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Approccio alla via metafisica - dialogo dIstruzione I

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cielo
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Approccio alla via metafisica - dialogo dIstruzione I

Messaggio da cielo » 05/05/2017, 11:11

Il 25 giugno 2006 nella lista advaita vedanta si iscrisse una persona nuova che, dopo esservi presentata, iniziò a fare domande.
Non essendo quella mailing list destinata ai dialogi, l’owner stesso spostò il dialogo sulla lista dedicata al confronto (Vedanta Sai Baba), rispondendo a tutte le domande poste.
Il dialogo (che verrà riportato in tre parti) si sviluppa tra giugno e ottobre 2006.


Immagine



Bodhananda, giugno - settembre 2006, tratto da ML Advaita vedanta, poi Vedanta Sai Baba. Brano inedito

29 giugno 2006

D. “Dopo varie esperienza ho incontrato (sul web) una persona grandiosa, un ermetista, che a poco a poco mi diede un obiettivo. Impiegai parecchio tempo, un anno, un anno e mezzo a prendere le tematiche della Tradizione sul serio, cioè non come semplice filosofia, ma come reale. (…) Purtroppo, però, quella persona ha deciso di prendersi un paio di anni sabbatici, sorge quindi il problema che da solo non credo di riuscire ad andare avanti: da solo, non avrei nemmeno avuto il sentore, dell'esistenza di maya. E perciò, volevo chiedere il vostro aiuto: sento che siete veramente collegati a una tradizione. Ormai ho capito che QUESTO [raggiungere il Tutto, come successivamente spiegò] è l'unico obiettivo che conta.

R. Conta solo sino a quando non te ne fai sovrastare e condizionare. Usala per trovare il tuo equilibrio e interiorità, indipendenza e umiltà, difesa e tolleranza, dolcezza e forza
Le upanishad e la gita hanno mille significati, man mano che si cresce e ci si trasforma da doxa-dipendenti a conoscitori di sè. Nella Lista Vedanta Sai Baba ci sono persone predisposte al dialogo, nel caso tu abbia l'esigenza ad un confronto più verbale.
un sorriso, owner


8 luglio 2006

A. Hai detto: "Ormai ho capito che QUESTO è l'unico obiettivo che conta.”
Con tutta evidenza ognuno ha le sue priorità, i suoi "tutti" o "nulla" da raggiungere, le sue mete o non-mete, essere o non-essere diceva il poeta, quello d'oltre manica...
Ultimamente mi sono "incantato" su un verso tratto dalla Mandukyakarika di Gaudapada, il verso quaranta dell’ultima dell'ultimo libro l'Alataśanti Prakarana (dell'estinzione del tizzone ardente):
L'irreale non può avere l'irreale come causa, né il reale può nascere dal reale, né ancora il reale può nascere dall'irreale, né infine il non reale può nascere dal reale. Letto così suona quasi come un gioco di parole...ed invece condensa praticamente tutto l'advaita in due righe scarse!
Lo si potrebbe associare al settimo verso dello stesso libro..."L'immortale non può divenire mortale, né il mortale può divenire immortale perchè un dato in nessun modo può cambiare la propria natura".
Il nono verso chiarisce il termine natura: "Con la natura si deve intendere ciò che è acquisito permanentemente o è intrinseco, connaturato; ciò che non è prodotto, ciò che è immutabile nella sua caratteristica essenziale."
Quanto sopra ricorda quel celebre verso di Parmenide: Non sarà mai che siano le cose che non sono.
Tornando al verso quaranta, si nota subito che vi è un comune denominatore, trasversale a tutto il verso, l'a-causale, il non nato, il non nascere o essere causa di, l'a-jati. Non vi è nulla né dal reale che dal non-reale che possa nascere, e giungere ad essere reale o non-reale che sia. Non sarà mai che siano le cose che non sono.
L'advaita non a caso si chiama asparsavada o ajativada, là dove sparsa significa contatto-relazione e a-sparsa di conseguenza ne è la negazione, non-contatto, non-relazione. Stesso dicasi per jati, che significa nascita, generazione da cui a-jati la negazione, non-nascita, non-generazione.
Quindi non vi è nascita, generazione, causa....ne segue la ovvia e scontata domanda: “Ma tutto ciò che a noi appare nascere, generarsi, essere causa di, cosa è allora ? Da notare che negare la causa e la causalità, la nascita ed il nascere, la generazione ed il generare nega in automatico il divenire, più in esteso il tempo, spazio, causa.
Eppure noi siamo intrisi di tempo, spazio, causa, viviamo di loro, sono la nostra stessa sostanza di vita. Quindi?
Persino Dio, è tempo, spazio, causa, e se non propriamente tempo-spazio, certamente causa sui, causale. La causa e la causalità, almeno nella sua accezione ontologica sembra antecedente il tempo-spazio, nel senso che il tempo-spazio sono il divenire stesso, ma questo trova la sua causa appunto nella causa prima, Dio.
Il big bang è causale, è la causa, ed in seno alla causa trovano esplicazione lo spazio-tempo, il divenire appunto. Il tempo-spazio, come dire, si realizza-attualizza divenendo.
Vi è una condizione potenziale, causale ed una realizzativa esplicativa di quel potenziale, il divenire, lo spazio-tempo.
Si può quindi dire che l'universo è nato, si è generato dal bigbang? No, sarebbe come sostenere che dalla potenza nasce l'atto, che il potenziale genera l'attuale. No, era già lì, è già lì, è sempre stato lì, non c'è alcuna generazione, alcuna nascita, alcun cambiamento di natura. Come chiedersi se la natura dell'universo è la condizione potenziale-causale-bigbang o quella in divenire-spazio-temporale? Sono a tutta evidenza la stessa identica cosa....
È più vero-autentico-reale il seme o l'albero che ne nascerà e si svilupperà da quel seme ?
Il seme e l'albero non sono forse la stessa identica cosa ? Non godono forse entrambi della stessa identica natura?
Sono la stessa identica natura, perfettamente coincidente. Non vi è nulla dell'albero che non sia già nel seme, nulla in più e nulla in meno, dalla prima all'ultima foglia, tronco, corteccia, radice. Nulla eccede e nulla manca. Quando si usava dire, non ricordo chi, che Dio conosce il numero dei capelli che hai in testa, non uno di più e nemmeno uno di meno questo si intendeva dire...Noi siamo il divenire di Dio, siamo il tempo spazio, l'attualità, la realizzazione Divina.
Così come nessuna foglia, da quelle che devono ancora nascere a quelle già cadute da tempo sono e restano nella natura unica del seme, parimenti "noi" condividiamo questa unità, questa potenzialità ma anche questa attualità.
Il miracolo, in un certo senso, è proprio questo, essere partecipi del seme e dell'albero, contemporaneamente, partecipi di essere un'individualità tra milioni e dell'unico seme che tutti noi affilia e ci è padre.
Quel verso va anche oltre quanto detto, ma per ora mi fermo qui...


19 – 21 agosto 2006

D. Salve a tutti, riflettevo in questi giorni, su alcune cose, tra le quali la risposta di A. Mi sorgono una serie di domande, vado con ordine.

1) Sul sito vedanta. it c'è, fra le altre cose, la seguente frase: “Chiunque senta il richiamo della Conoscenza tradizionale e l'esigenza di approfondirne il significato e la portata nella propria vita può senz'altro unirsi all'Associazione con gioiosa e serena partecipazione. ". Ecco vorrei sapere cosa intende veramente: far parte di una associazione fisica o altro?

R. C'è un lavoro comune che alcuni stanno portando avanti a gruppi, secondo la propria nota e i propri interessi.

D. Cioè, c'è la possibilità di essere seguiti e aiutati `di "presenza" lungo il cammino spirituale? Per carità, internet offre certo molte opportunità, però…

R. C'è la possibilità che aspiranti che abbiano già vissuto una determinata esperienza porgano degli indirizzi a chi si ritrovi in difficoltà nella stessa situazione. Ove non bastasse il dialogo qui, si tengono degli incontri saltuari.

D. 2) Ho letto il libro, la triplice via del fuoco, di Raphael. Ora, ermetismo a parte di cui qualcosa (a livello teorico) sapevo, la parte fuoco incolore (quello sulla metafisica) mi ha colpito per vari aspetti:

a) è superiore come livello di realizzazione rispetto all'ermetismo

b)supera tutti i dualismi, e qualunque limitazione

Però, come c'è scritto (se non erro nella sovracopertina del libro ) è una via per pochi, (e se si considera che già l'ermetismo non è una via per molti…), quindi non so se sia adatta a me o no e inoltre non ho capito esattamente se sia consigliabile prima di completare l'opera alchemica e poi iniziare con essa, o iniziare direttamente (personalmente metterei la firma per arrivare anche solo all'opera al bianco, ma comunque…)

R. C'è sempre la possibilità che si sia fra quei pochi. Occorre vedere in quanti dei passi descritti in un singolo cammino ci si riconosca. Altrimenti è preferibile fare come i piccioni che volano basso.

D. 3) Come credo di aver già detto nella presentazione, iniziai con la via ermetica, ma lungo il cammino, mi sono trovato senza guida: conviene continuare a seguire quella via? Se sì, siete in grado di `indirizzarmi' (per carità, non vorrei fosse interpretata male questa frase, intendo solo chiedere se qualcuno della lista è in grado di aiutarmi a proseguire in tale via) lungo di essa? Oppure conviene seguirne un'altra?

R. Una via piuttosto che un'altra è solitamente una questione di linguaggio e simbolismo, poi dipende dalla propria istanza... ossia la via che si percorre, dove si crede conduca? O meglio, si percorre una via, con quale scopo? Chiarito questo, ci si verifica se quello scopo rientri realmente nelle possibilità di quella via.

D. 4) Per quanto riguarda il messaggio di A, esso non mi giunge nuovo (non che voglia sminuire l'importanza di tale messaggio, s'intende), anche altrove ho letto di abbandonare il dualismo, e rendersi conto che non c'è da cercare, da divenire, da tendere verso una meta etc; ma come posso realizzare questa consapevolezza? Nel libro di Raphael se ne parla, ho capito che devo smettere di pensare in termini di inizio-fine, bene-male etc , ma il punto è: come posso realizzarlo praticamente? Cioè come posso tramutare (ecco, qui rispunta il dualismo) la consapevolezza intellettuale, in consapevolezza interiore?

R. Attraverso la risoluzione di ogni polarità. Come si risolvono le polarità? Attraverso i cammini duali.

D. 5) Vari autori (da Evola-Ur a Raphael) parlano dei rischi della via ermetica, in particolari contenuti nell'opera al nero, e nell'esecuzione del distacco privi di una adeguata purificazione/rettificazione: anche la via metafisica presenta gli stessi rischi (o altri)?

R. Ogni via per cui non si è qualificati, presenta dei rischi, specialmente quelle metafisiche.
Quelle a minor tenore di rischio sono quelle propedeutiche o preparatorie alla metafisica, e che pertanto ne sono parte iniziale:
Via dell'azione
Via del cuore
Via della ragion pura
Il rischio maggiore è nell'identificazione con la via e i suoi indirizzi.

D. 6) Raphael, nell'opera citata, dice che il maestro, seppur non indispensabile in teoria, è spesso necessario. Deve essere presente fisicamente, o va bene anche “virtuale” (es. tramite internet)?
Qui ritorniamo alle domande iniziali: cioè se è necessaria la presenza fisica, se presso di voi è possibile trovare una simile persona. Raphael, dice che non è andando in India o altrove che si otterrà la realizzazione spirituale. Ora, siccome dice anche che il maestro serve, ne consegue che quindi in Occidente/Italia è possibile trovare dei maestri…

R. Questa inferenza ha un suo grado di oggettività. In lista ci sono degli aspiranti anziani che, a domanda ben precisa su un aspetto della propria sadhana, possono rispondere. È più difficile che rispondano a domande teoriche le cui risposte sono sui vari libri. Comunque c'è parecchio materiale anche nelle vecchie mail delle due liste.

D. 7) Tempo fa una persona mi disse che la via ermetica e la via dell'amore sono compatibili fra loro, è così?

R. Se per via ermetica intendi la tradizione metafisica (che passa dall'Orfismo, a Parmenide, a Pitagora, a Platone, a Plotino, etc. etc.), la via dell'amore o del cuore ne è propedeutica.

Ossia la via metafisica è un processo coscienziale cui si accede dopo aver risolto determinate causalità, attraverso un primo processo di adeguamento al molteplice e alle sue leggi (attraverso le tre vie azione-cuore-ragion pura).

Ci si ripete: se ritieni, in lista ci sono degli aspiranti che, se opportunamente sollecitati, potranno rispondere ad eventuali tue difficoltà.

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