Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Il dialogo dIstruzione

La via della conoscenza: la discriminazione della realtà di ogni contenuto o inferenza, nel distacco della presenza.
Avatar utente
Fedro
Messaggi: 1016
Iscritto il: 31/08/2016, 18:21

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Fedro » 22/12/2016, 12:46

PS
..quindi, visto le premesse della presentazione del forum, l'unica standard che potevo prevedere sin qui, era quello che il metro di profondità fosse unicamente se stessi (invalutabile profondità, qualunque sia la testimonianza di questo se stessi)
e non piuttosto ciò che so (letto, pensato) o che penso di sapere.

Avatar utente
NowHere
Messaggi: 151
Iscritto il: 03/12/2016, 21:08
Località: Napoli

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 22/12/2016, 12:57

La tua deduzione sulla mediocrità dei "ciascuno" è errata.

Mi spiego meglio: con "più profondo" intendevo un'apertura maggiore nei confronti di punti di vista diversi dal proprio ed una maggiore sospensione del giudizio sull'altrui visione.

Abbiamo compreso davvero ciò che siamo certi di sapere?

La visione e la comprensione dell'altro possono arricchire la nostra. Quando l'altro espone una visione che ci sembra assurda ci si potrebbe anche fermare a riflettere, invece spesso vedo che lo si assale armati dei propri concetti e della propria conoscenza.

Spazzare via in toto ciò che l'altro scrive più che una modalità di confronto mi sembra un movimento dell'ego che, chiuso nella propria "comfort zone", racconta a se stesso la frottola della propria "superiorità" sull'altro. Converrai che se uno scambio avviene con queste modalità non può essere proficuo.

In un contesto come questo il "portare se stessi" non può essere avulso dal portare - sempre con umiltà e gentilezza - anche le proprie "realizzazioni" sul proprio percorso, altrimenti mi sembra di gran lunga preferibile portare se stessi al pub a bere una birra... ;)

latriplice
Messaggi: 624
Iscritto il: 05/12/2016, 14:19

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da latriplice » 22/12/2016, 13:46

Anam ha scritto:

Se puoi, spiega pure a quale Vedanta ti riferisci, perché da quanto scrivi tutto sembra tranne che Vedanta.
L'avevo già inserito nel mio intervento:
latriplice ha scritto:

Tutto questo sulla base ed in conformità dell'auto-indagine atma-anatmaviveka, la vera essenza del Vedanta, la discriminazione tra il reale e l'apparente, il Sé ed il non-Sé, incentrato sull'asserzione che quello che vedo non posso essere.
Anam ha scritto:

Senti un po', mi daresti la tua definizione di karma per cortesia, così magari cominciamo a districarci un po'.
Senti un po'..... :)

Mi sovviene questa tratta dalla Bhagavad Gita, vado a memoria:

"Colui che comprende che tutte le azioni (karma) sono prodotte solo dalla prakriti (Maya-Ishwara-triguna) e altresi' comprende che l'atman rimane non-agente, quello veramente vede."

In questo sutra è condensato l'intero spirito del Vedanta, e io conosco questo di Vedanta. Non so te.

E' evidente che il karma è impersonale e che c'è soltanto un solo agente, Ishwara. Se poi vuoi sostituirti a Dio pensando che le azioni appartengono a te, allora si aprono per te le porte del samsara. Nella cultura cristiana si chiama peccato originale. Peccatrice! :D

(P.S. in riferimento alla storiella del sole che hai raccontato ti rammento che non siamo su Yoga.it ma su Vedanta.it)

Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 22/12/2016, 16:03

NowHere ha scritto:La tua deduzione sulla mediocrità dei "ciascuno" è errata.

Mi spiego meglio: con "più profondo" intendevo un'apertura maggiore nei confronti di punti di vista diversi dal proprio ed una maggiore sospensione del giudizio sull'altrui visione.

Abbiamo compreso davvero ciò che siamo certi di sapere?

La visione e la comprensione dell'altro possono arricchire la nostra. Quando l'altro espone una visione che ci sembra assurda ci si potrebbe anche fermare a riflettere, invece spesso vedo che lo si assale armati dei propri concetti e della propria conoscenza.

Spazzare via in toto ciò che l'altro scrive più che una modalità di confronto mi sembra un movimento dell'ego che, chiuso nella propria "comfort zone", racconta a se stesso la frottola della propria "superiorità" sull'altro. Converrai che se uno scambio avviene con queste modalità non può essere proficuo.

In un contesto come questo il "portare se stessi" non può essere avulso dal portare - sempre con umiltà e gentilezza - anche le proprie "realizzazioni" sul proprio percorso, altrimenti mi sembra di gran lunga preferibile portare se stessi al pub a bere una birra... ;)
NowHere, la replica-risposta altrui, comunque e quantunque, dà la misura e la profondità. Non dipende da te cosa gli altri replicano, rispondono o non rispondono, scherniscono o sorridono, quella è la loro misura, non la tua. Tu sei padrone, o dovresti esserlo della tua, non sei e non puoi essere responsabile di quella altrui.

Le risposte altrui non soddisfano, non sono della misura o della profondità che ci si aspettava? Che ti devo dire, il mondo gira così, non l'ho fatto io, neanche tu, è quello che vedi, che vivi e con cui ti relazioni. Tu, mi ripeto puoi gestire e valutare la tua di risposta, la tua di replica, e lasciarla il più aperta e meno condizionata da automatismi vari il più possibile, di più non puoi fare, non puoi stare nella testa altrui, negli automatismi altrui, nelle reazioni altrui.

Tutto ciò delude delle aspettative? Mi verrebbe da dire perchè porle certe aspettative in campo. Forse erano da evitare e prendere quello che veniva, come di solito si fa col mondo, si prende quello che viene, che offre, meno aspettative ci si pone meno sarà la probabile disillusione del loro frantumarsi.

Era un pò il discorso iniziale del testimoniarsi, del porgersi per quello che uno è. Su un forum cosa puoi porgere se non delle parole scritte su un monitor, parole a cui affidi il tuo pensiero, quello che credi meglio ti possa descrivere, nelle tue convinzioni, nei tuoi aneliti, nei tuoi sentimenti, nelle tue visioni, etc. Ognuno poi gli darà la profondità di cui è capace, di cui è giunto, arrivando persino a dei possibili estremi come quelli di un Uppaluri Gopala Krishnamurti che mi sembra avevi citato dal suo unico libro che conosco in italiano "La mente è un mito".

Ognuno è misura a se stesso, comunque e quantunque, e come tale e per tale si esprime e descrive.

Se si riuscisse ad accettare che ognuno di noi è un universo a sè, e non necessariamente debbano esserci per forza aree di sovrapposizione tra di noi, aree comuni in cui riuscire a trovare uno spazio di dialogo e discorso, se ciò è, uno deve anche farsene una ragione alle volte.

Saremo anche tutti fratelli (e sorelle) ma inquanto universi alle volte siamo fortemente paralleli piuttosto che incidenti o almeno tangenti l'un l'altro.

Personalmente se e quando riesco a trovare uno spazio sufficiente (che può benissimo dipendere dalla mia di profondità o non profondità piuttosto che dall'altrui) cerco un dialogo con il mio prossimo, altre volte altrimenti ciò non è e non accade e quindi amen, lo metto tra le occasioni perse e mi vado a bere una birra al bar come dicevi tu altrove.

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 22/12/2016, 16:10

Come si suol dire:
"Ogni botte dá il vino che ha"

anam

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da anam » 22/12/2016, 16:12

NowHere ha scritto:
anam ha scritto:
Mauro ha scritto:
È però ammessa la derisione dell' altrui visione, vedo.
Derisione?!!? :roll:

Mi ha fatto sorridere l'idea della coscienza imperitura che cade.
Sorridere non è vietato.
Le virgolette le avevo messe apposta, proprio per evidenziare che non è caduta davvero... :)

Il sorriso di Anam non mi offende perché non difendo né rivendico una qualsiasi visione/posizione.
Non ti offende ma ti infastidisce e il fastidio si sente.

Voglio altresì specificare che non c'è in me l'istanza di scrivere su questo Forum, sono stato in silenzio per anni e non sono qui per "offrire" ad alcuno tesori che non ho. Le riflessioni che scrivo le traggo sempre "di rimbalzo": sono stimolate da riflessioni altrui.
Tuttavia devo ammettere che quando mi sono iscritto, seppur consapevole di non aver trovato la Sangha, mi auguravo un più profondo livello di confronto.

Un caro abbraccio a tutti.
Non è facile stare qui, lo dico per esperienza personale, più sei carico e più è difficile.
Proprio tu che hai offerto la parabola dello zaino e la rupe non dovresti avere difficoltà a comprendere perché.
Cosa altro sono i bagagli che cadono giù dalla rupe se non le nostre certezze, le più care credenze, i molteplici "saperi" cui siamo tanto strettamente avvinghiati?
La tazza piena non può essere riempita, prima è necessario svuotarla.
Non si passa carichi dalla porta stretta.
Tutte le forme tradizionali indicano la spoliazione quale inevitabile passaggio, ma quando ci tocca direttamente ci risentiamo.
Parlo per me: io mi risento.
Mettersi in discussione fa male.
Questa operazione di svuotamento, di scarnificazione, è dolorosa, perché a ogni bagaglio che cade se ne va un pezzo di quanto crediamo essere noi, un sostegno, un appiglio.

Probabile che questo non sia il sangha a te più confacente, ma prima di giudicare sulle profondità o mancanza di esse mi guarderei bene dentro.
lo scrivo perché lo faccio, ogni giorno.
Se non ti piace, libero di andare, così come di restare.
Nessuno qui trattiene nessuno.

Abbiamo compreso davvero ciò che siamo certi di sapere?
Le mie certezze svaniscono una dopo l'altra.
Non so le tue.
La visione e la comprensione dell'altro possono arricchire la nostra. Quando l'altro espone una visione che ci sembra assurda ci si potrebbe anche fermare a riflettere, invece spesso vedo che lo si assale armati dei propri concetti e della propria conoscenza.

Spazzare via in toto ciò che l'altro scrive più che una modalità di confronto mi sembra un movimento dell'ego che, chiuso nella propria "comfort zone", racconta a se stesso la frottola della propria "superiorità" sull'altro. Converrai che se uno scambio avviene con queste modalità non può essere proficuo.

In un contesto come questo il "portare se stessi" non può essere avulso dal portare - sempre con umiltà e gentilezza - anche le proprie "realizzazioni" sul proprio percorso, altrimenti mi sembra di gran lunga preferibile portare se stessi al pub a bere una birra... ;)
Altrove si discuteva di testimonianza.
Testimoniare se stessi non significa portare i propri, veri o presunti, "saperi", non significa discutere di ciò che non si è giunti ancora a comprendere.
Significa mostrarsi nudi, per come si è, qui e ora.

anam

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da anam » 22/12/2016, 16:27

latriplice ha scritto:
Anam ha scritto:

Se puoi, spiega pure a quale Vedanta ti riferisci, perché da quanto scrivi tutto sembra tranne che Vedanta.
L'avevo già inserito nel mio intervento:
latriplice ha scritto:

Tutto questo sulla base ed in conformità dell'auto-indagine atma-anatmaviveka, la vera essenza del Vedanta, la discriminazione tra il reale e l'apparente, il Sé ed il non-Sé, incentrato sull'asserzione che quello che vedo non posso essere.
Anam ha scritto:

Senti un po', mi daresti la tua definizione di karma per cortesia, così magari cominciamo a districarci un po'.
Senti un po'..... :)

Mi sovviene questa tratta dalla Bhagavad Gita, vado a memoria:

"Colui che comprende che tutte le azioni (karma) sono prodotte solo dalla prakriti (Maya-Ishwara-triguna) e altresi' comprende che l'atman rimane non-agente, quello veramente vede."

In questo sutra è condensato l'intero spirito del Vedanta, e io conosco questo di Vedanta. Non so te.
Il Vedanta è tradizione vivente, in quanto tale comprende i Piccoli misteri e i Grandi misteri.
Nessun grado di manifestazione dell'essere vi è trascurato.
Saltare ai Grandi misteri senza aver pienamente realizzato i Piccoli porta alla confusione mentale.
Salvo rare e preziose eccezioni.
Ma forse tu sei una di queste?
8-)
E' evidente che il karma è impersonale e che c'è soltanto un solo agente, Ishwara. Se poi vuoi sostituirti a Dio pensando che le azioni appartengono a te, allora si aprono per te le porte del samsara. Nella cultura cristiana si chiama peccato originale. Peccatrice! :D
Il karma altro non è che la legge di causa ed effetto, e tutti coloro che appaiono viventi nel triplice mondo samsarico, animali compresi, non possono sottrarvisi, salvo - dicono - i jivanmukta.
Vorrà dire che ci faremo insieme un altro giro di giostra, se questo è il karma. :twisted:
(P.S. in riferimento alla storiella del sole che hai raccontato ti rammento che non siamo su Yoga.it ma su Vedanta.it)
La storiella del sole che ho raccontato ha tratto spunto da questo "pensiero del giorno" qui pubblicato:

D. Lei afferma che non occorre alcuno sforzo per realizzare il Sé.
R. Come può ciò che è l’Assoluto incausato essere determinato da altro? Esso non ha alcuna relazione con qualsiasi causa. Se lei chiude gli occhi, non sta cancellando il sole e quando li riapre non lo sta ricreando. Il sole è a prescindere da lei e da quello che lei può fare. Non deve fare nessuna fatica per vedere il sole, non è lei a crearlo. Ma se lei non ha alcuna intenzione di aprire gli occhi è chiaro che il sole non lo può vedere. Tutto lo “sforzo” è nel convincersi ad aprire gli occhi, ma se lei ha altro da immaginare, da sognare, etc. etc. ecco che prima di aprire gli occhi vorrà soddisfare i suoi desideri di altro. La realizzazione non duale del Sé, per come testimoniata dalla tradizione advaita, è la stessa cosa. La dualità fa sì che nell’ente ci siano contrapposizioni, da un lato si desidera l’assolutezza del sommo bene, dall’altro si desiderano soddisfazioni circostanziali. È solo una questione di urgenza, di importanza, di potenza... il desiderio più urgente, più importante, più potente è quello che prevale.


Premadharma, Vedanta Novembre 2016, Vidya Bharata



Distratto?

Avatar utente
NowHere
Messaggi: 151
Iscritto il: 03/12/2016, 21:08
Località: Napoli

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 22/12/2016, 16:30

E' vero Anam, la tua risata mi ha infastidito. Probabilmente però aveva ragione Mauro sul fatto che la tua era più una derisione che un "sorriso" (testimoniati e prenditi le tue responsabilità... ;) ).

Nei tuoi interventi avverto molta energia carica di rabbia, probabilmente è il risentimento che citavi prima e lo rispetto, l'importante è... testimoniarsi.

anam

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da anam » 22/12/2016, 16:34

NowHere ha scritto:E' vero Anam, la tua risata mi ha infastidito. Probabilmente però aveva ragione Mauro sul fatto che la tua era più una derisione che un "sorriso" (testimoniati e prenditi le tue responsabilità... ;) ).
No, non c'era derisione.
Davvero mi ha fatto sorridere la buffa idea della coscienza imperitura che "cade" e si fa una bella ruzzolata.
:lol:

Nei tuoi interventi avverto molta energia carica di rabbia, probabilmente è il risentimento che citavi prima e lo rispetto, l'importante è... testimoniarsi.
Energia, rabbia, rajas.
Indubbiamente c'è ancora fuoco rosso in me.
Poco male, l'importante è saperlo direzionare.
Tuttavia, forse - come per la bellezza - ciascuno vede ciò che ha negli occhi.

Scrivendo 'mi risento', pensavo all'unico essere capace di scartavetrarmi amorevolmente: il riferimento vivente.
In me il risentimento svanisce come nebbia al sole della fiducia.

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 22/12/2016, 16:46

anam ha scritto: Scrivendo mi risento, pensavo all'unico essere capace di scartavetrarmi amorevolmente: il riferimento vivente.
Chi è il tuo riferimento vivente, anam?

Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 22/12/2016, 17:47

anam ha scritto: Scrivendo 'mi risento', pensavo all'unico essere capace di scartavetrarmi amorevolmente: il riferimento vivente.
Nel senso che (tutti) gli altri invece ti scartavetrano malevolmente?

anam

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da anam » 22/12/2016, 20:38

Mauro ha scritto:
anam ha scritto: Scrivendo mi risento, pensavo all'unico essere capace di scartavetrarmi amorevolmente: il riferimento vivente.
Chi è il tuo riferimento vivente, anam?


Uno andò a bussare alla porta di un amico. L'amico chiese. "Chi sei? sei degno di fiducia?".
Egli rispose: "Io". L'amico disse: "Vattene; non è il momento di entrare: ad una mensa come questa non c'è posto per una persona immatura".
"Chi cuocerà ciò che è crudo, se non il fuoco dell'assenza e della separazione? Chi lo libererà dall'ipocrisia?".
Il pover'uomo se ne andò, e durante tutto un anno di viaggi e di separazione dal suo amico, fu arso dalle fiamme.
Bruciato, si consumò; allora ritornò e ricominciò a camminare avanti e indietro davanti alla casa del suo compagno.
Bussò alla porta con infinito timore e rispetto, temendo di lasciarsi sfuggire dalle labbra una parola irrispettosa.
Il suo amico gli chiese: "Chi è alla porta?" "Sei tu, alla porta, ammaliatore dei cuori".
"Adesso - disse l'amico - poichè tu sei me, entra tu che sei me stesso; nella casa non c'è posto per due 'io'".


Rumi
Mathnawî, I 3069-3079

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 23/12/2016, 0:39

Prendo nota

Avatar utente
NowHere
Messaggi: 151
Iscritto il: 03/12/2016, 21:08
Località: Napoli

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da NowHere » 23/12/2016, 7:03

anam ha scritto:
Mauro ha scritto:
anam ha scritto: Scrivendo mi risento, pensavo all'unico essere capace di scartavetrarmi amorevolmente: il riferimento vivente.
Chi è il tuo riferimento vivente, anam?


Uno andò a bussare alla porta di un amico. L'amico chiese. "Chi sei? sei degno di fiducia?".
Egli rispose: "Io". L'amico disse: "Vattene; non è il momento di entrare: ad una mensa come questa non c'è posto per una persona immatura".
"Chi cuocerà ciò che è crudo, se non il fuoco dell'assenza e della separazione? Chi lo libererà dall'ipocrisia?".
Il pover'uomo se ne andò, e durante tutto un anno di viaggi e di separazione dal suo amico, fu arso dalle fiamme.
Bruciato, si consumò; allora ritornò e ricominciò a camminare avanti e indietro davanti alla casa del suo compagno.
Bussò alla porta con infinito timore e rispetto, temendo di lasciarsi sfuggire dalle labbra una parola irrispettosa.
Il suo amico gli chiese: "Chi è alla porta?" "Sei tu, alla porta, ammaliatore dei cuori".
"Adesso - disse l'amico - poichè tu sei me, entra tu che sei me stesso; nella casa non c'è posto per due 'io'".


Rumi
Mathnawî, I 3069-3079
Sinceramente non comprendo.
Cioè: se siamo nell'ottica del testimoniare se stessi, nudi, per come si è, alla domanda diretta "chi è il tuo riferimento vivente?" non sarebbe più autentico dire "non te lo voglio dire", "non me la sento di dirtelo", "non posso dirtelo" anziché rispondere in modo così indiretto, con una parabola?
Namasté

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da Mauro » 23/12/2016, 7:27

Concordo con te, nowhere.
Difatti neanche io ho capito in che modo la parabola di Rumi postata da anam, rispondesse alla mia domanda.
Ma sicuramente è un limite mio, per quello "ho preso nota": chissà che nel futuro potrò comprendere l'arcano messaggio.

Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 23/12/2016, 10:13

Mauro ha scritto:Concordo con te, nowhere.
Difatti neanche io ho capito in che modo la parabola di Rumi postata da anam, rispondesse alla mia domanda.
Ma sicuramente è un limite mio, per quello "ho preso nota": chissà che nel futuro potrò comprendere l'arcano messaggio.
Credo che il limite sia estensibile a di più di uno, perchè neanche io ho capito cosa centrasse o cosa rispondesse la parabola di Rumi.

anam

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da anam » 23/12/2016, 10:24

NowHere ha scritto:
anam ha scritto:
Mauro ha scritto: Chi è il tuo riferimento vivente, anam?


Uno andò a bussare alla porta di un amico. L'amico chiese. "Chi sei? sei degno di fiducia?".
Egli rispose: "Io". L'amico disse: "Vattene; non è il momento di entrare: ad una mensa come questa non c'è posto per una persona immatura".
"Chi cuocerà ciò che è crudo, se non il fuoco dell'assenza e della separazione? Chi lo libererà dall'ipocrisia?".
Il pover'uomo se ne andò, e durante tutto un anno di viaggi e di separazione dal suo amico, fu arso dalle fiamme.
Bruciato, si consumò; allora ritornò e ricominciò a camminare avanti e indietro davanti alla casa del suo compagno.
Bussò alla porta con infinito timore e rispetto, temendo di lasciarsi sfuggire dalle labbra una parola irrispettosa.
Il suo amico gli chiese: "Chi è alla porta?" "Sei tu, alla porta, ammaliatore dei cuori".
"Adesso - disse l'amico - poichè tu sei me, entra tu che sei me stesso; nella casa non c'è posto per due 'io'".


Rumi
Mathnawî, I 3069-3079
Sinceramente non comprendo.
Cioè: se siamo nell'ottica del testimoniare se stessi, nudi, per come si è, alla domanda diretta "chi è il tuo riferimento vivente?" non sarebbe più autentico dire "non te lo voglio dire", "non me la sento di dirtelo", "non posso dirtelo" anziché rispondere in modo così indiretto, con una parabola?
Namasté
La testimonianza non è un obbligo e neppure un "a domanda risponde" come nei verbali burocratici.

Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 23/12/2016, 11:05

anam ha scritto:
NowHere ha scritto:
anam ha scritto:


Uno andò a bussare alla porta di un amico. L'amico chiese. "Chi sei? sei degno di fiducia?".
Egli rispose: "Io". L'amico disse: "Vattene; non è il momento di entrare: ad una mensa come questa non c'è posto per una persona immatura".
"Chi cuocerà ciò che è crudo, se non il fuoco dell'assenza e della separazione? Chi lo libererà dall'ipocrisia?".
Il pover'uomo se ne andò, e durante tutto un anno di viaggi e di separazione dal suo amico, fu arso dalle fiamme.
Bruciato, si consumò; allora ritornò e ricominciò a camminare avanti e indietro davanti alla casa del suo compagno.
Bussò alla porta con infinito timore e rispetto, temendo di lasciarsi sfuggire dalle labbra una parola irrispettosa.
Il suo amico gli chiese: "Chi è alla porta?" "Sei tu, alla porta, ammaliatore dei cuori".
"Adesso - disse l'amico - poichè tu sei me, entra tu che sei me stesso; nella casa non c'è posto per due 'io'".


Rumi
Mathnawî, I 3069-3079
Sinceramente non comprendo.
Cioè: se siamo nell'ottica del testimoniare se stessi, nudi, per come si è, alla domanda diretta "chi è il tuo riferimento vivente?" non sarebbe più autentico dire "non te lo voglio dire", "non me la sento di dirtelo", "non posso dirtelo" anziché rispondere in modo così indiretto, con una parabola?
Namasté
La testimonianza non è un obbligo e neppure un "a domanda risponde" come nei verbali burocratici.
Quasi quasi come risposta (se risposta è) preferivo la parabola di prima.

Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da cannaminor » 26/12/2016, 10:47

latriplice ha scritto:
Cannaminor ha scritto:
Ripartiamo da qui; sì sono testimone di ciò che appare (aggiungerei anche accade) nella mia sfera coscienziale (realizzato o meno che io sia).
Perfetto, concordo.
Se per te è evidente tale tua affermazione non vedo che altro aggiungere. Solo che in seguito da quello che scrivi se ne deduce che non ne sei totalmente convinto.
Riprendevo una tua affermazione precedente...
latriplice ha scritto:In altre parole sei testimone di ciò che appare alla tua sfera coscienziale perché non puoi fare a meno di esserlo, realizzato o meno che tu sia. Pertanto la tua successiva considerazione "...non vivo tale condizione..(consapevolezza)" è quella plausibile.
Ovvero condividevo l'assunto di essere testimone di ciò che appare nella nostra sfera coscienziale. Ed il testimone che fa? Testimonia.
latriplice ha scritto: Quando dici : "...ci identifichiamo con..." (della visione vista), intendi la consapevolezza testimone a cui attribuisci l'atto dell'identificazione? Sinceramente non vedo nessun'altro candidato dal momento che il corpo sottile (mente-intelletto-ego) è un'oggetto che appare all'interno di tale visione. Allora perché escluderla (la consapevolezza) impedendo la discriminazione tra ciò che è reale (perché è sempre presente) e ciò che appare essere (perché è intermittente)?
Non la escludo, la consapevolezza, anzi. Vedi quando tu parli della discriminazione tra ciò che è reale e ciò che non lo è (appare), che nel vedanta viene definito quale neti-neti, dovresti anche aggiungere, credo, che non è solo una discriminazione "virtuale", a tavolino, tra oggetti reali e quelli che non lo sono. Per capirci non stiamo parlando, o almeno non più, della nuvola in cielo che appare e scompare quindi non è reale secondo i canoni di realtà di permanenza e costanza, non è quindi un esercizio meramente accademico ed eruditivo, stiamo invece parlando di quella sfera coscienziale, ovvero di noi.

La disciminazione tra reale e non reale è una disciminazione interiore di noi stessi, della nostra stessa sfera coscienziale nella sua più radicata esseità; stiamo di fatto discriminando tra ciò che siamo (reale) e ciò che non siamo (non reale - apparente). Di tutto ciò che compare e di cui siamo testimoni sulla (nostra) sfera coscienziale discriminiamo di tutto ciò cosa sia noi e cosa non lo sia. Sopratutto la seconda (neti-neti, non questo non questo) perchè della prima (iti-iti è questo è questo) in effetti è un processo indiretto, nel senso che l'essere, la consapevolezza si svela ed è ad opera del ciò che non siamo e che scartiamo quale sopvrapposizione di noi.

Scartando, realizzando nella consapevolezza ciò che non siamo (non reale - apparente) sveliamo di fatto in atto ciò che siamo (reale - costante - permanente).
latriplice ha scritto: Pertanto dovrebbe esserti chiaro che non c'è un soggetto cosciente individuale che testimonia la coscienza come se questa fosse un'oggetto di conoscenza. Questa è una confusione tipica dei cercatori spirituali quella di invertire i termini della relazione soggetto-oggetto in cui la consapevolezza-brahman diventa oggetto di realizzazione (maya è sempre all'opera qui). Pertanto il corpo sottile e le sue funzioni inerenti di mente-intelletto-ego, è una forma di materia appunto sottile non diversa da un qualunque oggetto inanimato e non può quindi testimoniare e decidere nulla.
Non sto invertendo nulla, sto, stavo, solo dicendo che quella consapevolezza che testimonia la sfera coscienziale e ciò che in essa appare, testimonia sia ciò che è reale ma anche ciò che non lo è (apparente - non reale). Questa disciminazione, questo atto di consapevolezza di sè (non sono questo e ciò discriminando svelo ciò che sono) nella sua compiutezza e ultimazione è, tranne in pochi e rari casi storici in cui ciò è avvenuto in brevissimo tempo (relativamente breve tempo), ultimativa e definitiva solo al seguito di una lunga sadhana e quindi nel divenire di una o più vite.

Ramana, a 16 anni ci mise mezz'ora di tempo a realizzare il Sè, a portare a termine quella discriminazione tra ciò che non era e (svelando-realizzando) ciò che era, ma questo Ramana. E come lui ben pochi "ralizzati", "illuminati" etc.

Per la maggior parte di noi si richiede un divenire, a meno di voler leggere certi eventi come quello di Ramana (e altri come lui) con la storiella di quello che smazzava i sassi, e che si domandava del perchè ad uno ne fossero bastate 10 di mazzate e ad altri 1000, per spaccare lo stesso sasso.
Forse, si diceva, quello delle 10 ne aveva tirate 990 nella vita precedente, quindi sempre divenire è, solo allargato a più vite invece che una sola.

Forse anche Ramana nella vita precedente aveva tirato le sue 990 mazzate e quindi nell'ultima ne erano bastate 10 per ultimare l'opera.
latriplice ha scritto: Si, torniamo terra a terra. Il fatto che tu sia l'ordinaria imperturbabile consapevolezza che non è mai nata e mai morirà non è una opzione tra cui scegliere o un motto di vita a cui aderire o meno. Lo sei per default. Pertanto non incorri nel rischio di prenderti per i fondelli e peccare di presunzione se lo pensi. L'unico peccato non è non esserlo, ma non saperlo, il che genera tutta una serie di fraintendimenti che si può riassumere nel termine sanscrito di samsara. Fare affidamento allo stato d'animo (guaina mentale-emozionale), cioè dire ciò che si "prova" per esprimere una valutazione su se stessi, puoi chiamarla onesta intellettuale ma che ha ben poco di spirituale. La mente non sa nulla di ciò che tu veramente sei.
Pensare di esserlo non coincide con essere-esserlo.

Una frase di R. (che mi pare anche tu stimi..) diceva:
«Capire è una cosa, comprendere è un'altra, realizzare è ancora altra cosa.
I molti capiscono e discettano, i pochi comprendono e meditano, i pochissimi realizzano e sono.»
Comunque quello che poi volevo dire tornando al discorso testimoniare-testimonianza era poi semplicemente questo.
Nel divenire di una sadhana, ovvero nel divenire del neti-neti, nel tempo e nello spazio in cui un neti-neti si sviluppa nella disciminazione e attua nella consapevolezza, vi sono oggetti su quella sfera della coscienza di cui si parlava prima che vengono ancora condiderati e sono stati considerati per lungo tempo "noi". Certo viene spesso e sempre il momento il cui la discriminazione illumina tali ombre realizzando che non erano noi, non erano reali, ma fino a due secondi prima ci avevamo creduti essere tali.

E' di questo quando parlo di testimonianza e testimoniare. Testimoniamo oltre al ciò che siamo (o che pensiamo di essere allo stato attuale) anche ciò che eravamo e credavamo essere, e non parlo di secoli fa, parlo anche solo di un mese fa, di una settimana, fa di un giorno fa.

Se ci siamo creduti essere qualcosa\qualcuno (che appariva appunto sulla nostra sfera coscienziale) ed oggi non lo siamo più, benissimo, a maggior ragione diciamolo, testimoniamolo, che male c'è. Ho creduto essere questo e quello, credevo in questo e quello, pensavo di essere questo e quello, ma non lo sono. E a maggior ragione testimoniamo ciò che invece oggi (ma forse domani non crederemo più) essere.

Tu dici (tra le altre) "siamo l'ordinaria imperturbabile consapevolezza che non è mai nata e mai morirà non è una opzione tra cui scegliere o un motto di vita a cui aderire o meno. Lo sei per default."

Questa è una tua affermazione di oggi, in ciò credi e ti identifichi essere, e come tale la testimoni. Per te oggi ciò è reale è la realtà che tu sei e nella quale ti identichi essere. Così come tu la testimoni per te altri potrebbero testimoniarne altre, altre che magari tu hai già discriminato e visto non essere te-reali, ma questo vale per te non per tutti. Ognuno vive la sua discriminazione, il suo neti-neti, le sue realizzazioni e consapevolezze.

Quello che chiedevo soltanto a tutti del forum era semplicemente testimoniate ciò che siete, che credete di essere, e aggiungerei anche allora visto l'ultimo sviluppo del discorso, testimoniate anche ciò che eravate e vi credavate essere fino a poco tempo fa, o nella vostra storia e sadhana personale. Potrebbe essere di aiuto e chiarimento-discriminazione per altri. Tu stesso se non ricordo male hai detto che per anni hai pensato e seguito non ricordo cosa, fa parte del tuo cammino, della tua esperienza, della tua discriminazione e realizzazione di te.
Perchè non darne testimonianza anche di questo, per chi magari è sulla stessa strada e vi si riconosce dai dettagli che descrivi, come detto potrebbe essere di aiuto e ausilio a tanti alle volte. Aiutarli e discrimanre e riconoscere ciò che anche per loro non è reale, non è "loro".

latriplice
Messaggi: 624
Iscritto il: 05/12/2016, 14:19

Re: Il dialogo dIstruzione

Messaggio da latriplice » 26/12/2016, 14:48

Interessante ed appassionata dissertazione, comunque reca in se una imprecisazione:
Cannaminor ha scritto:

La consapevolezza che testimonia la sfera coscienziale e ciò che in essa appare, testimonia sia ciò che è reale ma anche ciò che non lo è (apparente - non reale).
Non c'è una sola persona al mondo che non abbia detto: io penso (intelletto), io sento (mente-emozioni), io faccio (ego). Queste tre dichiarazioni sono evidenti esempi di sovrapposizione. Districarsi dagli oggetti (stati fisici-emozionali-intellettuali) che appaiono in noi (quella parte della consapevolezza identificata all'upadhi) è un duro lavoro, perché la confusione sembra così naturale. Abbiamo vissuto vite indiscriminate fin dalla fanciullezza e ora ci viene chiesto di mettere in discussione quelle stesse premesse sulle quali la nostra identità è fondata.

La sovrapposizione (confondere il reale con l'apparente) inutile dirlo, causa sofferenza. Vogliamo tutti esserne liberi. Non c'è alcun beneficio nel pensare che qualche esperienza trascendentale e mistica possa prendersi cura di questo problema, perché l'ignoranza e la sovrapposizione sono fortemente radicate.

Perché è da ignoranti dire io penso, io sento, io faccio (in altre parole mi testimonio per quello che sono come da tua esortazione)? Perché c'è soltanto un non-duale "Io", e non ha né corpo né mente, pertanto non pensa, non sente e non fa. Il pensare, il sentire e l'agire appartengono alla realtà apparente (mithya). Esse appartengono al Corpo Sottile (mente-intelletto-ego) non alla consapevolezza. Noi consapevolezza siamo sempre liberi dal Corpo Sottile, dalle esperienze che avvengono in esse inclusi i vari samadhi o stati di unione con il Sé.

Quando diciamo che siamo liberi significa che è qualcosa (il corpo sottile) altro da me (la consapevolezza). E' qualcosa altro da me perché è conosciuto da me (incluso i bisogni espletati in bagno o il nivirkalpa samadhi). Tu non sei ciò che conosci. Quello che conosci è te ma tu non sei esso. Tu sei il conoscitore.

Il Corpo sottile è il luogo in cui avviene l'esperienza. Non ha luogo nella Consapevolezza. Essa appare nella consapevolezza come un sogno appare al jiva dormiente, ma non influisce in alcun modo sulla consapevolezza.

Quando pensi che qualcosa sia successa a te, significa che manchi di discriminazione. Hai confuso te stesso (la consapevolezza) con lo sperimentatore, il Corpo Sottile, che è influenzata dall'esperienza (ecco dove subentra la concezione dell'io-agente).

La liberazione (moksha) non riguarda il rendere lo sperimentatore (il Corpo Sottile) "distaccato", come molti credono, conquistandosi così la libertà. Lo sperimentatore è sempre attaccato all'esperienza.

La liberazione è la comprensione che tu non sei lo sperimentatore ma la consapevolezza, il Testimone non-sperimentatore. Quando questo viene compreso la sofferenza cessa. La sofferenza sono i lamenti mentali ed emozionali che aggiungi agli eventi che fanno parte della tua vita.
Cannaminor ha scritto:

Ramana, a 16 anni ci mise mezz'ora di tempo a realizzare il Sè, a portare a termine quella discriminazione tra ciò che non era e (svelando-realizzando) ciò che era, ma questo (è) Ramana. E come lui ben pochi "realizzati", "illuminati" etc.
Ormai dovrebbe esserti chiaro che il Vedanta non è un viaggio nello spazio-tempo, in cui gli aspiranti si cimentano per abbattere i tempi della realizzazione. Il Vedanta è un viaggio dall'ignoranza alla Conoscenza.

Pertanto quando ti riferisci a Ramana cosa intendi? Quella parte del Sé (jiva) ignorante della propria natura in quanto Brahman o al Corpo Sottile l'oggetto della propria identificazione?

Rispondi