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Il Guardiano della soglia - dialogo dIstruzione

Teoria e dottrina.
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cielo
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Il Guardiano della soglia - dialogo dIstruzione

Messaggio da cielo » 06/01/2018, 15:17

Nei brani che seguono Bodhananda dialoga sul "Guardiano della soglia"
(brani d'archivio, ML Vedanta - Sai Baba)

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D. C'è un argomento che in questi giorni mi sta facendo riflettere: quello che viene definito il "Guardiano della Soglia"; questo coacervo di elementi e di strutture psichiche costituitosi nel corso delle varie incarnazioni dell'uomo con il quale prima o poi ci si deve confrontare, quale ultimo ostacolo sulla via della presa di coscienza del Sè.

Quello che vorrei sapere è se, nella Tradizione orientale, c'è un suo concetto equivalente, quali sono le sue caratteristiche ed in che modo l'orientale vive il confronto con esso: che metodi usa per superare l'ostacolo?

R. Non si ha una tale conoscenza della Tradizione orientale da poter rispondere esaurientemente, né si conosce a fondo il significato e l’uso del termine, però forse possiamo esprimere un paio di punti...

Sai che le filosofie indiane che riconoscono l'autorità ultima dei Veda sono sei e vengono chiamate i darshana bramanici, mentre altre filosofie indiane quali il buddismo e il jainismo non ne riconoscono l'utilità, pur avendo alcuni aspetti sorprendentemente vicini, se non identici.

Dalla breve descrizione che dai del Guardiano della Soglia è facile che esso venga espresso in termini di karma, vritti e vasana, potremmo allora vederlo da un unico punto di vista per semplicità e ponendo dei postulati limitativi (per evitare di entrare in discorsi attinenti alla non dualità o all'asparsa che complicherebbe parecchio il discorso.

I postulati sono:

1) esiste un ente (jiva) in cammino (risoluzione del karma)

2) esiste un cammino che può svolgersi anche attraverso diverse "vite" (sia in unico arco temporale che in diversi)

3) il cammino consiste nel liberarsi dall'ignoranza di credere che esista un cammino, che esista una meta, che ci sia un soggetto che necessiti della liberazione.

Lasciamo cadere il punto 3), introdotto per evitare disquisizioni sulla validità dei postulati.

Ogni ente vede sé stesso in uno stato più o meno marcato di sofferenza e vede anche diverse difficoltà da affrontare lungo il proprio cammino prima di giungere a quanto egli chiama (crede, idealizza, etc.) meta o Ideale.

Pertanto, egli chiama cammino la risoluzione di queste difficoltà e crede che una volta risolte giungerà alla agognata meta (difficoltà che possono essere intese anche come ignoranza o elementi non saputi).

Ora, lungo il cammino l'ente si rende conto che, man mano che le difficoltà vengono risolte, esse non provocano più sofferenza, ma che quelle rimanenti sono bastevoli a provocare la stessa sofferenza di sempre, non solo, ma la sofferenza sembra addirittura aumentare (solo sino ad una certa fase).

In sostanza, più avanzato è il cammino, meno montagne rimangono da sollevare e più quelle montagne pesano a dismisura.
Quando ne rimarrà una sola essa sarà così greve da portare quasi alla pazzia a causa del dolore.
Questo avverrebbe se l'ente non fosse stato "rodato" dalle montagne superate in precedenza.

Ora può avvenire (secondo i postulati posti in principio) che un elemento già rodato debba lasciare il corpo e quindi necessiti di un'altra vita per finire il percorso (sempre nell'accezione che sia possibile per un jiva indossare più veicoli corporei).

In tal caso ci troveremmo con un ente che, pur dovendo affrontare una vita sin dall'inizio (genitori, crescita, maturazione, etc.), ha già raggiunto nella vita precedente una determinata consapevolezza.
Senza raggiungere i casi limite di esseri quali Ramana Maharshi, Shankara o Sai Baba (di cui pare testimoniato il raggiungimento del savikalpa samadhi subito dopo la pubertà, se non prima), vediamo quest'ente prendere decisamente un indirizzo spirituale nella propria vita, mentre esteriormente appare al pari degli altri e solo ad un occhio attento si mostrano gli eventuali indici della posizione coscienziale.
Egli vive tutte le fasi che affronta ogni aspirante tradizionale, solo che esse sembrano stranamente rapide e in breve recupera la consapevolezza. Vediamo come questi esseri spesso esperiscano il savikalpa prima della piena maturità di uomini e come si stabilizzino nel nirvikalpa nella pienezza della maturità, rispetto ad altri che giungono a certi livelli di consapevolezza solo nell'anzianità.

Usiamo un’iperbole.
Un essere così dotato, se dovesse confrontarsi sin da bambino col livello coscienziale che gli è proprio come anima, si troverebbe in condizioni estremamente disagiate.
Pur senza crescere, senza esperienza di vita, senza essere fortificato nel corpo e nello spirito, si ritroverebbe senza un io, un carattere, una personalità, etc. Pertanto in lui si mostra un carattere come tutti, una egoità, desideri, aspettative, etc. al pari di tutti.

Insomma vediamo in lui una persona normale come tutti, che deve compiere il proprio cammino come tutti. Usando le parole di un noto Maestro: "se occorrono 27 colpi di mazza per rompere un masso, c'è chi ne ha dati già 26 in altre vite, chi solo 6. Il masso appare il medesimo ad entrambi, ma mentre per il primo si romperà con un solo colpo, per l'altro ne occorreranno 20".

Un aspirante che si trovi nella condizione di dover dare un solo colpo di mazza, di solito non “lo sa”.
Egli vede l'intero masso di fronte a sé e vede pure i 27 colpi necessari alla sua rottura.
Insomma egli vede le medesime difficoltà che vedono tutti gli aspiranti filosofi. Solo che esse sono fittizie, solo una è quella vera, una sola è la chiave di volta, una sola è il Guardiano della Soglia, tutte le altre svaniranno una volta affrontata e risolta quella sola.

E' come il letto di chiodi di un fachiro, se ci fosse un solo chiodo il dolore sarebbe molto forte, mettendone centinaia e centinaia, il peso del corpo viene diviso fra tutte le punte e nessuno dei chiodi sopporta una pressione tale da penetrare dentro il corpo stesso.

Di fronte ad ogni aspirante si pongono tante difficoltà o tanti passi da compiere, ma non tutti sono veritieri, molti sono tenuti in piedi da quell'unico Guardiano delle Soglia.

Questo è uno dei motivi per cui viene detto che l'aspirante non può interrogarsi con successo sul proprio livello realizzativo, dato anche che può esserci più di un guardiano.

Spesso i nodi energetici da risolvere sono più di uno e posti su piani diversi, allora ogni nodo diviene Guardiano di quel livello, ossia si accompagna ad altri che, pur non essendo reali, vengono proiettati dallo stesso. Ogni vritti proietta e causa altre vritti, agendo sull'origine si agisce su tutte.

Se invece volessimo vedere il Guardiano della Soglia come unico, allora potremmo vedere tale l'ahamkara (senso dell'io) che genera l'ahamvritti, il pensiero dell'io.

Caduto quello, quasi tutte le vasana (solchi, impressioni subconscie) appaiono nella consapevolezza e sono "facilmente" affrontabili.

Ecco come viene indicato, nel Glossario sanscrito dell'Aśram Vidya, Ahamkara (m): lett. "ciò che fa l'io", o il "senso dell'io". Principio di indivíduazione che genera il senso dell'egoità e della distinzione riferendo l'esperienza e il suo contenuto a un "ìo" particolare; è dunque associato al manas (mente empirica distintivo-analitica) e al citta (deposito delle latenze subconscie). Rappresenta una delle quattro facoltà o funzioni dell'organo interno (antahkarana) che sono appunto: buddhi, ahamkara, citta e manas. Costituisce la coscienza nel suo stato di individualizzazíone ed è funzionalmente ciò che genera la funzione dell'io, ciò che produce l'io. L'ahamkara rappresenta dunque ciò che agisce, che sperimenta, che trae i frutti da questa sperimentazione, ciò che produce l'azione positiva o negativa; è perciò equivalente all'io empirico - nel quale si esterna di volta in volta - cioè l'ego o jiva individuato. E' uno dei termini polari (soggetto-oggetto) in cui si scinde la coscienza unitaria del jiva ed è perciò esso che, trascinato dal prodotto delle proprie azioni (karma), è soggetto alla trasmigrazione, alle nascite e alle morti. E' l'ultíma determinazione della coscienza, la quale si riflette dapprima a livello jiva-buddhi indi in quello mentale inferiore o manasico, e costituisce pertanto l'ultimo fattore di qualificazione che occorre reintegrare nella consapevolezza del Sè.
Cfr. Vivekacudamani, Bhagavadgita, Drgdrsyaviveka.

[...]

Il guardiano della soglia è stato molto mitizzato da un certo tipo di letteratura non tradizionale, romantica e pseudo-spirituale. C'è molta enfasi anche in certi esoterismi occidentali, che sanno più di essoterismi che altro.

Il guardiano della soglia, è la chiave di volta, la chiave di lettura, il seme causale o samskara che genera gli altri.

E' il punto nodale che una volta risolto permette la risoluzione degli altri sullo stesso livello.

Immaginando un essere quasi realizzato che si incarni nel corpo umano, egli dovrà crescere, avrà le sue esperienze come gli altri etc. etc., ma sarà tutto fasullo, ossia saranno cose ben poco reali.

Questo perchè se egli scendesse solo con il suo unico problema non sarebbe in grado di vivere non avendo alcuna struttura dell'io che lo protegga.

Allora si manifestano tutta una serie di semi, contenuti, problemi etc, etc, lui si batterà, lotterà etc. etc. contro tutte queste cose. Ma non appena avrà affrontato e risolto il guardiano della soglia, tutto svanirà.

Questo è un caso limite. Vediamo quello che sta dall'altra parte.

Considerando la vita come un percorso di evoluzione spirituale, vediamo come le persone ritornino spesso sugli stessi errori e non imparino dalla vita stessa. Persone che dopo 7-8-20 [anni] fra partner o coniugi continuano a cercarne altri, convinti che non hanno ancora trovato quello giusto. A 70 anni ancora cercano l'amore e l'innamoramento.

Altre volte vediamo come l'evoluzione consista nello sbucciare la cipolla, con tante lagrime, velo a velo. Ci accorgiamo che aspetti che pensavamo di avere risolto, si ripresentano sul livello inferiore, anche se diversi negli effetti.

Si ritorna sempre allo stesso problema. Su ogni livello di coscienza. Quello è il guardiano della soglia.

Se un fachiro dovesse stendersi su un unico chiodo morirebbe, se si stende su mille chiodi può riposare tranquillo. Il guardiano della soglia è, a seconda dei punti di vista, il chiodo che mostra esistente gli altri 999.

[...]

E' quanto alcuni chiamano il "foro nella cipolla"...

Se con un stecco si fora una cipolla e poi la si sbuccia velo per velo, troveremo traccia del foro su ogni strato. Quindi, man mano vengono risolti i contenuti, essi sembrano ripresentarsi man mano che si approfondisce la coscienza di sè. Specialmente quelli che appaiono legati al guardiano della soglia. Dato che un contenuto, una vasana, ha avuto modo e tempo di radicarsi, l'emissione di vritti [modificazioni della sostanza mentale: citta] non cessa sino a quando non viene disciolta ogni sua diramazione.

Se invece pratichi la meditazione senza seme, tutto è sfocato, ma presente e solo ciò che necessita della tua opera si presenterà al tuo sguardo.


un sorriso

bo

Mauro
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Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: Il Guardiano della soglia - dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 06/01/2018, 15:40

In sostanza, più avanzato è il cammino, meno montagne rimangono da sollevare e più quelle montagne pesano a dismisura.
Mi piace questa affermazione perchè esprime a mio avviso, in termini metafisici, ciò che la fisica esprime con la relatività ristretta

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jbj89
Messaggi: 20
Iscritto il: 21/02/2017, 9:01

Re: Il Guardiano della soglia - dialogo dIstruzione

Messaggio da jbj89 » 07/11/2019, 11:55

Veramente molto interessante

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