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Accogliere le rappresentazioni

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cielo
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Accogliere le rappresentazioni

Messaggio da cielo » 27/08/2018, 18:07

"Quanto vale, di fronte alle leccornie e ai cibi di questo genere, accogliere la rappresentazione: «questo è il cadavere di un pesce, quest'altro il cadavere di un uccello o di un maiale», e, ancora, «il Falerno è il succo di un grappolo d'uva», e «il laticlavio sono peli di pecora intrisi del sangue di una conchiglia»; e, a proposito dell'unione sessuale: «è sfregamento di un viscere e secrezione di muco accompagnata da spasmo»!

Quanto valgono queste rappresentazioni che raggiungono le cose in sé e le penetrano totalmente, fino scorgere quale sia la loro vera natura. Così bisogna fare per tutta la vita, e, quando le cose ci si presentano troppo persuasive, bisogna denudarle e osservare a fondo la loro pochezza e sopprimere la ricerca per la quale acquisiscono tanta importanza.

Perché la vanità è una terribile dispensatrice di falsi ragionamenti, e ti lasci più incantare proprio quando più ti pare di impegnarti in cose di valore".

Marco Aurelio
Questo pensiero di Marco Aurelio, Conoscitore-filosofo che amo molto, risuona, al mio sentire con questo sūtra della Maitry unaniṣad che si trova citato a conclusione del Vivekacūdāmani, a corollario della sua essenza sapienziale.
L''edizione è quella dell'Aśram Vidya, nella traduzione dal sanscrito e commento di Raphael; dunque il sūtra si inferisce sia stato scelto da lui per la fine del libro.

"Bisogna invero con ogni sforzo purificare questo pensiero, il quale non è altro che il saṁsāra medesimo; si diventa ciò che si pensa, questo è l'eterno mistero"
(Maitry upaniṣad: VI, 34)

Marco Aurelio, dal mio punto di vista, marca la necessità di imparare a cogliere l'essenza grossolana degli oggetti che cadono sotto l'egida dei sensi, ad accogliere la rappresentazione del mondo manifesto, perchè questo procedimento di "spogliazione" del superfluo, permette, lui dice, di scorgere quale sia la vera natura degli oggetti e delle percezioni, penetrandole completamente nella loro essenza.

Gamberoni nel piatto non sono l'opera creativa di uno chef stellato pronta a finire nella nostra pancia, ma meri cadaveri di creature marine catturate e probabilmente lasciate morire asfissiate, sul ponte di un peschereccio.

Attraverso uno sguardo discriminante e distaccato dall'abitudine mentale che carica l'oggetto del principio del piacere, si raggiungono le cose in sé e si penetrano totalmente.

Si va ad annullare il principio del piacere e si osservano le cose da un'altra prospettiva che, dal mio punto di vista, è quella dello jnani che procede, attraverso il neti neti, alla riduzione di ogni esperienza all'essenza, al puro Essere che contempla sè stesso nel gioco della creazione.

Tutto è un lila, un gioco, una trottola che gira e poi si ferma, prima di ricevere nuovo impulso e ripartire: la ruota del samsara che gira e gira.

Un atomo di consapevolezza che vibra la propria nota, sperimentando sè stesso nel grande moto universale, conscio che l'universo che crea ha inizio e fluisce dal proprio moto pensativo, dal moto della particella che esce dalla propria orbita assiale, per vibrare nel mondo manifesto grazie all'impulso dato dalla Vita.

Dice Raphael:

Un diamante, un albero, un essere animale , ecc., sono delle armoniche le cui note fondamentali si trovano nell'increato ākāśa, ,
E se l'uomo comune è prigioniero del suono-oggetto, il Liberato non solo ne è libero, ma sa udire e contemplare la vita - armonia che si dispiega in ritmi prestabiliti di suoni. L'aria racchiusa in una brocca, in un vaso, ecc., è sempre identica a sè stessa

Importante, dice anche, è rimanere concentrati sulla propria rotazione assiale, senza generare più moto pensativo esteriorizzandosi (detto con parole mie, per quello che ho capito/intuito.)


Quando, mediante il discernimento, la coscienza comprende che ogni dato oggettivo rappresenta un semplice fenomeno e una continua trasformazione del suo potere proiettivo mayahico, si trova sulla via della rivelazione.

Quando, mediante la Conoscenza, l'autoconsapevolezza riconosce che l'essenza con cui ha costruito le forme, i dati, ecc., è identica alla sua stessa esistenza, la rivelazione emerge.

Quando la coscienza svela a se stessa che quell'essenza è una parte di sé o proiezione di sé, allora è di là dalla rivelazione e da ogni realizzazione.

Quando la coscienza si palesa quale Essere che determina se stesso in un moto rotatorio sul proprio asse, allora avviene l'identità con ciò che realmente essa è, e ogni azione pensante cessa, le forme e i nomi scompaiono e si dileguano come un miraggio nel deserto.
(Raphael, dal commento al sūtra 495)



I metodi di Marco Aurelio secondo me possono aiutare a penetrare completamente la mente di relazione, che cerca nutrimento e combustibile per tenere accesso il proprio rajaṣ, la spinta propulsiva donata dalla Vita che scorre nelle vene sottoforma di sangue. Prima o poi torneremo ad essere un cadavere da bruciare sulla pira.

L'invito è di liberarsi dal saṁsāra che sorge come un'onda dal pensiero, purificare la mente che crea la realtà, la "sua" realtà, la "sua" immagine del mondo e così il Paramātman le sfugge, perchè l'occhio non può rimirare sè stesso, nè, come si diceva, il anzatore danzare sulla propria testa.

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