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Pensiero del Giorno - Riflessioni

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Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 16:12

latriplice ha scritto:
11/08/2017, 15:44
Un antico proverbio orientale dice che quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito.

Per saggio si intende l'insegnante di Vedanta del video che tu puntualmente non hai guardato, altrimenti non saresti qua a bivaccare.
Forse perchè non conosco l'inglese :lol:
Ma conosco il devanagari.

Chi bivacca qui dicendo colossali castronerie?

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 16:14

E se "l'insegnante di vedanta" non fa differenza fra la sillabe "ta" e "da", dice colossali castronerie anche lui.

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Fedro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 11/08/2017, 16:23

latriplice ha scritto:
11/08/2017, 15:44
Un antico proverbio orientale dice che quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito.

Per saggio si intende l'insegnante di Vedanta del video che tu puntualmente non hai guardato, altrimenti non saresti qua a bivaccare.
Quindi nel video c'è la luna, volendola guardare?
Questa è una grande notizia!
Sarebbe come dire che nel video viene illustrata la piantina di Roma e se non ci perdiamo tra la descrizione di Roma, siamo lì senza spostarci...
A me sembra invece che, se vogliamo viaggiare davvero, dobbiamo disfarci prima o poi, di quel l'inutile fardello dietro la schiena, pieno di mappe..

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 11/08/2017, 16:53

E comunque, anche se il video mostrasse la cartina di Roma e dicesse che via dei casalotti e via del casaletto sono la stessa cosa, direbbe una emerita castroneria.

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 11/08/2017, 23:41

Mauro ha scritto:
11/08/2017, 14:37
Quindi per te:
"ananDa" (beatitudine) e
"ananTa" (illimitatezza),

non sono due termini sanscriti distinti?
Ma leggi quando scrivo o sei più occupato a prendermi in castagna?

Latrippa ha scritto:

"...Ananta viene invariabilmente tradotto erroneamente come “beatitudine” quando il significato reale è illimitatezza. “Anta” significa fine e “an” significa non, pertanto il termine significa “ciò che non finisce”, che corrisponde al Sé, Coscienza...".

Ho forse detto che non sono due termini sanscriti distinti?

Una premessa:

L'illuminazione in se non è una esperienza, è conoscenza. Pertanto non puoi fare nulla per ottenerla per il semplice motivo che alcuna azione intrapresa da una entità limitata può produrre un risultato illimitato, eccetto che l'auto-indagine che è un "fare" ma rispetto alle altre attività, conduce all'auto-conoscenza che è illimitata. Pertanto solo la conoscenza assimilata dall'esperienza in una mente qualificata conduce a moksha, liberazione. Ma moksha può essere esperita in in una mente sattvica come la beatitudine della conoscenza. Non è una sensazione o stato della mente perché entrambi sono impermanenti e non dipende da ciò che avviene nella mente o nell'ambiente. Infatti le circostanze esterne possono essere molto impegnative per il jiva, come per esempio la malattia, problemi sul posto di lavoro, difficoltà in famiglia ecc. Ma la mente conserva il fermo distacco e confidenza del testimone, la consapevolezza. E' sempre lì perché è conosciuto ad essere quello che sei e totalmente indipendente da tutto.

Fatta questa premessa, Il problema sta nel malinteso della parola "beatitudine". Ci sono due tipi di beatitudine: l'ananda, che è la beatitudine esperienziale, e l'ananta, che è la beatitudine del Sé. La beatitudine del Sé, quella che è sempre presente, illimitata e immutabile, non è un'esperienza, perché è la tua vera natura, anantam. La beatitudine dell'auto-conoscenza può essere esperita come un sentimento, come la beatitudine del sonno profondo, che si deduce quando ci si sveglia o come parabhakti, dove l'amore è conosciuto ad essere te, la tua vera natura in quanto Coscienza. Parabhakti è tutto quello che potresti mai desiderare e sapere che non ti lascerà mai. È l'amore che ama se stessa. È soddisfazione illimitata, parama sukka è la parola utilizzata nei testi.

La natura del Sé, consapevolezza o coscienza è parama prema svarupa. Parama significa "illimitato", svarupa significa "natura" e prema è "l'amore che rende possibile l'amore". È la natura della consapevolezza. Alla sua presenza anche l'amore spirituale vive. Tuttavia, l'amore spirituale, non importa quanto è puro, è dualista, una transazione tra un soggetto e un oggetto, per esempio un sentimento d'amore. Quando so che sono la consapevolezza, sono prema, l'amore illimitato. Questo amore è conoscenza perché la consapevolezza è intelligente. Prema viene conosciuto solo quando l'agente è stato negato dall'auto-conoscenza.

Questo non significa che la beatitudine scompare quando l'auto-conoscenza è ferma. Non importa se l'esperienza della beatitudine sia presente o meno, perché la beatitudine dell'auto-conoscenza è sempre presente perché la beatitudine dell'auto-conoscenza è la beatitudine del Sé. Viene sperimentato come la beatitudine del sonno e quando sei "sveglio" è costante nonostante le esperienze vanno e vengono. La beatitudine è semplicemente conosciuta per essere la tua vera natura.


Ananta versus Ananda:

Nei testi sia ananda che ananta vengono utilizzate per descrivere l'indescrivibile Brahman. "Sathyam Jnanam Anantam Brahma" è una di queste definizioni, "Sat Cit Ananda", riferendosi all' Atma, è un'altra.

Sathyam significa "illimitatezza riferita al tempo", anantam significa "illimitatezza riferita allo spazio", pertanto "Sathyam Jnanam Anantam Brahman" viene tradotto in "Brahman è l'eterna coscienza onnipervasiva". Anantam come termine per descrivere l'illimitato non è sufficiente, in quanto non include il tempo.

Ananda in "Sat Cit Ananda" significa anch'essa "illimitato". Ci sono due tipi di ananda: bimbaananda e pratibimbaananda. Bimbaananda è l'originale ananda, chiamato anche atmaananda. È la mia natura, sempre presente ma non esperibile. Non si può ottenere, deve essere rivendicato e posseduto.

Pratibimbaananda è ananda riflessa; Può essere esperita in una mente sattvica. Tradurre l'ananda in "beatitudine" riduce l'ananda a pratibimbaananda, la beatitudine esperienziale.

Nel mondo spirituale questa pessima traduzione e malinteso è comune, specialmente nello yoga.

Ignorante.

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 11/08/2017, 23:50

latriplice ha scritto:
11/08/2017, 14:27
ortica ha scritto:
11/08/2017, 9:26
Lo Yogavasishta è puro Advaita, in quanto tale comprende il triplice sentiero: bhakti vada, karma vada, jnana vada.
Il testo fu prediletto da Ramana Maharshi il quale usava consigliarne lo studio a coloro che chiedevano.

Tuttavia i dettagli sono importanti e la traduzione proposta è errata in un dettaglio significativo.
Nella frase iniziale è stata aggiunta una parola fra parentesi quadre: liberazione.
Ció falsifica il senso del testo.
La traduzione correttamente riportata da Elemire Zolla in Archetipi (Marsilio editori), ove indica il dialogo tra Vasishta e Brahma quale limpida sintesi della metafisica, è infatti la seguente:

Quando questa è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente; quando è persuasa d'una sua intuizione, si chiama intelligenza; quando stoltamente si identifica con una persona, si chiama io; quando invece di indagare in modo coerente, si frammenta in una miriade di pensieri vaganti, si chiama coscienza individuale. Quando il movimento della coscienza, trascurando l'agente, si protende verso il frutto dell'azione, si chiama fatalità (karma); quando si attiene all'idea "l'ho già visto prima" in rapporto a qualcosa di visto o di non visto, si chiama memoria.
Quando gli effetti di cose godute in passato persistono nel campo della coscienza anche se non si vedono, si chiama latenza inconscia. Quando è consapevole che la molteplicità è illusoria, si chiama sapienza. Quando, in direzione opposta, si oblia nelle fantasie, si chiama mente impura. Quando si intrattiene nell'io con le sensazioni, si chiama sensibilità. Quando resta non manifestata entro l'essere cosmico, si chiama natura. Quando crea confusioni tra realtà e apparenza, si chiama illusione (maya). Quando si discioglie nell'infinito, si chiama liberazione. Pensa: "sono legato" e c'è l'asservimento; pensa: "sono libero" e c'è la libertà
.

Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza.

Nel testo, così come in ogni scritto realmente Advaita, non viene indicato che il dolore così come il piacere siano inesistenti, bensì irreali nel senso di transeunti in quanto appartenenti al divenire.
La comprensione di ciò fa parte del processo di discriminazione fra reale e irreale cui ogni cercatore faticosamente si accinge.
Pare di ricordare che gli autori e Shankara stesso rilevino che dolore e piacere così come tutte le coppie di opposti sono bandha, legami, nel momento in cui ci si identifica con essi.
Ciò non significa che il Conoscitore non avverta dolore e piacere, almeno fintanto che permane l'incarnazione corporea (comprendendo in questo termine ogni involucro karmico). Se così non fosse gli sarebbe impossibile la relazione con il mondo dei nomi e delle forme, e la sua conoscenza non sarebbe assoluta, quale invece è.
Ciò è tanto più vero se - come dicono - lo scopo dell'incarnazione di un Conoscitore è (anche) quello di relazionarsi con coloro che conoscitori non sono.

Si suggerisce a chi volesse accostarsi allo studio dello Yogavasishta di farlo per quanto possibile con mente sgombra da pregiudizi di sorta, prestando attenzione alle avvertenze poste all'inizio di ogni capitolo, e di non soffermarsi esclusivamente sulle suggestive asserzioni di carattere metafisico, che vanno sì conosciute ma non assolutizzate fin quando non siano realmente comprese e dunque realizzate.
"....Possiamo ritenere che per questa si debba intendere la Coscienza..."

La Coscienza essendo ananta, illimitata, può essere descritta come [ liberazione ].

Ananta viene invariabilmente tradotto erroneamente come “beatitudine” quando il significato reale è illimitatezza. “Anta” significa fine e “an” significa non, pertanto il termine significa “ciò che non finisce”, che corrisponde al Sé, Coscienza.

Quando [ la liberazione ] è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, si chiama mente.

La Coscienza in virtù della sua illimitatezza ha il potere di apparire diversa da ciò che è e limitarsi a quella visione. Questa viene definita dualità.

Pertanto dalla prospettiva duale, la Coscienza illimitata quando è turbata e si disperde negli oggetti molteplici, "diventa" la limitata mente.

Dalla prospettiva non duale invece, l'apparenza del turbamento, la dispersione e gli oggetti molteplici in quanto sovrapposizioni non sono altro che la Coscienza illimitata ed in tal senso questa visione è [ la liberazione ].

Dal paradigma di maya la coscienza si identifica alla mente e vi aderisce.

Dal paradigma di Brahman c'è solo la coscienza pertanto non c'è una mente con il quale identificarsi e aderire, anche se appare essercene una.

Una delle nozioni erronee circa il Vedanta, che si è introdotto attraverso la confusione del suo insegnamento con le dottrine Yoga, è l'idea che il Vedanta è un modo di sperimentare il Sé-coscienza. Il Vedanta sostiene che la nostra è una realtà non-duale in cui tutto ciò che esiste è il Sé, incluso tutto ciò che sembra essere “non me”, che significa tutto ciò che è sperimentabile. Se questo è vero allora ogni e qualsiasi esperienza è già il Sé.

E' [ la liberazione ].

Da questa prospettiva la dottrina Yoga in cui ci si deve impegnare in determinate pratiche come arrestare i pensieri per produrre una esperienza del “Sé”, o “entrare in uno stato del Sé”, è inutile e superfluo. Il problema secondo il Vedanta, non è che le esperienze discrete di unione sono disponibili o meno, ma che l'individuo non sa che lui o lei è già il Sé... e come ho già detto, qualunque sia l'esperienza che sta accadendo è il Sé.

Pertanto il problema può soltanto essere risolto nel conoscere che cos'è il Sé... e sapere che io lo sono.

Per liberazione, in sanscrito moksha, s'intende la liberazione (release) dal ciclo delle rinascite, in sostanza dal samsara.
Possiamo anche intendere per liberazione (moksha) la realizzazione per identità della Pura Coscienza, ovvero dell'Assoluto Brahman (Brahman Nirguna).
I due termini, liberazione e Coscienza, non vanno confusi in quanto indicano due concetti ben diversi, collegati - volendo - da una relazione di scopo.
Mescolare fra loro i significati, così come mescolare i piani di esistenza, porta alla confusione e all'incomprensibilità delle scritture.

Prima di accingersi allo studio delle scritture e di porsi obiettivi eventualmente in contrasto con la propria condizione esistenziale sarebbe opportuno interrogarsi su chi si è e dove si è, nel talquando. Evitare la questione delle qualificazioni porta soltanto ad ulteriore confusione.
Talvolta, perfino a confondere ananta con ananda.
;)


In materia Shankara è molto chiaro:

8. L’intelligente ricercatore, che ha rinunciato al desiderio per gli oggetti sensoriali, deve avvicinare debitamente un buon e generoso Istruttore, concentrandosi sul vero significato delle parole e sforzandosi di realizzare la propria emancipazione.
9. Raggiunto lo stato di yogarudha, con l’ininterrotta discriminazione, il ricercatore deve strapparsi dall’oceano delle trasmigrazioni nel quale si trova.
10. Il dotto asceta (pandita samnyasya) che vuole realizzare il Sé deve trascendere tutte le azioni e rompere le catene delle nascite e delle morti.
11. Le azioni meritorie servono a purificare la mente, non a comprendere la realtà. La realizzazione del Sé è sempre frutto di investigazione discriminante e non di azioni meritorie per quanto numerose.
12. Solo con la corretta investigazione si finisce per comprendere che la corda è stata scambiata per l’illusorio serpente, facendo così cessare ogni timore e sofferenza.
13. Si arriva a conoscere il Sé seguendo i salutari consigli di un Saggio realizzato, non bagnandosi nelle acque sacre, moltiplicando le offerte o facendo interminabili pranayama.
14. Il successo finale dipende essenzialmente dalle qualificazioni del ricercatore; il tempo, il luogo e l’impiego di mezzi ausiliari sono aspetti secondari.
15. Un ricercatore del Sé deve appoggiarsi alla propria investigazione, dopo aver abilmente avvicinato un Istruttore, il quale deve possedere la perfetta conoscenza del Brahman e una grande compassione.
16. La comprensione di sé, la conoscenza oggettiva, l’abilità di riconoscere la verità nelle Scritture o di capire le contrapposizioni relative, sono le qualità che deve possedere un candidato alla liberazione degno della conoscenza dell’atman.
17. Solo colui che usa il discernimento, il distacco, la calma con le qualità concomitanti, e che aspira ardentemente alla liberazione può investigare sul Brahman.


Vivekacudamani, edhizioni Parmenides
(Si suggerisce vivamente lo studio del relativo commento di Raphael).


È necessario, dunque, in primo luogo essere spietati con se stessi per comprendere se si possiedono le qualificazioni all'indagine sul Sè.
Ai giorni nostri molti, mentalmente sedotti dalle luminose intuizioni della metafisica indù, si soffermano su quelle dimenticando di compiere tale preliminare autosservazione e, spesso, pretendono anche di insegnare ad altri.
Come ciechi guidati da ciechi essi vanno inevitabilmente incontro ad errori, allontanandosi dall'obiettivo nell'erranza.
Il che è fondamentalmente uno spreco di tempo e, come scrive Shankara, un suicidio.
Utilizzando la terminologia delle religioni del libro potremmo chiamarlo un peccato, nel reale senso etimologico di "fallire il bersaglio" come di chi scocca la freccia fallendo il centro.

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 12/08/2017, 0:17

Ortica ha scritto:

Per liberazione, in sanscrito moksha, s'intende la liberazione (release) dal ciclo delle rinascite, in sostanza dal samsara.
Possiamo anche intendere per liberazione (moksha) la realizzazione per identità della Pura Coscienza, ovvero dell'Assoluto Brahman (Brahman Nirguna).
I due termini, liberazione e Coscienza, non vanno confusi in quanto indicano due concetti ben diversi.
Mescolare fra loro i significati porta alla confusione e all'incomprensibilità delle scritture.

Prima di accingersi allo studio delle scritture e di porsi obiettivi eventualmente in contrasto con la propria condizione esistenziale sarebbe opportuno interrogarsi su chi si è e dove si è, nel talquando. Evitare la questione delle qualificazioni porta ad ulteriore confusione.



In materia Shankara è molto chiaro:

8. L’intelligente ricercatore, che ha rinunciato al desiderio per gli oggetti sensoriali, deve avvicinare debitamente un buon e generoso Istruttore, concentrandosi sul vero significato delle parole e sforzandosi di realizzare la propria emancipazione.
9. Raggiunto lo stato di yogarudha, con l’ininterrotta discriminazione, il ricercatore deve strapparsi dall’oceano delle trasmigrazioni nel quale si trova.
10. Il dotto asceta (pandita samnyasya) che vuole realizzare il Sé deve trascendere tutte le azioni e rompere le catene delle nascite e delle morti.
11. Le azioni meritorie servono a purificare la mente, non a comprendere la realtà. La realizzazione del Sé è sempre frutto di investigazione discriminante e non di azioni meritorie per quanto numerose.
12. Solo con la corretta investigazione si finisce per comprendere che la corda è stata scambiata per l’illusorio serpente, facendo così cessare ogni timore e sofferenza.
13. Si arriva a conoscere il Sé seguendo i salutari consigli di un Saggio realizzato, non bagnandosi nelle acque sacre, moltiplicando le offerte o facendo interminabili pranayama.
14. Il successo finale dipende essenzialmente dalle qualificazioni del ricercatore; il tempo, il luogo e l’impiego di mezzi ausiliari sono aspetti secondari.
15. Un ricercatore del Sé deve appoggiarsi alla propria investigazione, dopo aver abilmente avvicinato un Istruttore, il quale deve possedere la perfetta conoscenza del Brahman e una grande compassione.
16. La comprensione di sé, la conoscenza oggettiva, l’abilità di riconoscere la verità nelle Scritture o di capire le contrapposizioni relative, sono le qualità che deve possedere un candidato alla liberazione degno della conoscenza dell’atman.
17. Solo colui che usa il discernimento, il distacco, la calma con le qualità concomitanti, e che aspira ardentemente alla liberazione può investigare sul Brahman.


Vivekacudamani, edizioni Parmenides
(Si suggerisce vivamente lo studio del relativo commento di Raphael).



È necessario, dunque, in primo luogo essere spietati con se stessi per comprendere se si possiedono le qualificazioni all'indagine sul Sè.
Ai giorni nostri molti, mentalmente sedotti dalle luminose intuizioni della metafisica indù, si soffermano su quelle dimenticando di compiere tale preliminare autosservazione e, spesso, pretendono anche di insegnare ad altri.
Come ciechi guidati da ciechi essi vanno inevitabilmente incontro ad errori, allontanandosi dall'obiettivo nell'erranza.
Il che è fondamentalmente uno spreco di tempo e, come scrive Shankara, un suicidio.
Ancora:

Tutto quello che hai scritto è vero dal paradigma di maya.

Dal paradigma del Brahman non c'è neanche colui che possa permettersi un suicidio.

La suprema verità è questa: non vi è né nascita né dissoluzione, né aspirante alla liberazione né liberato, né alcuno che sia in schiavitù.

Gaudapada


Quanto tempo ancora vuoi indulgere con il paradigma di maya? Forse perché pensi un bel giorno di "farcela" e suonare le trombe nelle piazze?

Sostenere e alimentare il paradigma di maya è il suicidio. Della coscienza.

Prendila come metafora.

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 12/08/2017, 0:28

latriplice ha scritto:
12/08/2017, 0:17

Tutto quello che hai scritto è vero dal paradigma di maya.

Dal paradigma del Brahman non c'è neanche colui che possa permettersi un suicidio.

La suprema verità è questa: non vi è né nascita né dissoluzione, né aspirante alla liberazione né liberato, né alcuno che sia in schiavitù.

Gaudapada


Quanto tempo ancora vuoi indulgere con il paradigma di maya? Forse perché pensi un bel giorno di "farcela" e suonare le trombe nelle piazze?

CVD
:D


C'è un problema fondamentale, latriplice, quello dei presupposti alla liberazione e, in particolare, dell'ardente anelito alla liberazione (mumusutkva).
Ramana e Ramakrishna usano in proposito un paragone molto forte, l'anelito alla liberazione dev'essere potente ed esclusivo come la brama dell'aria per chi sta annegando.
C'è solo quello, neppure sussiste la più piccola sfumatura di desiderio ulteriore.
Solo nel caso in cui si desideri l'identità col Brahman come chi sta affogando cerca l'aria e null'altro, si è qualificati all'indagine sul Sè, oltre naturalmente alla nascita in un corpo umano e alla protezione di un Saggio realizzato.


Obiettivamente e spietatamente, tu ti trovi in questa condizione?
Io no, ma ci sto lavorando.

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 12/08/2017, 1:51

ortica ha scritto:
12/08/2017, 0:28
latriplice ha scritto:
12/08/2017, 0:17

Tutto quello che hai scritto è vero dal paradigma di maya.

Dal paradigma del Brahman non c'è neanche colui che possa permettersi un suicidio.

La suprema verità è questa: non vi è né nascita né dissoluzione, né aspirante alla liberazione né liberato, né alcuno che sia in schiavitù.

Gaudapada


Quanto tempo ancora vuoi indulgere con il paradigma di maya? Forse perché pensi un bel giorno di "farcela" e suonare le trombe nelle piazze?

CVD
:D


C'è un problema fondamentale, latriplice, quello dei presupposti alla liberazione e, in particolare, dell'ardente anelito alla liberazione (mumusutkva).
Ramana e Ramakrishna usano in proposito un paragone molto forte, l'anelito alla liberazione dev'essere potente ed esclusivo come la brama dell'aria per chi sta annegando.
C'è solo quello, neppure sussiste la più piccola sfumatura di desiderio ulteriore.
Solo nel caso in cui si desideri l'identità col Brahman come chi sta affogando cerca l'aria e null'altro, si è qualificati all'indagine sul Sè, oltre naturalmente alla nascita in un corpo umano e alla protezione di un Saggio realizzato.


Obiettivamente e spietatamente, tu ti trovi in questa condizione?
Io no, ma ci sto lavorando.
Ripeto, quello che hai scritto e quello che hanno detto i saggi è contestualmente corretto dal paradigma di maya.

Cosa significa?

Che ti ritrovi ad osservare ciò che è in una prospettiva invertita: quella dell'osservato invece dell'osservatore.

Discriminare obiettivamente e spietatamente l'osservatore dall'osservato (atma anatma viveka) è l'essenza del Vedanta.

Pertanto mi è chiaro che non mi ritrovo in alcuna condizione da poter rendere testimonianza, ma che sono il testimone distaccato e non agente dell'apparente condizione in cui si trova la "mia" mente ed il "mio" corpo. Che ovviamente non sono e di conseguenza non ho nulla di personale da raccontare che sia di qualche valore.

Anche tu sei testimone dell'apparente condizione in cui si trova il "tuo" corpo e la "tua" mente, ma dal modo di porti lo ignori.

Perché è ciò di cui consiste il paradigma di maya: l'ignoranza del vero osservatore.

Anche i saggi per poter trasmettere la conoscenza in parte si sono dovuti adeguare alla tenacia fortemente radicata dell'ignoranza presente nell'animo umano.

Pertanto si può dire che Ramana e compagnia bella abbiano agito per compassione per l'animale che cammina.

latriplice
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da latriplice » 12/08/2017, 2:30

P.S.

E' evidente che ignori di essere l'osservatore distaccato e non agente, l'atman, dal momento che "ci stai lavorando".
Colui che sta "lavorando" è il jiva, un oggetto mosso dai guna che si attribuisce la soggettività dell' atman e si ritiene l'artefice dell'azione di cui sei l'incontestabile osservatore. Senza contare la miseria delle responsabilità che questo oggetto inerte indebitamente si assume.

Moksha coincide con il riconoscimento per identità del vero osservatore. Ma non è una nuova esperienza perché lo sei sempre stato il vero osservatore, l'atman, solo che lo ignoravi.

Quando accade assomiglia a un "........ma guarda un pò..................che sciocco................e che castroneria!!!!??????........"

Magari accompagnata ad una sonora risata, si perché ti rendi conto della colossale presa in giro che ti sei perpetrato solo per avere un pò di intrattenimento e qualcosa da raccontare per passare il tempo.

Qua in questo forum abbiamo dei stakanovisti dell'intrattenimento. E si impegnano pure.

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Fedro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 12/08/2017, 4:38

latriplice ha scritto:
12/08/2017, 2:30
P.S.

E' evidente che ignori di essere l'osservatore distaccato e non agente, l'atman, dal momento che "ci stai lavorando".
Colui che sta "lavorando" è il jiva, un oggetto mosso dai guna che si attribuisce la soggettività dell' atman e si ritiene l'artefice dell'azione di cui sei l'incontestabile osservatore. Senza contare la miseria delle responsabilità che questo oggetto inerte indebitamente si assume.

Moksha coincide con il riconoscimento per identità del vero osservatore. Ma non è una nuova esperienza perché lo sei sempre stato il vero osservatore, l'atman, solo che lo ignoravi.

Quando accade assomiglia a un "........ma guarda un pò..................che sciocco................e che stronzata!!!!!??????........"

Magari accompagnata ad una sonora risata, si perché ti rendi conto della colossale presa per il culo che ti sei perpetrato solo per avere un pò di intrattenimento e qualcosa da raccontare per passare il tempo.

Qua in questo forum abbiamo dei stakanovisti dell'intrattenimento. E si impegnano pure.
Non vedo differenza tra ila maschera del jiva che intende lavorarci da quello convinto di essersene liberato.
Trovo singolare inoltre, che sempre questi, ponendosi evidentemente nei panni di una nuova maschera che si è inventato, che chiama testimone, si metta a giudicare quella detta "jiva" e delle sue sciocchezze...
S'inventa pure, d'altronde, che esista una condizione libera che si contrappone al libero arbitrio e che starebbe indossando.
S'inventa pure infine, che si sia spostato di paradigma, come in un salto da canguro, ponendosi dalla casella maya a quella Brahman.
Peccato che non veda che è un' ulteriore commedia della mente a cui gli piace aderire

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 12/08/2017, 9:23

La caratteristica del Vedanta Advaita di Shankara è che non si oppone agli altri darshana, in quanto se ne distacca non confrontandosi con gli aspetti duali che li contraddistinguono, riconoscendone la validità, ma occupandosi solamente di quanto viene considerata una fase terminale dell'ajati vada , quella puramente metafisica che troviamo accennata o lasciata intuire in ogni cammino, proprio perché ogni cammino, una volta praticato, si scopre essere finalizzato alla non generazione di nuovi contenuti o causalità.
Un aspirante "motivato" alla visione del vedanta dovrebbe pertanto limitare - evitare di creare attorno a sè, nello spazio esistenziale che lo circonda, la contrapposizione che alimenta la separazione tra idee, visioni, opinioni, interpretazioni diverse e adoperarsi per cogliere l'essenza che unisce i vari cammini.
Inutile disquisire sulla filosofia se si cerca nell'altro il diverso da sè, o peggio il "meno". Non c'è brahman che tenga, nè atma, nè jiva, ridotti a meri termini, a contenitori pieni del proprio sè.
Cercare a tutti i costi di vedere e di praticare la contrapposizione è proprio dell'approccio empirico, una visione che dovrebbe essere progressivamente abbandonata attraverso la pratica.

PS: questa filippica sulla non contrapposizione è frutto dell'esperienza diretta di osservare e testimoniare che la contrapposizione viene sperimentata ovunque: famiglia, coppia, lavoro e anche forum . Ci combatto da anni, interiormente, probabilmente quando l'avrò superata in me stessa riuscirò anche a non viverla fuori da me, col talatro di turno.

lux o
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da lux o » 12/08/2017, 14:37

cielo
errato
sankara E' in contrapposizione con yoga e samkhya nel vivekacudamani
56. La liberazione (moksah) non si ottiene né con lo Yoga, né
col Samkhya, né col rito, né con la conoscenza eruditiva, ma
con il riconoscimento dell’identità dell’ Atman con Brahman.
Non vi è altro mezzo.
yoga e buddhismo non sono affatto duali e osservando bene nemmeno il samkhya
ma sono ATEI non sanno che farsene della metafisica o della non generazione o ajati che
gaudapada attinge in buona parte dal buddhismo
31. Fra i mezzi che portano alla liberazione, la devozione
occupa un posto elevato. La ricerca costante della propria reale
natura si chiama devozione (bhakti).
peccato che la bhakti non sia affatto devozione ma la pratica ancestrale shamanicomagica che è lo stato di possessione
non c' è alcuna essenza comune nelle varie vie
l'altro che ti dà una legnata sulla zucca esiste come il mal di testa conseguente
non ammetterlo è dare spazio alle infinite disquisizioni su atman anatman brahman maya ecc basate tutte sulla 'CONVINZIONE' che uno sia reale e l'altro no
dallo yogavasishta tanto amato da ramana
cap 1, 2-
Valmiki disse a Bharadvaja: “Questa apparizione del mondo è un’illusione, proprio come il blu del
cielo. Penso sia meglio ignorarla, non lasciare che la mente vi dimori. Né la libertà dal dolore, né
la realizzazione della propria vera natura è possibile se non sorge la convinzione che
l’apparizione del mondo è irreale e questa convinzione sorge quando si studia questa scrittura
con diligenza

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 12/08/2017, 15:52

Shankara non si contrappone ad alcunché.
Da Conoscitore comprende yoga, samkhya ed ogni altra via.
Egli enuncia una grande (e spietata) verità, ovvero che la realizzazione per identità del Brahman non dipende da alcuna azione.
Semplicemente perché l'Assoluto è incondizionato.
Tuttavia l'azione equanime, secondo lo svadharma, è mezzo di purificazione dei veicoli, come Shankara stesso indica con chiarezza.
Affermare il contrario mostra la mancata comprensione, anche solo razionale, delle scritture advaita.
Parimenti incomprensione dimostra il non saper discriminare fra esistere ed essere, fra reale e irreale, equivocando sulla reale natura dei termini.


Quanto al buddhismo esistono decine e decine di citazioni tratte prevalentemente dal canone pali che indicano senza possibilità di dubbio come l'insegnamento del Buddha sia riferito al Sé, discriminandolo dal se.
Ciò è inconfutabile, al di là degli errori di interpretazione più o meno consapevoli in cui sono incorsi i praticanti, soprattutto occidentali.
Per non parlare delle miriadi di divinità, demoni, et similaria che vengono adorati evocati e invocati dagli aderenti alle molteplici sette buddhiste.
Purtroppo tali deviazioni dall'originario insegnamento non sono senza conseguenze.

La bhakti, infine, è bhakti ovvero devozione, benché il termine sanscrito abbia una connotazione assai più ampia della parola italiana con cui viene tradotto.
Il sanscrito è infatti lingua perfetta per sua natura.

Questo è un forum dedicato al Vedanta nella visione di Shankara, cerchiamo quindi - come richiesto esplicitamente - di lasciare da parte oscurità e impurità dovute alle personali credenze.

È tuttavia possibile - come indicato dal Galateo e dalla Presentazione del forum - proporre in discussione qualunque argomento attinente alla propria ricerca, purché lo si faccia con rispetto ed educazione.
Se si vuole discutere dello sciamanesimo piuttosto che del reiki o della wicca non ci sono preclusioni.
Che lo si faccia, ma senza creare confusioni indebite.

lux o
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da lux o » 12/08/2017, 16:13

ortica
errato
sankara era contro yoga e samkhya perchè li credeva duali non conoscendoli
prego ancora di tradurre in italiano il termine brahman e nello specifico anche dharma
sankara era convinto che l' Assoluto esista e sia reale? buon per lui ma che sia così va dimostrato e non riesce a farlo nè lui nè altro conoscitore e dire che sia incondizionato è quidquid
e chi stabilisce che una azione sia distaccata se non lo stesso attore di essa? altro quidquid
non capisco la ragione del vedanta? credevo fosse metafisica e quindi convinzione come ammette anche gauda
esistere ed essere sono strettamente connessi quando non interscambiabili
dimostra il contrario o è quidquid
il Sè buddhista non è quello vedantino oppure dimostra
credo basti così

non piace che si inchiodi sankara?

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 12/08/2017, 16:22

lux o ha scritto:
12/08/2017, 16:13
ortica
errato
sankara era contro yoga e samkhya perchè li credeva duali non conoscendoli
prego ancora di tradurre in italiano il termine brahman e nello specifico anche dharma
sankara era convinto che l' Assoluto esista e sia reale? buon per lui ma che sia così va dimostrato e non riesce a farlo nè lui nè altro conoscitore e dire che sia incondizionato è quidquid
e chi stabilisce che una azione sia distaccata se non lo stesso attore di essa? altro quidquid
non capisco la ragione del vedanta? credevo fosse metafisica e quindi convinzione come ammette anche gauda
esistere ed essere sono strettamente connessi quando non interscambiabili
dimostra il contrario o è quidquid
il Sè buddhista non è quello vedantino oppure dimostra
credo basti così

non piace che si inchiodi sankara?
Le richieste di dimostrazioni che potrebbe proporre un ragazzino della scuola media non sono utili né interessanti.
Come non lo sono quelle di traduzioni delle parole sanscrite.
Si studi, si approfondisca nell'intimità del silenzio di cui si è capaci e poi se sorgeranno domande non esclusivamente mentali si cercheranno insieme le risposte.

Questo è luogo per adulti che si sforzano di comportarsi come tali.

cielo
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da cielo » 12/08/2017, 16:28

lux o ha scritto:
12/08/2017, 16:13
ortica
errato
sankara era contro yoga e samkhya perchè li credeva duali non conoscendoli
prego ancora di tradurre in italiano il termine brahman e nello specifico anche dharma
sankara era convinto che l' Assoluto esista e sia reale? buon per lui ma che sia così va dimostrato e non riesce a farlo nè lui nè altro conoscitore e dire che sia incondizionato è quidquid
e chi stabilisce che una azione sia distaccata se non lo stesso attore di essa? altro quidquid
non capisco la ragione del vedanta? credevo fosse metafisica e quindi convinzione come ammette anche gauda
esistere ed essere sono strettamente connessi quando non interscambiabili
dimostra il contrario o è quidquid
il Sè buddhista non è quello vedantino oppure dimostra
credo basti così

non piace che si inchiodi sankara?
se tu sei convinto di inchiodarlo con le tue parole, buon per te che lo credi.

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 12/08/2017, 16:33

Una cosa è certa: latrip, che dà dell'ignorante al prossimo, non fa altro che copiaincollare definizioni trovate grazie a google in maniera randomica.
Senza questo prezioso ausilio sarebbe perduto, povero caro.
Ed infatti usa il sanscrito translitterato, perchè quello devanagari manco sa che é.
E comunque ha dovuto ammettere- smentendo se stesso- che ananda e ananta NON significano la stessa cosa (come aveva ingenuamente affermato in una delle sue scopiazzature), ma che vengono ambedue utilizzati per definire il Brahman (grazie al ciufolo: per definire il Brahman il sanscrito utilizza innumerevoli lemmi...)
Sei ridicolooooo! :lol:

Mauro
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 12/08/2017, 16:55

Le richieste di dimostrazioni che potrebbe proporre un ragazzino della scuola media non sono utili né interessanti.
Cose sempre fatte nella storia della filosofia da Agostino a Kant.

Rimani sulle controargomentazioni nel merito, ortica, sulle quali sei più efficace e competente.

ortica
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Re: Pensiero del Giorno - Riflessioni

Messaggio da ortica » 12/08/2017, 17:04

Mauro ha scritto:
12/08/2017, 16:55
Le richieste di dimostrazioni che potrebbe proporre un ragazzino della scuola media non sono utili né interessanti.
Cose sempre fatte nella storia della filosofia da Agostino a Kant.

Rimani sulle controargomentazioni nel merito, ortica, sulle quali sei più efficace e competente.

Caro Mauro, ti ringrazio.
So che certe domande hanno occupato da gran tempo le menti dei filosofi.
Se le ritenessi utili e interessanti m'iscriverei a un forum filosofico come ce ne sono tanti, italiani e stranieri.
Ma li trovo di una noia mortale e quindi me ne sto alla larga.

Non sono interessata a certe forme di discussione.
Trovo che sia uno spreco di tempo e ne ho poco.

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