Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

E' solo un'occhiata

La via della conoscenza: la discriminazione della realtà di ogni contenuto o inferenza, nel distacco della presenza.
Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 27/01/2017, 15:02

La mia era una chiosa senza malizia, latriplice.
Namaste!

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 27/01/2017, 16:06

ANAM:
L'intuizione, per quanto sento, c'è stata. Non si tratta di un fenomeno straordinario, bensì caratteristico della condizione umana, in taluni momenti.
È la buddhi, quella che fa dire allo scienziato improvvisamente, magari dopo una passeggiata o una buona dormita: ho trovato, ecco, era questo.
Il problema è un altro.
La buddhi non parla il linguaggio della mente.
Se tentiamo di tradurla l'intuizione si vela, si confonde, e pochi sono qualificati a parlare.
Ti mostro quando accade a me.
C'è l'intuizione, come un lampo di luce che, per un attimo, squarcia le tenebre. Invece di custodirla in silenzio, la mente ladra se ne appropria e vuole capirla con i suoi sistemi.
Allora comincia a creare credenze, inferenze, mescola la pura intuizione con forme di conoscenza eruditiva sedimentate, a volte perfino butta fuori i pensieri, volendo confrontarsi con altre menti.
E l'intuizione si perde.

La tua intuizione riguarda un argomento perlopiù celato, di cui pochissimi testimoniano apertamente.
Che io sappia, se ne possono trovare cenni in Guenon e Ramana Maharshi.
Shankara, pur non avendone scritto, l'ha testimoniato con la sua intera vita.
La trasmissione di alcuni insegnamenti non lascia quasi mai tracce scritte, in quanto avviene da Maestro a discepolo da cuore a cuore.
E solo quando il discepolo è pronto.
Se vuoi, qui un seme è stato lasciato.
Hai detto bene, pochi sono qualificati a parlare per insegnare, cercando di tradurre le intuizioni, o le realizzazioni, in un linguaggio razionale. Per questo nessuno qui (credo), neanche io, andiamo a fare i guru in un ashrama o a fondare una casa editrice in cui pubblicare i propri scritti realizzativi: lo lasciamo fare a "persone" come Shankara e Raphael. Qui possiamo solo ragionare insieme, come se fossimo fratelli e sorelle di un'Accademia platonica (con tutti i limiti del mezzo informatico che usiamo, e anche della diversa mentalità moderna), dove i dialoghi verbosi certo non mancavano.
Paradossalmente, infatti, in questo tipo di dialoghi (caratteristici dello Jnana yoga, basti vedere quelli fittizzi di Shankara o dell'Advaita Bodha Dipika), si fa proprio un utilizzo massiccio di una parte (quella appunto razionale, nel caso dello jnana yoga) della mente, anche a scapito di intuizioni più pure, o per lo meno delle sensazioni, anche beatifiche, che esse danno (esse sono più fondamentali in altri yoga): è questo che, paradossalmente, può far risolvere alla mente i suoi stessi impulsi (tutti: persino quelli oltre la buddhi): si tratta di costruire una rete mentale che alla fine collassa per la sua stessa apparente perfezione, che ne è appunto il limite. A quel punto persino gli impulsi della mente superiore al ragionamento, ad esempio proprio le intuizioni, non avranno più ragione di essere: la loro ragione di essere è proprio informare il piano del manas-ragionamento, che però è stato risolto, o comunque messo in cortocircuito. In questo modo neanche gli impulsi emotivi e istintivi avranno ragione di essere (o meglio, di prevalere arbitrariamente), perché in teoria erano già stati integrati nel ragionamento. Quel che resta è la "pura coscienza", in cui gli impulsi possono apparire ma senza più avere una base d'appoggio (appunto la razionalità quando era lasciata agire indiscriminatamente, costituendo così la fonte della divisione, della classificazione arbitraria, che sembra dividere ciò che è in realtà unito).
Tutto questo è "semplicemente" il metodo dello jnana yoga (usiamo i nomi sanscriti per comodità), che differisce solo per lo stumento usato, rispetto al karma yoga, ecc.; persino l'asparsha yoga è solo un metodo (che è pur sempre anch'esso un metodo di costruizione, nonostante sia un metodo quasi "istantaneo", ai limiti dell'atto temporale, quindi forse l'unico che è davvero "da Cuore a Cuore", se con Cuore si intende l'essere nella sua totalità e non soltanto il cuore emotivo).
Temo che spesso ci si dimentichi che in tutti i metodi le parole ci sono comunque, anche se sono in latenza, oppure sono nel loro stato più sintetico e sottile, ma in cui comunque non sono ancora risolte (il bello è che con i metodi di molti yoga possono essere risolte anche senza farle emergere). Dal punto di vista di tutto questo, ti ringrazio del dialogo del link che hai citato, perché va ad inserirsi perfettamente in ciò che è stato sviluppato in queste molte pagine.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 27/01/2017, 16:08

FEDRO:
Kaara dici:
Se fossimo degli ignoranti non in senso metafisico, ma in senso sociale, dovremmo chiederci: "ma allora cosa ci fai qui, che è un luogo utile soprattutto per ascoltare ed argomentare i ragionamenti altrui"? Ma ovviamente non è un problema, ognuno può stare qui anche solo per scrivere senza dialogare. O magari per liberarsi dei propri costruitti attraverso la meditazione: non avevo mai sentito parlare di una meditazione davanti ad uno schermo, ma in fondo siamo nel ventunesimo secolo (non metto l'emoticon perché sto scrivendo offline su word, ma considerala ironia, non sarcasmo). No, sul serio: come fai in un forum di filosofia a distruggere i tuoi costruitti interiori senza il ragionamento? Forse intendi stare qui a ripetere a tutti di non ragionare sperando che prima o poi sia tu il primo a smettere di pensare? (Dico sul serio: non nego che possa essere un metodo, anche se qualcuno potrebbe suggerire la meditazione come metodo più efficace, anche se non è il mio metodo primario.)
avevi inoltre detto nel messaggio sopra:

l'identità tra Brahman e atman è appunto un'altro dei capisaldi del ragionamento filosofico del Vedanta, e qui siamo in un forum di filosofia vedantica

Ebbene, a me risulta invece che il Vedanta,tutto sia fuorchè frutto di ragionamento; piuttosto mi pare una semplice (per quanto ampia e alta ) descrizione, o meglio testimonianza della Realtà.
Come dire che, di mente ce n'è meno di zero..
Ma da quand'è che "quello che si sente" non è un parto della mente al pari dei ragionamenti?
se riesco a far coincidere (per come posso) ciò che sento, con ciò che sono, ecco che ottengo una mia possibile testimonianza se la traduco a parole: l'obiettivo di questo forum è sforzarsi proprio in tale direzione, sfoltendo man mano ragionamenti inutili su questo e su quello (a meno che siano di ordine pratico e quotidiano).


PS hai letto questo thread?
viewtopic.php?f=11&t=86
Se vissuto tramite lo jnana yoga, il Vedanta è fatto di ragionamento ed intuito. Se fosse puro intuito, sarebbe dhyana yoga, e Shankara stesso avrebbe insegnato posizioni e visualizzazioni per la meditazione; non si sarebbe messo a cavillare quasi qabbalisticamente su singole parole, a creare fittizi dialoghi tra obiettori e rettificatori, a classificare elementi, involucri, loka.
Noi, da soli, possiamo farlo limitatamente rispetto a lui, per questo ci aiutiamo reciprocamente, qui, a fare i medesimi costrutti mentali: che, se raggiungono il loro intrinseco limite logico di apparente perfezione, crolleranno proprio per aver raggiunto tale limite: è questo lo scopo dello jana yoga, incanalare la spinta razionale verso i suoi stessi limiti, in modo che persino le intuizioni non avranno più ragion d'essere, lasciando così libera la pura coscienza: infatti le intuizioni hanno ragion d'essere solo nell'informare la razionalità, l'emotività e l'istintualità (e l'emotività e l'istintualità, nello jnana yoga, sono le prime ad essere purificate dal ragionamento), e quindi sparita la preminenza indiscriminata della razionalità, anche le intuizioni (buddhi) potranno essere trascese.
Sfoltire invece i ragionamenti secondo me serve solo negli altri yoga, dove i ragionamenti devono essere presi a piccole dosi e il più sinteticamente possibile, da applicare come impostazioni, aiuti e corollari per gli strumenti principali di quegli yoga (azioni fisiche, emozioni, ecc.). Ovviamente la differenza nei vari yoga è una differenza strumentale, quindi formale, non essenziale. Tenendo conto di tutto questo, grazie per il link.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 27/01/2017, 16:09

MAURO:
KaaRa:
Ma da quand'è che "quello che si sente" non è un parto della mente al pari dei ragionamenti?
Sembra di leggere me stesso non molto tempo fa.
No, il "sentire" non è un parto della mente (se non vogliamo parlare in termini meramente fisiologici).
La mente interviene col giudizio.
Ti faccio un esempio: io vedo una nuvola (come tu vedi Dio).
Questo è un sentire.
Aggiungo a questo puro sentire, nel caso della nuvola: è grande, è bianca, è soffice, è bella, etc etc.
Nel caso di Dio: è il Brahman, è l'unica realtà, non è il jiva, non è maya, etc etc.
Ecco, la mente ha fatto ingresso in entrambi i casi, col suo giudizio basato dalla memoria di esperienze precedenti, che ha ben incamerato.
Quel giudizio, basato su "altro" dall'esperienza in atto (e quel "altro" sono le vasana), inquina l'esperienza, falsificandola.
Il sentire intuitivo, e persino quello pienamente realizzativo, spesso è confuso con il sentire emotivo; e tra l'altro, anche il ragionare può essere classificato come un sentire. Ma, in tutti i casi, si tratta sempre della mente: magari più raffinata, sintetica, universale (nelle intuizioni) rispetto ai ragionamenti, o più grossolana, reattiva e dispersiva (nelle emozioni e negli istinti) sempre rispetto ai ragionamenti, ma è si tratta comunque della mente.
L'unico vero nostro essere, che per comodità (cioè per non confonderlo con niente) chiamiamo Brahman (che, appunto, al di là delle derivazioni etimilogiche, praticamente non significa... niente), non è caratterizzato da nessun sentire, nonostante sia l'UNICO che sente tutto (possiamo dire così se proprio vogliamo per un attimo considerare il sentire, qualunque sentire, come se davvero fosse qualcosa di più di un nome). Quindi dici bene: la classificazione in "Brahman, maya, ishvara, jiva, ecc.", è appunto solo una classificazione, un nome. Farla significa essere ancora sul piano dei nomi, ma questo è esattamente lo stesso caso di un qualunque altro "sentire" (anche se negli altri "sentire" i nomi possono non essere direttamente formulati, o possono essere esperiti meno grossolanamente).
Da questo punto di vista, scrivere poche pagine sul forum, ma "sentire tanto" emotivamente (che è più grossolano che ragionare) o "sentire tanto" intuitivamente (che è più raffinato del ragionare), è solo una questione di diversa raffinatezza, MA non è indice di una maggior risoluzione delle vasana.
Per uno jnana yogin quindi le nostre quasi dieci pagine sono una manna (NAMASTE, SHIVA! - sono più affine al sanscrito che al latino "teo gratias"), così come lo sono le migliaglia di pagine delle Upanishad e dei commenti shankariani estremamente cavillosi: in tutti i casi si ha cibo per la mente, ed è questo che serve allo jnana yoga, un alimento (in questo caso razionale, ma comunque sempre mentale come lo è quello di qualunque yoga) da far bruciare (se usato per ragionare, non per accumulare nozioni), in modo che la mente vibri il più possibile, consumandosi per la sua stessa abbondanza.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 27/01/2017, 16:10

LATRIPLICE:
Non ti sovviene mai che non sei tu a porre la domanda?

Concediti questa semplice possibilità d'indagine, invece di correre repentinamente alla tastiera e confezionare una risposta che ripropone lo stesso quesito in un loop infinito al limite del corto-circuito mentale.

D'altronde riflettici, quella vasana ambulante pseudo-spirituale che sgomenta i circoli esoterici che frequenti e che scambi per te stesso, ed in ragione di questa identificazione la ricicli e la rafforzi costantemente prestandole eccessiva attenzione, non è un oggetto alla stregua di qualsiasi altro oggetto che fa la sua comparsa all'interno della tua spazialità coscienziale per poi nuovamente dissolversi? Perché dare così tanta importanza ad un fantasma?

Evidentemente maya ha tutto l'interesse di mantenere viva questa attenzione impedendo che si squarci il velo dell'ignoranza ottenebrante.


54. Se, dunque, oserai fendere con la tua spada discriminante tutto ciò che rappresenta un "secondo", o altro da te, allora ti fisserai in ciò che sei e ti riconoscerai Coscienza pura senza contenuto o secondo.

Ricorda: quell'immagine che nello specchio ti si palesa, non sei tu, essa è solo un riflesso distorto di ciò che tu sei; la tua attuale conoscenza è in riferimento all'immagine; è una conoscenza di riflesso, indiretta.

La vera conoscenza sei tu stesso perché v'è una sola realtà e questa sei Tu. Non vi sono, quindi, due realtà: la tua e quella dello specchio (dualità); quella dello specchio non è reale, è una semplice immagine distorta,
un riflesso, una copia, un secondo apparente, un'ombra. Il movimento dell'immagine è opera del movimento dello specchio, non sei tu a muoverti.

Ciò che tu vedi nello specchio, il secondo, in realtà non esiste, non ha una sua ipseità, è una illusione prodotta dallo specchio. Distogli l'attenzione dall'immagine e fissala sul Soggetto che sei tu. In questo ritrarti dal mondo dei nomi e delle forme, a qualunque dimensione e grado possono appartenere, ti svelerai nella tua stabile Beatitudine e il secondo sparirà.

La Triplice via del Fuoco pag. 137

Lo dice anche Raphael che la discriminazione (viveka) equivale a moksha (liberazione) in perfetta sintonia con l'intento vedantico. Pertanto se lo dice lui..
Se lo dico io invece è un mini trattarello filosofico. Mal comune mezzo gaudio.......pensiero tipico della .........!
A parte che siamo tutti, qui, a "correre sulla tastiera a confezionare una risposta" (giustamente: è lo scopo, il Dharma, del forum), c'è anche da sottolineare che è proprio il "cortocircuito mentale" il fine dello jnana yoga. Perché dovremmo compierlo a metà? (A meno che non si sia già visto che lo jnana non è la propria strada principale). Anche se variare a volte un po' la sadhana è un bene come è un bene variare la dieta alimentare, è però più giusto che un particolare metodo sia vissuto fino in fondo.
Se (esempio) il metodo di un sadhaka è la dhyana, è bene che egli prenda solo alcuni elementi di un ragionamento, che possono essere di aiuto per certe impostazioni del proprio percorso; ma poi è bene che tralasci il dialogo. Se invece il metodo è proprio lo jnana yoga, non ci si può esimere dall'arrivare fino in fondo ad un ragionamento, qualunque sia il costo mentale (o emotivo, nel caso vengano raffinate certe convinzioni, anche dottrinarie). Lo scopo è creare proprio una rete perfetta di costrutti logici che crollerà per la sua stessa perfezione. E' uno dei metodi di risoluzione dei contenuti mentali, come lo è l'osservarli tenendo il corpo fermo (comprese le dita che altrimenti tornerebbero alla tastiera), o comunque in posizioni o azioni più o meno codificate, in attesa che tali contenuti mentali si dissolvano per osservazione diretta. Così come è un metodo l'incanalare gli stessi contenti mentali in un rito o in un'azione pratica, compiuta perfettamente, in cui magari si scaricano le energie individuali o collettive; e così via, a seconda dello strumento psicofisico preferito.
Maya (facendo finta per un attimo che abbia una volontà e quindi una realtà, che però non ha) ha sicuramente l'intenzione di far continuare tutto questo, ma (ci dicono) ha anche dei limiti, e fare sadhana significa appunto portare la maya verso tali limiti partendo dall'elemento più congeniale in un dato contesto (in un forum è il dialogo, in una persona attiva è l'azione, ecc.).
Da questo punto di vista anche la viveka suggerita da Raphael è un metodo, perché la liberazione stessa non è che un mezzo: come fine non esiste, perché "nel Brahman" non ci sono neanche queste distinzioni.
Da questa consapevolezza, torniamo all'ultimo punto che è emerso nell'argomento principale, ovvero che il Brahman non è uno stato "altro", non è un'altro ordine di realtà. Come direbbero i buddisti zen, il samsara stesso è già il nirvana. Non c'è il Brahman con lo status di "vera realtà" e la maya con lo status di "realtà falsa". Non c'è l'atma (l'unica fonte della tua soggettività) da una parte, e Ishvara da un'altra, che magari si fa gli affari (e i mondi) suoi.
Quindi, in riferimento alla tua questione iniziale, può essere meglio modificare la frase in questo modo: ci sovviene mai che non c'è un io che pone la domanda? Se ciò si sovviene, la domanda non deve comunque sparire (sarebbe un'altro gioco dell'io-maya, il più sottile, con cui si rifugia al sicuro facendo sparire il problema; temporaneamente però, come tutte le azioni compiute dall'io). Se invece l'io non è più preso in considerazione, se esso è stato in qualche modo "risolto" (e non fatto sparire in qualche modo, al sicuro, creando ad esempio appunto la dualità "brahman vero, maya falsa"), allora la domanda (qualunque domanda, paradossalmente anche quella che chiede "chi sono io?") sorgerà comunque spontaneamente. Lasciamo che sorga. Lasciamo che rimanga, ma consapevolmente, senza volersi porre in uno "stato del Brahman" idealmente privo di domande. Altrimenti esse torneranno comunque, e con la stessa ignoranza-inconsapevolezza di prima.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 27/01/2017, 16:14

NOWHERE:
KaaRa:
Cosa impedisce che nel Brahman sorga di nuovo l'ignoranza che fa pensare di essere un jiva?
Ho una nuova risposta :) : realizza il Brahman e poi vedi se questa domanda ha ancora un valore.
E' anche la mia proposta: realizziamo il Brahman, dove le domande non hanno un valore. Non perché siano davvero sparite (come nel neti neti, che è solo la "prima parte" della sadhana, ma che a volte viene considerato come un fine, il che fa generare la convinzione che il Brahman sia uno stato, un ordine di realtà, e la maya un altro stato, un altro ordine di realtà), ma perché le domande vengono spontaneamente lasciate fluire, con tutte le varie risposte che ne sorgono (risposte in senso lato: anche una percezione sensoriale, anche un intero mondo, è una risposta), tutte valide e nessuna definitiva. Questa è davvero la "fine della sadhana", la realizzazione, che si compie con la venuta anche dell'iti iti. Se non siamo consapevoli di quest'ultima fase, non ci sarà nessuna realizzazione, non importa quante domande avremo ignorato, risolto o svilito.
In questo periodo sto rileggendo tanta letteratura Advaita Vedanta. Sento una forte istanza di realizzazione e nondimeno non so da dove iniziare... mi sento come perso. Ogni volontà di intraprendere una sadhana-fai-da-te (pur seguendo le "istruzioni" presenti nei vari libri) viene vista come inutile e cade da sola. Partecipare a questo Forum inoltre mi ha dato l'idea di quanto sia arduo e difficile questo sentiero... E' così che mi sento in questo periodo. Ecco la mia testimonianza. :)
Mi stupirei se non fosse capitato a tutti, come è capitato a me e sta capitando a te. Come spesso viene consigliato in questo forum, forse l'unica cosa che puoi fare è osservare questo stato? In ogni caso, detto con il linguaggio religioso, nessuna sadhana è veramente fai-da-te, né nessuno stato di apatia è veramente fuori dal sentiero spirituale.

latriplice
Messaggi: 624
Iscritto il: 05/12/2016, 14:19

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da latriplice » 27/01/2017, 16:44

Addio pietra tombale :( !!!!

Avatar utente
Fedro
Messaggi: 1016
Iscritto il: 31/08/2016, 18:21

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Fedro » 27/01/2017, 17:18

KaaRa ha scritto:
27/01/2017, 16:08

Kaara dici:

Se vissuto tramite lo jnana yoga, il Vedanta è fatto di ragionamento ed intuito. Se fosse puro intuito, sarebbe dhyana yoga, e Shankara stesso avrebbe insegnato posizioni e visualizzazioni per la meditazione; non si sarebbe messo a cavillare quasi qabbalisticamente su singole parole, a creare fittizi dialoghi tra obiettori e rettificatori, a classificare elementi, involucri, loka.
Noi, da soli, possiamo farlo limitatamente rispetto a lui, per questo ci aiutiamo reciprocamente, qui, a fare i medesimi costrutti mentali: che, se raggiungono il loro intrinseco limite logico di apparente perfezione, crolleranno proprio per aver raggiunto tale limite: è questo lo scopo dello jana yoga, incanalare la spinta razionale verso i suoi stessi limiti, in modo che persino le intuizioni non avranno più ragion d'essere, lasciando così libera la pura coscienza: infatti le intuizioni hanno ragion d'essere solo nell'informare la razionalità, l'emotività e l'istintualità (e l'emotività e l'istintualità, nello jnana yoga, sono le prime ad essere purificate dal ragionamento), e quindi sparita la preminenza indiscriminata della razionalità, anche le intuizioni (buddhi) potranno essere trascese.
Sfoltire invece i ragionamenti secondo me serve solo negli altri yoga, dove i ragionamenti devono essere presi a piccole dosi e il più sinteticamente possibile, da applicare come impostazioni, aiuti e corollari per gli strumenti principali di quegli yoga (azioni fisiche, emozioni, ecc.). Ovviamente la differenza nei vari yoga è una differenza strumentale, quindi formale, non essenziale. Tenendo conto di tutto questo, grazie per il link.
Non credo serva molto sostiture gli insegnamenti veri con le proprie opinioni sugli stessi, così comemi sembrano alquanto superflue le interpretazioni fantasiose che ne diamo.
Quindi, prima di farci "ragionamenti" sopra (continuando ad errare) perchè non leggersi direttamente le testimonianze vere di chi può darle?
Hai la fortuna, a parte i libri, di poter leggere qui, brani altrimenti introvabili.
A me piace cominciare dal più giovane... (forse perchè mi ha accompagnato...) e mi permetto di consigliartene la lettura.
qui http://www.vedanta.it/index.php?option= ... Itemid=832

anam

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da anam » 27/01/2017, 18:04


P.S. E per fortuna che latriplice concorda con quanto scritto da R. in particolare su questa frase: "La natura di un dato è, e non possiamo aggiungervi più niente".
Se magari se ne fosse accorto prima, non saremmo andati avanti per 10 pagine!

Già alla prima pagina glielo avevo spiegato con parole simili a KaRaa se ben ricordi, ma lui imperterrito ha continuato:

KaaRa ha scritto:
Non c'è un motivo che possa impedire all'assoluto di far apparire in sé questo mondo

Latriplice ha scritto:
Appunto perché Brahman è illimitato. Se ci fosse un limite verrebbe meno la sua natura illimitata.
C'è chi vede l'oceano (Ishvara) e chi vede l'onda (Jiva). C'è chi va al di la delle apparenze e vede l'acqua (Brahman).
E poi parafrasando Nisirgadatta: "Perché il Brahman si concede il lusso di questo mondo? Perché per il Brahman il mondo non esiste". Può bastarti questa di risposta.

Vero.
Alcune delle cose che hai scritto sono condivisibili.
Ciò che non è condivisibile è il tono, per me.
"Glielo avevo spiegato". Perché? Qualcuno ti ha chiesto di spiegare?
Perché porsi sulla poltrona del professore?

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 27/01/2017, 18:16

latriplice ha scritto:
27/01/2017, 16:44
Addio pietra tombale :( !!!!
:lol:
povero latriplice, ora ti tocca ricominciare tutto da capo!
;)

latriplice
Messaggi: 624
Iscritto il: 05/12/2016, 14:19

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da latriplice » 27/01/2017, 22:47

anam ha scritto:
27/01/2017, 18:04

P.S. E per fortuna che latriplice concorda con quanto scritto da R. in particolare su questa frase: "La natura di un dato è, e non possiamo aggiungervi più niente".
Se magari se ne fosse accorto prima, non saremmo andati avanti per 10 pagine!

Già alla prima pagina glielo avevo spiegato con parole simili a KaRaa se ben ricordi, ma lui imperterrito ha continuato:

KaaRa ha scritto:
Non c'è un motivo che possa impedire all'assoluto di far apparire in sé questo mondo

Latriplice ha scritto:
Appunto perché Brahman è illimitato. Se ci fosse un limite verrebbe meno la sua natura illimitata.
C'è chi vede l'oceano (Ishvara) e chi vede l'onda (Jiva). C'è chi va al di la delle apparenze e vede l'acqua (Brahman).
E poi parafrasando Nisirgadatta: "Perché il Brahman si concede il lusso di questo mondo? Perché per il Brahman il mondo non esiste". Può bastarti questa di risposta.

Vero.
Alcune delle cose che hai scritto sono condivisibili.
Ciò che non è condivisibile è il tono, per me.
"Glielo avevo spiegato". Perché? Qualcuno ti ha chiesto di spiegare?
Perché porsi sulla poltrona del professore?

Hai ragione, dovevo dire "Glielo avevo detto". Ma non ho prestato attenzione a questa sottigliezza semantica.

latriplice
Messaggi: 624
Iscritto il: 05/12/2016, 14:19

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da latriplice » 28/01/2017, 1:57

KaaRa ha scritto:
27/01/2017, 16:10
LATRIPLICE:
Non ti sovviene mai che non sei tu a porre la domanda?

Concediti questa semplice possibilità d'indagine, invece di correre repentinamente alla tastiera e confezionare una risposta che ripropone lo stesso quesito in un loop infinito al limite del corto-circuito mentale.

D'altronde riflettici, quella vasana ambulante pseudo-spirituale che sgomenta i circoli esoterici che frequenti e che scambi per te stesso, ed in ragione di questa identificazione la ricicli e la rafforzi costantemente prestandole eccessiva attenzione, non è un oggetto alla stregua di qualsiasi altro oggetto che fa la sua comparsa all'interno della tua spazialità coscienziale per poi nuovamente dissolversi? Perché dare così tanta importanza ad un fantasma?

Evidentemente maya ha tutto l'interesse di mantenere viva questa attenzione impedendo che si squarci il velo dell'ignoranza ottenebrante.


54. Se, dunque, oserai fendere con la tua spada discriminante tutto ciò che rappresenta un "secondo", o altro da te, allora ti fisserai in ciò che sei e ti riconoscerai Coscienza pura senza contenuto o secondo.

Ricorda: quell'immagine che nello specchio ti si palesa, non sei tu, essa è solo un riflesso distorto di ciò che tu sei; la tua attuale conoscenza è in riferimento all'immagine; è una conoscenza di riflesso, indiretta.

La vera conoscenza sei tu stesso perché v'è una sola realtà e questa sei Tu. Non vi sono, quindi, due realtà: la tua e quella dello specchio (dualità); quella dello specchio non è reale, è una semplice immagine distorta,
un riflesso, una copia, un secondo apparente, un'ombra. Il movimento dell'immagine è opera del movimento dello specchio, non sei tu a muoverti.

Ciò che tu vedi nello specchio, il secondo, in realtà non esiste, non ha una sua ipseità, è una illusione prodotta dallo specchio. Distogli l'attenzione dall'immagine e fissala sul Soggetto che sei tu. In questo ritrarti dal mondo dei nomi e delle forme, a qualunque dimensione e grado possono appartenere, ti svelerai nella tua stabile Beatitudine e il secondo sparirà.

La Triplice via del Fuoco pag. 137

Lo dice anche Raphael che la discriminazione (viveka) equivale a moksha (liberazione) in perfetta sintonia con l'intento vedantico. Pertanto se lo dice lui..
Se lo dico io invece è un mini trattarello filosofico. Mal comune mezzo gaudio.......pensiero tipico della .........!
A parte che siamo tutti, qui, a "correre sulla tastiera a confezionare una risposta" (giustamente: è lo scopo, il Dharma, del forum), c'è anche da sottolineare che è proprio il "cortocircuito mentale" il fine dello jnana yoga. Perché dovremmo compierlo a metà? (A meno che non si sia già visto che lo jnana non è la propria strada principale). Anche se variare a volte un po' la sadhana è un bene come è un bene variare la dieta alimentare, è però più giusto che un particolare metodo sia vissuto fino in fondo.
Se (esempio) il metodo di un sadhaka è la dhyana, è bene che egli prenda solo alcuni elementi di un ragionamento, che possono essere di aiuto per certe impostazioni del proprio percorso; ma poi è bene che tralasci il dialogo. Se invece il metodo è proprio lo jnana yoga, non ci si può esimere dall'arrivare fino in fondo ad un ragionamento, qualunque sia il costo mentale (o emotivo, nel caso vengano raffinate certe convinzioni, anche dottrinarie). Lo scopo è creare proprio una rete perfetta di costrutti logici che crollerà per la sua stessa perfezione. E' uno dei metodi di risoluzione dei contenuti mentali, come lo è l'osservarli tenendo il corpo fermo (comprese le dita che altrimenti tornerebbero alla tastiera), o comunque in posizioni o azioni più o meno codificate, in attesa che tali contenuti mentali si dissolvano per osservazione diretta. Così come è un metodo l'incanalare gli stessi contenti mentali in un rito o in un'azione pratica, compiuta perfettamente, in cui magari si scaricano le energie individuali o collettive; e così via, a seconda dello strumento psicofisico preferito.
Maya (facendo finta per un attimo che abbia una volontà e quindi una realtà, che però non ha) ha sicuramente l'intenzione di far continuare tutto questo, ma (ci dicono) ha anche dei limiti, e fare sadhana significa appunto portare la maya verso tali limiti partendo dall'elemento più congeniale in un dato contesto (in un forum è il dialogo, in una persona attiva è l'azione, ecc.).
Da questo punto di vista anche la viveka suggerita da Raphael è un metodo, perché la liberazione stessa non è che un mezzo: come fine non esiste, perché "nel Brahman" non ci sono neanche queste distinzioni.
Da questa consapevolezza, torniamo all'ultimo punto che è emerso nell'argomento principale, ovvero che il Brahman non è uno stato "altro", non è un'altro ordine di realtà. Come direbbero i buddisti zen, il samsara stesso è già il nirvana. Non c'è il Brahman con lo status di "vera realtà" e la maya con lo status di "realtà falsa". Non c'è l'atma (l'unica fonte della tua soggettività) da una parte, e Ishvara da un'altra, che magari si fa gli affari (e i mondi) suoi.
Quindi, in riferimento alla tua questione iniziale, può essere meglio modificare la frase in questo modo: ci sovviene mai che non c'è un io che pone la domanda? Se ciò si sovviene, la domanda non deve comunque sparire (sarebbe un'altro gioco dell'io-maya, il più sottile, con cui si rifugia al sicuro facendo sparire il problema; temporaneamente però, come tutte le azioni compiute dall'io). Se invece l'io non è più preso in considerazione, se esso è stato in qualche modo "risolto" (e non fatto sparire in qualche modo, al sicuro, creando ad esempio appunto la dualità "brahman vero, maya falsa"), allora la domanda (qualunque domanda, paradossalmente anche quella che chiede "chi sono io?") sorgerà comunque spontaneamente. Lasciamo che sorga. Lasciamo che rimanga, ma consapevolmente, senza volersi porre in uno "stato del Brahman" idealmente privo di domande. Altrimenti esse torneranno comunque, e con la stessa ignoranza-inconsapevolezza di prima.

KaRaa ha scritto:

"La vera domanda che sorge è: come ne usciamo? La realizzazione metafisica, per come viene di solito proposta, fa sparire il jiva (tutta la sua serie di vite legate da causa-effetto), cioè il particolare punto di vista all'interno del mondo: è la fine del romanzo scritto dal punto di vista del protagonista. Chiuso quel libro, NIENTE impedisce al Brahman di iniziarne un'altro. E il Brahman siamo noi, è la nostra soggettività, la stessa che adesso sembra sperimentare il dolore dell'identificazione. Quel "sembra sperimentare" è comunque doloroso."

Intanto, dopo tanto argomentare ne sei uscito?

Sembra che KaRaa abbia scritto:

"Maya (facendo finta per un attimo che abbia una volontà e quindi una realtà, che però non ha) ha sicuramente l'intenzione di far continuare tutto questo, ma (ci dicono) ha anche dei limiti, e fare sadhana significa appunto portare la maya verso tali limiti partendo dall'elemento più congeniale in un dato contesto (in un forum è il dialogo, in una persona attiva è l'azione, ecc.)".

In verità, Ishvara essendo il vero artefice tramite la vasana ambulante sua espressione chiamata KaRaa sta scrivendo:

"Maya (facendo finta per un attimo che abbia una volontà e quindi una realtà, che però non ha) ha sicuramente l'intenzione di far continuare tutto questo, ma (ci dicono) ha anche dei limiti, e fare sadhana significa appunto portare la maya verso tali limiti partendo dall'elemento più congeniale in un dato contesto (in un forum è il dialogo, in una persona attiva è l'azione, ecc.)."

Mi dispiace così stanno le cose, non sottovalutare la potenza di Ishvara che qua di tuo non solo c'è NIENTE ma parimenti non hai creato e non stai creando NULLA.
Non stai nemmeno pensando i pensieri che ti vengono in mente. Sei solo uno strumento ideato per portare in manifestazione attraverso il karma le vasane di Ishvara. A te spetta il compito di riciclarle che a quanto vedo ti stai dando da fare. Ma neanche quello.

Ti stai illudendo che qui ci siano degli interlocutori che stanno interagendo con te attraverso un dialogo nella speranza di coltivare un contatto umano che possa alleviare in una certa misura la tua sofferenza e solitudine rispetto ai quali è scaturito la tua domanda iniziale: Come ne usciamo?

Non ne usciamo, perché anche il sottoscritto al pari di tutti gli altri è una vasana ambulante. Se lo sai, invece, non serve uscirne, perché? Semplicemente perché sai (per grazia ricevuta) che c'è solo Ishvara, c'è solo Dio. E' lo schermo, il proiettore, il proiezionista, il bigliettaio ed il film e i personaggi del film. E' sempre Ishvara che fa albergare nella tua mente il miraggio dell' illuminazione ed eventualmente concederti questa grazia. Pertanto non ti resta che sederti in quinta fila mangiarti i tuoi sudati popcorn con la paghetta del fine settimana e goderti la rappresentazione dal contenuto ed finale già scritto senza lamentarti. Altro che noi in quanto Brahman.

Ishvara.

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 28/01/2017, 7:30

Mi sorge una domanda, latriplice.
Quanto tu affermi lo sai per averlo letto, intuito, sperimentato o immaginato?
Gradirei una risposta chiara.

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 28/01/2017, 7:51

Mauro ha scritto:
28/01/2017, 7:30
Mi sorge una domanda, latriplice.
Quanto tu affermi lo sai per averlo letto, intuito, sperimentato o immaginato?
Gradirei una risposta chiara.
Mi spiego meglio per non essere frainteso.
Se lo hai letto, sarebbe preferibile che tu riporti i passi testuali che riportano quanto tu dici, perchè dalle mie letture ho ricordo di qualcosa di simile, ma non ci metterei la mano sul fuoco.
Ad esempio, non mi ricordo di questa priorità di Ishvara sulle nostre vasana.
Mi ricordo piuttosto di una ripartizione Ishvara- Hiranyagarbha- Prajapati.
Riconosco che Ishvara venga considerato il "jiva universale", ma solo in potenza. In Lui tutto è in potenza, nulla è dispiegato.
Come potrebbe essere considerato "artefice di azioni"?

Vedi, latriplice, la mia lettura dei testi- seppur lontana nel tempo-, mi porta a considerazioni diverse dalle tue.
Di certo la tua lettura è più ampia, recente ed approfondita, ma chi mi dice che anche tu, come ho testé fatto io, non ti sia abbandonato ad interpretazioni che più si adattano al tuo sentire?

anam

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da anam » 28/01/2017, 10:54

latriplice ha scritto:
27/01/2017, 22:47
anam ha scritto:
27/01/2017, 18:04

P.S. E per fortuna che latriplice concorda con quanto scritto da R. in particolare su questa frase: "La natura di un dato è, e non possiamo aggiungervi più niente".
Se magari se ne fosse accorto prima, non saremmo andati avanti per 10 pagine!

Già alla prima pagina glielo avevo spiegato con parole simili a KaRaa se ben ricordi, ma lui imperterrito ha continuato:

KaaRa ha scritto:
Non c'è un motivo che possa impedire all'assoluto di far apparire in sé questo mondo

Latriplice ha scritto:
Appunto perché Brahman è illimitato. Se ci fosse un limite verrebbe meno la sua natura illimitata.
C'è chi vede l'oceano (Ishvara) e chi vede l'onda (Jiva). C'è chi va al di la delle apparenze e vede l'acqua (Brahman).
E poi parafrasando Nisirgadatta: "Perché il Brahman si concede il lusso di questo mondo? Perché per il Brahman il mondo non esiste". Può bastarti questa di risposta.

Vero.
Alcune delle cose che hai scritto sono condivisibili.
Ciò che non è condivisibile è il tono, per me.
"Glielo avevo spiegato". Perché? Qualcuno ti ha chiesto di spiegare?
Perché porsi sulla poltrona del professore?

Hai ragione, dovevo dire "Glielo avevo detto". Ma non ho prestato attenzione a questa sottigliezza semantica.

Ti sei chiesto perché non vi hai prestato attenzione?
Le espressioni verbali sono il riflesso esteriore di un'attitudine mentale, consapevole o meno che sia.
Tu ti poni, più o meno consapevolmente, nella veste di colui che insegna, questo mostrano le tue parole.
Non sarebbe più semplice (e utile) se ti limitassi a testimoniarti?
Molti, qui, hanno letto e studiato i testi del Vedanta e non solo.
A me non servono le interpretazioni altrui.

Inoltre mi domando perché, se davvero condividi le parole di Raphael, non lasci cadere ogni invito ai 'ragionamenti'.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 28/01/2017, 12:18

FEDRO:
Non credo serva molto sostiture gli insegnamenti veri con le proprie opinioni sugli stessi, così comemi sembrano alquanto superflue le interpretazioni fantasiose che ne diamo. 
Quindi, prima di farci "ragionamenti" sopra (continuando ad errare) perchè non leggersi direttamente le testimonianze vere di chi può darle?
Hai la fortuna, a parte i libri, di poter leggere qui, brani altrimenti introvabili.
A me piace cominciare dal più giovane... (forse perchè mi ha accompagnato...) e mi permetto di consigliartene la lettura.
qui http://www.vedanta.it/index.php?option= ... Itemid=832
Ho letto e continuo a leggere molto. Molti dimostrano di aver letto e di conoscere alla lettera l'insegnamento. Eppure di opinioni arbitrarie e fantasie ne vengono dette molte: ho sentito dire che Brahman e maya sono "due ordini di realtà". Ho sentito consigliarmi indiscriminatamente che la cosa migliore da fare non è ragionare sugli insegnamenti ma è "osservare direttamente i propri contenuti di coscienza", come se tutti potessero compiere, per lo meno subito, il dhyana yoga o l'asparsha yoga. Ho sentito dire che è suffuciente risolvere la manifestazione dei contenuti di coscienza, senza specificare che invece va risolta solo (o comunque soprattutto) l'aderenza coscienziale verso i contenuti di coscienza, perché i contenuti in sé non sono la fonte del problema (ma anzi non possono non esserci, come non può esserci acqua senza la pur minima increspatura, fosse anche microscopica).
Io invece che fantasie ho portato? Se si sintetizza il mio discorso (e, sì, per riuscirci, cioè per avere davvero chiaro l'insegnamento su questo punto, mi ci sono volute 10 pagine con l'involontario e riluttante contributo di molti), ho praticamente detto (argomentandolo) che non bisogna dimenticare l'iti iti, perché altrimenti il neti neti è fatica sprecata, e il peché di questo è da ricercarsi nel fatto che l'avidya non sta nell'esistenza del molteplice, ma solo nel crederlo reale. Certo, puoi dirmi che "bastava che lo leggessi sui testi di Shankara", ma se bastasse leggere, senza vivere ciò che si legge (e i ragionamenti, insieme alle intuizioni, sono un modo di vivere gli insegnamenti: si chiama Jnana Yoga), i professori sarebbero tutti dei realizzati.

KaaRa
Messaggi: 127
Iscritto il: 07/10/2016, 20:31

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da KaaRa » 28/01/2017, 12:20

LATRIPLICE:
Addio pietra tombale
Vorresti, anche in forza dell'evidente approvazione di altri, seppellirti e seppellire me (e con la pesantezza di una pietra tombale, ottima metafora dell'espressione che ti hanno fatto notare, che hai definito come sottigliezza semantica), senza prima aver risolto la vera base dei problemi? (E se non comprendiamo, aiutandoci insieme qui, dove possiamo soprattutto ragionare, che Brahman e maya NON sono due ordini di realtà, vuol dire appunto che alla vera base dei problemi non ci siamo ancora andati.) Ma non ci dicono gli insegnamenti, che anche tu come me mostri di aver letto, che in questo modo torneremo tutti e due (insieme agli altri scavatori di fosse) a vivere con gli stessi problemi di prima?
KaRaa ha scritto:

"La vera domanda che sorge è: come ne usciamo? La realizzazione metafisica, per come viene di solito proposta, fa sparire il jiva (tutta la sua serie di vite legate da causa-effetto), cioè il particolare punto di vista all'interno del mondo: è la fine del romanzo scritto dal punto di vista del protagonista. Chiuso quel libro, NIENTE impedisce al Brahman di iniziarne un'altro. E il Brahman siamo noi, è la nostra soggettività, la stessa che adesso sembra sperimentare il dolore dell'identificazione. Quel "sembra sperimentare" è comunque doloroso."

Intanto, dopo tanto argomentare ne sei uscito?
Se le occasionali "uscite" (dall'aderenza ai contenuti coscienziali, non dai contenuti coscienziali in sé, precisazione fondamentale che può emergere da queste pagine, se scaviamo oltre la riluttanza al voler leggere e scrivere qui) contano, allora sì, ne esco spesso, e quando rientro è tutto sempre più chiaro, e non solo intellettualmente, ma anche eticamente e coscienzialmente: nel senso che, anche se non spontaneamente ed ininterrottamente, ma con uno sforzo (meno che minimo) di attenzione, il senso dell'io si rivela all'istante essere un nome senza residente, il che porta a non lasciare che istinti ed emozioni prendano possesso della propria vita e di quella altrui; inoltre, non sono infrequenti intuizioni spontanee che spesso trovano una giusta collocazione nell'insegnamento tradizionale (che per forza di cose non può contenere tutto per esteso, o almeno una singola vita non basterebbe a cercarne le tracce nei testi); addirittura, persino una blanda meditazione formale, che un tempo era tempestata di sonno e divagazioni, ora è una sorta di veglia stabile e vuota di contenuti, per quanto ottenebrata e parziale; infine, la sadhana (in queste pagine non si direbbe, vero?) si sta facendo sempre più essenziale e sintetica, interiore e continua, anche se non abbastanza continua da "soddisfarmi" (ergo, la morte, grande occasione per ogni aspirante, potrebbe cogliermi impreparato a volte, per lo meno se avvenisse repentinamente).

Dico tutto questo se proprio interessa e ci si vuol fidare della mia parola sulla mia biografia spirituale.

Ma (tanto per tornare all'esempio ludico che abbiamo già fatto, che per quanto mi riguarda ha una realisticità storica pari a quella dei miti che le religioni prendono e pretenderebbero di farci prendere alla lettera) considero tali "uscite" e "rientrate" esattamente come lo sono quelle delle "Pillole Rosse" di Zion quando entrano ed escono piratamente da Matrix: finché non hanno fatto pace con le Macchine (i loro costrutti con cui credono di essere in guerra, come noi siamo in un'apparente separazione con i nostri costrutti coscienziali), e vogliono invece solamente distruggerle, saranno costretti a venire ciclicamente massacrati nella loro città in cui credono di poter tornare sempre al sicuro come se fossero davvero fuori dai giochi.
Sembra che KaRaa abbia scritto:

"Maya (facendo finta per un attimo che abbia una volontà e quindi una realtà, che però non ha) ha sicuramente l'intenzione di far continuare tutto questo, ma (ci dicono) ha anche dei limiti, e fare sadhana significa appunto portare la maya verso tali limiti partendo dall'elemento più congeniale in un dato contesto (in un forum è il dialogo, in una persona attiva è l'azione, ecc.)". 

In verità, Ishvara essendo il vero artefice tramite la vasana ambulante sua espressione chiamata KaRaa sta scrivendo:

"Maya (facendo finta per un attimo che abbia una volontà e quindi una realtà, che però non ha) ha sicuramente l'intenzione di far continuare tutto questo, ma (ci dicono) ha anche dei limiti, e fare sadhana significa appunto portare la maya verso tali limiti partendo dall'elemento più congeniale in un dato contesto (in un forum è il dialogo, in una persona attiva è l'azione, ecc.)."

Mi dispiace così stanno le cose, non sottovalutare la potenza di Ishvara che qua di tuo non solo c'è NIENTE ma parimenti non hai creato e non stai creando NULLA.
Non stai nemmeno pensando i pensieri che ti vengono in mente. Sei solo uno strumento ideato per portare in manifestazione attraverso il karma le vasane di Ishvara. A te spetta il compito di riciclarle che a quanto vedo ti stai dando da fare. Ma neanche quello.
Cioè, invece di dare la colpa a maya (che così comunque oggettiveremmo), la diamo ad Ishvara (oggettivandolo)? A parte che possono essere visti come sinonimi (in un certo senso, tutte le parole sono sinonimi di maya, ma "Ishvara" si presta particolarmente bene), anche volendo fare così il problema non cambia: stiamo oggettivando. Può andare bene, è una possibile fase di una possibile sadhana. Ma ciò è fuorviante rispetto a ciò che sto dicendo: andare oltre la distinzione che crediamo di avere anche con Ishvara, senza pensare però di essere un nulla rispetto ad esso; ma, anzi, lasciando "per sempre" (in fondo, è solo per sempre, il tempo non ha importanza) che rimanga la consapevolezza (quindi che rimanga la buddhi, che non ha il senso dell'io) del fatto di essere Brahman. E' l'immortalità nella maya (suggerita da Raphael stesso); da non confondersi con l'eternità del Brahman, certo (che p fuori dal tempo), ma pur sempre immortalità è, cioè qualcosa che, almeno temporalmente, si manifesta in qualche modo (e letteralmente "per sempre").
Prendere in considerazione questo pare che non faccia ancora parte della tua sadhana, qualunque forma essa abbia, al massimo quindi puoi riconoscerne la validità dottrinale. Ma perché invece vuoi portarmi sempre verso la tua specifica forma di sadhana, che appunto non tiene in considerazione (giustamente) di certi aspetti della dottrina? Ti ho già detto quale è la mia. Tu al massimo mi puoi parlare della tua, ma non ha senso volermi far lasciare la mia per la tua; solo un mio guru che è formalmente tale può farmi fare questo. Io infatti non voglio fare altrettanto con te: io qui mostro il mio ragionamento, tu puoi servirtene in toto, in parte, o per niente, ed in ogni caso puoi (se vuoi) vedere se ho errato nei processi logici con cui l'ho esposto, ma niente di più.
Ti stai illudendo che qui ci siano degli interlocutori che stanno interagendo con te attraverso un dialogo nella speranza di coltivare un contatto umano che possa alleviare in una certa misura la tua sofferenza e solitudine rispetto ai quali è scaturito la tua domanda iniziale: Come ne usciamo?

Di solito non mi piacciono i quotamenti troppo suddivisi, ma questo meritava una puntualizzazione particolare dopo quanto ho detto sopra. Oltre che a portarmi nella tua forma di sadhana, o comunque oltre a volermi fare uscire dalla mia, come se la soluzione fosse questa (se non sbaglio, è proprio in qualche argomento del forum che è venuto fuori che la sadhana, invece di interrompersi con la realizzazione, può continuare anche dopo di essa, a quel punto come espressione della Realtà invece che come apparente soluzione per raggiungerLa), vorresti anche fare una analisi psicologica? (Che, si solito, è sempre rivoltabile verso chi la compie, anzi, ne è una diretta espressione, per quel poco che ho capito di psicologia.) Sicuramente, almeno negli ultimi decenni dell'Occidente, la spiritualità si è unita (mischiata?) molto alla spiritualità; ma ciò, se può essere stato un bene per la psicologia, può essere meno bene per la spiritualità, per lo meno se, invece di aiutare a superare certe fasi, si mette "ad atterrare" continuamente ogni istanza spirituale.
Non ne usciamo, perché anche il sottoscritto al pari di tutti gli altri è una vasana ambulante. Se lo sai, invece, non serve uscirne, perché? Semplicemente perché sai (per grazia ricevuta) che c'è solo Ishvara, c'è solo Dio. E' lo schermo, il proiettore, il proiezionista, il bigliettaio ed il film e i personaggi del film. E' sempre Ishvara che fa albergare nella tua mente il miraggio dell' illuminazione ed eventualmente concederti questa grazia. Pertanto non ti resta che sederti in quinta fila mangiarti i tuoi sudati popcorn con la paghetta del fine settimana e goderti la rappresentazione dal contenuto ed finale già scritto senza lamentarti. Altro che noi in quanto Brahman.

Ishvara.
Prendiamo per un attimo il punto di vista che ti è congeniale (ma, avverto subito: lo inserisco nel mio di percorso, che è principalmente riflessivo, l'unico in cui ho vera voce in capitolo): dal mio punto di vista sei Ishvara, perché devo considerare come non fondamentali le apparenti divisioni (il mio corpo, il mio computer, te da qualche parte nel mondo dietro un altro computer, la mia e la tua differente voglia di scrivere, il tuo e il mio diverso metodo di risposta, il tuo e il mio stile di scrittura, ecc.). Se mi fermassi a questo, tu saresti un despota: lo si evince anche da come mi hai suggerito di starmente buono in quinta fila, a mangiarmi i sudati popcorn. E' l'Architetto di Matrix. E' il Dio che sotto sotto, anche se a volte si mostra amorevole, è anche geloso ed invidioso (quando è considerato "altro", invece che essere visto solo come un suggerimento interiore a trascendere ogni distinzione).
Ma c'è appunto una piccola scappatoia da questo Dio padrone, verso cui presumo converrai: considerare che il senso dell'io, che normalmente sperimento, è solo una sensazione (che, paradossalmente, è anch'essa Ishvara), e lo stesso vale per il tuo ipotetico senso dell'io (ipotetico perché per quanto ne so potrei essere l'unico o l'ultimo a non essere un realizzato, anche se tutti – anzi, Ishvara – stanno recitando la loro parte di non maestri e non realizzati). Questo in parte corrisponde anche al mio punto di vista e alla mia esperienza. Il senso dell'io è solo una sensazione, non c'è nessuno che la prova. O meglio ciò/chi la prova non è oggettivabile, è "solo" la sorgente della soggettività; ma quest'ultima asserzione è (e non può che essere), al massimo, solo una intuizione (buddhi), mai un dato oggettivo (se non come frase pensata, detta o scritta). Siamo d'accordo. E quindi? ("E poi?", direbbe Shankara nella sua opera che se non sbaglio ha proprio tale titolo). Se io potessi permettermi di indicarti una sadhana, direi "meditaci sopra"; oppure sviluppalo in un ragionamento ulteriore come base per nuove intuizioni (come ho fatto io, in cui ho intravisto a cosa porta, e anche quali errori di base il ragionamento può far superare; e di sicuro anche la meditazione o gli altri percorsi, anche se di per sé non aiutano a vederli subito); oppure adora questo "e poi?" come il tuo vero Dio; oppure compi un'azione senza dimenticare tale domanda "e poi?"; ecc.
Ma, appunto, non sono formalmente un guru. Però puoi vedermi come Ishvara che ti ricorda che hai queste possibilità, giusto? Ma non prenderlo come un suggerimento: per me è solo un'ulteriore riflessione.

Mauro
Messaggi: 1116
Iscritto il: 02/10/2016, 15:06

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da Mauro » 28/01/2017, 12:25

mi ci sono volute 10 pagine con l'involontario e riluttante contributo di molti
Involontario e riluttante?
Cioè della serie: tu solo hai argomentato, mentre gli altri l'avrebbero "buttata lì", senza neanche volerlo e senza interesse?
Alla faccia della modestia.

cielo
Messaggi: 897
Iscritto il: 01/10/2016, 20:34

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da cielo » 28/01/2017, 12:50

Mauro ha scritto:
28/01/2017, 12:25
Kaara
mi ci sono volute 10 pagine con l'involontario e riluttante contributo di molti
Mauro
Involontario e riluttante?
Cioè della serie: tu solo hai argomentato, mentre gli altri l'avrebbero "buttata lì", senza neanche volerlo e senza interesse?
Alla faccia della modestia.

condivido. Ogni volta che scrivo, per abitudine lavorativa leggo e rileggo più volte quanto scritto e mi metto dalla parte di chi mi leggerà.
Spesso semplifico il mio dire, perchè non basta che mi capisca da sola.
Direi che di contributi "involontari" non ce ne possono essere, perchè per replicare ci vuole un atto di volontà, i post non si scrivono da soli.
Sulla riluttanza è possibile, forse più a leggere che a scrivere.
Niente è da dare per scontato in questa apparenza.

latriplice
Messaggi: 624
Iscritto il: 05/12/2016, 14:19

Re: E' solo un'occhiata

Messaggio da latriplice » 28/01/2017, 12:59

anam ha scritto:
28/01/2017, 10:54
latriplice ha scritto:
27/01/2017, 22:47
anam ha scritto:
27/01/2017, 18:04

P.S. E per fortuna che latriplice concorda con quanto scritto da R. in particolare su questa frase: "La natura di un dato è, e non possiamo aggiungervi più niente".
Se magari se ne fosse accorto prima, non saremmo andati avanti per 10 pagine!

Già alla prima pagina glielo avevo spiegato con parole simili a KaRaa se ben ricordi, ma lui imperterrito ha continuato:

KaaRa ha scritto:
Non c'è un motivo che possa impedire all'assoluto di far apparire in sé questo mondo

Latriplice ha scritto:
Appunto perché Brahman è illimitato. Se ci fosse un limite verrebbe meno la sua natura illimitata.
C'è chi vede l'oceano (Ishvara) e chi vede l'onda (Jiva). C'è chi va al di la delle apparenze e vede l'acqua (Brahman).
E poi parafrasando Nisirgadatta: "Perché il Brahman si concede il lusso di questo mondo? Perché per il Brahman il mondo non esiste". Può bastarti questa di risposta.

Vero.
Alcune delle cose che hai scritto sono condivisibili.
Ciò che non è condivisibile è il tono, per me.
"Glielo avevo spiegato". Perché? Qualcuno ti ha chiesto di spiegare?
Perché porsi sulla poltrona del professore?

Hai ragione, dovevo dire "Glielo avevo detto". Ma non ho prestato attenzione a questa sottigliezza semantica.

Ti sei chiesto perché non vi hai prestato attenzione?
Le espressioni verbali sono il riflesso esteriore di un'attitudine mentale, consapevole o meno che sia.
Tu ti poni, più o meno consapevolmente, nella veste di colui che insegna, questo mostrano le tue parole.
Non sarebbe più semplice (e utile) se ti limitassi a testimoniarti?
Molti, qui, hanno letto e studiato i testi del Vedanta e non solo.
A me non servono le interpretazioni altrui.

Inoltre mi domando perché, se davvero condividi le parole di Raphael, non lasci cadere ogni invito ai 'ragionamenti'.

Raccolgo con sollievo il tuo consiglio di lasciar cadere l'invito ai "ragionamenti". A presto.

Rispondi