Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
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Darshana - Riflessioni

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KaaRa
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Darshana - Riflessioni

Messaggio da KaaRa » 07/06/2018, 19:48

Se ci si ponesse dal Reale, non ci sarebbe alcun interlocutore, né alcun confronto, né alcuno che la speculi o concettualizzi o la conclami o la difenda. Ove ciò accada si è nella concettualizzazione.
"Sappiamo" (proprio grazie alle dottrine) che nel Reale ci siamo già. La frase citata (ma è secondo me "l'errore" della dottrina, o meglio la necessaria utopia della dottrina - tutte le dottrine devono averne) sta praticamente suggerendo al vaso di porsi nella creta. È un'assurdità. Il vaso è già creta (anche questo, in fondo, lo sappiamo dalla dottrina). Ci viene quindi detto (all'apice della dottrina) che dobbiamo avere un'intuizione superconscia, o roba del genere, per comprendere ciò. Ma essa sarebbe pur sempre un "dire", una forma, un concetto, un non-silenzio. Non importa quanto rarefatto e sottile sia, rispetto alle concettualizzazioni ordinarie (anche filosofiche e dottrinarie). Ogni realizzazione, anche la più universale, è pur sempre nome-forma. Il rimprovero di Premadharma è consapevole di ciò? Sa di parlare solo di una differenza quantitativa? (Tra il non-silenzio dei concetti ordinari e il non-silenzio del suo "porsi nel Reale".) Oppure crede, anche solo implicitamente e inconsapevolmente, che ad un certo punto possa esserci, assurdamente secondo me, un qualche "passaggio" dal regno dei concetti a quello dei non-concetti, cioè una qualche assoluta (!) dissoluzione dei concetti?

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Re: Darshana

Messaggio da latriplice » 07/06/2018, 23:25

Kaara ha scritto:

"....Oppure crede, anche solo implicitamente e inconsapevolmente, che ad un certo punto possa esserci, assurdamente secondo me, un qualche "passaggio" dal regno dei concetti a quello dei non-concetti, cioè una qualche assoluta (!) dissoluzione dei concetti?..."
Dalla prospettiva del vaso (jiva) c'è il vasaio (Ishvara) e la creta (Brahman). Quella del vaso, essendo un punto di vista associata e confinata ad una specifica forma e nome, specularmente pone in essere sia il vasaio, l'altro da sé, che la creta, l'origine al quale tendere e reintegrarsi.

L'immagine speculare di sé e non-sé, la dualità per intenderci (maya), sussiste solo in presenza della determinazione "vaso", non certo della creta. Solo il vaso si pone la questione di realizzare il proprio sostrato dal quale è emerso alimentando così, in virtù della propria determinazione, l'idea di una distanza da percorrere e colmare (sadhana).

La creta dal canto suo, non essendo determinazione e pertanto in assenza di termini di paragone, dalla sua prospettiva non-prospettiva non c'è la creta, né il vasaio, tanto meno il vaso. C'è solo il Se Stesso, il Tao, o Quello che inutilmente (per la mente identificata) il koan Zen tenta di indicare.

Ora potrai obiettare, usando le tue parole, che questa "intuizione superconscia" sia un "dire", una forma, un concetto, un non silenzio e non quella realizzazione non concettuale e a-formale a cui nel tuo intervento facevi riferimento.

E' vero.......dalla prospettiva del vaso.

2. Dove sono le Scritture, la conoscenza del Sé, la mente distaccata dagli oggetti dei sensi, l'appagamento e l'assenza di desideri, per me che sono privo del senso di dualità?

Astavakra Samhita, capitolo 20, Ubaldini Editore, Roma.

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Fedro
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Re: Darshana

Messaggio da Fedro » 08/06/2018, 9:42

Come identifichi il "me" nella traduzione del sutra che hai citato?

KaaRa
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Re: Darshana

Messaggio da KaaRa » 08/06/2018, 11:09

Ora potrai obiettare, usando le tue parole, che questa "intuizione superconscia" sia un "dire", una forma, un concetto, un non silenzio e non quella realizzazione non concettuale e a-formale a cui nel tuo intervento facevi riferimento.

E' vero.......dalla prospettiva del vaso.
Siamo d'accordissimo.
Siamo d'accordo anche sul fatto che, quindi, la prospettiva del vaso è inevitabile, irrisolvibile? La forma-vaso può solo diventare più "raffinata", tanto da esprimere in modo più radicale quello che, più grossolanamente, noi già sappiamo a parole: "c'è solo creta".
Questo non vuol dire che ci siano due realtà ("vaso" e "creta"); esiste solo la creta, e le sue forme sono non-duali rispetto ad essa. Ma ciò non significa che ad un certo punto "si risolvino". Non c'è nessuna sparizione dell'ignoranza. L'ignoranza-forma-vaso già non c'è, perché c'è solo la creta (cioè la forma è consustanziale alla creta). Nonostante ciò, qualunque realizzazione è nell'ambito della forma.
Se questo è chiaro, parole come quelle di Premadharma (che lui avesse chiaro tutto questo o meno) possono essere lette come una spinta a "raffinare", interiorizzare, sempre più, i concetti e le parole. Prendere alla lettera le sue parole invece significa (come spesso sento dire da molti aspiranti) rischiare di sviluppare quasi una avversione per le parole, e per i sistemi con cui esse si esprimono (ragionamenti, ecc.). Paradossalmente questo, spesso, non impedisce a molti di amare le dottrine piene di parole: "odiano" solo il ragionarci su. Come se uno shabda-yoga, una disciplina basata sul suono (quale può essere quello dell'ascolto delle dottrine) dovesse portare a denigrare uno jnana-yoga (che si basa più sul ragionamento, sul collegamento, sul "giocare", con le parole per lasciare che le idee/intuizioni che esse esprimono facciano capolino ogni tanto).

PS: guarda che caso. In questo momento c'è una televisione accesa che sta trasmettendo un vecchio film in cui l'apparizione di un santo, che ha appena dato consigli apparentemente molto profani ad una donna, consiglia a tale signora di andare via perché stanno arrivando altri santi, quelli fissati con il fatto che "la vita è solo di passaggio".
L'atteggiamento di questi ultimi, in effetti, che è molto religioso, si riflette nelle (o è il riflesso delle) dottrine più metafisiche, quando esse sembrano dimenticare che, nonostante la non-dualità sia la realtà, la manifestazione (un qualche tipo di manifestazione, non necessariamente nella modalità con cui si mostra attualmente, o con cui la viviamo attualmente: potrebbe essere anche il più alto samadhi, ricordandoci quindi che anch'esso è manifestazione)... è inevitabile.

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Re: Darshana

Messaggio da latriplice » 08/06/2018, 12:54

Fedro ha scritto:
08/06/2018, 9:42
Come identifichi il "me" nella traduzione del sutra che hai citato?
Io?

latriplice
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Re: Darshana

Messaggio da latriplice » 08/06/2018, 13:17

Kaara ha scritto:

"...Nonostante ciò, qualunque realizzazione è nell'ambito della forma..."

Per essere precisi, in maya. La realizzazione è un concetto che implica dualità, di un potenziale che si trasforma in effettività.

Prendi il Sé (satya) per esempio, essa implica il non-Sé (mithya). Quando sai che sei il Sé, per te non c'è più la distinzione tra satya e mithya ancora. Sono solo concetti/principi utilizzati per insegnarti che sei il Sé e possono essere scartati una volta che la conoscenza è inscuotibile (jnana). Mithya, la realtà apparente vaso-vasaio, "diventa" satya, il Sé-creta, perché era sempre stata satya comunque.

Vedi tutto come una unica esistenza, una diretta esperienza dell'esistenza come tua identità, il Sé, la visione non duale.

Quel tutto include l' intuizione superconscia in quanto dire, forma, concetto, e non silenzio.

Include anche le paranoie e le rotture di marroni che di tanto in tanto ti attraversano la mente.


2. Dove sono le Scritture, la conoscenza del Sé, la mente distaccata dagli oggetti dei sensi, l'appagamento e l'assenza di desideri, per me che sono privo del senso di dualità?

Astavakra Samhita, capitolo 20, Ubaldini Editore, Roma.

Mauro
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 08/06/2018, 21:19

@cielo

Ma perchè continui a gettare esche per pesci ingordi?

cielo
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da cielo » 09/06/2018, 10:40

Mauro ha scritto:
08/06/2018, 21:19
@cielo

Ma perchè continui a gettare esche per pesci ingordi?
Bella domanda, stamattina, durante la fase di start, ho mentalmente predisposto almeno cinque o sei possibili risposte, di conseguenza deduco che non so rispondere, quindi la miglior risposta è: "Non lo so".
Quel brano conteneva comunque il resocondo dell'incontro che Premadharma utilizzava per evidenziare che la meditazione non può essere utilizzata per sempre come un vessillo qualificante o una corazza per arginare l'onda della percezione deformante isolandosi dal mondo, se nel mondo bisogna stare.
E' utile a chi incarna uno stato di rinuncia, tutti gli altri, se c'è ancora da lavorare, è meglio che lo facciano, coniugando il dire e il fare giorno per giorno.

Tu piuttosto, ti domando, perchè vuoi che scenda nell'arena dei pandit che discutono dell'angolazione dalla quale guardare il capello?
Ma d'altra parte:
Quando c'è molto pesce, il pesce arriva all'amo del pescatore. Quando c'è poco pesce, il pescatore arriva al pesce con la rete.
Un tempo, di più discepoli erano pochi gli scritti, oggi gli scritti sono tanti.


Qui non c'è molto pesce, apparentemente, forse con il suo scritto Premadharma ne ha pescato qualcuno, io al massimo, se proprio vogliamo trovarmi un ruolo, ho aiutato nella pesca. Pesca con rete, direi.

Gli scritti degli aspiranti conoscitori qui non sono molti, ognuno esprime al meglio ciò che ha compreso o crede di aver compreso.
Io non ho granchè da dire su quel brano. Estrapolandone solo una frase ricamandoci sopra, porta secondo me a girare un po' in tondo.
Come il cane che si morde la coda, è un gioco, anche se a volte il cane si arrabbia con la sua stessa coda, o litiga con l'osso.

Ma d'altra parte è Pd stesso a evidenziare che con le disquisizioni filosofiche non si dimostra l'indimostrabile.
Trattiamo una "materia" che richiede di essere realizzata, non esposta con le parole, anche perchè sappiamo che la Testimonianza deve essere per forza veicolata con il linguaggio, ma richiede una comprensione intuitiva, di "cuore".
E quella c'è o non c'è.

ortica
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da ortica » 09/06/2018, 10:53

Mauro ha scritto:
08/06/2018, 21:19
@cielo

Ma perchè continui a gettare esche per pesci ingordi?
Il pescatore getta l'amo, all'amo è attaccata l'esca.
Se il pesce arriverà, mangerà l'esca e rimarrà attaccato all'amo.
Che importa al pescatore dell'ingordigia del pesce?

Diceva, il pescatore, che di questi tempi si preferiscono le reti.

KaaRa
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da KaaRa » 09/06/2018, 11:28

latriplice ha scritto:
08/06/2018, 13:17
Kaara ha scritto:

"...Nonostante ciò, qualunque realizzazione è nell'ambito della forma..."

Per essere precisi, in maya. [...]
Mithya, la realtà apparente vaso-vasaio, "diventa" satya, il Sé-creta, perché era sempre stata satya comunque. [...]
Sì, è maya, e maya è immortale. Quindi quel "diventa" non smette mai di apparire. Al massimo a volte è un apparire più "subliminale", o comunque possiamo renderlo più tale.

cielo ha scritto:
09/06/2018, 10:40
Mauro ha scritto:
08/06/2018, 21:19
@cielo

Ma perchè continui a gettare esche per pesci ingordi?
[...]"Non lo so".[...]
Perché? Non lo sappiamo? Dovrebbe essere chiaro non tanto da quello che dicevo, ma da anni di forum: essendo tutto (anche l'ascesi metafisica) solo "chiacchiera concettuale", ed essendo essa immortale (per quanto sia apparenza rispetto all'eternità senza tempo della realtà "sotto" l'apparenza), non possiamo smettere di essere ingordi e quindi, prima o poi, di pescare. Se smettiamo di farlo qui, ci aspettano i pesci-chiacchiere dei ritiri ascetici, che, come dicevo, sono altrettante chiacchiere, solo più "sussurrate" (e, se fossimo stacanovisti di tali attività, saremmo qui a scrivere?) o i pesci-chiacchiere del calcio-politica-svago (in cui è compreso il languire del forum quando è usato solo per riportare citazioni, di cui di recente vedo c'è stata lamentela). Se vanno bene loro, a maggior ragione vanno bene i discorsi "da pandit" qui dentro. Non c'è comunque alternativa "ai discorsi". Al massimo (e non è poco) possiamo cercare di avere presente il più possibile in profondità (per quanto anch'esso sia solo un altro svago-chiacchiera-pesce, per quanto più utile di altro) che, appunto, non è un problema che le cose siano fondamentalmente così, essendo già tutto solo un'apparenza (in senso letterale) di un'unica realtà (e questa, almeno come chiacchiera grossolana, lo sappiamo fin troppo bene se siamo a scrivere qui...). Ma vedo che invece:
Trattiamo una "materia" che richiede di essere realizzata, non esposta con le parole,

E' questo che dicevo: non è possibile. Non possiamo realizzare tale "materia". Se lo siamo già, lo siamo già. L'unica cosa che possiamo FARE (a differenza di quello che dice Premadharma, ed è qui che lo "rimprovero", anche se in realtà per me tutto questo è utile) è esporla a parole, tale "materia", tale Realtà che già siamo. Da questo punto di vista non importa se esse sono parole "sussurrate" (come può essere ad esempio il caso di un forte equilibrio mentale-coscienziale, come magari è il caso di Premadharma, equilibrio che a volte porta ad avere anche un conseguente influsso carismatico: equilibrio in cui si può CREDERE che ci sia maggiore vicinanza alla Realtà rispetto ad altri punti di vista), "chiacchierate" (in senso letterale, come faccio io qui) o "urlate" (come può esserlo il fare una passeggiata, in cui si può CREDERE di essere meno vicini alla Realtà - a meno che non sia una passeggiata zen... 8-) ).

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 09/06/2018, 11:56

A parole esprimo solo concetti: che centrano con (la Realtà di) ciò che sei?
No, non puoi proprio fare nulla, prendiamone atto.
Scremando tutta questa attività mentale, lasciandola andare, man mano, potrebbe rimanere altra "sostanza" che non ha comunque voce.

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da ortica » 09/06/2018, 12:03

KaaRa ha scritto:
09/06/2018, 11:28
latriplice ha scritto:
08/06/2018, 13:17
Kaara ha scritto:

"...Nonostante ciò, qualunque realizzazione è nell'ambito della forma..."

Per essere precisi, in maya. [...]
Mithya, la realtà apparente vaso-vasaio, "diventa" satya, il Sé-creta, perché era sempre stata satya comunque. [...]
Sì, è maya, e maya è immortale. Quindi quel "diventa" non smette mai di apparire. Al massimo a volte è un apparire più "subliminale", o comunque possiamo renderlo più tale.

cielo ha scritto:
09/06/2018, 10:40
Mauro ha scritto:
08/06/2018, 21:19
@cielo

Ma perchè continui a gettare esche per pesci ingordi?
[...]"Non lo so".[...]
Perché? Non lo sappiamo? Dovrebbe essere chiaro non tanto da quello che dicevo, ma da anni di forum: essendo tutto (anche l'ascesi metafisica) solo "chiacchiera concettuale", ed essendo essa immortale (per quanto sia apparenza rispetto all'eternità senza tempo della realtà "sotto" l'apparenza), non possiamo smettere di essere ingordi e quindi, prima o poi, di pescare. Se smettiamo di farlo qui, ci aspettano i pesci-chiacchiere dei ritiri ascetici, che, come dicevo, sono altrettante chiacchiere, solo più "sussurrate" (e, se fossimo stacanovisti di tali attività, saremmo qui a scrivere?) o i pesci-chiacchiere del calcio-politica-svago (in cui è compreso il languire del forum quando è usato solo per riportare citazioni, di cui di recente vedo c'è stata lamentela). Se vanno bene loro, a maggior ragione vanno bene i discorsi "da pandit" qui dentro. Non c'è comunque alternativa "ai discorsi". Al massimo (e non è poco) possiamo cercare di avere presente il più possibile in profondità (per quanto anch'esso sia solo un altro svago-chiacchiera-pesce, per quanto più utile di altro) che, appunto, non è un problema che le cose siano fondamentalmente così, essendo già tutto solo un'apparenza (in senso letterale) di un'unica realtà (e questa, almeno come chiacchiera grossolana, lo sappiamo fin troppo bene se siamo a scrivere qui...). Ma vedo che invece:
Trattiamo una "materia" che richiede di essere realizzata, non esposta con le parole,

E' questo che dicevo: non è possibile. Non possiamo realizzare tale "materia". Se lo siamo già, lo siamo già. L'unica cosa che possiamo FARE (a differenza di quello che dice Premadharma, ed è qui che lo "rimprovero", anche se in realtà per me tutto questo è utile) è esporla a parole, tale "materia", tale Realtà che già siamo. Da questo punto di vista non importa se esse sono parole "sussurrate" (come può essere ad esempio il caso di un forte equilibrio mentale-coscienziale, come magari è il caso di Premadharma, equilibrio che a volte porta ad avere anche un conseguente influsso carismatico: equilibrio in cui si può CREDERE che ci sia maggiore vicinanza alla Realtà rispetto ad altri punti di vista), "chiacchierate" (in senso letterale, come faccio io qui) o "urlate" (come può esserlo il fare una passeggiata, in cui si può CREDERE di essere meno vicini alla Realtà - a meno che non sia una passeggiata zen... 8-) ).

Osservo come la tua mente, e la mia, siano sempre in movimento, flussi di onde nel mare.
C'è una differenza però, io non ripongo alcuna certezza nel mio processo pensativo, per questo lo tengo per me e prediligo il silenzio esteriore.
Tu si, tu parli.
Ogni tua parola è una pietra pesante di certezze.
Ovviamente è più lieve dissolvere una nuvola che sgretolare una pietra.
Sebbene anche la pietra, al momento giusto, si sgretolerà.
Nè un attimo prima nè un attimo dopo.

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da KaaRa » 09/06/2018, 12:13

Fedro ha scritto:
09/06/2018, 11:56
A parole esprimo solo concetti: che centrano con (la Realtà di) ciò che sei?
No, non puoi proprio fare nulla, prendiamone atto.
Scremando tutta questa attività mentale, lasciandola andare, man mano, potrebbe rimanere altra "sostanza" che non ha comunque voce.
Io la vedo esattamente al contrario in tutti e due i punti che hai esposto: chiedi cosa c'entrano i concetti con la Realtà che sono: sono un'unica cosa, anche se ciò non significa che la Realtà è un concetto.
E dici che è possibile scremare l'attività mentale in modo che resti l'assoluto silenzio: esso non emergerà mai. E' già qui come sottofondo, e l'attività mentale possiamo solo aumentarla o abbassarla di volume, senza mai poterla spegnere. Al massimo possiamo modularla per ricordarci: "essa è già il silenzio".
ortica ha scritto:Osservo come la tua mente, e la mia, siano sempre in movimento, flussi di onde nel mare.
C'è una differenza però, io non ripongo alcuna certezza nel mio processo pensativo.
Tu si.
Ogni tua parola è una pietra pesante di certezze.
Ma questo non aiuta, perchè è più facile dissolvere una nuvola che sgretolare una pietra.
Sebbene anche la pietra, al momento giusto, si sgretolerà.
Nè un attimo prima nè un attimo dopo.
La mia non è certezza nelle "parole" (forme, manifestazioni), è solo che, secondo me, esse (indipendentemente dal "volume" che hanno o avranno) sono inevitabili. La Realtà è comunque la loro "sostanza", ma sperare che essa emerga spegnendo-rompendo le pietre-parole, è per me una utopia. Possiamo solo usare le "parole" (soprattutto quelle più sussurrate e quindi penetranti ed essenziali) per affermare-fissare ciò il più possibile.

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 09/06/2018, 12:43

KaaRa ha scritto:
09/06/2018, 12:13
Fedro ha scritto:
09/06/2018, 11:56
A parole esprimo solo concetti: che centrano con (la Realtà di) ciò che sei?
No, non puoi proprio fare nulla, prendiamone atto.
Scremando tutta questa attività mentale, lasciandola andare, man mano, potrebbe rimanere altra "sostanza" che non ha comunque voce.
Io la vedo esattamente al contrario in tutti e due i punti che hai esposto: chiedi cosa c'entrano i concetti con la Realtà che sono: sono un'unica cosa, anche se ciò non significa che la Realtà è un concetto.
E dici che è possibile scremare l'attività mentale in modo che resti l'assoluto silenzio: esso non emergerà mai. E' già qui come sottofondo, e l'attività mentale possiamo solo aumentarla o abbassarla di volume, senza mai poterla spegnere. Al massimo possiamo modularla per ricordarci: "essa è già il silenzio".
Posso chiederti da cosa deriva il tuo punto di vista?
È una convinzione consolidata dalla tua esperienza, oppure una semplice tua opinione?

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da KaaRa » 09/06/2018, 17:22

Fedro ha scritto: Posso chiederti da cosa deriva il tuo punto di vista?
È una convinzione consolidata dalla tua esperienza, oppure una semplice tua opinione?
Entrambe. Voglio dire: capisco (e condivido) la necessità di distinguere tra opinioni ordinarie e realizzazioni più profonde; ma, da quel che ho compreso, portare all'estremo una distinzione del genere rischia di separare troppo (uso il sanscrito per avere un riferimento qui ben compreso da tutti) il nama dal rupa. Ed è appunto la mia "tesi" di tutti questi post: tutti i rupa che ci appaiono, dall'esperienza più sublime a quella più terrena, possono essere visti sempre e solo come "nama" diversi, distinti tra loro solo nell'intensità e nella modulazione con cui vengono "ascoltati" o "pronunciati".

Quindi un'elaborazione mentale può essere vista come esperienza, al pari di un samadhi o di una corsa in campagna, soprattutto se non è fatta solo per godere dei suoi virtuosismi ma è fatta principalmente per rispondere a certe domande "innate", e allo stesso tempo anche per dare forma a certe risposte che, anche se si affacciano alla coscienza in virtù di qualche grazia superiore, lasciate nella loro forma grezza rischiano di essere comprese solo sul piano emotivo e sentimentale (che nel mio caso è un piano fin troppo iperstimolato già per conto suo), e soprattutto, in mancanza di "capacità superiori" di comunicazione (o per lo meno in mancanza di grandi capacità di comunicazione artistica, nel caso che tali intuizioni fossero state appunto ben recepite almeno sul piano emotivo), rischierebbero di restare quasi incomunicabili.

Certo, c'è la difficoltà di seguire un ragionamento scritto (neanche tanto bene, considerando anche il tramite: un cellulare...), ma qui dentro siete talmente esperti nella dottrina, che può non essere difficile intuire quello che dico: se siamo già la Realtà, non c'è NESSUNA possibilità di realizzarla (non ci possiamo "portare dal punto di vista della Realtà", come invece dice Premadharma, neanche tramite risvegli, samadhi o realizzazioni: perché ci siamo già in quel punto di vista, sempre); l'unica cosa che possiamo fare è solo esprimere tale Realtà con QUALUNQUE forma appaia (e quindi anche con qualunque idea); poco importa (se non per la maggiore o minore sofferenza che può comportare) se tale forma-idea è più o meno equilibrata, sottile, universale, ecc. Ricordando che non è possibile raggiungere la perfezione estrema in tali caratteristiche, ma solo una tendenza verso esse, perché una forma-idea non sarà mai perfetta. Non può quindi essere perfetta neanche la cognizione che tanto cerchiamo: quella che ci farà ricordare spontaneamente che la perfezione è già quello che siamo come "sostanza", anche se niente di quello che ci appare come forma potrà esprimere pienamente ciò, (quindi neanche tale cognizione potrà farlo...)

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 09/06/2018, 18:33

KaaRa ha scritto:
09/06/2018, 17:22


Quindi un'elaborazione mentale può essere vista come esperienza, al pari di un samadhi o di una corsa in campagna,
non la vedo per niente così.
Un'elaborazione mentale (anche sulla più alta delle dottrine), è pur sempre e solo un'elaborazione mentale, per quanto profonda possa sembrarci.
Se sto passeggiando in campagna, invece, posso percepire una forma di realtà che può radicarmi, riportarmi alla presenza di ciò che percepisco come reale, tramite i sensi (per quanto illusori essi siano): un uccellino che cinguetta, il profumo di un fiore, sfiorare un soffice prato..
Da qui, poi, posso affondare nel silenzio di ciò che sono oltre ogni percezione sensibile ecc.(samadhi)
A tal proposito,mi vengono in mente le parole di Adyashanti, che esprimono in modo più compiuto, ciò che sto cercando di dire:

"C'è più realtà e sacralità in un filo d'erba, che in tutti i nostri pensieri e idee sulla realtà.
Sta dentro la tazza del tuo te', nella brezza che discende, spazzolando i denti, in ogni momento del vivere e morire.
Abbandona quindi il tuo pensiero condizionato, e lasciati guidare dal filo interiore del silenzio e della consapevolezza. oltre ogni percorso, in quel luogo sacro ove affondi.
"

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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da KaaRa » 09/06/2018, 21:13

Fedro ha scritto:
09/06/2018, 18:33
KaaRa ha scritto:
09/06/2018, 17:22


Quindi un'elaborazione mentale può essere vista come esperienza, al pari di un samadhi o di una corsa in campagna,
non la vedo per niente così.
Un'elaborazione mentale (anche sulla più alta delle dottrine), è pur sempre e solo un'elaborazione mentale, per quanto profonda possa sembrarci.
Se sto passeggiando in campagna, invece, posso percepire una forma di realtà che può radicarmi, riportarmi alla presenza di ciò che percepisco come reale, tramite i sensi (per quanto illusori essi siano): un uccellino che cinguetta, il profumo di un fiore, sfiorare un soffice prato..
Da qui, poi, posso affondare nel silenzio di ciò che sono oltre ogni percezione sensibile ecc.(samadhi)
A tal proposito,mi vengono in mente le parole di Adyashanti, che esprimono in modo più compiuto, ciò che sto cercando di dire:

"C'è più realtà e sacralità in un filo d'erba, che in tutti i nostri pensieri e idee sulla realtà.
Sta dentro la tazza del tuo te', nella brezza che discende, spazzolando i denti, in ogni momento del vivere e morire.
Abbandona quindi il tuo pensiero condizionato, e lasciati guidare dal filo interiore del silenzio e della consapevolezza. oltre ogni percorso, in quel luogo sacro ove affondi.
"

Se posso "affondare nel silenzio" tramite i cinque sensi, perché non potrei farlo tramite il sesto, la mente? È una discriminazione basata sul gusto e l'attitudine personale. Infatti la mia esperienza la smentisce, visto che personalmente affondo nel "silenzio" a volte più facilmente dopo un esercizio dialettico basato su collegamenti concettuali e ragionamenti complessi, che con una passeggiata in un bosco (che di certo però non è da meno, anzi sono molto affine ad esse, anche per tali "scopi spirituali"). Tra l'altro questo è il posto giusto, perché Shankara è il re del ragionamento complesso e cavilloso, e anche Premadharma a volte non scherza (questo ovviamente non mi pone sul loro piano qualitativo, anche solo perché loro si sono posti come insegnanti, mentre per me questi dialoghi sono più proficui come allievo). Questa del "ragionare come mezzo" è una posizione che devo "difendere" spesso, viene voglia di creare il partito per le pari opportunità dei Poveri Spirituali Razionali, vista la denigrazione fatta dai militanti nei partiti dei Passeggiatori Riflessivi, dei Lettori di Aforismi Sintetici, dei Meditanti Laici, ecc.
Ma, anche al di là degli scherzi, questo è poco importante, perché il discorso che facevo è più radicale, rispetto a queste distinzioni.

Queste differenze sono legittime, le condivido (anche se magari non le discrimino nella loro potenziale efficacia), ma io, oltre a far notare che esse riguardano solo le metodiche di approfondimento spirituale, il che le pone come elementi relativi, sto ponendo come relativo anche quel silenzio in cui ogni tanto sprofondiamo (magari Ramana, Nisargadatta e Shankara più profondamente, più facilmente e più a lungo di me), perché il vero silenzio è "semplicemente" la sostanza di tutti i rumori, sia di quelli sensoriali (più adatti a te) e dialettici (più in sintonia con me), sia di quelli molto lievi (per qualcuno molto, molto lievi) in cui a volte possiamo sprofondare tutti (soprattutto le tre grandi personalità citate sopra). Tanto lievi che (a confronto con gli altri rumori) possono essere etichettati come silenzio. Ma non lo sono. C'è un unico silenzio, esso è la stoffa di tutti i rumori e quindi è sempre esperito, ma MAI tramite l'assenza degli altri rumori. Da questo punto di vista non importa il volume di tali altri rumori: il più sonoro non può soffocare il vero silenzio, e il più lieve non può esprimere tale silenzio più di quanto facciano quelli assordanti.

Se tutto questo ti sembra "solo discorsi" ti posso raccontare (anche se è "solo un altro discorso") cosa può comportare approfondire questa intuizione/logica: si smette sempre più di aspettare realizzazioni che scendono dall'alto, o, viceversa (ma sostanzialmente è lo stesso), di tentare di arrampicarsi verso vette sempre poste "oltre"; si comprende che ogni realizzazione, anche spirituale, non è sostanzialmente diversa da una acquisizione, e quindi, anche se in se stessa non è l'apice assoluto (infatti niente è l'assoluto, in tutti i sensi in cui si può intendere ciò), è comunque ottenibile, basta trovare il metodo giusto. E (sorpresa) è proprio a questo punto che metodi e conseguenti realizzazioni a volte fanno capolino, più facilmente di quando si credeva che con esse avremmo attinto l'assoluto. "Scopri la verità, e il resto ti sarà dato in sovrappiú", dicono; ma è meglio di cosi: la verità non devi (non puoi!) scoprirla (non è per niente coperta, quindi non può neanche apparire); più profondamente lo ricorderai (per quanto fare ciò sia pur sempre relativo) più facilmente otterrai il resto (che è altrettanto relativo: ma il relativo non può non apparire, è la sua natura apparire - ed è solo la sua).

Mauro
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da Mauro » 09/06/2018, 21:40

@cielo
so che le tue intenzioni erano tutt' altre rispetto la solita piega disquisitoria che ha preso piede a partire dal tuo post iniziale, ma utilizzando la metafora del pesce, direi che in questo forum i pesci sono forse pochi, ma davvero affamati, e pronti ad avventarsi su qualunque esca venga loro offerta...
Chissà, forse è un bene... :?

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Fedro
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da Fedro » 09/06/2018, 22:21

KaaRa ha scritto:
09/06/2018, 21:13
Fedro ha scritto:
09/06/2018, 18:33
KaaRa ha scritto:
09/06/2018, 17:22


Quindi un'elaborazione mentale può essere vista come esperienza, al pari di un samadhi o di una corsa in campagna,
non la vedo per niente così.
Un'elaborazione mentale (anche sulla più alta delle dottrine), è pur sempre e solo un'elaborazione mentale, per quanto profonda possa sembrarci.
Se sto passeggiando in campagna, invece, posso percepire una forma di realtà che può radicarmi, riportarmi alla presenza di ciò che percepisco come reale, tramite i sensi (per quanto illusori essi siano): un uccellino che cinguetta, il profumo di un fiore, sfiorare un soffice prato..
Da qui, poi, posso affondare nel silenzio di ciò che sono oltre ogni percezione sensibile ecc.(samadhi)
A tal proposito,mi vengono in mente le parole di Adyashanti, che esprimono in modo più compiuto, ciò che sto cercando di dire:

"C'è più realtà e sacralità in un filo d'erba, che in tutti i nostri pensieri e idee sulla realtà.
Sta dentro la tazza del tuo te', nella brezza che discende, spazzolando i denti, in ogni momento del vivere e morire.
Abbandona quindi il tuo pensiero condizionato, e lasciati guidare dal filo interiore del silenzio e della consapevolezza. oltre ogni percorso, in quel luogo sacro ove affondi.
"

Se posso "affondare nel silenzio" tramite i cinque sensi, perché non potrei farlo tramite il sesto, la mente? È una discriminazione basata sul gusto e l'attitudine personale. Infatti la mia esperienza la smentisce, visto che personalmente affondo nel "silenzio" a volte più facilmente dopo un esercizio dialettico basato su collegamenti concettuali e ragionamenti complessi, che con una passeggiata in un bosco (che di certo però non è da meno, anzi sono molto affine ad esse, anche per tali "scopi spirituali"). Tra l'altro questo è il posto giusto, perché Shankara è il re del ragionamento complesso e cavilloso, e anche Premadharma a volte non scherza (questo ovviamente non mi pone sul loro piano qualitativo, anche solo perché loro si sono posti come insegnanti, mentre per me questi dialoghi sono più proficui come allievo). Questa del "ragionare come mezzo" è una posizione che devo "difendere" spesso, viene voglia di creare il partito per le pari opportunità dei Poveri Spirituali Razionali, vista la denigrazione fatta dai militanti nei partiti dei Passeggiatori Riflessivi, dei Lettori di Aforismi Sintetici, dei Meditanti Laici, ecc.
Ma, anche al di là degli scherzi, questo è poco importante, perché il discorso che facevo è più radicale, rispetto a queste distinzioni.

Queste differenze sono legittime, le condivido (anche se magari non le discrimino nella loro potenziale efficacia), ma io, oltre a far notare che esse riguardano solo le metodiche di approfondimento spirituale, il che le pone come elementi relativi, sto ponendo come relativo anche quel silenzio in cui ogni tanto sprofondiamo (magari Ramana, Nisargadatta e Shankara più profondamente, più facilmente e più a lungo di me), perché il vero silenzio è "semplicemente" la sostanza di tutti i rumori, sia di quelli sensoriali (più adatti a te) e dialettici (più in sintonia con me), sia di quelli molto lievi (per qualcuno molto, molto lievi) in cui a volte possiamo sprofondare tutti (soprattutto le tre grandi personalità citate sopra). Tanto lievi che (a confronto con gli altri rumori) possono essere etichettati come silenzio. Ma non lo sono. C'è un unico silenzio, esso è la stoffa di tutti i rumori e quindi è sempre esperito, ma MAI tramite l'assenza degli altri rumori. Da questo punto di vista non importa il volume di tali altri rumori: il più sonoro non può soffocare il vero silenzio, e il più lieve non può esprimere tale silenzio più di quanto facciano quelli assordanti.

Se tutto questo ti sembra "solo discorsi" ti posso raccontare (anche se è "solo un altro discorso") cosa può comportare approfondire questa intuizione/logica: si smette sempre più di aspettare realizzazioni che scendono dall'alto, o, viceversa (ma sostanzialmente è lo stesso), di tentare di arrampicarsi verso vette sempre poste "oltre"; si comprende che ogni realizzazione, anche spirituale, non è sostanzialmente diversa da una acquisizione, e quindi, anche se in se stessa non è l'apice assoluto (infatti niente è l'assoluto, in tutti i sensi in cui si può intendere ciò), è comunque ottenibile, basta trovare il metodo giusto. E (sorpresa) è proprio a questo punto che metodi e conseguenti realizzazioni a volte fanno capolino, più facilmente di quando si credeva che con esse avremmo attinto l'assoluto. "Scopri la verità, e il resto ti sarà dato in sovrappiú", dicono; ma è meglio di cosi: la verità non devi (non puoi!) scoprirla (non è per niente coperta, quindi non può neanche apparire); più profondamente lo ricorderai (per quanto fare ciò sia pur sempre relativo) più facilmente otterrai il resto (che è altrettanto relativo: ma il relativo non può non apparire, è la sua natura apparire - ed è solo la sua).
Mi spiace, mi pare ci sia confusione tra discriminazione, che è semplicemente una analisi che serve proprio a discriminare, ciò che è reale da ciò che non lo è, e il ragionamento cavilloso e concettuale (il tuo)
Se invece , trovi che questo processo (uso strumentale e retto della mente) è lo stesso che usi tu, tanto da vedere invece in Shankara e PD un uso complesso e cavilloso del ragionamento... allora evviva il mondo capovolto che ciascuno si crea, forse per renderselo più accettabile ...

KaaRa
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Re: Darshana - Riflessioni

Messaggio da KaaRa » 10/06/2018, 10:34

Premetto, ripetendolo, che non è questo l'argomento più importante, non posso che notare che Shankara analizza parola per parola, anche grammaticalmente, i testi vedantici, usando complessi collegamenti logici e razionali (al di là che non si tratti del tipo di collegamenti che userebbero le forme di logica e di ragionamento spesso usate in occidente). Sto leggendo i primi capitoli del Brahmasutra commentato da Shankara, ed è di una verbosità immensa (non che io consideri questo un male, né sto paragonando la capacità di Shankara con me: paragono solo la non sinteticità e la non linearità dei ragionamenti). A differenzia di me, ci sono stati persino dei saggi che si lamentavano della complessità di Shankara (esempio: Airobindo). Quindi, quella che per alcuni è la normalità, per altri è una distorsione, ma ciò rientra nelle preferenze personali, e tali dovrebbero rimanere (il fatto che io consideri relative sia le idee universali, sia le opinioni individuali, non significa che siano formalmente la stessa cosa). Ma anche tralasciando ciò, nell'ultimo intervento ho riportato soprattutto una (qui tanto richiesta) testimonianza di esperienza, che può essere sintetizzata così (anche se le sintesi stringate non sono adatte a me sui forum, ma solo in altri contesti): la realtà non puoi scoprirla, non puoi sperimentarla, non più di quanto già lo si faccia con una qualunque esperienza, e quindi anche cambiare tipo di esperienza non ti farà avvicinare di più alla realtà. Né passando dai ragionamenti ai cinque sensi, nè passando dai cinque sensi al samadhi, nè altro (per quanto, relativamente e formalmente, uno sia migliore e più comprensivo dell'altro). Anche usare l'espressione "la Realtà non si può sperimentare, si può solo Realizzare" non va intesa come un qualcosa che si deve fare perché ora non lo si sta facendo, ma va intesa come già in atto. E tale intesa sarà sempre relativa (non importa se avviene grazie ad un'esatasi interiore invece che con una semplice lettura): la realtà, e il tuo "rapporto" con essa (tra virgolette perché non c'è nessun rapporto tra te e la realtà, siete già la stessa cosa), saranno sempre intoccati dalla modalità con cui sperimenti o non sperimenti qualcosa, fosse anche il silenzio più profondo mai provato.

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