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Filosofia della scienza. I mezzi di conoscenza

Teoria e dottrina.
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Gruppo Vedanta Citra
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Filosofia della scienza. I mezzi di conoscenza

Messaggio da Gruppo Vedanta Citra » 18/05/2017, 15:00

Un importante e comune assioma della Filosofia Indiana è che uno specifico oggetto di conoscenza empirica o altra, è determinato da un definito processo di consapevolezza.

Tutti gli oggetti di conoscenza possono essere inclusi all’interno dell’individuo (jiva), il mondo (jagat) e Dio (Isvara). Dato che gli oggetti conosciuti corrispondono ai mezzi attraverso cui andiamo a conoscerli, mezzi che sono sotto il comando diretto della mente, la conoscenza necessita un esame della mente prima di quello di un oggetto specifico.

Gli strumenti epistemologici sono designati a determinare la natura e lo stato degli oggetti tanto quanto le realtà metafisiche. Nella Filosofia Indiana, il termine tecnico usato in questo contesto è pramana, che significa, mezzi o fonti di conoscenza. Il termine generico per epistemologia in Sanskrito è pramana-vicara.

Perchè cominceremo con pramana-vicara?
Domandandoci come conseguire la via della conoscenza è necessario prima di investigare cercare di determinare la natura degli oggetti e dei fenomeni. Ciò viene fatto per far riconoscere i mezzi di conoscenza o pramana. La richiesta di conoscenza deve essere sostenuta dalla fonte, che è pramana.

Il Mimamsaka, afferma che l’esistenza del cielo (svarga) è basata sulla fonte della rivelazione Vedica (Sruti-pramana). L’affermazione della presenza di un fuoco sulla cima della montagna, dove si vede solo il fumo, è basata sulla fonte di inferenza (anumana-pramana). Infatti, ogni affermazione di sapere deve essere fondata in un pramana. La conoscenza ottenuta attraverso un pramana è chiamata prama.
Il termine jnana, (conoscenza) è stato spesso usato con lo stesso significato di prama. In poche parole, jnana indica conoscenza e non sempre significa – come nel caso di prama - retta conoscenza. Tuttavia se prama si riferisce sempre ad una retta conoscenza, jnana no.

Quest’ultima può esprimere valida, non valida, o dubbia conoscenza (samsaya jnana, asamsaya-jnana viparyaya-jnana). Il numero dei pramana variano da scuola a scuola. Per la scuola materialista (Carvaka), la percezione (pratyaksa) è il solo principio di conoscenza accettato. Le scuole Buddiste e Vaishesika accettano due pramana, percezione e deduzione. Le tradizioni della Samkhya e dello Yoga accettano questi ultimi due pramana solo come testimoni (sabda). La scuola Nyaya accetta questi ultimi tre e anche l’analogia (upamana). Nella tradizione Purvamimamsa, il maestro Prabhakara accetta i quattro pramana sopra citati e aggiunge l’ipotesi (arthapatti).

Il maestro Bhatta accetta un sesto pramana chiamato non-percezione (anupalabdhi).

La scuola di pensiero Advaita accetta questi sei pramana ma soltanto dal punto di vista della realtà empirica (vyayahare bhattanayah). Le scuole Vishistadvaita e Dvaita del Vedanta accettano tre pramana, i.e., percezione, inferenza e testimonianza (includendo gli ultimi testi della Sruti e Smrti).

Ognuna delle scuole indicate discutono, a grandi linee, la ragione per la quale accettano o rinnegano alcuni significati della conoscenza. I mezzi interpretativi e di ragionamento che le scuole Mimamsa e Nyaya forniscono rispettivamente sono particolarmente rilevanti per lo studio delle scritture e quindi importanti per tutte le scuole Vedanta.

Nell’interpretare i testi bisogna considerare la legge della parsimonia, vale a dire, l’economia nell’uso delle parole. Se violata, può portare a errori interpretativi (doshas) detti laghva (troppo stretto) o gaurava.




Godavarisha Mishra
Letture a cura dell'Oxford Centre for Hindu Studies sulla filosofia Advaita

testo integrale tradotto in italiano su Advaita.it

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