Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Sul Sonno, sul Sogno e sulla Veglia

La via della conoscenza: la discriminazione della realtà di ogni contenuto o inferenza, nel distacco della presenza.
Rispondi
Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Sul Sonno, sul Sogno e sulla Veglia

Messaggio da cannaminor » 29/12/2019, 9:57

Volevo parlare del Sonno, del Sogno e della Veglia e del senso e significato che hanno assunto negli anni nel cammino percorso. Cominciamo da una condizione ordinaria di un soggetto, chiamiamolo “marco” che come tutti gli individui qualche volta sogna, talaltra no, ha solo dormito senza sognare (sonno) e per lo più è sveglio nella veglia.

Il soggetto comune delle tre condizioni è sempre marco, un marco di sogno, un marco di veglia, un marco di sonno.

Quando dico soggetto voglio dire colui nel quale mi identifico e sono, colui che è soggetto protagonista del sogno-sognare, della veglia-vegliare, e pure, anche se in questo ultimo caso impropriamente, del sonno-causale. Dico impropriamente perchè in effetti quando dico sonno (senza sogni) sto attestando una assenza di me marco-soggetto-protagonista di sogno e veglia pur nella presenza della condizione di sonno stesso.

Comunque torniamo allora ai primi passi del cammino, quando ad un certo punto, senza una apparente causa, nei sogni si comincia ad essere occasionalmente e parzialmente nel sogno stesso consapevoli di stare sognando. Dico questo in confronto alla condizione ordinaria del sogno in cui si è soggetti-protagonisti del sogno stesso, che si vive nella sua interezza e realtà, pienamente immersi e identificati nel personaggio, nel mio caso marco che vive il sogno al pari della realtà di veglia.

Ad un certo punto comincia a verificarsi uno scollamento, un ritrarsi, uno “sfilarsi fuori” del soggetto dal protagonista di sogno, marco. Nel senso che il protagonista del sogno, marco, continua a vivere e sognare il sogno stesso, ma viene meno inquanto marco-protagonista-attore (del sogno stesso) per assumere invece il ruolo di regista, peraltro “esterno”, al-del sogno stesso.

Ma anche questa raffigurazione è impropria perchè in effetti ciò che si sfila fuori dal protagonista marco non è il marco-soggetto-persona-identità-individuo quanto piuttosto, passatemi il termine, la sua anima, la sua “volontà” oserei dire in questo caso.

Ciò che va ad animare il “regista” a dirigere il sogno nella sua interezza scenografica e di attori, protagonisti e non, tra cui anche quello di marco, è una volontà impersonale, un’anima impersonale, una semplice coscienza, consapevolezza.

Cioè mentre prima marco, viveva e sognava nel vissuto-contenitore stesso del sogno da attore, sia pur protagonista, in piena e totale identificazione del ruolo e attore, così come succube degli eventi e accadimenti che vi avevano luogo, ora invece non c’è più un marco, o meglio marco c’è ancora ma quella volontà-coscienza non guida e non si identifica più in marco, così come nemmeno in un improbabile “regista” (anche se ne ho voluto usare il titolo solo ad esempio del ruolo svolto ) ma semplicemente esercita una volontà al sogno nella sua interezza di attori e accadimenti-avvenimenti.

Ovvero si è passati da un protagonista di sogno che vive il sogno (al pari della veglia) in tutti i suoi accadimenti ed eventi che gli accadono e “piovono addosso” suo malgrado, ad un sogno che viene vissuto-visto in modalità impersonale, ovvero senza entrare negli occhi individuali di alcuno dei personaggi (protagonisti o meno che siano) del sogno. Viene vissuto ma anche "direzionato" (da cui il regista di cui si portava esempio di ruolo) secondo volontà impersonale.

Ora questo che accade col sogno, parallelamente comincia ad accadere con la veglia, là dove dallo stesso protagonista marco di veglia comincia a “sfilarsi fuori” la stessa anima-coscienza-volontà, vorrei chiamarla consapevolezza forse il termine più proprio, una consapevolezza però che è del tutto impersonale, ovvero non riferita a niente e nessuno, una consapevolezza che semplicemente anima la veglia-mondo-realtà nella sua interezza e totalità e che se anche occasionalmente (quanto temerariamente) si può confinare in una sua parte, non ne perde mai l’insieme (di visione) nella sua interezza.

La stessa consapevolezza impersonale che giace e late nel sonno, nel “piano causale”, che ti fa dire, o meglio essere consapevole di essere, di “sono” (e di non aver sognato)

Vorrei aggiungere una postilla a tutto quanto detto sopra e in un certo senso ad integrazione di quanto si diceva altrove del jiva e della sua identità col brahman.

Questi tre “piani”, stati coscienziali, o come meglio li si vuol chiamare, già per loro denominazione di piani si viene indotti a pensare a condizioni separate e distinte l’una dall’altra, quasi come delle stanze o piani di un edificio, da cui si può entrare (ed uscire) uno per volta, ossia se stai sognado non sei sveglio, se sei nel sonno non sei nella veglia e men che meno nel sogno, etc.

Ciò non è, almeno nella mia piccola ad oggi esperienza di quesi “piani”. Non è così, non c’è separazione ed esclusione l’un dell’altro, al contrario coesistono e sono “permeabili” (forse non è il termine più adatto); c’è trasparenza tra di loro, pur essendo distinguibili e identificabili nell’attenzione tra di loro, sono coesistenti e sovrapponibili. Sono, il termione che più ci si avvicina è e resta quello classico e tradizionale di fenomeno, sono fenomeni che si sovrappongono alla consapevolezza e da lei stessa animati inquanto movimento-movimenti. Un pò come passatemela per quello che vale, come proiettare due diapositive insieme sullo stesso schermo. Ciò che due diapositive proiettate hanno in comune (sullo stesso schermo) è la luce che le proietta. La stessa una luce che proietta immagini-fenomeni diversi. Qui è lo stesso, e la stessa una consapevolezza che proietta ed anima mondi onirici o di veglia. La stessa luce che in se stessa sta nel causale pronta a proiettare qualunque diapositiva gli si pari davanti. Non è propria corretta come analogia ma tant’è.

Quello che maggiormente vorrei far notare è che tra i vari “piani” (continuiamo a chiamarli così…) intercorre un “filo”, una coscienza-consapevolezza-luce comune e unica; una via di discesa e risalita (volendoli continuare a vedere come piani) che va dal brahman al jiva e ritorno, ed è per questo e per questo “filo” che si può dire come da noto aforisma-sutra: Brahman é la realtà, il mondo é apparenza. Il jiva non é altri che Brahman stesso.

Il jiva non è altri che il brahman stesso a motivo di quella stessa consapevolezza che (in ultimo, nel caso del jiva) sono.

Avatar utente
cannaminor
Messaggi: 247
Iscritto il: 31/08/2016, 17:40

Re: Sul Sonno, sul Sogno e sulla Veglia

Messaggio da cannaminor » 02/01/2020, 10:57

Desideravo integrare quanto detto nella precedente con alcune ulteriori riflessioni precedute da queste note prese dalla Mandukyakarika e Mandukya Upanisad entrambe per le Edizioni Asram Vidya.

«Se gli oggetti percepiti nei due mondi (veglia e sogno, o visva e taijasa) non sono reali assoluti - essi infatti nascono e periscono - chi è il loro creatore e chi il soggetto percipiente?

Il creatore degli oggetti, come lo stesso percettore, è il jivatman. Il supporto di questa polarità, dualità soggetto-oggetto, è l'atman. Questi è la fonte o la radice del tutto, senza di esso nessuna cosa potrebbe esistere, né allo stato causale né sottile né grossolano.

Il primo sutra del Drgdrsyaviveka dice: "Una forma-oggetto viene percepita, ma è l'occhio che percepisce. Quest'ultimo è percepito dalla mente la quale diviene soggetto percipiente. Infine, la mente, con le sue modificazioni, è percepita dal Pensatore-spettatore il quale non può essere oggetto di percezione" (Ed. Asram Vidya)

Ora si può comprendere come l'oggetto e il soggetto sono percepiti da un Testimone ultimo che, appunto, è dietro questa antinomia. In altri termini, si può parlare di dualità perché dietro ad essa vi è un ente che l'asserisce. Ogni dualità implica un terzo fattore che ne rappresenta la sintesi e la conclusione.
L'atman, dunque, irradia un raggio di coscienza che rappresenta il jiva (si veda karika 16) e, a sua volta, il jiva, sospinto dalle vasana, proietta la molteplicità degli oggetti allo stato di taijasa e di visva col suo veicolo di espressione manasico.

Gli oggetti esterni - stato di virat - sono proiezioni del jiva individuale? No Sono proiezioni di Isvara, cioè del jiva universale. Un dato oggettivo, o soggettivo, non è altro che un'idea del pensatore individuale o universale. Un vaso è solo un'idea-immagine che un demiurgo ha reso oggettiva-grossolana sul piano di visva o virat oppure soggettiva, meglio sottile, sul piano di taijasa o hiranyagarbha.
L'universo è una proiezione del Mahat (Grande mente) a gradi diversi di condensazione (causale, sottile e grossolano). Ma la mente è solo uno strumento creativo, formativo, immaginativo.»

Tratto da Mandukyakarika (Oltre la danza di Siva) Ed. Asram Vidya pag 60-61

«Nello stato di veglia si hanno dati soggettivi e oggettivi, quelli soggettivi non vengono considerati reali perché appunto peculiari allo stato d'animo del solo percipiente (dati particolari), mentre quelli oggettivi vengono considerati reali perché percepiti da tutti (dati generali). In fondo, ciò si verifica anche nella condizione di sogno: una moltitudine di persone vede la stessa montagna o lo stesso elefante, ecc. La differenza, comunque, è questa: nello stato di sogno il soggetto-oggetto viene proiettato dal jiva individuale, mentre nello stato di veglia il soggetto-oggetto viene proiettato dal Jiva Principale (Isvara, coscienza o mente universale); ma quando il jiva individuale si risolve nel Jiva universale comprende che il soggetto-oggetto universale è ugualmente interno alla sua coscienza, quindi, non distinto dalla mente universale.
Le idee di soggetto-oggetto, di dentro-fuori, di sopra-sotto, di veglia-sogno-sonno profondo, ecc. sono modificazioni del pensiero empirico; esse non sono altro che concetti distintivi utili alla comprensione per la mente individuata.

Il mondo individuale non è altro che l'irradiazione del mentale jivaico, così l'universo intero non è altro che l'irradiazione del mentale universale ishavarico; la loro natura è identica perché identica è la loro matrice, considerato che la mente individuale non è altro che una parte di quella universale.»

Tratto da Mandukya Upanisad Ed Asram Vidya, pag 126,129

A cui vorrei aggiungere un'ultima nota presa da Post mortem e Bardo Thötröl

«Un'incarnazione non è altro che l'esteriorizzazione su un particolare piano di esistenza, mentre il ritiro è caratterizzato dal processo di interiorizzazione o astrazione. Sarebbe bene meditare questi termini perché possono svelare il mistero di ciò che noi, in modo erroneo, siamo soliti chiamare "morte".»

Nelle note di cui sopra si fa notare che "nello stato di sogno il soggetto-oggetto viene proiettato dal jiva individuale, mentre nello stato di veglia il soggetto-oggetto viene proiettato dal Jiva Principale (Isvara, coscienza o mente universale)" o come più sopra ci si domandava; "Gli oggetti esterni - stato di virat - sono proiezioni del jiva individuale? No. Sono proiezioni di Isvara, cioè del jiva universale."

Così come "noi", meglio il nostro mentale-mente individuale sogna-proietta (internamente) un mondo onirico duale quanto fenomenico (soggetto oggetto di sogno) di cui "noi" ne siamo i protagonisti identificati di sogno, tanto da crederlo "reale" in tutto e per tutto, parimenti la mente universale (Mahat), alias jiva Principiale, alias Isvara, etc, sogna proietta un mondo di veglia (anche qui soggetto-oggetto) di cui di nuovo "noi" ne siamo (questa volta) il soggetto-protagonista identificato di veglia.

In un certo senso vedendolo in un'altra ottica il sogno e sognare classico altro non è che il sogno del protagonista-sognatore di veglia, del soggetto sognante della veglia, del soggetto di sogno di Mahat-Isvara-causale principiale. Un sogno nel sogno praticamente, di cui il soggetto è a seconda delle visioni interno o esterno, da cui l'affermazione di cui sopra che la veglia è "esteriorizzazione" del jiva mentre il sogno è "interiorizzazione" dello stesso jiva. Quello stesso jiva che a seconda è grossolano, sottile, causale-principiale, etc.

Una seconda nota che forse ora si può comprendere meglio e di cui qualcuno ne può avere esperienza. Quanto segue; la "visione" del soggetto, sia di sogno che di veglia nella condizione identificata è vedere il mondo (di sogno o di veglia) con i suoi occhi. Parlo proprio di visione, di prospettiva. Noi qui nella veglia vediamo e guardiamo il mondo con i "nostri" occhi, quella è la vista di cui godiamo. Allo stesso modo nel sogno si vive e vede il mondo di sogno con gli occhi e per il tramite e vista-visione degli occhi del soggetto di sogno, "noi"; questo quando ne siamo identificati.

Ora ricordo quando me ne parlava Bodhanada di vedere alle volte, e si riferiva alla veglia, della visione non più dagli occhi di se stesso, ma da "fuori gli occhi", da lato, per esempio da una spalla, oppure più in là da vari punti spaziali della camera o ambiente in cui era. Quando parlavo nel precedente post e mi riferivo in quel caso al sogno, di visione da "regista", ci ho poi pensato dopo, è effettivamente così; era per descrivere un'ottica fuori dalla vista visione degli e per il tramite degli occhi del protagonista-soggetto. Ovvero quando l'identificazione col soggetto di sogno viene meno, quando la consapevolezza si ritrae-sfila dal soggetto, accade altresì che la visione del mondo-sogno cambi anch'essa, ovvero che venga "visto" da "fuori" il soggetto, vuoi prossimo o meno, ovvero esattamente come un regista vede la scena di un film che sta registrando. Infatti anche nel cinema ci sono le proiezioni-inquadrature soggettive, ovvero prese come se si stesse vedendo-guardando il mondo e gli accadimenti per il tramite degli occhi del protagonista, oppure ci sono altre inquadrature delle più varie, persino "aeree", in cui lo stesso protagonista viene visto al pari del mondo cui appartiene e in cui si muove di fatto.

Questa visione e vedere accade sia nella dis-identificazione di sogno e sia in quella della veglia, così come mi testimoniava a suo tempo Bodhananda ed io allora non capivo bene di cosa e a cosa si riferisse la descrizione, prendendola semplicemente come un accadimento "strano" ma senza coglierne la causalità.

Il vedanta parla di avastāhatrayasāksin, ovvero del testimone dei tre stati, che altri non è che l'atman, la consapevolezza dei tre stati, veglia, sogno, sonno.

Rispondi