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Darshana

La via della conoscenza: la discriminazione della realtà di ogni contenuto o inferenza, nel distacco della presenza.
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cielo
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Darshana

Messaggio da cielo » 02/06/2018, 23:38

A seguire un estratto di un 3d aperto da Premadharma nei primi anni di vita del forum vedanta & c.o. nel forum Jnana yoga con il titolo "Darshana". In preparazione un quaderno sul tema.


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Talvolta è difficile comprendere che se si aderisce ad un punto di vista, esso va mantenuto all'interno di un determinato ambito. Altresì se si vede che il punto di vista non viene mantenuto, questo significa che quella posizione non è stabile o la mente l'ha concettualizzata.

Questo avviene spesso quando si usano le inferenze in luogo delle esperienze.

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Se si raccoglie un dire per inferirlo, si è nel punto di vista del dire, non del suo contenuto. Se diciamo della realtà, il punto di vista del dire e del raccogliere non è quello della Realtà, perché qui nel dire e nel suo raccogliere non può esistere alcuna realtà da esser detta o raccolta.

Se ci si ponesse dal Reale, non ci sarebbe alcun interlocutore, né alcun confronto, né alcuno che la speculi o concettualizzi o la conclami o la difenda. Ove ciò accada si è nella concettualizzazione.

Qualsiasi dire che non sia presente è concettualizzazione, tranne il silenzio, ma questi necessita di orecchie di silenzio, ed essendo queste rare, ecco che a chi non conosce il silenzio è opportuno parlare, indicando le vie per il silenzio, esse son fatte di poche credenze e tanto praticare o osservare.

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Un tempo certi darhsana forse non erano accessibili ai più, quando erano una tradizione orale di Maestro in discepolo. Poi, una volta trascritti, erano disponibili dopo grandi tapas [austerità]; oggi, pur disponibili in libreria, vi ha accesso solo chi è determinato al sacrificio trascendente dell'egoità.

Quando c'è abbondanza di pesce, il pescatore usa l'amo.

Quando c'è penuria di pesce, il pescatore usa la rete.

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Quando c'è molto pesce, il pesce arriva all'amo del pescatore. Quando c'è poco pesce, il pescatore arriva al pesce con la rete.
Un tempo, di più discepoli erano pochi gli scritti, oggi gli scritti sono tanti.

L'ego è sempre presente, altrimenti nulla sosterrebbe l'azione di ascesi. Quando l'ascesi sarà compiuta, non ci sarà più ego. Quando non ci sarà più ego, non ci sarà più ego. E quando non ci sarà più ego, ci sarà ego apparente, come una fune bruciata esso non potrà più legare, e sarà funzionale al dharma di quell'essere senza ego.

Non possiamo mangiare per saziare la fame altrui, né bere per estinguere l'altrui sete.

Il nostro cibo e la nostra acqua non servono agli altri se non li possono mangiare.

Se non si hanno i denti, il pane secco non è direttamente e subitaneamente commestibile. Necessita un ammorbidimento con saliva, acqua, latte, etc.

Coloro che "comprendono" certi insegnamenti non possono pretendere che tutti ne abbiano la medesima comprensione, né possono negare (la maggior parte di costoro) che quella comprensione non è stata tale dal primo giorno di vita, ma che c'è stato un percorso (anche semplicemente temporale) di maturazione, affinché la comprensione si presentasse.

La non dualità può apparire sublime e semplice agli occhi pronti per avvicinarla, ma folle e delirante con chi ha occhi che ancora si identificano con il proprio corpo, sentimento, pensiero. Né tutti gli scossoni del mondo renderanno pronti a vivere la non dualità un momento prima di quando sarà. Ben prima di arrivare a scuotere, occorre però chiedersi in base a quale diritto sorge l'istanza di scuotere.

Normalmente il proselitismo è parte dell'ignoranza e troppo spesso, l'informare diviene proselitismo.


Intervento di un aspirante:
A proposito di identificazione e non. Mi pare che un’inconfondibile leggerezza accompagni con disincanto certa disidentificazione.


Se si è nel mondo c'è un karma. Se rimane solo il prarabdhakarma [il karma maturato, il risultato o l'effetto delle azioni passate giunto ormai a maturazione che è pertanto impossibile da neutralizzare] , allora a maggior ragione c'è un dharma. Lasciamo che siano i jivanmukhta a parlare di leggerezza, lila e soavità varie. Altrimenti la mente sarà pronta a farne vessillo e poi indossarle come corazza.

Un aspirante discepolo in visita ad uno Shankara Math chiese a chi lo stava guidando al suo interno.

D. Dove è la sala di meditazione?

R. Qui non c'è nessuna sala di meditazione.

D. Allora dove meditate?

R. Qui non si medita, si lavora... sono gli Shankaracarya che meditano.

Certe affermazioni sono vere quando espresse dalla fonte qualificata al qualificato ricevitore. Se parli di leggerezza a chi scrive egli dirà: "Non è vero, sono un portatore di acqua, non c'è spazio per la leggerezza oggi. Quando arriverà il suo momento la vivrò con gioia."

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