta una parola fra parentesi quadre: liberazione.
Ció falsifica il senso del testo.
La traduzione correttamente riportata da Elemire Zolla in Archetipi (Marsilio editori), ove indica il dialogo tra Vasishta e Brahma quale limpida sintesi della metafisica, è infatti la seguente:

Quando questa è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente; quando è persuasa d'una sua intuizione, si chiama intelligenza; quando stoltamente si identifica con una persona, si chiama io; quando invece di indagare in modo coerente, si frammenta in una miriade di pensieri vaganti, si chiama coscienza individuale. Quando il movimento della coscienza, trascurando l'agente, si protende verso il frutto dell'azione, si chiama fatalità (karma); quando si attiene all'idea "l'ho già visto prima" in rapporto a qualcosa di visto o di non visto, si chiama memoria.
Quando gli effetti di cose godute in passato persistono nel campo della coscienza anche se non si vedono, si chiama latenza inconscia. Quando è consapevole che la molteplicità è illusoria, si chiama sapienza. Quando, in direzione opposta, si oblia nelle fantasie, si chiama mente impura. Quando si intrattiene nell'io con le sensazioni, si chiama sensibilità. Quando resta non manifestata entro l'essere cosmico, si chiama natura. Quando crea confusioni tra realtà e apparenza, si chiama illusione (maya). Quando si discioglie nell'infinito, si chiama liberazione. Pensa: "sono legato" e c'è l'asservimento; pensa: "sono libero" e c'è la libertà
.

Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza.

Nel testo, così come in ogni scritto realmente Advaita, non viene indicato che il dolore così come il piacere siano inesistenti, bensì irreali nel senso di transeunti in quanto appartenenti al divenire.
La comprensione di ciò fa parte del processo di discriminazione fra reale e irreale cui ogni cercatore faticosamente si accinge.
Pare di ricordare che gli autori e Shankara stesso rilevino che dolore e piacere così come tutte le coppie di opposti sono bandha, legami, nel momento in cui ci si identifica con essi.
Ciò non significa che il Conoscitore non avverta dolore e piacere, almeno fintanto che permane l'incarnazione corporea (comprendendo in questo termine ogni involucro karmico). Se così non fosse gli sarebbe impossibile la relazione con il mondo dei nomi e delle forme, e la sua conoscenza non sarebbe assoluta, quale invece è.
Ciò è tanto più vero se - come dicono - lo scopo dell'incarnazione di un Conoscitore è (anche) quello di relazionarsi con coloro che conoscitori non sono.

Si suggerisce a chi volesse accostarsi allo studio dello Yogavasishta di farlo per quanto possibile con mente sgombra da pregiudizi di sorta, prestando attenzione alle avvertenze poste all'inizio di ogni capitolo, e di non soffermarsi esclusivamente sulle suggestive asserzioni di carattere metafisico, che vanno sì conosciute ma non assolutizzate fin quando non siano realmente comprese e dunque realizzate.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da NowHere » 11/08/2017, 9:30

Fedro ha scritto: Caro nowhere, il punto è che appunto le parafrasi tua e di la triplice, non ci azzeccano un fico secco col senso del brano originale.
O davvero pensi che basti credere che uno stato sia vero perché sia cosi?
No, ovviamente non lo penso; me lo spieghi tu qual è il senso del brano originale? Dico sul serio, non intendo essere provocatorio.
Fedro ha scritto: Invece che tergiversare sulle autorità varie dei testi appunto, è su questo che c'è testimoniare e ovvero:
qual'è la tua testimonianza sulle tue affermazioni (e non su quelle del testo)?
Quella mia parafrasi era una riflessione quasi di stupore per la bellezza del testo dello Yogavasistharamayana, non intendevo quindi spacciare per mio quello stato di coscienza; e ad ogni modo, qualunque cosa io possa affermare riguardo "la mia testimonianza", tu non hai modo di verificarne la veridicità. ;)
Mauro ha scritto: Ma porca paletta. Possibile che in fior di millenni l'uomo ha tentato di sconfiggere il dolore negandone la realtà (come se solo questo potesse estirparlo), invece che ammetterlo come tale e tentare di integrarlo?
Solo uno l'ha fatto, che io mi ricordi, ed è il Buddha.
Sono totalmente d'accordo.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 11/08/2017, 9:54

NowHere ha scritto:
11/08/2017, 9:30
Fedro ha scritto: Caro nowhere, il punto è che appunto le parafrasi tua e di la triplice, non ci azzeccano un fico secco col senso del brano originale.
O davvero pensi che basti credere che uno stato sia vero perché sia cosi?
No, ovviamente non lo penso; me lo spieghi tu qual è il senso del brano originale? Dico sul serio, non intendo essere provocatorio.
Fedro ha scritto: Invece che tergiversare sulle autorità varie dei testi appunto, è su questo che c'è testimoniare e ovvero:
qual'è la tua testimonianza sulle tue affermazioni (e non su quelle del testo)?
Quella mia parafrasi era una riflessione quasi di stupore per la bellezza del testo dello Yogavasistharamayana, non intendevo quindi spacciare per mio quello stato di coscienza; e ad ogni modo, qualunque cosa io possa affermare riguardo "la mia testimonianza", tu non hai modo di verificarne la veridicità. ;)
Cerchiamo almeno di giocare onestamente..
Ti ho difatti chiesto di descrivere la tua testimonianza a riguardo, per evitare di sindacare solo sulle affermazioni, appunto.
Oppure stai dicendo che è una tua semplice riflessione?
Anche in tal cado, ti è possibile spiegarne il senso?

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da NowHere » 11/08/2017, 10:08

Fedro ha scritto:
11/08/2017, 9:54
Cerchiamo almeno di giocare onestamente..
Perché supponi che io non lo stia facendo? Hai un pregiudizio? Anche se sì, lo accetto.
Fedro ha scritto:
11/08/2017, 9:54
Ti ho difatti chiesto di descrivere la tua testimonianza a riguardo, per evitare di sindacare solo sulle affermazioni, appunto.
Oppure stai dicendo che è una tua semplice riflessione?
Anche in tal cado, ti è possibile spiegarne il senso?
Come avevo già scritto nel post precedente, si trattava di una riflessione, ti faccio la parafrasi della parafrasi: il senso era "Wow! è incredibile come pur essendo liberazione ci crediamo ora questo, ora quello, ma siamo pur sempre liberazione!" (secondo quanto affermato dal testo, non da me). Non intendevo certo dire "io sono un realizzato".

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 11/08/2017, 10:15

NowHere ha scritto:
11/08/2017, 10:08
Fedro ha scritto:
11/08/2017, 9:54
Cerchiamo almeno di giocare onestamente..
Perché supponi che io non lo stia facendo? Hai un pregiudizio? Anche se sì, lo accetto.
Abbi pazienza, ma questa tua risposta mi sembrava più una forma difensiva che una risposta inerente:

"qualunque cosa io possa affermare riguardo "la mia testimonianza", tu non hai modo di verificarne la veridicità".

Come avevo già scritto nel post precedente, si trattava di una riflessione, ti faccio la parafrasi della parafrasi: il senso era "Wow! è incredibile come pur essendo liberazione ci crediamo ora questo, ora quello, ma siamo pur sempre liberazione!" (secondo quanto affermato dal testo, non da me). Non intendevo certo dire "io sono un realizzato".
Che vuol dire, secondo te "essere liberazione" ? Probabilmente non ho compreso questo punto quanto te.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da NowHere » 11/08/2017, 10:42

Fedro ha scritto:
11/08/2017, 10:15
NowHere ha scritto:
11/08/2017, 10:08
Fedro ha scritto:
11/08/2017, 9:54
Cerchiamo almeno di giocare onestamente..
Perché supponi che io non lo stia facendo? Hai un pregiudizio? Anche se sì, lo accetto.
Abbi pazienza, ma questa tua risposta mi sembrava più una forma difensiva che una risposta inerente:

"qualunque cosa io possa affermare riguardo "la mia testimonianza", tu non hai modo di verificarne la veridicità".

Come avevo già scritto nel post precedente, si trattava di una riflessione, ti faccio la parafrasi della parafrasi: il senso era "Wow! è incredibile come pur essendo liberazione ci crediamo ora questo, ora quello, ma siamo pur sempre liberazione!" (secondo quanto affermato dal testo, non da me). Non intendevo certo dire "io sono un realizzato".
Che vuol dire, secondo te "essere liberazione" ? Probabilmente non ho compreso questo punto quanto te.
Secondo me significa che il Sé non va "creato", non va stimolato, non va "fatto nascere", non può essere un "raggiungimento", altrimenti non è il Sé descritto dal Vedanta. Il Sé è già perfetto così, è la persona che sembra girata dall'altra parte, e da qui a mio avviso deriva il dolore. La mente si trova in una posizione di velamento rispetto al Sé come avviene durante un'eclissi solare. Tuttavia è una questione solo di prospettive, questo per me significa "essere liberazione": siamo già Quello ma non lo sappiamo.
Stiamo cercando il fuoco con la torcia accesa in mano.
Anche l'Upanisad dice "Tu SEI Quello", non dice "Tu sarai Quello".

Quando ho affermato
NowHere ha scritto: "qualunque cosa io possa affermare riguardo "la mia testimonianza", tu non hai modo di verificarne la veridicità".[/i]
ti assicuro che non voleva essere una posizione difensiva. Io e te non ci siamo mai nemmeno visti; come fai a conoscere il mio stato coscienziale? Era questo il senso delle mie parole: posso spacciare qualsiasi cosa come "mia testimonianza", e tuttavia tu (non tu in particolare, ovviamente) deciderai in base alle "probabilità" se è vera o meno. Se scrivo una cosa profonda mi bastoni esortandomi a dare la mia testimonianza (magari era proprio quella…), mentre invece se scrivo che "non ho compreso", che sono in difficoltà riguardo a questo o quel passaggio, ecc (magari mentendo perché invece l'ho realizzato) ecco che diventi compassionevole e accetti quella testimonianza come vera, perché non può essere che "un uomo comune" abbia realizzato Quello, Quello l'hanno realizzato soltanto i Maestri, ecc.
Ti ripeto, non mi riferisco assolutamente a me, io non ho realizzato nulla, tranne il fatto che l'uomo è fortemente abbagliato dall'autorità di ciò che ritiene superiore.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 11/08/2017, 10:56

NowHere ha scritto:
11/08/2017, 10:42


Secondo me significa che il Sé non va "creato", non va stimolato, non va "fatto nascere", non può essere un "raggiungimento", altrimenti non è il Sé descritto dal Vedanta. Il Sé è già perfetto così, è la persona che sembra girata dall'altra parte, e da qui a mio avviso deriva il dolore. La mente si trova in una posizione di velamento rispetto al Sé come avviene durante un'eclissi solare. Tuttavia è una questione solo di prospettive, questo per me significa "essere liberazione": siamo già Quello ma non lo sappiamo.
Stiamo cercando il fuoco con la torcia accesa in mano.
Anche l'Upanisad dice "Tu SEI Quello", non dice "Tu sarai Quello".
Infatti concordo, non lo sappiamo, quindi ipotizziamo su questo e quello, supponendo di stare così in Quello, con semplice cambio di prospettiva. Mio punto di vista..
ti assicuro che non voleva essere una posizione difensiva. Io e te non ci siamo mai nemmeno visti; come fai a conoscere il mio stato coscienziale? Era questo il senso delle mie parole: posso spacciare qualsiasi cosa come "mia testimonianza", e tuttavia tu (non tu in particolare, ovviamente) deciderai in base alle "probabilità" se è vera o meno. Se scrivo una cosa profonda mi bastoni esortandomi a dare la mia testimonianza (magari era proprio quella…), mentre invece se scrivo che "non ho compreso", che sono in difficoltà riguardo a questo o quel passaggio, ecc (magari mentendo perché invece l'ho realizzato) ecco che diventi compassionevole e accetti quella testimonianza come vera, perché non può essere che "un uomo comune" abbia realizzato Quello, Quello l'hanno realizzato soltanto i Maestri, ecc.
Ti ripeto, non mi riferisco assolutamente a me, io non ho realizzato nulla, tranne il fatto che l'uomo è fortemente abbagliato dall'autorità di ciò che ritiene superiore.
non ho diritto di bastonare alcuno e non lo faccio, a meno che qualcuno insista a fare il supponente e mi girano le palle (certe volte succede.) :) Per il resto, le parole scritte son parole scritte a cui non ho mai dato nessuna autorità..non fa parte certo del mio approccio. ;)

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 12:12

Ragazzi, non so se ve ne siete accorti... ma avete ripreso a parlare del sesso degli angeli.

Ortica: i miei complimenti. Le tue precisazioni sono molto importanti e chiariscono - rendendolo meglio intelligibile - il testo proposto da nowhere.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da NowHere » 11/08/2017, 12:22

ortica ha scritto:
11/08/2017, 9:26
Lo Yogavasishta è puro Advaita, in quanto tale comprende il triplice sentiero: bhakti vada, karma vada, jnana vada.
Il testo fu prediletto da Ramana Maharshi il quale usava consigliarne lo studio a coloro che chiedevano.

Tuttavia i dettagli sono importanti e la traduzione proposta è errata in un dettaglio significativo.
Nella frase iniziale è stata aggiunta una parola fra parentesi quadre: liberazione.
Ció falsifica il senso del testo.
La traduzione correttamente riportata da Elemire Zolla in Archetipi (Marsilio editori), ove indica il dialogo tra Vasishta e Brahma quale limpida sintesi della metafisica, è infatti la seguente:

Quando questa è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente; quando è persuasa d'una sua intuizione, si chiama intelligenza; quando stoltamente si identifica con una persona, si chiama io; quando invece di indagare in modo coerente, si frammenta in una miriade di pensieri vaganti, si chiama coscienza individuale. Quando il movimento della coscienza, trascurando l'agente, si protende verso il frutto dell'azione, si chiama fatalità (karma); quando si attiene all'idea "l'ho già visto prima" in rapporto a qualcosa di visto o di non visto, si chiama memoria.
Quando gli effetti di cose godute in passato persistono nel campo della coscienza anche se non si vedono, si chiama latenza inconscia. Quando è consapevole che la molteplicità è illusoria, si chiama sapienza. Quando, in direzione opposta, si oblia nelle fantasie, si chiama mente impura. Quando si intrattiene nell'io con le sensazioni, si chiama sensibilità. Quando resta non manifestata entro l'essere cosmico, si chiama natura. Quando crea confusioni tra realtà e apparenza, si chiama illusione (maya). Quando si discioglie nell'infinito, si chiama liberazione. Pensa: "sono legato" e c'è l'asservimento; pensa: "sono libero" e c'è la libertà
.

Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza.

Nel testo, così come in ogni scritto realmente Advaita, non viene indicato che il dolore così come il piacere siano inesistenti, bensì irreali nel senso di transeunti in quanto appartenenti al divenire.
La comprensione di ciò fa parte del processo di discriminazione fra reale e irreale cui ogni cercatore faticosamente si accinge.
Pare di ricordare che gli autori e Shankara stesso rilevino che dolore e piacere così come tutte le coppie di opposti sono bandha, legami, nel momento in cui ci si identifica con essi.
Ciò non significa che il Conoscitore non avverta dolore e piacere, almeno fintanto che permane l'incarnazione corporea (comprendendo in questo termine ogni involucro karmico). Se così non fosse gli sarebbe impossibile la relazione con il mondo dei nomi e delle forme, e la sua conoscenza non sarebbe assoluta, quale invece è.
Ciò è tanto più vero se - come dicono - lo scopo dell'incarnazione di un Conoscitore è (anche) quello di relazionarsi con coloro che conoscitori non sono.

Si suggerisce a chi volesse accostarsi allo studio dello Yogavasishta di farlo per quanto possibile con mente sgombra da pregiudizi di sorta, prestando attenzione alle avvertenze poste all'inizio di ogni capitolo, e di non soffermarsi esclusivamente sulle suggestive asserzioni di carattere metafisico, che vanno sì conosciute ma non assolutizzate fin quando non siano realmente comprese e dunque realizzate.
La mia citazione l'ho presa da qui: http://www.gianfrancobertagni.it/materi ... trevie.pdf , le parentesi sono aggiunte proprio da Elémire Zolla.
Ad ogni modo, grazie Ortica

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 11/08/2017, 12:43

NowHere ha scritto:
11/08/2017, 12:22
ortica ha scritto:
11/08/2017, 9:26
Lo Yogavasishta è puro Advaita, in quanto tale comprende il triplice sentiero: bhakti vada, karma vada, jnana vada.
Il testo fu prediletto da Ramana Maharshi il quale usava consigliarne lo studio a coloro che chiedevano.

Tuttavia i dettagli sono importanti e la traduzione proposta è errata in un dettaglio significativo.
Nella frase iniziale è stata aggiunta una parola fra parentesi quadre: liberazione.
Ció falsifica il senso del testo.
La traduzione correttamente riportata da Elemire Zolla in Archetipi (Marsilio editori), ove indica il dialogo tra Vasishta e Brahma quale limpida sintesi della metafisica, è infatti la seguente:

Quando questa è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente; quando è persuasa d'una sua intuizione, si chiama intelligenza; quando stoltamente si identifica con una persona, si chiama io; quando invece di indagare in modo coerente, si frammenta in una miriade di pensieri vaganti, si chiama coscienza individuale. Quando il movimento della coscienza, trascurando l'agente, si protende verso il frutto dell'azione, si chiama fatalità (karma); quando si attiene all'idea "l'ho già visto prima" in rapporto a qualcosa di visto o di non visto, si chiama memoria.
Quando gli effetti di cose godute in passato persistono nel campo della coscienza anche se non si vedono, si chiama latenza inconscia. Quando è consapevole che la molteplicità è illusoria, si chiama sapienza. Quando, in direzione opposta, si oblia nelle fantasie, si chiama mente impura. Quando si intrattiene nell'io con le sensazioni, si chiama sensibilità. Quando resta non manifestata entro l'essere cosmico, si chiama natura. Quando crea confusioni tra realtà e apparenza, si chiama illusione (maya). Quando si discioglie nell'infinito, si chiama liberazione. Pensa: "sono legato" e c'è l'asservimento; pensa: "sono libero" e c'è la libertà
.

Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza.

Nel testo, così come in ogni scritto realmente Advaita, non viene indicato che il dolore così come il piacere siano inesistenti, bensì irreali nel senso di transeunti in quanto appartenenti al divenire.
La comprensione di ciò fa parte del processo di discriminazione fra reale e irreale cui ogni cercatore faticosamente si accinge.
Pare di ricordare che gli autori e Shankara stesso rilevino che dolore e piacere così come tutte le coppie di opposti sono bandha, legami, nel momento in cui ci si identifica con essi.
Ciò non significa che il Conoscitore non avverta dolore e piacere, almeno fintanto che permane l'incarnazione corporea (comprendendo in questo termine ogni involucro karmico). Se così non fosse gli sarebbe impossibile la relazione con il mondo dei nomi e delle forme, e la sua conoscenza non sarebbe assoluta, quale invece è.
Ciò è tanto più vero se - come dicono - lo scopo dell'incarnazione di un Conoscitore è (anche) quello di relazionarsi con coloro che conoscitori non sono.

Si suggerisce a chi volesse accostarsi allo studio dello Yogavasishta di farlo per quanto possibile con mente sgombra da pregiudizi di sorta, prestando attenzione alle avvertenze poste all'inizio di ogni capitolo, e di non soffermarsi esclusivamente sulle suggestive asserzioni di carattere metafisico, che vanno sì conosciute ma non assolutizzate fin quando non siano realmente comprese e dunque realizzate.
La mia citazione l'ho presa da qui: http://www.gianfrancobertagni.it/materi ... trevie.pdf , le parentesi sono aggiunte proprio da Elémire Zolla.
Ad ogni modo, grazie Ortica

Nel testo dello Yogavasistha la parola liberazione non c'è, così come non c'è nell'originaria (e corretta) citazione di Zolla in Archetipi.
La successiva aggiunta non aggiunge chiarezza al brano, bensì lo falsifica rendendolo quasi incomprensibile.

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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 11/08/2017, 12:48

Come volevasi dimostrare.
D'altronde era davvero incomprensibile, a meno che adattasse il sistema "neo"

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 11/08/2017, 14:27

ortica ha scritto:
11/08/2017, 9:26
Lo Yogavasishta è puro Advaita, in quanto tale comprende il triplice sentiero: bhakti vada, karma vada, jnana vada.
Il testo fu prediletto da Ramana Maharshi il quale usava consigliarne lo studio a coloro che chiedevano.

Tuttavia i dettagli sono importanti e la traduzione proposta è errata in un dettaglio significativo.
Nella frase iniziale è stata aggiunta una parola fra parentesi quadre: liberazione.
Ció falsifica il senso del testo.
La traduzione correttamente riportata da Elemire Zolla in Archetipi (Marsilio editori), ove indica il dialogo tra Vasishta e Brahma quale limpida sintesi della metafisica, è infatti la seguente:

Quando questa è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente; quando è persuasa d'una sua intuizione, si chiama intelligenza; quando stoltamente si identifica con una persona, si chiama io; quando invece di indagare in modo coerente, si frammenta in una miriade di pensieri vaganti, si chiama coscienza individuale. Quando il movimento della coscienza, trascurando l'agente, si protende verso il frutto dell'azione, si chiama fatalità (karma); quando si attiene all'idea "l'ho già visto prima" in rapporto a qualcosa di visto o di non visto, si chiama memoria.
Quando gli effetti di cose godute in passato persistono nel campo della coscienza anche se non si vedono, si chiama latenza inconscia. Quando è consapevole che la molteplicità è illusoria, si chiama sapienza. Quando, in direzione opposta, si oblia nelle fantasie, si chiama mente impura. Quando si intrattiene nell'io con le sensazioni, si chiama sensibilità. Quando resta non manifestata entro l'essere cosmico, si chiama natura. Quando crea confusioni tra realtà e apparenza, si chiama illusione (maya). Quando si discioglie nell'infinito, si chiama liberazione. Pensa: "sono legato" e c'è l'asservimento; pensa: "sono libero" e c'è la libertà
.

Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza.

Nel testo, così come in ogni scritto realmente Advaita, non viene indicato che il dolore così come il piacere siano inesistenti, bensì irreali nel senso di transeunti in quanto appartenenti al divenire.
La comprensione di ciò fa parte del processo di discriminazione fra reale e irreale cui ogni cercatore faticosamente si accinge.
Pare di ricordare che gli autori e Shankara stesso rilevino che dolore e piacere così come tutte le coppie di opposti sono bandha, legami, nel momento in cui ci si identifica con essi.
Ciò non significa che il Conoscitore non avverta dolore e piacere, almeno fintanto che permane l'incarnazione corporea (comprendendo in questo termine ogni involucro karmico). Se così non fosse gli sarebbe impossibile la relazione con il mondo dei nomi e delle forme, e la sua conoscenza non sarebbe assoluta, quale invece è.
Ciò è tanto più vero se - come dicono - lo scopo dell'incarnazione di un Conoscitore è (anche) quello di relazionarsi con coloro che conoscitori non sono.

Si suggerisce a chi volesse accostarsi allo studio dello Yogavasishta di farlo per quanto possibile con mente sgombra da pregiudizi di sorta, prestando attenzione alle avvertenze poste all'inizio di ogni capitolo, e di non soffermarsi esclusivamente sulle suggestive asserzioni di carattere metafisico, che vanno sì conosciute ma non assolutizzate fin quando non siano realmente comprese e dunque realizzate.
"....Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza..."

La Coscienza essendo ananta, illimitata, può essere descritta come [ liberazione ].

Ananta viene invariabilmente tradotto erroneamente come “beatitudine” quando il significato reale è illimitatezza. “Anta” significa fine e “an” significa non, pertanto il termine significa “ciò che non finisce”, che corrisponde al Sé, Coscienza.

Quando [ la liberazione ] è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente.

La Coscienza in virtù della sua illimitatezza ha il potere di apparire diversa da ciò che è e limitarsi a quella visione. Questa viene definita dualità.

Pertanto dalla prospettiva duale, la Coscienza illimitata quando è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, "diventa" la limitata mente.

Dalla prospettiva non duale invece, l'apparenza del turbamento, la dispersione e gli oggetti molteplici in quanto sovrapposizioni non sono altro che la Coscienza illimitata ed in tal senso questa visione è [ la liberazione ].

Dal paradigma di maya la coscienza si identifica alla mente e vi aderisce.

Dal paradigma di Brahman c'è solo la coscienza pertanto non c'è una mente con il quale identificarsi e aderire, anche se appare essercene una.

Una delle nozioni erronee circa il Vedanta, che si è introdotto attraverso la confusione del suo insegnamento con le dottrine Yoga, è l'idea che il Vedanta è un modo di sperimentare il Sé-coscienza. Il Vedanta sostiene che la nostra è una realtà non-duale in cui tutto ciò che esiste è il Sé, incluso tutto ciò che sembra essere “non me”, che significa tutto ciò che è sperimentabile. Se questo è vero allora ogni e qualsiasi esperienza è già il Sé.

E' [ la liberazione ].

Da questa prospettiva la dottrina Yoga in cui ci si deve impegnare in determinate pratiche come arrestare i pensieri per produrre una esperienza del “Sé”, o “entrare in uno stato del Sé”, è inutile e superfluo. Il problema secondo il Vedanta, non è che le esperienze discrete di unione sono disponibili o meno, ma che l'individuo non sa che lui o lei è già il Sé... e come ho già detto, qualunque sia l'esperienza che sta accadendo è il Sé.

Pertanto il problema può soltanto essere risolto nel conoscere che cos'è il Sé... e sapere che io lo sono.

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 14:37

Quindi per te:
"ananDa" (beatitudine) e
"ananTa" (illimitatezza),

non sono due termini sanscriti distinti?

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 11/08/2017, 15:10

Mauro ha scritto:
11/08/2017, 14:37
Quindi per te:
"ananDa" (beatitudine) e
"ananTa" (illimitatezza),

non sono due termini sanscriti distinti?
Meglio se lo senti direttamente da un insegnante di Vedanta al minuto 43:00 in poi del video.

https://www.youtube.com/watch?v=9_t3QUM0kjo

Potrebbe esserti anche di incentivo per studiare l'inglese.

"....Advaita non significa che la dualità che vedi cessi di esistere e vedi soltanto uno. No assolutamente. Pertanto non è basato sull'esperienza, non dipende dal cambiamento della tua esperienza. Nonostante la tua percezione la realtà è una, che tutto ciò che è qui è uno. E continui a percepire il mondo come al solito modo...."

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 15:33

Beh se tu traduci i termini sanscrito dall'inglese sei messo male.

Studiati il devanagari e noterai come il termine "ananTA" usi la sillaba "ta" il cui segno grafico è ben diverso da quello della sillaba "da" che troviamo nel termine "ananDA".

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 15:35

Qualcuno può far vedere al nostro spocchioso amico la differenza, in devanagari e non in traslitterato, tra "ananda" e "ananta"?
Purtroppo con lo smart non possi utilizzare alfabeto devanagari.

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 11/08/2017, 15:44

Un antico proverbio orientale dice che quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito.

Per saggio si intende l'insegnante di Vedanta del video che tu puntualmente non hai guardato, altrimenti non saresti qua a bivaccare.

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