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Sul Logos - dialogo dIstruzione

Teoria e dottrina.
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cielo
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Sul Logos - dialogo dIstruzione

Messaggio da cielo » 03/09/2017, 12:07

D. Hai detto: "Ogni scuola può aver approfondito un deteterminato aspetto rispetto ad altri, con conseguente sviluppo di testimonianze, pratiche e manuali.". Mi domando se sia ciò che chiamamo Logos, ovvero il linguaggio proprio di ogni scuola e che distingue ognuna rispetto all'altra, nei propri aspetti relativi, ma comunque ciascuna radice dello stesso unico Albero?
Sarebbe allora come osservare le varie sfaccettature dello stesso Cristallo, da punti di visione diversa, cogliendone ognuna i vari Riflessi e Colori.

R. Il logos è la testimonianza/realizzazione della Verità. E indifferentemente il termine è stato usato per indicare l'incarnazione della Verità (il jivanmuktha stesso), la sua testimonianza, il ragionamento umano a sostegno della sua testimonianza, etc.

Il concetto di tradizione poggia sul fatto che ci sia sempre qualcuno "vivente" a testimoniarla. A prescindere dalla notorietà del Vivente (che può essere anche qualcuno sconociuto ai più). Una tradizione può essere mantenuta viva dal passaggio maestro-discepolo o maestro-maestro.

Più che di radici si parla di rami di un unico albero, ma preferisco l'immagine dell'unica montagna guardata da più direzioni, da più altezze, da chi la sale e da chi la discende, da chi riposa e da chi dorme sulle sue pendici o nelle vicinanze.

Ecco che la testimonianza/logos può mostrarsi diversa agli occhi di chi non l'ha realizzata, ma chi realizza/è il logos vede solo la montagna/Sè.

D. Quindi nell’ascesa ognuno seguirà la propria cordata, e dall'altezza a cui è giunto non potrà riconoscere che solo la propria.
Sino a quel momento il Logos sarà rappresentato dal seguire quella cordata, pur sapendo che ve ne sono altre, nessuna migliore o peggiore.
Dicono che cambiare cordata sia un azzardo, poiché tocca spostarsi un tratto da soli senza corde e riferimenti, per poi reimparare il ritmo e gli strumenti forniti nel frattempo dall’altra cordata per salire.

R. Non credo si possa cambiare logos; può crederlo al più la mente. O non lo si è cambiato o non lo si seguiva.

Poi la mente immagina tante cose: fa credere sportivo chi ha un abbonamento TV dedicato al calcio.

D. Si può forse scegliere altro da questo presente che ci si offre sotto i piedi?

R . Finchè lo credi: sì.

D . Giusto! E non lo credo più. Vedo sempre questo come miglior presente.

R. Basta che non si creda di non credere.

D. Il cuore, non la mente, è infallibile. Presentandosi è chiarezza.

R. Mi spaventa tanta certezza.

"Il cuore è infallibile e presentandosi è certezza".

Chi lo afferma e quando?

Il cuore? Il cuore tace. E quando verrebbe affermato? Prima durante o dopo la presenza che è certezza?

Quanta gente vive il cuore?

Solitamente si vive l'amore chiamando con il termine amore quel fraintendimento che copre l'amore del Sè col desiderio...

Cosa c'entra il cuore? O meglio cos'è il cuore e perché lo citiamo parlando del logos, ove abbiamo detto che il logos è la testimonianza/realizzazione della verità o, per altri, una sua spiegazione?

(...)

R. L'Advaitin vede come mero fenomeno la visione del Divino del Bhakta.

Se incontra il Logos?

D. Strana domanda. Non succede niente a mio parere

R. Talvolta si ritiene che ogni verità vada detta, quale che sia la sua profondità, quali che siano stati i passi per coglierla, quale che sia la coscienza per fissarla. Indifferenti se l'interlocutore abbia la consapevolezza per comprenderla, indifferenti se gli astanti la trasformino in credenza.

Questo in nome del principio che il vero deve essere detto, principio osannato da chi il vero non conosce, né mai forse conoscerà.

Osservando vediamo Paolo di Tarso indirizzare delle isolate parole di amore di un falegname palestinse verso chi ne ha fatta una delle armi più letali ai esistite contro l'umanità. Le credenze si associano spesso con interessi politici, economici e sociali, generando così ondate umane che distruggono ogni "bio" diversità.

Si è così centrati sull'io identificato con la mente che non si vede il danno che parole di verità portano a chi non è pronto ad esse.

Vediamo delle parole indubbiamente d'effetto e splendide per un monaco rinunciante, un poco meno per un giovane, uno studente

Indaga su tutto, non credere a niente.

Tutto quello che ti hanno detto su di te viene dall’esterno, quindi abbandonalo.

Per trovare CHI sei trova prima che cosa non sei.

Per lasciar andare qualcosa devi prima sapere cos’è.

Chi sperimenta fa parte dell’esperienza.

Tutto ciò che pensi di essere non lo sei.

(Nisargadatta Maharaj)


D1.
Il tuo scritto mi ricorda una frase del Vangelo secondo Matteo 7,6:

"Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi".

Sono un po’ confuso (è la mia natura!), in altra occasione, parlando della dialettica come tecnica di risveglio, si parlava di come sia importante il discorrere su alcuni argomenti per arrivare alla verità.
Come si conciliano le due cose (il tacere e il discorrere)? Come facciamo a sapere quando è il momento di stare in silenzio (e prendere un po’ di fiato!) e il momento di discorrere, senza paura di far danni?

R. Parlando ai guerrieri di cose da guerrieri, agli studenti di cose da studenti, ai bimbi di cose da bimbi.

[dialoghi tratti da forum pitagorico Jnana yoga - Logos, luglio 2014]

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