Mauro ha scritto:Si tratta di scelte.
Mi spiego. Il passo di Epitteto che ricorda di considerare tutto ciò che "abbiamo" (amori, affetti, legami, oggetti etc) come "preso in prestito", è un insegnamento alto, tanto alto che è difficile realizzarlo in fondo.
Essendo comunque impulsati dai guna, ed io sono per certo un tamaguna, so che non potrei avere- ad esempio- alcuni oggetti, senza provarne attaccamento. Quindi, quando mi si è porsa l'occasione (dettata da fattori contingenti: es. qui l'enel la corrente non me la fa arrivare manco se mi suicido), allora l'ho colta come un'opportunità, e l'esperimento è andato benissimo! Ho un generatore di corrente a motore che agli inizi usavo tutte le sere per accendere la luce e vedere un pò di tv. Poi ho dato via la tv quando è arrivato il digitale e da allora ho usato sempre meno il generatore. Ora lo uso si e no una volta l'anno quando devo usare la tosatrice per il pecorone, e per eventuali usi di bricolage.
Lo stesso percorso l'ho fatto con l'acqua corrente etc. Questo mi ha aiutato nel mio distacco da molte cose materiali di tutti i giorni.
Prossimamente ho intenzione di avviarmi all'autoproduzione alimentare secondo il metodo Fukuoka, anche se il mio lato tamaguna mi porterà a farlo quando vi sarò costretto.
Dal punto di vista affettivo sono ancora molto possessivo (vedi Sony... a proposito l'ho accompagnato l'altro ieri all'aeroporto ché se ne va nella sua India per un paio di settimane...), ma sto migliorando, anche in questo caso perchè la vita eremitica e l'isolamento forzato mi ha aiutato a discernere le amicizie, e viverne il gusto e il piacere anche per brevi momenti, come un caffè seduti al bar al calduccio (stamattina qui -5 gradi, dentro casa 8 gradi... capisciammé)
Concordo sull'insegnamento molto alto di Epitteto di considerare le cose prese in prestito e di quanto sia difficile abbandonare l'idea che cose e persone siano "mie", dando continuità a ciò che non ce l'ha, "me" compreso.
Riguardo alla tua complicata situazione ascetica, mi viene da dirti che non si può affermare di "essere un tamas guna" in quanto i guna ci costituiscono tutti e tre, pur potendo osservare la prevalenza dell'uno sull'altro e indubbiamente tu osservi e ti misuri col tuo tamas forse più di altri.
Se non reagissi però a una situazione del genere ti saresti già eclissato volontariamente dal mondo.
Resta il fatto, al mio vedere, che per sopportare una situazione esistenziale così estrema ci vuole "un rajas con due palle tanto".
Da questa interazione di tamas e rajas potrai sviluppare la capacità di cogliere in te il sattva che ti distacca dall'inerzia e dalla forza di resistenza e metabolizzazione dinamica, e mantenerti equanime, pacifico e distaccato, consapevole dell'impermanenza, così il gioco dei guna avrà certo meno presa.
Questo stato neutrale di pace e tranquillità si dice che sia sattvico. D'altra parte, è importante vedere come siamo spesso preda delle oscillazioni dovute alla forza dell'emozione (rajas), oppure del tutto inerti e incapaci di reagire a ciò che subiamo, privi di iniziative e pure rassegnati (tamas).
PS: visto che ti sei dimenticato di farmi gli auguri, per consolarmi vado a farmi un caffè col fine di dare un po' di brio al mio denso tamas mattutino.