Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie
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E' solo un'occhiata
Re: E' solo un'occhiata
Ora capisco perchè il Buddha, a domande di natura metafisica, si rifiutava di rispondere: c'è il rischio di un ridondante intellettualismo che- a mio avviso- non risolve il problema della nostra dukkha.
I nodi si sciolgono lì dove stanno. Se ho un groviglio di nodi devo cominciare a sbrogliare quello più esterno, per arrivare a quelli più interni.
Io capisco il piacere della speculazione filosofica, ma l'importante è che non sia fine a se stessa.
Se ho una spina nel piede, a che pro domandarmi perchè si è infilata, ed andare a ritroso nelle cause/ concause che hanno portato la spina ad infilarsi... intanto la tolgo!
Badate, i saggi che nei secoli hanno parlato di Assoluto, è perchè lo hanno realizzato, altrimenti sono solo parole, che possono portare ad un conforto, ma che è solo psicologico, quindi evanescente... Parlo per esperienza personale.
I nodi si sciolgono lì dove stanno. Se ho un groviglio di nodi devo cominciare a sbrogliare quello più esterno, per arrivare a quelli più interni.
Io capisco il piacere della speculazione filosofica, ma l'importante è che non sia fine a se stessa.
Se ho una spina nel piede, a che pro domandarmi perchè si è infilata, ed andare a ritroso nelle cause/ concause che hanno portato la spina ad infilarsi... intanto la tolgo!
Badate, i saggi che nei secoli hanno parlato di Assoluto, è perchè lo hanno realizzato, altrimenti sono solo parole, che possono portare ad un conforto, ma che è solo psicologico, quindi evanescente... Parlo per esperienza personale.
Re: E' solo un'occhiata
Concordo, difatti con questo procedere, perdiamo di vista il vero scopo del Vedanta, e che è tutt'altro che intellettualistico e speculativo. Di conseguenza anche lo scopo di questo forum, nel quale si dovrebbero sfruttare gli strumenti che il vedanta stesso offre e utilizzarli per se stessi e offrirne qui il frutto, ovvero il solito testimoniarsi per ciò che si è, e non per ciò che si immagina (di essere/conoscere). Troppo semplice quanto arduo, a quanto pare; molto più comodo invece speculare su questo o quel concetto che si è letto, senza metterci il proprio sedere.Mauro ha scritto:Ora capisco perchè il Buddha, a domande di natura metafisica, si rifiutava di rispondere: c'è il rischio di un ridondante intellettualismo che- a mio avviso- non risolve il problema della nostra dukkha.
I nodi si sciolgono lì dove stanno. Se ho un groviglio di nodi devo cominciare a sbrogliare quello più esterno, per arrivare a quelli più interni.
Io capisco il piacere della speculazione filosofica, ma l'importante è che non sia fine a se stessa.
Se ho una spina nel piede, a che pro domandarmi perchè si è infilata, ed andare a ritroso nelle cause/ concause che hanno portato la spina ad infilarsi... intanto la tolgo!
Badate, i saggi che nei secoli hanno parlato di Assoluto, è perchè lo hanno realizzato, altrimenti sono solo parole, che possono portare ad un conforto, ma che è solo psicologico, quindi evanescente... Parlo per esperienza personale.
Speriamo che gli amici (latriplice, nowhere, KaaRaa)si ravvedano e tornino in se stessi, in modo da rendere il dialogo più genuino, quindi anche più costruttivo volendo, per tutti.
Re: E' solo un'occhiata
Non c'è niente di cui ravvedersi, nè tantomeno "tornare in se stessi"...Speriamo che gli amici (latriplice, nowhere, KaaRaa)si ravvedano e tornino in se stessi, in modo da rendere il dialogo più genuino, quindi anche più costruttivo volendo, per tutti.
Ciascuno affronta il proprio percorso.
L'importante è che lo si chiami col suo nome: nel caso precipuo "speculazione filosofica".
È un grande strumento di consolazione che conosco molto bene.
Re: E' solo un'occhiata
con tornare in se stessi difatti, intendevo proprio questo, rendersi coscienti che questo procedere è solo meramente consolativo, una stampella mentale se vogliamo.Mauro ha scritto:Non c'è niente di cui ravvedersi, nè tantomeno "tornare in se stessi"...Speriamo che gli amici (latriplice, nowhere, KaaRaa)si ravvedano e tornino in se stessi, in modo da rendere il dialogo più genuino, quindi anche più costruttivo volendo, per tutti.
Ciascuno affronta il proprio percorso.
L'importante è che lo si chiami col suo nome: nel caso precipuo "speculazione filosofica".
È un grande strumento di consolazione che conosco molto bene.
Ma come dici giustamente tu, ciascuno affronta il proprio percorso
Re: E' solo un'occhiata
Hai perfettamente ragione Fedro. Lungi da me essere o sentirmi un realizzato, probabilmente non mi sento nemmeno un aspirante.Fedro ha scritto:con tornare in se stessi difatti, intendevo proprio questo, rendersi coscienti che questo procedere è solo meramente consolativo, una stampella mentale se vogliamo.Mauro ha scritto:Non c'è niente di cui ravvedersi, nè tantomeno "tornare in se stessi"...Speriamo che gli amici (latriplice, nowhere, KaaRaa)si ravvedano e tornino in se stessi, in modo da rendere il dialogo più genuino, quindi anche più costruttivo volendo, per tutti.
Ciascuno affronta il proprio percorso.
L'importante è che lo si chiami col suo nome: nel caso precipuo "speculazione filosofica".
È un grande strumento di consolazione che conosco molto bene.
Ma come dici giustamente tu, ciascuno affronta il proprio percorso
Tuttavia: visto che come hai detto, qui noi dovremmo condividere i frutti di ciò che abbiamo sperimentato sul sentiero Vedanta, come fai a discernere se un iscritto abbia realizzato veramente ciò che scrive o stia semplicemente facendo speculazioni? Se ci riesci, a mio avviso, il realizzato sei tu!
L'invito a tornare in se stessi per quanto mi riguarda è pienamente accolto, ma come fai tu a conoscere qual è "il mio me stesso", tanto da invitarmi a tornarci, se non ci siamo mai nemmeno intravisti?
Ti prego di non prenderla per una polemica, tuttavia qui si parte dal presupposto che l'altro non possa assolutamente essere un realizzato (nel mio caso la supposizione è corretta), e quindi lo si invita a rientrare nei ranghi. E cos'è il Vedanta se non una serie di satsang (discorsi-confronti) volti a risvegliare quella conoscenza (Vidya) che - sola - libera?
Dall'idea che mi sono fatto, la realizzazione non è "il più alto grado" dell'essere ma il più basso, la "base", per questo i saggi dicono che già lo siamo ecc...
Il testimone è andato "troppo avanti" fino a credersi il corpo (attraverso i campi della mente, emozioni, ecc), quindi deve tornare indietro (neti-neti) fino ad essere, "semplicemente".
Namasté
Re: E' solo un'occhiata
idemNowHere ha scritto:
Hai perfettamente ragione Fedro. Lungi da me essere o sentirmi un realizzato, probabilmente non mi sento nemmeno un aspirante.
Non credo che, se sia io che Mauro lo abbiamo colto, significhi che siamo realizzatiTuttavia: visto che come hai detto, qui noi dovremmo condividere i frutti di ciò che abbiamo sperimentato sul sentiero Vedanta, come fai a discernere se un iscritto abbia realizzato veramente ciò che scrive o stia semplicemente facendo speculazioni? Se ci riesci, a mio avviso, il realizzato sei tu!
A parte lo strumento discriminatorio che ci aiuterebbe (ma bisognerebbe avere pure la voglia..)
non credo ci voglia molto a capire che si sta ragionionando su teorie, e non discriminando, testimoniando se stessi
L'invito a tornare in se stessi per quanto mi riguarda è pienamente accolto, ma come fai tu a conoscere qual è "il mio me stesso", tanto da invitarmi a tornarci, se non ci siamo mai nemmeno intravisti?
Ti prego di non prenderla per una polemica, tuttavia qui si parte dal presupposto che l'altro non possa assolutamente essere un realizzato (nel mio caso la supposizione è corretta), e quindi lo si invita a rientrare nei ranghi. E cos'è il Vedanta se non una serie di satsang (discorsi-confronti) volti a risvegliare quella conoscenza (Vidya) che - sola - libera?
Dall'idea che mi sono fatto, la realizzazione non è "il più alto grado" dell'essere ma il più basso, la "base", per questo i saggi dicono che già lo siamo ecc...
Il testimone è andato "troppo avanti" fino a credersi il corpo (attraverso i campi della mente, emozioni, ecc), quindi deve tornare indietro (neti-neti) fino ad essere, "semplicemente".
Namasté
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Re: E' solo un'occhiata
Se può esservi di consolazione questa:
Io mi consolo invece con questa di Samkara:
"Brahma satyam, jagan mithya. Jivo brahmaiva naparah."
Che tradotto significa: Il Brahman è reale, il mondo è apparentemente reale (incluso l'individuo). Il jiva (pertanto) non è nient'altro che Brahman.
Il Brahman è sempre, solo che il jiva non ne può avere consapevolezza, perché [il jiva] è tale proprio per l'ignoranza.
Il Brahman è. Sempre.
Il jiva non può avere alcuna consapevolezza del Brahman.
In quanto il jiva in quanto jiva è proprio avidya, ignoranza metafisica.
Premadharma » 12/08/2016, 16:56
Forum pitagorico
Io mi consolo invece con questa di Samkara:
"Brahma satyam, jagan mithya. Jivo brahmaiva naparah."
Che tradotto significa: Il Brahman è reale, il mondo è apparentemente reale (incluso l'individuo). Il jiva (pertanto) non è nient'altro che Brahman.
Re: E' solo un'occhiata
Difatti sei libero di consolarti col pensiero che preferisci,latriplice ha scritto:Se può esservi di consolazione questa:
Il Brahman è sempre, solo che il jiva non ne può avere consapevolezza, perché [il jiva] è tale proprio per l'ignoranza.
Il Brahman è. Sempre.
Il jiva non può avere alcuna consapevolezza del Brahman.
In quanto il jiva in quanto jiva è proprio avidya, ignoranza metafisica.
Premadharma » 12/08/2016, 16:56
Forum pitagorico
Io mi consolo invece con questa di Samkara:
"Brahma satyam, jagan mithya. Jivo brahmaiva naparah."
Che tradotto significa: Il Brahman è reale, il mondo è apparentemente reale (incluso l'individuo). Il jiva (pertanto) non è nient'altro che Brahman.
d'altronde l'identificarsi con un pensiero (anche quando appare con una cifra negativa, ha una sua valenza giustificativa) è pur sempre consolazione
Re: E' solo un'occhiata
Dunque stai dicendo che citare un pensiero di Shankara non è consolativo, anche quando nientifica il soggetto che lo espone?latriplice ha scritto:
Strano, avevo capito il contrario, che fossi tu ad attribuirmi il tuo pensiero con la storiella della consolazione, ma a un realizzato si può perdonare tutto:
D'altronde sei ironico mi pare..dunque le tue affermazioni contengono questa ambiguità interpretativa
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Re: E' solo un'occhiata
Non capisco cosa mi stai chiedendo, di solito bado alla sostanza evitando di entrare in sterili intellettualismi onanistici (credo che quest'ultima sia un neologismo appena coniato). Pertanto esorto di entrare nelle nostre cellette in contemplazione meditativa. Namastè.
Re: E' solo un'occhiata
Ci tengo a precisare che la mia accezione di "consolatorio", riferito ad ogni discorso filosofico di ispirazione metafisica, non è assolutamente negativa, ma funzionale alla riflessione interiore.
Solo che, a mio avviso, per quanto ho capito della visione vedantica, il concetto di discriminazione tra "reale" e "non reale" non può essere una semplice enumerazione di dati (questo è il campo del Samkhya, piuttosto), ma una valutazione introspettiva su ciò che "noi siamo" in nuce.
Quindi, IMHO, ripetere le sentenze delle upanishad "argomentandole", le spoglia proprio di quel connotato intuitivo che si rivolge alla buddhi e non al manas.
Se le argomenti -ipso facto- speculi.
Nulla questio: come ho già detto, il mio manas ci va a nozze.
Solo che, a mio avviso, per quanto ho capito della visione vedantica, il concetto di discriminazione tra "reale" e "non reale" non può essere una semplice enumerazione di dati (questo è il campo del Samkhya, piuttosto), ma una valutazione introspettiva su ciò che "noi siamo" in nuce.
Quindi, IMHO, ripetere le sentenze delle upanishad "argomentandole", le spoglia proprio di quel connotato intuitivo che si rivolge alla buddhi e non al manas.
Se le argomenti -ipso facto- speculi.
Nulla questio: come ho già detto, il mio manas ci va a nozze.
Re: E' solo un'occhiata
latriplice ha scritto:
Io mi consolo invece con questa di Samkara:
"Brahma satyam, jagan mithya. Jivo brahmaiva naparah."
Che tradotto significa: Il Brahman è reale, il mondo è apparentemente reale (incluso l'individuo). Il jiva (pertanto) non è nient'altro che Brahman.
Da quale opera di Adi Shankaracharya è tratta questa citazione?
Re: E' solo un'occhiata
Non il Vivekacudamani.anam ha scritto:latriplice ha scritto:
Io mi consolo invece con questa di Samkara:
"Brahma satyam, jagan mithya. Jivo brahmaiva naparah."
Che tradotto significa: Il Brahman è reale, il mondo è apparentemente reale (incluso l'individuo). Il jiva (pertanto) non è nient'altro che Brahman.
Da quale opera di Adi Shankaracharya è tratta questa citazione?
brahma satyan jagan mithya jivo brahmaiva naparah
anena vedyam sac chastram iti vedantadindimah
Brahman è la realtà, il mondo è apparenza. Il jiva non è altri che Brahman stesso.
Quella grazie a cui ciò può essere appreso, quella è [da considerarsi] la vera Scrittura. Tale è l'asserzione del Vedanta.
Shankara, Brahmajnanavali 18, Opere Minori III, Ed Asram Vidya
Re: E' solo un'occhiata
Nel Vivekacudamani (sloka 20) c'è l'incipit citato, ma il resto del testo è differente. In questo śloka Shankara definisce, al più alto livello, il concetto di viveka (discriminazione) che permette di scegliere tra il permanente e l’impermanente:
brahma satyaṁ jagan-mithyetyevaṁ rūpo viniścayaḥ /
so ayaṁ nityānityavastuvivekaḥ samudāhṛtaḥ//
"Il discernimento tra reale e irreale si fonda sull’incrollabile convinzione che solo Brahman è reale (brahma satyaṁ) e che l’universo fenomenico è non-reale."
Lo śloka ribadisce che Brahman è l’unica realtà. L’universo è mityā, ossia qualcosa che può sembrare reale, ma che diventerà irreale; tale ferma convinzione è ciò che è stata prima descritta come nityānityavastuviveka: la discriminazione tra reale e non reale, permanente e impermanente.
brahma satyaṁ jagan-mithyetyevaṁ rūpo viniścayaḥ /
so ayaṁ nityānityavastuvivekaḥ samudāhṛtaḥ//
"Il discernimento tra reale e irreale si fonda sull’incrollabile convinzione che solo Brahman è reale (brahma satyaṁ) e che l’universo fenomenico è non-reale."
Lo śloka ribadisce che Brahman è l’unica realtà. L’universo è mityā, ossia qualcosa che può sembrare reale, ma che diventerà irreale; tale ferma convinzione è ciò che è stata prima descritta come nityānityavastuviveka: la discriminazione tra reale e non reale, permanente e impermanente.
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Re: E' solo un'occhiata
Incrollabile convinzione. Insomma bisogna essere convinti. Presumo che questa esortazione sia rivolta alla mente e non al Brahman. Quindi non è peccato di presunzione se lo pensa? Magari convinto di ciò che pensa?"Il discernimento tra reale e irreale si fonda sull’incrollabile convinzione che solo Brahman è reale (brahma satyaṁ) e che l’universo fenomenico è non-reale."
Re: E' solo un'occhiata
Si fonda.latriplice ha scritto:Incrollabile convinzione. Insomma bisogna essere convinti. Presumo che questa esortazione sia rivolta alla mente e non al Brahman. Quindi non è peccato di presunzione se lo pensa? Magari convinto di ciò che pensa?"Il discernimento tra reale e irreale si fonda sull’incrollabile convinzione che solo Brahman è reale (brahma satyaṁ) e che l’universo fenomenico è non-reale."
Vuol dire che l'opera di discernimento deve partire da quel presupposto, che è naturalmente mentale.
Il saggio ha realizzato la realtà del Brahman, e ce lo comunica.
Noi non lo abbiamo realizzato, ma fermi nella convinzione di quanto comunicatoci, possiamo iniziare il processo di discriminazione.
Quindi non pecca di presunzione il saggio che testimonia la realtà del Brahman e ce la comunica, ma chi ritiene che l'acquisizione di tale dato comunicativo possa di per sè definirsi "realizzazione".
-
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Re: E' solo un'occhiata
Tra la semplice acquisizione di tale dato "il discernimento tra reale e irreale si fonda sull'incrollabile convinzione che solo Brahman è reale e che l'universo fenomenico è non-reale", e l'inscuotibile certezza della sua veridicità a me sembra che ci sia un abisso.Mauro ha scritto:Si fonda.latriplice ha scritto:Incrollabile convinzione. Insomma bisogna essere convinti. Presumo che questa esortazione sia rivolta alla mente e non al Brahman. Quindi non è peccato di presunzione se lo pensa? Magari convinto di ciò che pensa?"Il discernimento tra reale e irreale si fonda sull’incrollabile convinzione che solo Brahman è reale (brahma satyaṁ) e che l’universo fenomenico è non-reale."
Vuol dire che l'opera di discernimento deve partire da quel presupposto, che è naturalmente mentale.
Il saggio ha realizzato la realtà del Brahman, e ce lo comunica.
Noi non lo abbiamo realizzato, ma fermi nella convinzione di quanto comunicatoci, possiamo iniziare il processo di discriminazione.
Quindi non pecca di presunzione il saggio che testimonia la realtà del Brahman e ce la comunica, ma chi ritiene che l'acquisizione di tale dato comunicativo possa di per sè definirsi "realizzazione".
Tu parli di presupposto, di requisiti minimi, come di un atto preparatorio (la convinzione) ad un processo di discriminazione che può impiegare un vita intera, come presumo tu sia convinto, e io invece ti propongo un'altra chiave di lettura: l'incrollabile convinzione che solo Brahman è reale e che l'universo è non-reale è il discernimento, è liberazione (moksha).
Tu perlomeno hai raggiunto questo requisito minimo? Sei convinto del messaggio che reca in se la comunicazione del saggio?
56. La liberazione (moksha) non si ottiene né con lo yoga né col samkhya, né col rito, né con la conoscenza eruditiva ma con il riconoscimento dell'identità dell'atman con Brahman. Non vi è altro mezzo.
Vivekacudamani
Re: E' solo un'occhiata
L'abisso sta tra il testimoniare un fatto e credere nella sua veridicità.Tra la semplice acquisizione di tale dato "il discernimento tra reale e irreale si fonda sull'incrollabile convinzione che solo Brahman è reale e che l'universo fenomenico è non-reale", e l'inscuotibile certezza della sua veridicità a me sembra che ci sia un abisso.
No, perchè non mi basta credere ad un messaggio. Io voglio vivere quella testimonianza comunicata dal saggio.Tu perlomeno hai raggiunto questo requisito minimo? Sei convinto del messaggio che reca in se la comunicazione del saggio?
Re: E' solo un'occhiata
Anche per me è così: voglio realizzare, non esserne semplicemente "convinto"Mauro ha scritto:L'abisso sta tra il testimoniare un fatto e credere nella sua veridicità.Tra la semplice acquisizione di tale dato "il discernimento tra reale e irreale si fonda sull'incrollabile convinzione che solo Brahman è reale e che l'universo fenomenico è non-reale", e l'inscuotibile certezza della sua veridicità a me sembra che ci sia un abisso.
No, perchè non mi basta credere ad un messaggio. Io voglio vivere quella testimonianza comunicata dal saggio.Tu perlomeno hai raggiunto questo requisito minimo? Sei convinto del messaggio che reca in se la comunicazione del saggio?
Re: E' solo un'occhiata
Da quel che dici quindi, la convinzione non è più un pensiero (vritti) ma la piena identità, quindi riconoscimento atman/Brahman, moksha.latriplice ha scritto: l'incrollabile convinzione che solo Brahman è reale e che l'universo è non-reale è il discernimento, è liberazione (moksha).
56. La liberazione (moksha) non si ottiene né con lo yoga né col samkhya, né col rito, né con la conoscenza eruditiva ma con il riconoscimento dell'identità dell'atman con Brahman. Non vi è altro mezzo.
Vivekacudamani
Mi, ti chiedo quindi: ci può mai essere identità in presenza di un pensiero?
A me un riconoscimento accade quando la mente è totalmente sgombera di pensieri, ad esempio, e da cui l'identità tra l'essente e l'essere.