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Caro fratello...

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cielo
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Caro fratello...

Messaggio da cielo » 18/04/2017, 8:43

Il brano di Teano che segue (tratto dal dojo del forum pitagorico attivo nel 2008) conclude un acceso dibattito ( di cui pubblico alcuni passaggi per rendere più comprensibile l'intervento conclusivo) tra il figurante Nio (da poco entrato nel forum) e gli altri di allora partecipanti relativo alla possibilità evidenziata da Nio di poter giudicare "l'albero" (il maestro) dai frutti che produce.

Nio difatti ha affermato: "Io sono partito che voglio trovare i miei limiti. E qui sto imparando tanto, perchè ognuno mi mostra cosa non voglio o voglio diventare. Quindi dai frutti capisco di che albero si tratta e se è buono o velenoso".

Un utente gli dice: "Malgrado esistano molti insegnamenti, tutti questi possono arrivare sino a te solo perché "tu sei", perché sei cosciente, giusto?
Io non dico che certe direttive non possano aiutarti ma, in molti casi, potranno persino confonderti.
L'unica cosa che ognuno di noi può affermare con assoluta esattezza è che ognuno di noi "è"! Cos'è questo essere che è sopraggiunto in "noi"? Da dove viene? Potresti provare a sentirlo come una corrente sotterranea che fluisce in te e fissarne la tua attenzione senza distoglierla?
Se davvero senti un anelito verso la conoscenza di te stesso, forse potresti tentare con la meditazione sull'essere, che è semplice, non ha cosmogonie di sorta ed è l'unica certezza che hai (e che noi tutti abbiamo).


Nio risponde:
"Guarda che ho capito ormai. È semplice, devo fissarmi sul sè che sono e lasciare scorrere tutto quanto.
È stato favoloso. Senza i limiti, è come schizzare sparati a fari spenti controsenso. Sei fermo, ma sei adrenalina pura. Scoprire di essere il sè e non le tue limitazioni è eccezionale. Non ci sono più vincoli, tanto è sempre il sè con sè stesso. non c'è bisogno di fingere o di doversi curare di quanto ti dicono gli altri. Hai ragione è una certezza assoluta e unica e ti libera da tutto.
È questo che significa essere liberati?"


Il clima inizia ad accendersi e un altro utente gli dice: "Sì, Nio prosegui, prosegui a schizzare sparato a fari spenti controsenso, vedrai che prima o poi, propendo per il prima veramente, troverai il tuo TIR che a fari accesi e nel suo senso di marcia ti "stira" come un lenzuolo. Quella è la liberazione, quanto meno la tua da questo mondo...
E prosegue: "Guarda che c'è anche un altro modo di incontrare il Sè, senza coinvolgere altri che magari il tuo Sè non volevano incontrarlo proprio adesso; si sale sino al decimo piano di un qualche edificio e poi da una finestra opportunamente aperta ci si fa cadere verso il suolo sottostante, Sè anch'esso ovviamente, avendo cura ciò facendo di non travolgere anche qui un altro Sè ambulante non pronto nè desideroso del tuo travolgente incontro. Come vedi è facile, per uno giovane come te, due scale che vuoi che siano...auguri e buona liberazione.

Il povero Nio replica con una certa veemenza: "Perchè devo buttarmi da un palazzo? Ma che cavolo dite? Siete matti? Come funziona? Tutti parlate del sè, che bisogna essere il sè. Io mi sono distaccato e sono stato il sè. Adesso a me dite che invece era ego, e perchè per me è ego e per gli altri no?
Come capite quando è ego che fa e invece non si arrende? Io mi sono arreso, ho lasciato scorrere le cose senza intervenire.


L'attacco al figurante Nio prosegue ulteriormente e gli utenti concordano che Nio è solo una maschera che vuol prendere in giro la gente, così Nio conclude:
"Non sono vero, sono tanto stupido, non esisto. Se incontro le vostre idee va bene. Se non ci entro non esisto. Io cerco i miei limiti e li voglio trovare e pensavo che qui potevo trovare aiuto. Invece di spiegarmi cosa mi succede quasi tutti mi date addosso. perché?"

A quel punto interviene Teano.


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Teano » 09/12/2008

Caro fratello,

che tu esista, sia una persona virtuale, un nickname di copertura, un emblema, etc. Qui c'è l'abitudine di rispondere allo scritto, perché esso comunque esprime e porta in manifestazione un contenuto, pertanto se anche tu sia stato immaginato dalla penna di un abile o disabile millantatore, rappresenti comunque una possibilità di esistenza. Ed è a questa possibilità che questo ruolo, qui, risponde.

Vedi, ci sono due scuole che sembrano contrapporsi. Una fa riferimento ad una tradizione iniziatica che viene vista da chi aspira ad essa come universale, metafisica, unica. Unica nel senso di "una" non nel senso che le altre siano false o non vere, ma che ogni filosofia realizzativa, ogni religione trascendente, ogni percorso di autoconoscenza non è altro che un ramo o espressione di questa tradizione.

Questa tradizione millenaria, che viene fatta risalire in Occidente ad Orfeo, a Parmenide, a Pitagora e in Oriente ai Rishi vedici, ha codificato dei percorsi attraverso i quali l'uomo procede in una ascesi che man mano lo libera dai suoi legami col contingente. Questi percorsi sono stati man mano revitalizzati da una successione di Maestri, Incarnazioni divine, saggi e filosofi che si sono mostrati nelle parti più svariate del mondo mostrandosi come successione di luce o come semplici apparenze momentanee, ma tutti hanno ravvivato e rafforzato la convinzione negli uomini che questo balzo, questo ripristino della propria natura immortale e divina sia possibile.

Negli ultimi anni la globalizzazione ha permesso un processo di massificazione delle conoscenze e informazioni un tempo destinate ai pochi che percorrevano migliaia di chilomentri dedicati alla loro raccolta, oggi sono disponibili per qualche decina di euro in libreria o con pochi click sul web.

Questo ha reso possibile un accesso come mai era stato prima; tutti oggi possono leggere di Maestri come Platone e Shankara nella propria lingua, tutti possono avere accesso alle conversazioni private che determinati aspiranti hanno avuto con i propri Maestri e che sono stati resi disponibili in tutte le lingue del mondo.

E' questa disponibilità che può aver indotto a travisare il significato di cosa sia una tradizione realizzativa.

Qualcuno è giunto a ritenere che basti la lettura di questi dialoghi per avere un risveglio, che basti un incontro con questi esseri per avere un ulteriore risveglio.

Ovviamente non si nega questa possibilità, la magnaminità del Divino, l'ineluttabile sequenzialità della causalità, la vicinanza del risveglio, può essere colto solo da chi incarni quel principio, pertanto essa non può essere esclusa a priori.

Il problema sorge dal fatto che tutti costoro che hanno un primo accesso a simili possibilità ignorano le modalità del risveglio, raramente si sono confrontati con i testi ove esse vengono esposte, ancora più raramente i loro riferimenti fanno riferimento ad un lignaggio che istruisce in tal senso.

Quindi essi non comprendono che quell'attivazione, quel risveglio se non praticato, coltivato, disciplinato, approfondito, volto al bene, è destinato a svanire, come neve al sole, lasciando solo il ricordo e tutte le possibili inferenze e credenze conseguenti.

Un altro aspetto che viene sottovalutato è la qualifica di quelle persone a "parlare". Un aspirante che sia destinato a svolgere un tale compito, che è ben altro dal dare una precipua istruzione a seguito di una domanda di giovane fratello, deve avere la completa padronanza del linguaggio, deve essere in grado di esporre le possibilità del pincipio senza che altri possano ferirsi o ferire nell'applicazione di una istruzione che può solo essere espressione di una visione personale, per quanto elevata o suprema.

Costoro sono pochi, pochissimi e non solo ricevono dalla Madre divina un adeguato insieme esperienzale, ma anche delle indicazioni ben precise ed è a questi, ai loro scritti, che l'aspirante dovrà guardare sin quando non avrà trovato il suo Maestro, esteriore o interiore. Nella consapevolezza che costoro non sono Maestri, un Maestro è destinato all'istruzione di quei pochi che riceveranno le parole dirette, il Maestro è colui che ha discepoli. Ma uno Shankara, un Gaudapada, un Pitagora, un Platone, un Platone vanno ben oltre il ristretto numero delle persone che hanno avuto la grazia di frequentarli.

"Io discepoli non ne ho mai avuti; ma quanti nutrivano un senso di interesse per i miei discorsi e per l'opera che costruisce la mia missione; quanti mi volevano ascoltare, giovane o vecchio, io non li ho mai allontanati."
Platone, L'Apologia di Socrate, 33,5. Versione e interpretazione di Enrico Turolla, Rizzoli, II Edizione 1964

Sono di costoro, ancora dopo migliaia di anni i testi di riferimento: quelli dei Rishi vedici, di Gaudapada, di Shankara, di Platone, di Plotino. Testi che sono stati commentati e ricommentanti in ogni tempo ed etnia affiché effulgessero ancor più di quella luce che essi emanano.

Perché sono testi che sono nati per il precipuo scopo di essere di riferimento per tutti coloro che vogliano avere una accesso alla propria sacralità.

Oggi molti scelgono di ignorare questi lignaggi, questi testi, questa conoscenza perché essa ha un prezzo in termini di disciplina, trasformazione, sacrificio di sé, rettificazione dell'indole, un prezzo che le novelle sirene non sembrano chiedere.

Le novelle sirene inneggiano alla semplicità dell'essere, alla sua eterna presenza nell'uomo, alla sua connaturata autoevidenza. Tutti aspetti veri che mostrano come alcuni di costoro abbiano avuto delle illuminazioni, delle intuizioni, ma che ad esse essi non hanno dato seguito, corpo, disciplina, pratica, abnegazione, sacrificio. Essi tutti affermano che, una volta sconfitto, l'ego deve farsi da parte innanzi alla maestà del Sé. Altri ancora affermano che essendo tutto espressione del Sé, anche l'ego, essendo Sua espressione, compie attività divina, pertanto esso va lasciato libero di esprimere la molteplicità dell'essere senza alcun tentativo di disciplinarlo.

Altre sirene consigliano l'abbandono dei postulati religiosi, delle pratiche di continenza, di tutto ciò che può determinare un'inibizione delle libertà emotive e anche fisiche.

Tutte queste adulazioni, tentazioni, proposte sono di per sé affascinanti sui giovani aspiranti, su coloro che rifuggono da sistemi religiosi che a lungo li hanno lasciati senza risposte o senza riferimenti da cui trarre calore riflesso. Molti le hanno riconosciute intuitivamente vere, logicamente ineccepibili, ma non avendo conoscenza dell'insegnamento tradizionale non sono in grado di comprenderne i pericoli.

Tranne quando sono dei semplici emulatori, quelle sirene che hanno offerto quelle istruzioni non erano qualificate alla loro diffusione. Forse esse erano adatte a loro stessi, ma non hanno avuto la forza di portare la loro realizzazione sino in fondo, ove le istruzioni devono cadere e si diviene istruzione e luce stessa.

Ogni aspirante ha un suo percorso e ove necessario, nella parte finale, quando esso diviene più che mai ad personam, serve il Maestro.

Affermare il vero, ripetere le parole vere di un Maestro, fa sì che esse non siano più vere.

E' vero che l'ego si ritira di fronte al manifestarsi dell'essere, ma è altresì vero che questo ritiro non è sempre continuo, che spesso l'ego indossa a sé stesso le vesti del Sé, che il più delle volte questo accade dopo un lungo percorso di purificazione.

E' vero che qualcuno sostiene che basta entrare nello spazio fra due pensieri e permanervi per 11 secondi per realizzarsi, ma è altresì vero che mettersi davanti ad un muro per farlo è un processo più lungo rispetto al vivere una vita secondo le proprie indoli e seguendo il dharma.

Le novelle sirene non dicono il falso, solo non hanno alcuna padronanza del loro dire, non hanno la conoscenza piena di ogni sfumatura e conseguenza del loro dire. Esse sono come dei saggi che si sentono sapienti e infatti vogliono diffondere la loro sapienza in ogni dove, grazie all'influenza delle religioni semitiche esse ritengono che il proselitismo sia la forma migliore di dimostrare il successo e la verità della loro realizzazione.

In ambito tradizionale si insegna che esiste un tempo per ogni cosa, secondo le condizioni vitali di ogni individuo e pur prospettando la visione dell'Intero e oltre dell'Assoluto, ogni persona viene ricondotta al suo presente contingente, affermando che proprio perché espressione del Sé, non c'è alcun motivo di forzare quel presente con salti quantici ipotetici o sperati, se non quando essi sono opportuni.

La differenza fra l'insegnamento tradizionale e quello non tradizionale, secondo questa personale visione, consiste nella completezza della visione tradizionale che al suo interno vede anche quanto proposto dalle frammentazioni esistenziali delle sirene, sapendo riconoscere la loro validità precipuamente alla singolarità esistenziale, ma non ricavandone degli assoluti da applicare e proporre indiscriminatamente.

Da qui la riluttanza delle scuole tradizionali e la facilità di parola delle novelle sirene.

Un giovane necessita di vivere la propria natura, le proprie indoli, esplorando la propria personalità, scoprendo quali siano le sue istanze primarie, le cose che più lo stimolano e interessano e dedicarsi al rispetto dei genitori, allo sviluppo della propria persona nel pieno rispetto degli altri. Ove un'istruzione porti alla disarmonia, a ferire altri da noi, occorre la capacità di riconsiderare la sua validità, proprio perché quelle istruzioni che oggi vengono vagheggiate come di universale applicazione, sono vere solo se applicate nell'interiorità di un'anima matura, consapevole e presente a sé stessa.

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