Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Sul silenzio e sul vuoto

Teoria e dottrina.
latriplice
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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da latriplice » 18/02/2017, 14:24

Latriplice ha scritto:

"Se intendi buttartici nell'abisso, posso indicarti come dai materiali che ho raccolto qua e là, la meditazione che ho messo a punto dove puoi trovare della roba interessante."

"Diciamo che sono conclusioni a cui altri sono giunti sui quali ho riflettuto a lungo ed infine, dissipati i dubbi, condiviso."

Parte del brano riguardante la meditazione che ho postato è tratto da una copia in formato pdf del commento alla Mandukya Upanishad del 1996 di James Swartz il quale afferma di averla tratta direttamente da Gaudapada:

"Even a careful reading of the Mandukya or a few teachings at the feet of a scriptural master would probably not produce the firm and lasting knowledge of oneself as the limitless I. So in the eighth century a great sage, Gaudapada, added a meditation to the verses to help the seeker realize the Self."

Per questo motivo non ho citato la fonte perché per quanto io sappia Gaudapada è stato promotore dell'Asparsa yoga, cosa ben diversa. In ogni caso ho applicato questa tecnica e ne condivido i contenuti avendoli sperimentati personalmente, pertanto ho deciso di renderli disponibili a chi ne volesse usufruirne. La prossima volta starò più attento a riportare le varie fonti.

Namastè

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da scriba » 18/02/2017, 14:26

NowHere ha scritto:
18/02/2017, 14:16
Una riflessione, guardate quanto è ingannevole la Maya: stavamo facendo un discorso interessante e profondo attorno al vuoto, ciò che fa più paura alla mente in assoluto… E la mente pur di sfuggire al topic cosa fa? Trova l'escamotage delle citazioni e del giochino "Sei forse tu un illuminato?!" creando una diatriba così da sfuggire finalmente al tema del vuoto e finalmente parlare di cose formali come le fonti, le qualificazioni, la sruti, ecc

Quel vuoto è ciò che anche adesso sta testimoniando il guardare lo schermo, il leggere queste parole attraverso il corpo-mente.

Per finire vi inviterei a dare una risposta diretta a questa domanda: come fate a sapere che le varie fonti: Sankara, Gaudapada, Raphael, Ramana, ecc sono dei realizzati? Potete saperlo di prima mano, senza il riferimento di un'autorità?

No, Nowhere, qui ognuno affronta il vuoto per come sa e come può, e non è certo da un thread di un forum che si scappa.

Iscrivendosi si sono accettate le regole del forum, finalizzate a evitare conflittualità e oscurità di ogni genere. Tra queste regole, citare le fonti.

scriba
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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da scriba » 18/02/2017, 14:26

latriplice ha scritto:
18/02/2017, 14:24
Latriplice ha scritto:

"Se intendi buttartici nell'abisso, posso indicarti come dai materiali che ho raccolto qua e là, la meditazione che ho messo a punto dove puoi trovare della roba interessante."

"Diciamo che sono conclusioni a cui altri sono giunti sui quali ho riflettuto a lungo ed infine, dissipati i dubbi, condiviso."

Parte del brano riguardante la meditazione che ho postato è tratto da una copia in formato pdf del commento alla Mandukya Upanishad del 1996 di James Swartz il quale afferma di averla tratta direttamente da Gaudapada:

"Even a careful reading of the Mandukya or a few teachings at the feet of a scriptural master would probably not produce the firm and lasting knowledge of oneself as the limitless I. So in the eighth century a great sage, Gaudapada, added a meditation to the verses to help the seeker realize the Self."

Per questo motivo non ho citato la fonte perché per quanto io sappia Gaudapada è stato promotore dell'Asparsa yoga, cosa ben diversa. In ogni caso ho applicato questa tecnica e ne condivido i contenuti avendoli sperimentati personalmente, pertanto ho deciso di renderli disponibili a chi ne volesse usufruirne. La prossima volta starò più attento a riportare le varie fonti.

Namastè

Bene, grazie.

Mauro
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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da Mauro » 18/02/2017, 14:28

Ma cosa intendi semanticamente col termine "riflessione", NowHere? :lol:

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da NowHere » 18/02/2017, 15:03

Mauro ha scritto:
18/02/2017, 14:28
Ma cosa intendi semanticamente col termine "riflessione", NowHere? :lol:
Ehheheheh :lol:

cielo
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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da cielo » 19/04/2019, 13:03

Ci si accorge quando arriva il momento del silenzio.

Non è più quell'assorbimento che l'aspirante vive saltuariamente, non è più quel pacifico e pieno vuoto in cui certe volte taluni indulgono: non è manolaya. Oh, ci sono molti silenzi, potremmo dire che essi sono una costante, anzi Esso è la costante che inizia a mostrarsi sempre più, sino a divenire l'unico stato, come un'amante che non ammetta concorrenti, cessano i moti mentali, cessano le istanze, etc.

Esiste però un silenzio fatto di opere, che non determina il ritiro dal mondo, ma ottempera il dharma al suo interno, è un silenzio operativo, quello dell'aspirante che ha smesso di indulgere nel superfluo.

Ci si ritira da ciò che è inutile. È inutile dar perle ai cani, è inutile annaffiare una pianta finta, ma se sono entrambi nel nostro dharma, ai primi si darà cibo e ricovero e alla seconda un bel vaso nel luogo più adatto. E se la pianta fosse vera, daremo acqua a tutti, ma la carne solo ai cani.


In quel silenzio si vive il Reale all'interno di maya, consapevoli d'entrambi i domini, con attenzione a non confonderli, pur essendo l'uno il sostrato dell'altro e praticamente uno, per coloro che vivono vedendo il velo di maya, non è tale l'esperienza e così traspongono le intuizioni di un dominio nell'altro. Così verità divengono non appena affermate opinioni se non falsità, perché concettualizzate.

Maya vela la ragion pura e la trasforma nell'assertivo manas, un empirismo che vede in sé le basi della sua esistenza apparente: è il potere velante che fa dire "è questo". Si trasforma una conoscenza indiretta in ignoranza. L'ascolto o sravana è seguito da manana, non dall'asserzione, ma prima di arrivare all'ascolto occorre essersi impadroniti di viveka e vairagya (discriminazione e distacco), attraverso questi raggiungere l'uparati, quel raccoglimento interiore alla base di ogni progresso negli yoga: è da lì che il mumuksutva o anelito muove l'aspirante.

La vita intera è una sadhana, la vita intera è da considerarsi come un'unica azione che percorre quattro fasi o asrama, la preparazione, l'esecuzione, la valutazione e il ritiro. Questa azione può svolgersi entro certi indirizzi o fini o purushartha, affermano i principali esponenti del Vedanta: artha-dharma, il conseguimento del benessere attraverso l'equanimità o onore e il desiderio della realizzazione, kama-moksha.

Qual'è il motore, l'energia che si estrinseca in questo processo? Per l'aspirante discepolo nella tradizione è mumuksutva: l'anelito per l'Ordine, per l'Universale, per il Divino, per la Conoscenza, per l'Uno senza secondo.

È rettificando i guna che il discepolo può intervenire fattivamente nei purushartha e questa rettificazione avviene secondo le predisposizioni individuali o varna.

Rilancio questo brano "storico" perchè sempre attuale, al mio sentire.

Dopo averlo riletto, constato che ultimamente ci siamo ritirati tutti da ciò che evidentemente abbiamo percepito come inutile e superfluo, disertando spazi di dialogo un tempo vivaci.
Parlo del forum dove nessuno scrive più, neppure io notoriamente appassionata di spazi web collettivi dove poter scambiare.
Un amico mi diceva: "è il format forum che è fallito (...) manca l'interesse di base, credo".

Interesse di base per cosa? Mi sono chiesta.
La pianta finta da innaffiare?
Probabile. La pianta finta non si trasforma, è lì. Fa parte del "pacchetto".

Però, se è nel nostro dharma, dovremmo trovarle un bel vaso e collocarla in un luogo dove possa catturare lo sguardo annoiato dei passanti, forse.

In attesa di eventuali piante non di plastica, da contemplare e innaffiare, mi limito a spolverare le foglie di quella finta a disposizione che con un piccolo sforzo e la giusta luce visualizzo non così brutta e finta.

Buona Pasqua, con l'augurio che sia non cruenta.



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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da Fedro » 20/04/2019, 11:23

Credo che ciascuno si muova secondo le tendenze del proprio essere. Magari chi non detiene più quelle tendenze personali, si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori esterni, a differenza mia.
C'è chi è portato a mettere i fiori sul davanzale, chi ad innaffiarli, chi semplicemente al risponde a chi cerca risposte. Appartengo a questa ultima categoria, per quanto non abbia chissà quali risposte, se non personali.
Non sono nemmeno un bravo portatore d'acqua.
Qui nessuno scrive... è questo il punto...ti ho dato una mia interpretazione circa il format che non prende più si vede, altro non so

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da cielo » 21/04/2019, 15:53

Fedro ha scritto:
20/04/2019, 11:23
Credo che ciascuno si muova secondo le tendenze del proprio essere. Magari chi non detiene più quelle tendenze personali, si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori esterni, a differenza mia.

C'è chi è portato a mettere i fiori sul davanzale, chi ad innaffiarli, chi semplicemente al risponde a chi cerca risposte. Appartengo a questa ultima categoria, per quanto non abbia chissà quali risposte, se non personali.
Non sono nemmeno un bravo portatore d'acqua.
Qui nessuno scrive... è questo il punto...ti ho dato una mia interpretazione circa il format che non prende più si vede, altro non so
La tua prima frase mi lascia perplessa: prima dici che ciascuno si muove secondo le tendenze del proprio essere (individuato con nome e forma). Poi dici che chi non detiene più quelle tendenze personali, si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori esterni.
Mi sarei aspettata che tu scrivessi che chi non detiene più quelle tendenze personali (che ha risolto l'aderenza al fenomenico come fonte di grtificazione), si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori interni, quindi è in grado di agire un'azione purificata dalla memoria, dai ricordi e dalle preferenze legate all'identificazione.
Un'azione di necessità contingente, libera interiormente, seppure impulsata dalla sollecitazione del mondo esterno dal quale però non si aspettano frutti.
E' u refuso o non ho capito cosa volevi dire?

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da Fedro » 21/04/2019, 18:40

Non è un refuso: non so io quello che non detiene più quelle tendenze.

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da cielo » 21/04/2019, 20:41

Fedro ha scritto:
21/04/2019, 18:40
Non è un refuso: non so io quello che non detiene più quelle tendenze.
capito, ma le tendenze emergono dalle stratificazioni del mondo interiore. Ognuno di noi le patisce quando, ad esempio durante un'azione o una pausa di riflessione, emergono dei ricordi e li attenzioniamo, distraendoci dall'azione.
Entriamo in una parte, subiamo un condizionamento "interiore", ma facciamo tutto da soli, rincorriamo le nostre stesse proiezioni, immaginiamo il futuro rievocando il passato, il "nostro", creiamo un mondo, un oggetto da conoscere, ma avviene tutto dentro noi stessi. L'esterno è irrilevante.
Altra cosa è dire che chi ha risolto queste tendenze si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori "esterni" e su questa affermazione ti chiedevo chiarimenti in quanto non mi è chiaro cosa intendi.
Se però l'interazione ti è pesante, non importa, va bene così.

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da Fedro » 21/04/2019, 21:22

cielo ha scritto:
21/04/2019, 20:41
Fedro ha scritto:
21/04/2019, 18:40
Non è un refuso: non so io quello che non detiene più quelle tendenze.
capito, ma le tendenze emergono dalle stratificazioni del mondo interiore. Ognuno di noi le patisce quando, ad esempio durante un'azione o una pausa di riflessione, emergono dei ricordi e li attenzioniamo, distraendoci dall'azione.
Entriamo in una parte, subiamo un condizionamento "interiore", ma facciamo tutto da soli, rincorriamo le nostre stesse proiezioni, immaginiamo il futuro rievocando il passato, il "nostro", creiamo un mondo, un oggetto da conoscere, ma avviene tutto dentro noi stessi. L'esterno è irrilevante.
È irrilevante, e quindi tu che ne concludi?
altra cosa è dire che chi ha risolto queste tendenze si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori "esterni" e su questa affermazione ti chiedevo chiarimenti in quanto non mi è chiaro cosa intendi.
Se però l'interazione ti è pesante, non importa, va bene così.
Ma io non Premadharma che ne testimoniava nel brano che hai quotato...

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da cielo » 22/04/2019, 9:51

Fedro ha scritto:
21/04/2019, 21:22
cielo ha scritto:
21/04/2019, 20:41
Fedro ha scritto:
21/04/2019, 18:40
Non è un refuso: non so io quello che non detiene più quelle tendenze.
capito, ma le tendenze emergono dalle stratificazioni del mondo interiore. Ognuno di noi le patisce quando, ad esempio durante un'azione o una pausa di riflessione, emergono dei ricordi e li attenzioniamo, distraendoci dall'azione.
Entriamo in una parte, subiamo un condizionamento "interiore", ma facciamo tutto da soli, rincorriamo le nostre stesse proiezioni, immaginiamo il futuro rievocando il passato, il "nostro", creiamo un mondo, un oggetto da conoscere, ma avviene tutto dentro noi stessi. L'esterno è irrilevante.
È irrilevante, e quindi tu che ne concludi?
che i fattori esterni condizionano, a prescindere dal livello coscienziale di chi è incarnato e sperimenta inevitabilmente il fenomenico, con la differenza che chi ha risolto l'identificazione agirà nella consapevolezza dell'azione messa in campo, mentre chi come noi è identificato nel personaggio agirà impulsato dalle proiezioni della mente e dai suoi desideri di appropriazione di "oggetti" da conoscere (grossolani o sottili, è irrilevante), nella speranza di poter modificare gli eventi del mondo esterno. Siamo sì responsabili dell'azione e necessitanti di una costante valutazione degli effetti "interiori" dell'azione compiuta, ma non dei suoi effetti "esteriori", maturati o in corso di maturazione a prescindere.

Comunque riflettendoci su, penso di aver capito che cosa intendi, la stessa cosa che cerco di dire io, ossia che chi è libero dagli attaccamenti e dai desideri è come se fosse "sganciato" dal modo fenomenico: prepara l'azione, la compie, la valuta e abbandona i frutti, qualsiasi siano.
Fedro ha scritto:
21/04/2019, 18:40
cielo ha scritto:
21/04/2019, 20:41
altra cosa è dire che chi ha risolto queste tendenze si muove con un obiettivo che non è condizionato da fattori "esterni" e su questa affermazione ti chiedevo chiarimenti in quanto non mi è chiaro cosa intendi.
Se però l'interazione ti è pesante, non importa, va bene così.
Ma io non Premadharma che ne testimoniava nel brano che hai quotato...
non capisco la frase. Manca un verbo? o si sono invertiti "io" e "non"? Per favore mi delucidi su quello che volevi dire, ho riletto il brano di Pd ma non ho capito dove focalizzi.

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da Fedro » 22/04/2019, 10:02

Nell'ultima mia frase manca il "sono" in effetti.
Per il resto, non mi sono soffermato granché, nel mio primo post di risposta, su "ciò che dovrebbe essere," quanto su ciò che è, con le tendenze che ne osservo.
Importante è sentirsi liberi da doversene liberare...

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da Fedro » 23/04/2019, 10:30

"cessano le istanze" (PD)

quindi anche le buone intenzioni?
Si fa quello che si è, d'altronde, secondo le proprie predisposizioni.
Non c'è allora un fare, un dire, o un silenzio uguale per tutti.
Ciascuno parla ascolta o tace dal punto in cui è, e nulla serve paragonarsi ad un più alto o basso che venga considerato: ogniqualvolta lo faccio creo un pensiero che divide quello che c'è da un altrove ambito o lasciato, in ogni caso inesistente e inutile, a mio vedere.

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Re: Sul silenzio e sul vuoto

Messaggio da cielo » 14/09/2022, 9:36

cielo ha scritto:
19/04/2019, 13:03
Ci si accorge quando arriva il momento del silenzio.

Non è più quell'assorbimento che l'aspirante vive saltuariamente, non è più quel pacifico e pieno vuoto in cui certe volte taluni indulgono: non è manolaya. Oh, ci sono molti silenzi, potremmo dire che essi sono una costante, anzi Esso è la costante che inizia a mostrarsi sempre più, sino a divenire l'unico stato, come un'amante che non ammetta concorrenti, cessano i moti mentali, cessano le istanze, etc.

Esiste però un silenzio fatto di opere, che non determina il ritiro dal mondo, ma ottempera il dharma al suo interno, è un silenzio operativo, quello dell'aspirante che ha smesso di indulgere nel superfluo.

Ci si ritira da ciò che è inutile. È inutile dar perle ai cani, è inutile annaffiare una pianta finta, ma se sono entrambi nel nostro dharma, ai primi si darà cibo e ricovero e alla seconda un bel vaso nel luogo più adatto. E se la pianta fosse vera, daremo acqua a tutti, ma la carne solo ai cani.


In quel silenzio si vive il Reale all'interno di maya, consapevoli d'entrambi i domini, con attenzione a non confonderli, pur essendo l'uno il sostrato dell'altro e praticamente uno, per coloro che vivono vedendo il velo di maya, non è tale l'esperienza e così traspongono le intuizioni di un dominio nell'altro. Così verità divengono non appena affermate opinioni se non falsità, perché concettualizzate.

Maya vela la ragion pura e la trasforma nell'assertivo manas, un empirismo che vede in sé le basi della sua esistenza apparente: è il potere velante che fa dire "è questo". Si trasforma una conoscenza indiretta in ignoranza. L'ascolto o sravana è seguito da manana, non dall'asserzione, ma prima di arrivare all'ascolto occorre essersi impadroniti di viveka e vairagya (discriminazione e distacco), attraverso questi raggiungere l'uparati, quel raccoglimento interiore alla base di ogni progresso negli yoga: è da lì che il mumuksutva o anelito muove l'aspirante.

La vita intera è una sadhana, la vita intera è da considerarsi come un'unica azione che percorre quattro fasi o asrama, la preparazione, l'esecuzione, la valutazione e il ritiro. Questa azione può svolgersi entro certi indirizzi o fini o purushartha, affermano i principali esponenti del Vedanta: artha-dharma, il conseguimento del benessere attraverso l'equanimità o onore e il desiderio della realizzazione, kama-moksha.

Qual'è il motore, l'energia che si estrinseca in questo processo? Per l'aspirante discepolo nella tradizione è mumuksutva: l'anelito per l'Ordine, per l'Universale, per il Divino, per la Conoscenza, per l'Uno senza secondo.

È rettificando i guna che il discepolo può intervenire fattivamente nei purushartha e questa rettificazione avviene secondo le predisposizioni individuali o varna.

Rilancio questo brano "storico" perchè sempre attuale, al mio sentire.

Dopo averlo riletto, constato che ultimamente ci siamo ritirati tutti da ciò che evidentemente abbiamo percepito come inutile e superfluo, disertando spazi di dialogo un tempo vivaci.
Parlo del forum dove nessuno scrive più, neppure io notoriamente appassionata di spazi web collettivi dove poter scambiare.
Un amico mi diceva: "è il format forum che è fallito (...) manca l'interesse di base, credo".

Interesse di base per cosa? Mi sono chiesta.
La pianta finta da innaffiare?
Probabile. La pianta finta non si trasforma, è lì. Fa parte del "pacchetto".

Però, se è nel nostro dharma, dovremmo trovarle un bel vaso e collocarla in un luogo dove possa catturare lo sguardo annoiato dei passanti, forse.

In attesa di eventuali piante non di plastica, da contemplare e innaffiare, mi limito a spolverare le foglie di quella finta a disposizione che con un piccolo sforzo e la giusta luce visualizzo non così brutta e finta.

Buona Pasqua, con l'augurio che sia non cruenta.
Sono passati tre anni e qualche mese e mi sono resa conto che condivido le riflessioni di allora, e quel rilancio del brano sul silenzio lo volevo fare stamattina, per questo sono capitata in questa stanza, e ho riletto, coscienziosamente tutto quanto il 3D: amarcord, come eravamo. Dibattiti vivaci e interessanti.

"La vita è una commedia tragicomica a lieto fine", dice Raphael, non me ne dimentico e combatto la tendenza alla tragedia, sorridevo rileggendo, tutto è in costante mutamento, chissà come è oggi la visione degli amici di forum d'allora

Pure mi rifaccio la stessa domanda di allora:
"Perchè siamo qui, a leggere quello che un altro ha scritto? Io scrivo tu leggi.
La pianta finta da innaffiare? Probabile. La pianta finta non si trasforma, è lì. Fa parte del "pacchetto".

Però, se è nel nostro dharma, come dice Bo: "dovremmo trovarle un bel vaso nel luogo più adatto", e, aggiungo io, e collocarla in un luogo dove possa catturare lo sguardo annoiato dei passanti, forse.

Cosa ci ha mosso verso questa spiaggia sul web tra le tante?
Possibile risposta: "Condividiamo un interesse di base comune: il vedanta, per la filosofia che ha radici nei Veda e nelle Upaniṣad".
Di cosa si interessa il vedanta che condivido come pietanza nel ristorante etnico a tema "Vedanta tradizione filosofica d'oriente e d'occidente"?

Ok. Da queste parti, d'occidente, abbiamo, pare, parecchi rami secchi, andranno bene per la stufa questo inverno.

A parte quanto salta fuori dai casetti dell'archivio e viene condiviso sul quaderno vedanta mensile. Ma quello è solo un taglia- incolla di parole altrui, sistemate sul sanscrito e l'italiano.
E' frutto del rispetto e della gratitudine per chi ce le ha lasciate, che per anni le ha liberamente donate, a tutti, aprendo spazi sul web accessibili e rispondendo sempre alle domande dei viandanti.
E' il minimo che mi sento spontaneamente e liberamente di poter fare in sua assenza (a parte il continuare fermamente a credere che dimora nel cuore di chi lo ama, non è altrove).
Meglio un taglia incolla che parole a vanvera (pure le mie), sciorinamento di opinioni e visioni personali, polemiche e ping pong concettuali con per racchetta brani degli shastra.

Come dice un mio amico, è sempre possibile che a domanda si risponda, fa parte della ritualità in uso tra i ricercatori.
Quando, in assenza del Maestro o del Riferimento, si ritrovano nel saṇga per dibattere, confrontarsi, discutere e trovare (insieme) soluzioni se qualcuno espone dei problemi. A volte si resta solo sul piano del discutere e se ci sono problemi, prudentemente non se ne parla, anche qui le solite storie.

Mancando il Maestro che, al nostro sentire, incarna la consapevolezza piena e non duale del Puro Essere (in cui siamo senza saperlo, avendo gli occhiali schermanti con lenti rosa, o verdi, o gialle...viva la diversità della visione, che è sempre un'opera personale) ecco che, come ricercatori, iniziamo a farci domande e andiamo da qualche parte a confrontarci sulla testimonianza ricevuta che stiamo tentando di incarnare, per "risvegliare" il dormiente pisolante che c'è in noi e, naturalmente, far morire sto benedetto io che ci angustia con i suoi desideri senza fine e domare la mente capricciosa...solite cose.

Nella tradizione orientale e occidentale si esprime la "tradizione metafisica unica universale" che tradizionalmente si estrinseca anche nei dibattiti tra "studiosi" (tutti rimandati, riparandi e bocciati? Io sempre in riparazione, rimandata ab aeterno).

Se manca incarnato o si aspira al principio del Puro Amore e Pura Intelligenza e Armonia, alla Realtà unica, ecco che ci si rivolge al consesso dei "fratelli maggiori", se è possibile.
Questa è l'usanza tradizionale.
Scherzandoci su, se uno dei fratelli maggiori se la tira aspetta che la domanda venga posta tre volte, com'è da usanza tradizionale.
Repetite iuvat.

Cosa ci ha mosso verso questa spiaggia sul web tra le tante? Perchè leggere qui? Ti interessa il vedanta e se sì, come (tradizione orientale o occidentale) e in che termini ti interessa: approfondimento dottrinario, acquisire nozioni, imparare nuove tecniche per l'armonia mente-corpo? Non sai cosa altro fare?

Fratelli maggiori potrebbero essere anche minori.
Ma chi domanda bene fa a riconoscere che nel mondo c'è sempre qualcuno che "ne sa più di noi", è bene accettarlo e riconoscerlo. In questo senso è maggiore: salendo sulla montagna, sbucciandosi le ginocchia e rompendosi qualche osso durante l'arrampicata,mano a mano che si sale la visione si allarga, il panorama è più ampio.

Questo (di riconoscere che c'è sempre qualcuno che ne sa più di noi) è un insegnamento diretto che ho ricevuto da Bodhananda ai tempi che furono, quando gli dissi che inizialmente non avevo riconosciuto il suo travestimento su un forum su cui ero capitata e su cui venne anche lui (poi mi disse, "per non lasciarti sola"), ma io non lo sapevo.
Così fu una sorpresa da cadere giù dal ramo impattare in qualcuno "che ne sapeva molto, molto più di me" anche in quel luogo web un po' notturno e sconosciuto. Dopo qualche post che scambiò con altri galletti, finalmente lo riconobbi. Chiaramente rimasi in silenzio e poi mi dileguai, quando lui si dileguò.

Fu una importante lezione di umiltà: finchè non riconosciamo l'altro, il suo "saperne di più", non riconosciamo noi stessi, chi siamo, cosa comprendiamo e cosa invece è mera credenza e opinione, limite concettuale, cristallizzazione di concetti mentali infilati per una collana. Legami e vincoli, altro che neti neti.

Spero che la pianta finta abbia catturato lo sguardo annoiato dei passanti.
Ai tempi si augurò: Buona Pasqua, con l'augurio che sia non cruenta. Rinnovo l'augurio correttamente modificato:

Buona vita, con l'augurio che sia non cruenta, sotto tutti gli aspetti, interiori ed esteriori.
Che ogni volontà di nuocere si dissolva e si possa dimorare tutti e insieme, nella pace duratura.

shanti

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