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Cronaca di un incontro: come il sego della candela

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seva
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Cronaca di un incontro: come il sego della candela

Messaggio da seva » 20/12/2020, 9:14

Prologo : di Bodhananda c'è davvero poco in questo brano tratto dalla da ML Advaita_Vedanta nella quale un fratello offre un resoconto di uno dei primi incontri in Italia dello Svami Veetamohananda nel 2003, ma quel poco è molto significativo. Attiene al "ruolo" svolto nell'istruzione sul Vedanta.
Si è ritenuto di riportare quasi per intero la cronostoria di quell'incontro di un gruppo di aspiranti con lo Svami Veethamohananda perchè descrive bene la modalità usata dallo Svami in tutti gli incontri, così anche chi non lo ha mai incontrato potrà apprezzare l'immediatezza della "diretta" del reporter. Vengono inoltre riportate, con notevole precisione, alcune delle storie che lo Swami V. solitamente racconta nei suoi incontri.
[forum pitagorico - sky 2014]


Immagine


Cronista:
se dovessi racchiudere l'incontro siciliano in una immagine, sicuramente, sarebbe quella di Bodhananda seduto accanto allo Svami Veetamohananda.
Lui ad occhi chiusi e braccia conserte, la testa un po' reclinata verso lo Svami, colto nell'attimo in cui era teso a comprendere quel che diceva per poi tradurlo ai presenti e l'altro che ritmava il suo dire, calmo e profondo, con un gesto fluente e lento della mano.
Questo mi è sembrato la cosa più rilevante dell'incontro, ancor più delle cose dette e ancor più della meditazione.
Vedere quello Svami minuto, esile come lo stoppino di una candela, avvolto nelle vesti color arancio, ascoltare il crepitio della sua lingua natia, dare una sonorità intima, orientale, all'inglese con cui si esprimeva hanno fatto piano piano sorgere in me la consapevolezza del lignaggio che egli in quel momento esprimeva a noi.

A un certo punto ho visto di fronte a me il punto terminale di una successione spirituale che affondava proprio in Shankara.
Compresi che, quando aveva detto dopo esserci salutati: "Now we shall begin with Om trhee times" e poi aveva cantato l'Om, quel suono, quel mantra, proveniva dalla bocca di Shankara, tramite l'orecchio e la bocca di una innumerevole figliolanza di suoi discepoli ed era adesso giunto a noi.

Bodhananda, viceversa con il suo abbigliamento occidentale e il faccione rotondo e pacioccone, l'esatto opposto dello Svami, mi è un po' sembrato come il sego della candela che dà la sostanza che consente allo stoppino di ardere.
Questa sinergia di elementi combustibili palesavano una fiamma che ci rischiarava e che nel contempo ardeva anche in noi.
Alla fine ciò che mi pare più importante di tutto quelloa cui si ha avuto occasione di partecipare, per me, è proprio l'immersione in questo Fuoco.

Il viaggio è, da sempre, una metafora nella ricerca interiore e a volte si dice che occorre salpare per approdare all'altra sponda del cuore.
Dopo qualche ora in macchina, il sabato precedente all'incontro, all'imbrunire, mi si apre dinnanzi un tratto di mare placido e dall'intenso color blu, due cargo lo stavano attraversando lentamente e poco distante si intravedeva una miriade di punti scintillanti che disegnavano sulla costa delle geometrie luminose. Dopo un po' realizzo che si tratta della Sicilia.
(...)
I TG mi avevano inondato di immagini della Sicilia prostrata sotto la sfera delle intemperie e paventato di un mare forza 5. L'acqua è assolutamente placida e il sole brucia, addirittura, abbastanza al largo, c'è un attempato marinaio che naviga con la sua barchetta a remi.
Le acque dell'approdo del traghetto di Messina mostrano una esuberante vivacità vitale. Le acque attorno alla nave brulicano di pesci. Mi viene in mente una stampa popolare di Vishnu che dorme sul serpente Ananda nelle acque dell'Oceano dell'Ananda che mostra lo stesso brulichio di pesci. Si dice che le istanze non risolte del precedente evo portano un nuovo uovo cosmico ad emergere dal seno dell'infinito.

A Catania ci si incontra con Bodhananda e finisco a mangiare, fra le altre, cose un delizioso piatto di pesce crudo fatto marinare in qualche mix di aceto, olio ed aromi. E' la prima volta che mi capita di assaggiare carne senza che sia cotta al fuoco. Si beve pure del vino ... alè è fatta, siamo anime perse abbiamo violato irrimediabilmente la nostra "integrità" spirituale.
L'incontro non è a Catania, e si apre un lungo tratto di strada.
Alla fine si arriva al luogo in cui lo Svami è atteso. Qualcuno è già sul posto, qualche altro arriva alla spicciolata. Riempiamo una piccola saletta e mi ritrovo proprio di fronte al tavolo dello Svami. Qualcuno fa gli onori di casa e spiega la funzione del luogo in cui siamo.

Le prime parole dello Svami sono: "We shall begin with Om", e come potrebbe essere altrimenti visto che l'Om è l'inizio e la fine di ogni cosa?
Si apre un lungo discorso e io resto con il mio quaderno e la penna ben chiusi. Non so perché, ma non mi sono sentito di prendere appunti.
Ho pensato che il mio scribacchiare affannoso avrebbe potuto disturbare le persone che mi stavano vicino e poi non è la prima volta, mi vien da pensare, che prendere appunti è concentrarsi su ciò che è superfluo.
Esiste una dimensione essenziale in cui, oltre le parole, si può annusare il profumo dell'anima. Le parole possono sfuggirmi ma quella fragranza tinge la mia anima, colorandola.
Lo Svami apre il discorso dicendo che accanto agli scienziati impegnati a scoprire le leggi del mondo materiale e che concorrono al progresso economico e materiale della società, esiste anche lo scienziato spirituale che è alla ricerca dell'Infinito e di come la nostra anima sia espressione dello stesso Infinito. Almeno così si usa tradurre, in modo letterale: Infinity itself.
Ogni tanto si ferma e dice: "Voglio fare un esempio".
Così parla di come quando ci rechiamo a un centro commerciale e veniamo accolti con estrema cortesia e gentilezza e con grandi sorrisi. Ma quelli, dice, non stanno sorridendo a voi, ma al vostro portafoglio.
Lo scopo principale dell'umanità sembra essere il progresso economico, ma in questo progresso non potremo trovare vera pace, vera felicità. Se si vuole sperimentare la vera pace, la vera felicità occorre diventare uno scienziato spirituale e scoprire la verità che insegna il vedanta, che la vera felicità, la vera pace, sorgono quando ci rivolgiamo in noi stessi e concorriamo al progresso spirituale dell'umanità.
Condisce il detto con una storia. Narra di un re amante della verità (truthfulness) e saggio e di come sotto la sua guida il paese prosperava e ognuno partecipava alla ricchezza. Un giorno alla corte arriva un saggio e gli dice se volesse dar prova che il suo amore per la verità e la sua saggezza fossero autentiche. Egli acconsentì. Il saggio disse di abbandonare tutte le ricchezze. Il re si alzò dal trono e disse: "Ecco, da oggi ogni cosa è tua" e iniziò ad allontanarsi. La moglie del re, vedendolo andar via, gli chiese dove andasse ed egli le consigliò di chiedere al saggio a cui aveva dato tutto, di chiedere il permesso di poter continuare a vivere al palazzo. La moglie rispose che non erano le ricchezze che avrebbe rimpianto, ma il suo uomo se lo avesse lasciato partire da solo, e così si incamminò insieme al marito.
Il figlio del re vedendo andar via i suoi genitori chiese dove andassero e il padre gli consigliò di chiedere al saggio a cui aveva donato tutto di chiedere il permesso di vivere al palazzo, dove avrebbe avuto una buona educazione e non avrebbe patito le sofferenze della vita priva di mezzi che si accingevano a vivere.
Il figlio disse che non amava le ricchezze, ma suo padre e così volle andare con loro. Iniziarono una vita nella povertà, ma continuarono ad amarsi come prima.
Un giorno la madre morì per gli stenti e loro non avevano nulla con cui pagare le spese occorrenti per la cremazione. Qualcuno suggerì al re di vendere suo figlio così con il ricavato avrebbe potuto pagare il funerale della moglie.
Il figlio che aveva ascoltato disse al padre che, per amore suo e della madre, volentieri avrebbe accettato di essere venduto per potere dare degne esequie a sua madre.
Si stava per fare così quando il saggio comparve e rese omaggio al re per il suo amore verso la verità e la sua saggezza rimasta inalterabile anche nella povertà e gli disse: "Ecco io ti restituisco tutto ciò che mi hai donato, conosco inoltre dei mantra che renderanno la vita a tua moglie." E così fece.

A un certo punto lo Svami inizia a parlare dei samskara ma lo fa usando una analogia.
Usando l'ereditarietà genetica per metafora, parla di due specie di geni alcuni sono materiali altri spirituali e indica i mezzi per rafforzare questi cosiddetti "geni spirituali".
Oltre la meditazione e il namajapa [ripetizione di un sacro nome] menziona il karmayoga.
Chi non è portato per la meditazione, dice, può trasformare dall'interno le azioni.

Fa una pausa, alza la mano con un gesto calmo e con quel suo incedere verbale posato e tranquillo narra di come alcuni medici abbiano iniziato a portare soccorso sanitario agli strati più umili e poveri della popolazione [indiana] disinteressandosi del vantaggio economico che avrebbero potuto ottenere se avessero prestato la loro professione verso gente più ricca.
Spiega che questo loro impegno a lungo andare è stato sostenuto dai contributi di persone ed enti che apprezzavano il loro servizio e così un grande ospedale era sorto, un ospedale che dava soccorso solo ai più umili e bisognosi.
A un certo punto venne offerto [alla RMK mission] un contributo da parte dello Stato, ma chi glielo offriva aveva in mente di raccattare voti.
Un coro di sorrisi e risatine si è sollevato a queste parole dello Svami e diversi partecipanti hanno detto: "Tutto il mondo è paese".
Lo Svami ha concluso questo suo esempio dicendo che il contributo era stato rifiutato e che occorre lavorare non in vista del guadagno che si può conseguire, ma che l'ideale è: "Il lavoro per il lavoro (travaille pour travaille)".
Oltre a questa, forse tratta dalle sue esperienze di vita, lo Svami ha, per dare un senso plastico al suo dire, raccontato altre storie.

Una di queste narrava di un uomo che campava vendendo legna che raccoglieva nella foresta.
Un giorno questo boscaiolo incontrò un saggio e gli chiese: "Cosa devo fare per migliorare la mia vita?".
Il saggio rispose: "Vai più in là, nella foresta".
Il giorno dopo il boscaiolo andò più in profondità nella foresta e trovò delle essenze pregiate che, rivendute al mercato, gli fruttarono un buon guadagno.
Il giorno seguente si immerse ancora di più nel folto della foresta e trovò delle essenze ancora più preziose.
Vendute quelle essenze al mercato, ne ricavò una fortuna. Il giorno dopo andò ancora più in profondità nella foresta e trovo un intero bosco di alberi di sandalo da cui estrasse essenze rare e preziose che lo resero ricchissimo.
Commentando questa storia mi sembra di ricordare che lo Svami ha detto: "Noi non possiamo sapere cosa siamo in grado di trarre fuori da noi stessi, quindi ogni giorni spingetevi più in profondità in voi stessi".

A un certo punto lo Svami finisce il suo discorso e chiede se qualcuno vuol fare qualche domanda.

C'è una fatale attrazione dell'occidentale per la questione del karma e, a un certo punto, anche in questa sede si è ripresentata.
Bodhananda che traduceva le domande e poi la risposta dello Svami, prima di tradurre disse quello che gli ho sentito dire innumerevole volte:
"Il karma è la legge di causa ed effetto, posta una causa segue un effetto ." Il tutto viene condito da un gran sorriso quasi per dire: "E' così semplice!".
Lo Svami richiama l'attenzione sul dharma e dice che lo svadharma [il dharma supremo] è aderire al proprio karma.

Da parte mia, visto che il discorso era caduto sul Karma, Dharma, Artha e Moksha [i quattro scopi-pilastri dell'esistenza umana] mi scappa una lapidaria domanda: "La relazione fra dharma e morale".
Lo Svami dice una cosa molto interessante: "Dharma è la legge eterna (eternal Law) la morale appartiene a una religione determinata".
Spiega che nel loro centro di studi [Centro di Gretz] si fanno incontri con musulmani e cristiani e se guardano all'essenziale non c'è contrasto fra di loro.
Avevo un gran desiderio di approfondire il discorso.
Le domande sono tante, ma il nostro ospite, a un certo punto propone di smettere per passare alla meditazione, la cosa mi trova estremamente concorde.
Facciamo una pausa di qualche minuto e poi ognuno si sistema come meglio può sulla sedia e lo Svami dice: "We begin whith Om three time".
Lo Svami propone una meditazione con seme e con alcune visualizzazioni e gestualità.
Dice: "Tocca le tue labbra e pronuncia mentalmente l' Om, senti sulla punta delle tue dita la sua vibrazione".

Come l'onda del mare che sempre ritorna sulla battigia ripete e ripete ad ogni fase di quel percorso guidato: "Senti come ogni cellula, ogni molecola del tuo corpo sia espressione dell'Infinito".

Verso la fine dice di toccarsi il cuore e di visualizzare un sole, poi di immergerci in quel sole, di sentire il suo fuoco tutto attorno a noi e in noi.
Quando dice cantiamo l'Om tre volte si comprende che il percorso è terminato.

Ho peccato di superbia, non ho seguito con molta attenzione le fasi della meditazione guidata.
Appena ho chiuso gli occhi la mente si è adagiata nel silenzio che è la mia usuale meditazione. Non ho avuto sufficiente umiltà di partecipare pienamente a ciò che mi si offriva.
Ormai la notte regna sovrana in quel luogo campestre e il tempo, che fino a quel momento si era mostrato clemente, comincia a mostrare i denti. Ci salutiamo alla spicciolata e ognuno prende la sua strada.

Il viaggio di ritorno è stato lungo e difficile, saremo partiti intorno alle otto e sono arrivato a casa alle tre del mattino. Qualche ora di sonno e poi alle sette prendo di nuovo la macchina per recarmi al lavoro.

Bodhananda:
come cronologo, se non cronista, non sei affatto male, anzi...
La metafora di Bodhananda come mero sego è decisamente seducente, te ne ringrazio di cuore.
Mai se ne era sentita una che si potesse condividere.

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