Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

E' solo un'occhiata

La via della conoscenza: la discriminazione della realtà di ogni contenuto o inferenza, nel distacco della presenza.
cielo
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da cielo » 24/01/2017, 21:08

latriplice ha scritto:
24/01/2017, 17:13
Cielo ha scritto:

C'è una difficoltà di fondo. Ognuno di noi, qui, corre il rischio di esporre (didatticamente o meno) una visione, inevitabilmente la propria, e farsi prendere la mano dal desiderio (virtuoso?) di esprimerla per condividerla con gli altri, ma correndo l'altrettanto inevitabile rischio di contrapporsi a qualcun'altro altrettanto convinto ed entusiasta della propria.
Oppure di usufruire di un forum per esprimere in santa pace le proprie monografie metafisiche, mini trattatelli filosofici, ad esempio sui grandi detti (mahavakya) vedici, condendo eccessivamente di spezie un piatto all'origine servito semplice semplice.
Mi viene in mente la mandukya upanishad, di come ho sempre accuratamente saltato (o quasi) le parti in cui Shankara ribatte ai pandit e alle loro elucubrazioni presunte metafisiche, ma volte a costruire una visione accettabile mentalmente. Nessuna speculazione porta all'Essere che è e non diviene. Ciò che diviene è la mente.


Sarà pure un mini trattatello filosofico, ma ti ha dato lo spunto di esporre la tua personale visione che sebbene limitata alla pura testimonianza evita il giudizio, che pur sorge.

Nel frontespizio del forum c'è scritto:

Questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.


se avessi letto, sì.
Per fortuna la visione è di Shankara, mai dei suoi interpreti.

KaaRa
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 25/01/2017, 11:02

FEDRO:
Cosa tu abbia "compreso" è affar tuo, a me interessava semplicemente comprendere cosa tu stessi affermando, senza creare ultereriori mistificazioni che possano proporre le parole stesse, tutto qui.
non ti stavo nemmeno proponendo di svegliarti, poichè neanche questo è affar mio, ci mancherebbe.
Mi sono semplicemente fermato un attimo per capire cosa leggevo e ho chiesto ragguagli.
Il resto: il ragionare, il sognare, e tutte le altre funzioni immaginarie della mente che conosciamo, non sta a me imporre cosa valgano per te, ma mi è stato insegnato di metterle al vaglio della mia attenzione, e così ho fatto, e così ti ho chiesto.
Libero dunque di continuare a disquisire, così come mi sento libero di evidenziare la mistificazione continua di ciò che un pensiero creduto vero mi pone davanti, e quindi all'interlucutore che la pone, maestro presunto o non maestro che sia
Il tuo precedente post chiedeva ragguagli, è vero, però non chiedeva ragguagli sul ragionamento esposto, ma sul modo in cui aderisco a ciò che espongo: e questo, è vero, non ha importanza, ma non perché non è "affar tuo" (visto che lo stato di ognuno influenza tutti; e visto che ogni dato può essere un elemento utile per tutti, per questo tutti possono essere visti come discepoli e maestri di tutti, come dicevo), ma perché non potrai mai sapere, chiedendomelo, se io credo semplicemente in un pensiero (il che lo renderebbe una mistificazione, come lo hai definito) o se lo sto esprimendo spontaneamente in forza di una qualche realizzazione. Tra l'altro, capita di avere una "realizzazione", uno "stato vissuto", che ben aderisce ad un insegnamento. Ma non è, anche tale testimonianza, un'ulteriore mistificazione? Ad esempio, anche il vivere consapevolmente l'apparenza-maya (uno dei concetti all'apice dell'insegnamento spirituale), è un'ulteriore impressione. Infatti, se esiste una vera realizzazione definitiva, in essa semplicemente non si classifica niente, e se si parla di qualcosa, le parole sono vere solo per chi le pronuncia e nel momento in cui sono pronunciate. Per chi le ascolta sono vere solo quelle che saranno le ultime ascoltate (cioè che non produrranno ulteriori domande). Non possono mai essere vere per chi chiede ragguagli sulla loro veridicità (per questo gli unici ragguagli chiesti hanno senso solo se vertono sul ragionamento in sé). Mi rendo conto pienamente solo ora che deve essere per questo che alcuni, come il già citato Nisargadatta, sembrano non rispondere mai veramente a ciò che è loro chiesto, né chiariscono mai veramente ciò che hanno precedentemente detto: come ragionamento, non gli interessa chiarire niente (non ne hanno bisogno, a differenza di me e forse di voi); allo scopo realizzativo invece, o le parole fanno il loro effetto subito, o vengono del tutto cambiate.

anam

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da anam » 25/01/2017, 11:12

KaaRa ha scritto:
04/01/2017, 23:09
Questo è un post enorme, soprattutto per essere un primo post, ma è sorto grazie ad una recente piccola rivelazione interiore che per me è stata molto importante; e purtroppo temo che più una rivelazione è completa e perfetta, più ci vogliano molte parole per spiegarla, nonostante esse siano inadeguate a far comprendere. Ma, nel caso qualcuno abbia avuto le mie stesse difficoltà, o che sia “pronto” a valutarle, le espongo per quel che posso, potrebbero essere di aiuto (e cosa, in fondo, non lo è?).

Un tempo mi stupivo, fin quasi all’ira, per il fatto che NESSUNO, né i più potenti avataara né i più semplicistici ricercatori, sembra aver mai voluto rispondere approfonditamente alla domanda: PERCHE’?
Perché questo mondo e non un altro? Un altro migliore, per la precisione? Non semplicemente un’era, un pianeta, o un piano di esistenza migliori, ma migliore in generale.

Perdonami Kaara se non ho letto tutto il thread - mi scuso anche con tutti gli altri partecipanti - ma in questi giorni ho difficoltà a prestare attenzione ai ragionamenti, miei o di altri non fa differenza.
Vorrei, se lo permetti, riprendere da questa tua domanda iniziale che mi pare - ma posso sbagliare - dia il senso a tutto il thread.
La tua domanda è anche la mia e forse quella di moltissimi altri ricercatori della Verità.
Si tratta, probabilmente, di domande intrinseche all'essere umano che si acuiscono nei momenti di intensa sofferenza.

Dunque, perché questo mondo e non un altro migliore?
In primo luogo mi viene da chiedere, migliore rispetto a cosa? Quali sono i parametri di comparazione in base ai quali giudichiamo un mondo (macro o microcosmo che sia) migliore?
Siamo sicuri che i nostri (il mio, il tuo) siano i parametri giusti? Siamo certi che valutando i parametri di 'meglio' o 'peggio' abbiamo previsto tutte le possibili interrelazioni, l'armonia di tutte le leggi che rende possibile la manifestazione?

Sostiene infatti l'Advaita Bodha Dipika (cap. I, Adhyaropa, sovrapposizione), edita da I Pitagorici:
Così anche il modo e la misura della manifestazione del Brahman è soggetta a regole".

Secondo te, tu, io, o qualunque altro mortale - pur se dotato della mente più eccelsa- saremmo in grado di emanare/immaginare un mondo migliore, comprendendo tutte le regole?

Ti pregherei - se vorrai rispondermi - di attenerti a queste iniziali domande, senza volare troppo alto e possibilmente senza usare troppi giri di parole,
In tal caso, come dicevo sopra, avrei difficoltà a comprenderti.

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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Fedro » 25/01/2017, 11:35

kaara:
non potrai mai sapere, chiedendomelo, se io credo semplicemente in un pensiero (il che lo renderebbe una mistificazione, come lo hai definito) o se lo sto esprimendo spontaneamente in forza di una qualche realizzazione.
Abbi pazienza, la mia domanda nasceva infatti senza nessun presupposto di sapere, e la rifaccio:
Dici che è vero questa o quella affermazione per aderenza del tuo pensieri con quella descrizione, oppure vi è identità con quella affermazione, quindi poni una testimonianza?

KaaRa
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 25/01/2017, 13:37

Ciao ANAM,
do per scontato che nelle tue domande ci sia implicita la risposta: la nostra mente non potrebbe fare un mondo migliore, se volesse farlo altrettanto perfetto in tutti i suoi nessi causali.
Da qui, di solito, sorgono altre domande, tipo: c'era comunque bisogno di un mondo? Le risposte di solito sono: no, i mondi appaiono spontaneamente, per "eccesso di perfezione" del Brahman. Io preferisco dire: il Brahman non ha parametri che gli dicano "appaia o non appaia un mondo". Se questo può apparire nel Brahman, apparirà. E avrà ovviamente le sue regole del caso.
Ma qui sorge un'altra domanda: se la mia soggettività più vera (atman) è il Brahman, c'era bisogno di vivere tale mondo (maya) tramite una totale identificazione (avidya) con un particolare punto di vista (jiva), con conseguente sofferenza, cioè il senso di isolamento dalla totalità del sogno (Ishvara)? Infatti, è questa la vera sofferenza, e non un qualche giudizio particolare sulla bellezza o bruttezza di un qualche elemento del mondo. Se leggo un romanzo (magari uno di quelli narrati dal punto di vista del protagonista), e il protagonista giudica bella o brutta una qualche esperienza del romanzo, io non soffro, ma mi godo comunque il racconto. I problemi nascono solo se mi identifico con il protagonista. Di nuovo, la risposta è la stessa: non ci sono parametri nel Brahman che gli dicono se è bene o no identificarsi con un jiva. Il problema nasce solo all'interno del mondo, nonostante sia il Brahman a viverlo, nel senso che è lui l'unica vera soggettività, è lui il lettore del romanzo, è lui il sognatore del mondo di sogno. E' solo un'occhiata (da qui il titolo dell'argomento del forum), questa che il Brahman dà alle sue proprie apparenti capacità di creare; non importa quanto tale occhiata sembri durare all'interno di un qualche parametro del mondo.
La vera domanda che sorge è: come ne usciamo? La realizzazione metafisica, per come viene di solito proposta, fa sparire il jiva (tutta la sua serie di vite legate da causa-effetto), cioè il particolare punto di vista all'interno del mondo: è la fine del romanzo scritto dal punto di vista del protagonista. Chiuso quel libro, NIENTE impedisce al Brahman di iniziarne un'altro. E il Brahman siamo noi, è la nostra soggettività, la stessa che adesso sembra sperimentare il dolore dell'identificazione. Quel "sembra sperimentare" è comunque doloroso. Dividere jiva e Brahman, dottrinalmente, relegando il dolore ad un problema del jiva e non del Brahman, è utile per "svegliarsi" da questa identificazione, ma ciò non toglie che l'unica soggettività vera è del Brahman (del "lettore del romanzo", della "mente che sogna") e non del jiva, che è solo un punto di vista particolare (il "protagonista del romanzo", il "personaggio di sogno"). C'è un modo per smettere di identificarsi ad un mondo? (Mondo di per sé perfetto con tutto il suo negativo e positivo.) Se diciamo, come appunto già detto, che per il Brahman, tra un "sogno" e l'altro, non fa differenza identificarsi o meno, vuol dire che è altrettanto vero che non fa differenza se troviamo un modo per non identificarci più. E come si fa a non identificarci più, in quanto Brahman, se il punto di vista del Jiva, che ha capito questo problema, non ha voce in capitolo, visto che sparisce alla fine della realizzazione? Siamo sicuri che non ha voce in capitolo? Siamo sicuri che, una volta che è svanita l'identificazione con il romanzo (tra l'altro, grazie ai parametri realizzativi contenuti nel romanzo stesso!), il romanzo non possa poi continuare indefinitamente per mantenere vivi i parametri di non-identificazione?

KaaRa
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 25/01/2017, 13:38

FEDRO:
Abbi pazienza, la mia domanda nasceva infatti senza nessun presupposto di sapere, e la rifaccio:
Dici che è vero questa o quella affermazione per aderenza del tuo pensieri con quella descrizione, oppure vi è identità con quella affermazione, quindi poni una testimonianza?
Nel primo post dissi che quello che qui ho posto come ragionamenti lunghi e contorti, mi è sorto spontaneamente sottoforma di una sintetica sensazione di conferma, dopo anni in cui particolari domande non trovavano risposte. Ma (per questo cercavo di non farlo negli ultimi due post con cui ti ho risposto) è come dirti se sono innamorato di una particolare persona, o se sono una persona di buoni sentimenti. Ti devi fidare della mia parola.

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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Fedro » 25/01/2017, 14:08

KaaRa ha scritto:
25/01/2017, 13:38
FEDRO:
Abbi pazienza, la mia domanda nasceva infatti senza nessun presupposto di sapere, e la rifaccio:
Dici che è vero questa o quella affermazione per aderenza del tuo pensieri con quella descrizione, oppure vi è identità con quella affermazione, quindi poni una testimonianza?
Nel primo post dissi che quello che qui ho posto come ragionamenti lunghi e contorti, mi è sorto spontaneamente sottoforma di una sintetica sensazione di conferma, dopo anni in cui particolari domande non trovavano risposte. Ma (per questo cercavo di non farlo negli ultimi due post con cui ti ho risposto) è come dirti se sono innamorato di una particolare persona, o se sono una persona di buoni sentimenti. Ti devi fidare della mia parola.
Ti posso dire che non ho capito cosa stai porgendo?
Proprio per evitare fraintendimenti, ponevo una domanda semplice semplice, sulla quale, mi pare, tergiversi:
esprimi quindi un aderenza al tuo pensiero (credenza) quando affermi (o neghi) questo o quello ?
D'altronde, se parli di "ragionamenti" (e cosi li offri) non vi è spazio che per speculazioni mentali, e questo ho sinora letto.
Basta una risposta semplice ed inequivocabile d'altronde, non vi può essere sempre spazio per l'ambiguità, se non è questa che vogliamo porgere

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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 25/01/2017, 14:53

Fedro ha scritto:
25/01/2017, 14:08
KaaRa ha scritto:
25/01/2017, 13:38
FEDRO:
Abbi pazienza, la mia domanda nasceva infatti senza nessun presupposto di sapere, e la rifaccio:
Dici che è vero questa o quella affermazione per aderenza del tuo pensieri con quella descrizione, oppure vi è identità con quella affermazione, quindi poni una testimonianza?
Nel primo post dissi che quello che qui ho posto come ragionamenti lunghi e contorti, mi è sorto spontaneamente sottoforma di una sintetica sensazione di conferma, dopo anni in cui particolari domande non trovavano risposte. Ma (per questo cercavo di non farlo negli ultimi due post con cui ti ho risposto) è come dirti se sono innamorato di una particolare persona, o se sono una persona di buoni sentimenti. Ti devi fidare della mia parola.
Ti posso dire che non ho capito cosa stai porgendo?
Proprio per evitare fraintendimenti, ponevo una domanda semplice semplice, sulla quale, mi pare, tergiversi:
esprimi quindi un aderenza al tuo pensiero (credenza) quando affermi (o neghi) questo o quello ?
D'altronde, se parli di "ragionamenti" (e cosi li offri) non vi è spazio che per speculazioni mentali, e questo ho sinora letto.
Basta una risposta semplice ed inequivocabile d'altronde, non vi può essere sempre spazio per l'ambiguità, se non è questa che vogliamo porgere
Personalmente trovo inevitabile l'ambiguità, sempre. Ma, riducendola al minimo che mi è possibile, la risposta è che quello che esprimo è sorto per una specie di intuizione, se davvero posso azzardarmi a definirla tale. Ora la pongo attraverso i ragionamenti, che sono il modo migliore per avere una possibilità di condividerla (credo che le speculazioni ulteriori sorte in queste pagine nascono dal fatto che questo ragionamento non è particolarmente lineare) e che, mi sembra di notare, sembrano darle anche ulteriore conferma (conferma limitata al piano del ragionamento, ovviamente, con tutti i suoi notevoli limiti), almeno finché non vedo alternative. Definirla invece credenza, nel senso che possa essere sorta da un arbitrario movimento emotivo, non direi, per il momento.

anam

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da anam » 25/01/2017, 15:32

KaaRa ha scritto:
25/01/2017, 13:37
Ciao ANAM,
do per scontato che nelle tue domande ci sia implicita la risposta: la nostra mente non potrebbe fare un mondo migliore, se volesse farlo altrettanto perfetto in tutti i suoi nessi causali.
Da qui, di solito, sorgono altre domande, tipo: c'era comunque bisogno di un mondo? Le risposte di solito sono: no, i mondi appaiono spontaneamente, per "eccesso di perfezione" del Brahman. Io preferisco dire: il Brahman non ha parametri che gli dicano "appaia o non appaia un mondo". Se questo può apparire nel Brahman, apparirà. E avrà ovviamente le sue regole del caso.
Ma qui sorge un'altra domanda: se la mia soggettività più vera (atman) è il Brahman, c'era bisogno di vivere tale mondo (maya) tramite una totale identificazione (avidya) con un particolare punto di vista (jiva), con conseguente sofferenza, cioè il senso di isolamento dalla totalità del sogno (Ishvara)? Infatti, è questa la vera sofferenza, e non un qualche giudizio particolare sulla bellezza o bruttezza di un qualche elemento del mondo. Se leggo un romanzo (magari uno di quelli narrati dal punto di vista del protagonista), e il protagonista giudica bella o brutta una qualche esperienza del romanzo, io non soffro, ma mi godo comunque il racconto. I problemi nascono solo se mi identifico con il protagonista. Di nuovo, la risposta è la stessa: non ci sono parametri nel Brahman che gli dicono se è bene o no identificarsi con un jiva. Il problema nasce solo all'interno del mondo, nonostante sia il Brahman a viverlo, nel senso che è lui l'unica vera soggettività, è lui il lettore del romanzo, è lui il sognatore del mondo di sogno. E' solo un'occhiata (da qui il titolo dell'argomento del forum), questa che il Brahman dà alle sue proprie apparenti capacità di creare; non importa quanto tale occhiata sembri durare all'interno di un qualche parametro del mondo.
La vera domanda che sorge è: come ne usciamo? La realizzazione metafisica, per come viene di solito proposta, fa sparire il jiva (tutta la sua serie di vite legate da causa-effetto), cioè il particolare punto di vista all'interno del mondo: è la fine del romanzo scritto dal punto di vista del protagonista. Chiuso quel libro, NIENTE impedisce al Brahman di iniziarne un'altro. E il Brahman siamo noi, è la nostra soggettività, la stessa che adesso sembra sperimentare il dolore dell'identificazione. Quel "sembra sperimentare" è comunque doloroso. Dividere jiva e Brahman, dottrinalmente, relegando il dolore ad un problema del jiva e non del Brahman, è utile per "svegliarsi" da questa identificazione, ma ciò non toglie che l'unica soggettività vera è del Brahman (del "lettore del romanzo", della "mente che sogna") e non del jiva, che è solo un punto di vista particolare (il "protagonista del romanzo", il "personaggio di sogno"). C'è un modo per smettere di identificarsi ad un mondo? (Mondo di per sé perfetto con tutto il suo negativo e positivo.) Se diciamo, come appunto già detto, che per il Brahman, tra un "sogno" e l'altro, non fa differenza identificarsi o meno, vuol dire che è altrettanto vero che non fa differenza se troviamo un modo per non identificarci più. E come si fa a non identificarci più, in quanto Brahman, se il punto di vista del Jiva, che ha capito questo problema, non ha voce in capitolo, visto che sparisce alla fine della realizzazione? Siamo sicuri che non ha voce in capitolo? Siamo sicuri che, una volta che è svanita l'identificazione con il romanzo (tra l'altro, grazie ai parametri realizzativi contenuti nel romanzo stesso!), il romanzo non possa poi continuare indefinitamente per mantenere vivi i parametri di non-identificazione?

La mente è stupefacente.
Riesce a far scaturire da una domanda indefinite successive domande.
Quando ho chiesto, perché non sono diversa da te e quindi mi chiedo e - avendo avuto un interlocutore - chiedevo, mi è stato risposto: chi chiede? E perché?
Queste sono - a mio avviso - le uniche domande vere, viventi.
Ma l'unica silenziosa risposta scaturisce esclusivamente dall'intimità del cuore.
Non dalla mente.
Ogni tua/mia ulteriore domanda presuppone una credenza (che non è affatto un movimento emotivo) da cui scaturiscono innumeri inferenze.
Finché non si è realizzato l'Essere, per identità, la mente continua a funzionare in questo modo e tutte le risposte che si dà non sono altro che ulteriori inferenze.
Perché la mente non basta a comprendere e tu/io - perdona se mi assimilo a te, ma non vedo particolari differenze - commettiamo l'errore di non usarla per quello che è: un semplice quanto utile strumento, se vuoi il sesto senso come enumera - credo - il Samkhya.
Non c'è soluzione possibile se non porsi nella posizione dell'osservatore, il quale - al principio e per lungo tempo - non è altro che la mente stessa.
Una spina per togliere un'altra spina.

Poi, forse, le risposte verranno, o, presumibilmente, non ci saranno più domande.

Ma, nel frattempo, che fare?
Mi è stato indicato di praticare ciò che è più armonico al varnasrama, attenendosi al proprio presente e al percepito.
Vedi il Divino? Adoralo. Vedi il mondo? Ordinalo. Non vedi niente? Discriminalo nel distacco.

Tutt'altro che continuare a permettere alla mente di invorticarsi in domande e relative inferenze.
La metafisica proposta dal Vedanta è realizzativa, non speculativa.

Mauro
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 25/01/2017, 16:00

Ciao anam
Vedi il Divino? Adoralo. Vedi il mondo? Ordinalo. Non vedi niente? Discriminalo nel distacco.
Parole vere, però io non vedo sempre il divino: lo vedo in ciò che amo.
Il mondo lo vedo come realtà oggettiva e vorrei ordinarlo, ma sfugge sempre al mio controllo.
Non ho capito cosa vuol dire "discriminare (il niente che vedi) nel distacco".

Tu come hai letto questi insegnamenti?

latriplice
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da latriplice » 25/01/2017, 16:03

KaRaa ha scritto:

La vera domanda che sorge è: come ne usciamo? La realizzazione metafisica, per come viene di solito proposta, fa sparire il jiva (tutta la sua serie di vite legate da causa-effetto), cioè il particolare punto di vista all'interno del mondo: è la fine del romanzo scritto dal punto di vista del protagonista. Chiuso quel libro, NIENTE impedisce al Brahman di iniziarne un'altro. E il Brahman siamo noi, è la nostra soggettività, la stessa che adesso sembra sperimentare il dolore dell'identificazione. Quel "sembra sperimentare" è comunque doloroso. Dividere jiva e Brahman, dottrinalmente, relegando il dolore ad un problema del jiva e non del Brahman, è utile per "svegliarsi" da questa identificazione, ma ciò non toglie che l'unica soggettività vera è del Brahman (del "lettore del romanzo", della "mente che sogna") e non del jiva, che è solo un punto di vista particolare (il "protagonista del romanzo", il "personaggio di sogno"). C'è un modo per smettere di identificarsi ad un mondo? (Mondo di per sé perfetto con tutto il suo negativo e positivo.) Se diciamo, come appunto già detto, che per il Brahman, tra un "sogno" e l'altro, non fa differenza identificarsi o meno, vuol dire che è altrettanto vero che non fa differenza se troviamo un modo per non identificarci più. E come si fa a non identificarci più, in quanto Brahman, se il punto di vista del Jiva, che ha capito questo problema, non ha voce in capitolo, visto che sparisce alla fine della realizzazione? Siamo sicuri che non ha voce in capitolo? Siamo sicuri che, una volta che è svanita l'identificazione con il romanzo (tra l'altro, grazie ai parametri realizzativi contenuti nel romanzo stesso!), il romanzo non possa poi continuare indefinitamente per mantenere vivi i parametri di non-identificazione?


Il problema sussiste solo se viene avvertito come personale, e tu stai esponendo una tua particolare istanza che ha ragion d'essere solo in riferimento a quella specifica identificazione rispetto alla quale tale problema sorge. Tu in quanto jiva, associato al complesso corpo-mente-sensi, ti stai chiedendo come impedire l'identificazione con quest'ultimo quando purtroppo l'associazione è già in atto. E' il classico esempio del cane che si morde la coda. Quanto tempo ti occorre ancora per realizzare la parodia narcisistica che stai perpetrando nei tuoi confronti, quando è evidente che il problema è squisitamente personale e non avvertito da altri? Se fosse un problema dalle proporzioni cosmiche sarebbe senza scomodare il Brahman, di pertinenza di tutti incluso Ishvara, non credi?

E già che ci siamo è proprio ad Ishvara che devi volgere l'attenzione per spersonalizzare l'eventuale problema. Perché di questo si tratta. Noi in quanto jiva ci prendiamo carico di un fardello dalle proporzioni cosmiche ritenendolo a torto un nostro problema di cui urge assolutamente ricercare un soluzione. Ma come dicevo il fardello è tale se visto dalla prospettiva jiva-personale, mentre dalla prospettiva Ishvara-impersonale è semplicemente un gioco, lila.

In effetti Egli ti ha messo qua con un suo preciso scopo (svadharma) e con un carico di vasane da esaurire (karma), ti ha dotato di 5 guaine e la vita stessa di cui indebitamente la reclami come tua. Non solo, ma è anche l'artefice dei pensieri e delle conseguenti azioni che nella fattispecie trovano espressione in ciò che tu pensi di scrivere in questo forum. Per Ishvara tutto questo è un passatempo, un intrattenimento concettuale, mentre per te ahimè, è una questione di vita o di morte.


La scelta

"Come tu hai ben riassunto, il problema è la scelta. Ma noi sappiamo gia quello che farai non è vero? Già intravedo la reazione a catena. Precursori chimici che segnalano la insorgenza di una emozione disegnata appositamente per soffocare logica e ragione, una emozione che già ti acceca e che ti nasconde la semplice ed ovvia verità."

Quale verità? Che qua non c'è niente di tuo e finché non lo comprendi continuerai a far parte di questa matrice mayahica.
Se lo comprendi invece hai una scelta, quella di abbandonare tutto ad Ishvara, che al di là di ogni ragionevole-irragionevole dubbio è il vero Artefice-architetto.

L'unica opzione che ti rimane che non è una opzione che puoi scegliere è riconoscerti nella essenza-Brahman.

anam

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da anam » 25/01/2017, 16:06

Mauro ha scritto:
25/01/2017, 16:00
Ciao anam
Vedi il Divino? Adoralo. Vedi il mondo? Ordinalo. Non vedi niente? Discriminalo nel distacco.
Parole vere, però io non vedo sempre il divino: lo vedo in ciò che amo.
Il mondo lo vedo come realtà oggettiva e vorrei ordinarlo, ma sfugge sempre al mio controllo.
Non ho capito cosa vuol dire "discriminare (il niente che vedi) nel distacco".

Tu come hai letto questi insegnamenti?

Nella misura in cui posso comprenderli.

Vedo il Divino in ciò che amo? Lo adoro in ciò che amo.
Poi, se e quando la mia visione si allargherà, adorerò l'ulteriore.
Analogamente ordino il mondo che vedo, a cominciare dal più vicino ovvero l'infinitesimo mondo che sono.
Non si tratta di controllarlo, bensì di mettere ordine, meglio ancora di conformarsi all'ordine. Succede, mettendo in ordine una stanza, un cassetto o questa mente, che si faccia spazio.
Per la terza opzione non so risponderti, presumo si tratti di una opzione jnana, mentre le prime due concernono bhakti e karma yoga, che rientrano più nelle mie corde.

Mauro
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 25/01/2017, 16:14

Quindi il "mondo" è in primo luogo il mondo interiore?
D'altronde a me appare così, dato che a me appare come unico mondo che posso discriminare e tentare di ordinare, mentre il mondo "esteriore" mi appare sempre "sfuggire di mano".
Utili le parole di Epitteto, che suggerivano, per evitare la sofferenza, distinguere tra ciò che è sotto la nostra giurisdizione e ciò che non lo è, e sebbene risulti, in base ad alcune visioni, che nulla sia effettivamente sotto la nostra giurisdizione, è pur vero che l'osservazione e la discriminazione dei nostri moti appare a me esserlo, sebbene con difficoltà.

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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Fedro » 25/01/2017, 16:29

Mauro ha scritto:
25/01/2017, 16:00

Non ho capito cosa vuol dire "discriminare (il niente che vedi) nel distacco".
se posso dire la mia, qui per "niente" intenderei ciò che è discriminato come non reale, la cui natura dunque, non ha sussistenza nè continuità,ed è solo relativizzabile ad altro da sè (quindi è illusoria).
Tale discriminazione accade nel distacco (quindi lontani pure da qualsiasi moto di emotività o colorazione personale )
"azione" che scaturisce da sè, in tale visione (jnana):
come un ombra che appena viene illuminata (consapevolezza) scompare da sè per sua stessa natura.
Lo dico con parole mie, secondo la mia esperienza

Mauro
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 25/01/2017, 16:39

Però, Fedro, quello è già riassuminile nella definizione di "mondo", no?

KaaRa
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 25/01/2017, 16:47

LATRIPLICE:
il problema è squisitamente personale e non avvertito da altri
Il fatto che non sia avvertito da altri, non significa che sia personale, semplicemente non è stato ANCORA affrontato da altri (non è quel che capita di solito con un qualunque argomento spirituale, per la maggior parte delle persone?).
E' un problema narcisistico, come giustamente lo hai definito tu, perché l'intera manifestazione è narcisistica, un narcisismo innocente, come quello di un neonato.
Hai detto, verso la fine del post, che qui non c'è niente (di particolare, dobbiamo aggiungere) di mio. Vero, ma nel senso che tutto (universalmente) è mio (mio in quanto "io sono Brahman"). Quindi la matrice mayahica deve appartenerci (in quanto Brahman), ovvero deve continuare, anche se consapevolmente (appunto, in quanto Brahman). Se invece la ignoriamo, se vogliamo semplicemente uscirne fuori, saremo noi (come Brahman che può credersi jiva) che rimarremo o torneremo ad appartenere ad essa, anche quando ci sembrerà di esserci usciti.
Infatti (visto che anche tu conosci e hai continuato il giochino): se vai a Zion, verrai massacrato, e Matrix sarà ricaricata. Cioè, se ti alieni da Matrix, e consideri l'Architetto (Ishvara) come un qualcuno di diverso da te (come continui a proporre), finisci per continuare ad essere uno schiavo, perché lui proporrà sempre una Matrix, e tu, unico Testimone, tornerai a testimoniarla, con le modalità che vi troverai di volta in volta (ad esempio, quelle dolorose dell'identificazione).
In fondo, tornando a parlare alla Tradizionalmente ed uscendo dal commerciale, io non sto neanche proponendo problematiche, personali o meno; non sto facendo altro che proporre l'iti iti dopo il neti neti, argomentandone le implicazioni.

KaaRa
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 25/01/2017, 16:48

ANAM:
Vedi il Divino? Adoralo. Vedi il mondo? Ordinalo. Non vedi niente? Discriminalo nel distacco.
Possiamo quindi provare a vedere la mia serie di domande, a cui ho persino dato delle spiegazioni, come:
1) un atto di adorazione? L'ho persino accennato, alcuni post fa, rispondendo mi sembra a cielo, che lo scrivere lo vedo come un japa o namasmarana.
2) O un atto di ordinamento? Ho posto domande a cui ho dato risposte, di cui per ora, in 8 pagine, non si è data una sola alternativa, ma solo elusioni dall'argomento principale, elusioni che non solo non rispondono (potrebbe essere un bene perché forse non ci sono risposte), ma neanche risolvono le domande (il problema di tutto questo argomento sta proprio nel fatto di come dobbiamo rapportarci a domande che sono, forse fondamentalmente, forse persino cosmicamente, non evitabili).
3) O una discriminazione nel distacco? Non sto proponendo un fine utile (un paradiso, un potere, una conquista) per un individuo, sto invece cercando di mostrare (forse confermato anche da alcuni scritti e maestri tradizionali, e almeno per ora non ho sentito proposte per una diversa interpretazione dei medesimi) che forse esiste una "realizzazione perpetua", forse l'unica (e nella vera realizzazione, il senso di individualità non c'è).

Perché quello che propongo io sarebbe invece un "gioco della mente", che "non parte dal cuore", che "forse otterrà risposta solo in futuro", ecc.? Perché non lo vediamo come una devozione, un ordinamento e un distacco? Solo per la forma espositiva lunga e contorta? Siamo su di un forum, quindi in un luogo in cui o si ragiona, o si postano solo poesie e immagini. E siamo in uno degli argomenti più difficili mai affrontati (anzi, questo in particolare è forse il più difficile e il meno affrontato). Come altro posso esporre una questione elevata? La metafisica del Vedanta è realizzativa, ma è proposta anche (soprattutto?) con la speculazione, che è lo Jnana Yoga. Tra l'altro, anche dire "è tutto un gioco della mente", è un ulteriore gioco della mente, e forse è il più insidioso, se, invece di essere seguito da un totale silenzio, viene usato per non ragionare in un luogo (come questo forum) utile solo per i ragionamenti.

Quindi, le domande rimangono: ci sono alternative alle domande poste? Soprattutto all'ultima del precedente post? Ovvero: "Siamo sicuri che, una volta che è svanita l'identificazione con il "romanzo"/"sogno" (identificazione che è avvenuta e che svanirà grazie ai parametri realizzativi contenuti nello stesso romanzo/sogno!), il romanzo/sogno non debba poi proseguire indefinitamente, per poter mantenere vivi i parametri di non-identificazione?" A me sembra (persino nella Advaita Bodha Dipika, citata sia da me che da te) che ci siano delle proposte per tal fine. Proposte che non avrebbero neanche senso, altrimenti.

anam

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da anam » 25/01/2017, 16:51

Mauro ha scritto:
25/01/2017, 16:14
Quindi il "mondo" è in primo luogo il mondo interiore?

Direi di si, anzi forse è l'unico mondo.
Dico forse perché per me al momento non è così, in quanto vedo il 'mondo' separato da questo microcosmo.
In ogni caso è bene cominciare da ciò che è più vicino e si può meglio conoscere.
Non credi?

D'altronde a me appare così, dato che a me appare come unico mondo che posso discriminare e tentare di ordinare, mentre il mondo "esteriore" mi appare sempre "sfuggire di mano".
Utili le parole di Epitteto, che suggerivano, per evitare la sofferenza, distinguere tra ciò che è sotto la nostra giurisdizione e ciò che non lo è, e sebbene risulti, in base ad alcune visioni, che nulla sia effettivamente sotto la nostra giurisdizione, è pur vero che l'osservazione e la discriminazione dei nostri moti appare a me esserlo, sebbene con difficoltà.

A mia esperienza la sofferenza, nell'ambito duale, non è evitabile.
Si può forse attenuare, ma finché siamo nel duale e dunque nella cecità (avidya) la sofferenza c'è.

Mauro
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 25/01/2017, 16:53

Ma perchè non cominci a dirci, KaaRa, cosa vedi tu?
Vedi il Divino?
Vedi il Mondo?
Non vedi niente?
Tutte e tre assieme?

Questa sarebbe una vera e bella condivisione.

Mauro
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Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 25/01/2017, 16:57

Ad anam
Direi di si,anziforse è l'unico mondo. Dico forse perché perme almomento non è così,in quanto vedo il'mondo' separato da questo microcosmo. In ognicaso è bene cominciare da ciò che è più vicino e si può meglio conoscere. Non credi?
Assolutamente si, anam. È quello che sto tentando di dire in questo 3d, per lo più inascoltato.

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