Il gruppo che cura Vedanta.it inizia ad incontrarsi sul web a metà degli anni 90. Dopo aver dialogato su mailing list e forum per vent'anni, ha optato per questo forum semplificato e indirizzato alla visione di Shankara.
Si raccomanda di tenere il forum libero da conflittualità e oscurità di ogni genere.
Grazie

Tutto scorre...

La via del cuore, della devozione. L'abbandono al Divino per trascendere il divenire.
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blue_scouter
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Tutto scorre...

Messaggio da blue_scouter » 04/12/2023, 16:45

È da parecchio che non “navigo” su questo forum e che non leggo il relativo periodico (pur continuando ad archiviarlo nel mio PC). Eppure c’è un articolo proprio del periodico Vedanta – uscito un po’ di tempo fa – che continua a ronzarmi nella testa: si tratta – se non ricordo male – di un breve scritto in cui si parlava di due fasi del processo realizzativo: la fase negativa (neti, neti: non questo, non questo) e la fase positiva (iti, iti: è questo, è questo). Non scendo nel dettaglio delle due fasi – e poi a che servirebbe, non potrei mica parlare da reale “conoscitore”. Vorrei solo esprimere un pensiero che, sebbene in forma alquanto confusa, continua a ripresentarsi alla mia mente: l’amore non muore, l’amore è eterno. Ed esso (l’amore) è, in un certo senso, un “anticipo” di eternità che sperimentiamo, sin da ora, in questo dannato relativo dove tutto sembra scorrere inesorabilmente, apparendo dal nulla e al nulla facendovi ritorno. Forse però le cose che abbiamo davvero amato, una volta morte, ritorneranno a nuova vita. Dando così origine a quel ciclo chiamato vita...

cielo
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da cielo » 05/12/2023, 15:28

blue_scouter ha scritto:
04/12/2023, 16:45
È da parecchio che non “navigo” su questo forum e che non leggo il relativo periodico (pur continuando ad archiviarlo nel mio PC). Eppure c’è un articolo proprio del periodico Vedanta – uscito un po’ di tempo fa – che continua a ronzarmi nella testa: si tratta – se non ricordo male – di un breve scritto in cui si parlava di due fasi del processo realizzativo: la fase negativa (neti, neti: non questo, non questo) e la fase positiva (iti, iti: è questo, è questo). Non scendo nel dettaglio delle due fasi – e poi a che servirebbe, non potrei mica parlare da reale “conoscitore”. Vorrei solo esprimere un pensiero che, sebbene in forma alquanto confusa, continua a ripresentarsi alla mia mente: l’amore non muore, l’amore è eterno. Ed esso (l’amore) è, in un certo senso, un “anticipo” di eternità che sperimentiamo, sin da ora, in questo dannato relativo dove tutto sembra scorrere inesorabilmente, apparendo dal nulla e al nulla facendovi ritorno. Forse però le cose che abbiamo davvero amato, una volta morte, ritorneranno a nuova vita. Dando così origine a quel ciclo chiamato vita...
Ciao Blue scouter, contenta di risentirti.

Vero che l'amore non muore e che è eterno, solo che se lo leghiamo al ciclo chiamato vita, scopriamo che non è eterno, va e viene, è in divenire. Le forme appaiono e scompaiono in moto perpetuo. Noi, quali "conoscitori del campo", del nostro spazio esistenziale, avremo modo di conoscere "l'amore", sperimentando l'attrazione polare per altre forme, cominciando da quelle che ci hanno donato la vita.

Però ciò che non muore non è nemmeno nato, per essere eterno. Altrimenti che Eterno sarebbe?

L'eternità non è solo "eterna" verso il futuro, ma anche verso il passato.
E pare che il momento presente sia l'unico punto dal quale cogliere l'Unità del Tutto manifesto restando "aperti" a questo continuo fluire tra la pienezza della vita e la vuotezza della morte, quel ciclo animato da infinite forme cangianti, quell'andare e venire continuo. Fenomeni e apparenze, reali per un flash di tempo-spazio. Eppure lo sguardo "eterno" del Conoscitore dell'intero campo ha in sè tutte le forme, senza soluzione di continuità. Nessuno che nasce, nessuno che muore.
Qui a me aiuta il neti neti, a ricordarmi che non sono questo corpo, non sono questa mente sensoriale, non sono le emozioni, il nome forma, i personaggi che indosso. Ṅon sono ciò che credo di essere. Eppure sono, forma dell'Essere, fotogramma del film sullo schermo eterno e immobile.

Dice la Gīta:

«Sappi che Io sono il Conoscitore del campo di tutti i campi».

Dal nostro punto di vista "umano" possiamo dire: “Lui è il Conoscitore", io non lo sono, lo diventerò". E ci creiamo la meta. il percorso, l'andare da A a B, siamo sempre nel duale, nel prima e nel dopo.
E poi potremmo anche sorprenderci a non avere chiarezza sul chi sia questo "Lui" che insieme al me creerebbe il due, in attesa di tornare all'Uno inseparabile che Lui è. Giochi della mente. Pensiamo di muoverci, ma l'Essere (uno) è e non diviene.

E l’Eterno, dal suo punto di vista, non vede i “molti campi", non essendoci separazione nel suo continuum.
Ovunque Lui guardi, vede solo sè stesso. L'Essere è, senza fine, nè inizio. E' il supremo Osservatore, l'Ordinatore interno, che non proietta alcuna memoria, vive nel presente e osserva il presente, qualsiasi punto cade al suo interno, essendo infinito.
L'Eterno non esce mai dalla sua Eternità, non esce mai dalla coscienza di sè stesso, il suo moto è solo apparente. Il Sè è Amore e l'Amore è il Sè.

Noi invece cerchiamo fuori qualcosa/qualcuno per ricomporre, passando per il due, l'Unità, l'E'ternità, il puro Amore, la pura Armonia...Ci manca sempre qualcosa.
Ma essendo potenzialmente ad immagine e somiglianza di Quello, forse potremmpo portare lo sguardo all'interno e scoprire lì il miracolo della "Cosa unica" dentro di noi, come diceva nonno Ermete Trismegisto nella sua tavola smeraldina.

Ecco che possiamo comprendere l'insegnamento che dice il vero amore è non-duale, è identità con Quello, non è sentimento tra un soggetto e un oggetto. Non sappiamo granchè cosa sia l'amore, anzi l’Amore. Sperimentiamo stati che poi si dissolvono e mutano continuamente.

Quella beatitudine della gioia di esistere, fuoco nel fuoco, Ananda, è altro e possiamo solo intuirne l'immensità, la meraviglia.
Viviamo perlopiù l'amore duale ed emotivo, che proietta immagini e sensazioni, attratto e respinto dall'oggetto desiderato e "amato", fino a che non diventa odiato e negato...

Sul "ciclo della vita" e sul ritorno ad essa, nell'eterno fluire, un altro passo della Gīta che mi piace particolarmente:

32. Io sono il Tempo, distruttore dell’universo pervenuto a maturazione e quindi (sono)
occupato a dissolvere le stirpi (degli uomini). Anche senza il tuo intervento questi guerrieri, schierati in opposte file, si dissolveranno.

33. Perciò sorgi e conquista la gloria; trionfa sugli avversari e impegnati per un prospero regno. (Sappi che) questi guerrieri da gran tempo sono da Me considerati già scomparsi. Tu sei solo lo strumento, o Savyasācin (di ciò che dovrà essere).

34. Droṇa, Bhīṣma, Jayadratha, Karṇa e similmente gli altri valenti eroi, che da Me sono già stati soppressi, distruggi, senza alcuna paura; combatti e vincerai i tuoi nemici.”


Commento di Raphael:

Kṛṣṇa svela il suo volto śivaita: sul piano del manifesto ogni cosa, che proviene poi da Me, nasce e muore; per Me un ente-evento non fa in tempo a nascere che già è dileguato, riportato nel non formale, trasceso.
L’universo dei nomi e delle forme non è altro che un caleidoscopico emergere e svanire, travaglio di elementi, di atomi che vengono, spariscono, ritornano in un turbinio incessante. Vita: eternità e baleno, potenza e svigorio, attimo eternale, apparizione e scomparsa.
Arjuna, discepolo kṣatriya, è lo strumento dell’ineluttabile tramonto della forma. È Kṛṣṇa in persona che gli ordina di eseguire il Dharma cosmico, venuto a maturità. Noi, semplici viandanti sulla via del conflitto, non possiamo seguire l’ordine impartito ad Arjuna; non siamo strumenti dell’universale, non possiamo uccidere, quantunque conosciamo l’inevitabile svanire della forma. Un karma negativo, certo, si raccoglierebbe sulle nostre spalle qualora uccidessimo. Ogni jīva ha il diritto, come noi, di ‘sognare’, ogni jīva ha il diritto di vivere e lottare per scorgere quel faro che, prima o poi, lo condurrà nel grande porto della beatitudine. È bene riflettere sul primo verso del sūtra 32: “ Io sono il Tempo, distruttore dell’universo pervenuto a maturazione...”. Śiva si svela solo quando la messe è matura.

(brani tratti dalla Bhagavadgītā, Il canto del Beato, traduzione e commento di Raphael, edizioni Āśram Vidyā ora Parmenides)

latriplice
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da latriplice » 06/12/2023, 0:38

Teano » 24/03/2011

Cos'è l'amore.
(Un punto di vista)

Nel neti neti si dissolve ogni contenuto, dissolvendo ogni contenuto svanisce l'io. Svanito l'io, svanisce il mondo, svanisce l'altro.

L'iti iti ricostruisce l'altro senza ricostruire l'io.

L'amore è la considerazione dell'altro senza alcun contributo soggettivo.

L'amore è infatti incondizionato, esso non è relato ad alcuna egoità.

Anche nella visione Advaita è presente l'amore, specificatamente nella relazione Maestro-discepolo. Essendo detta la presenza del saggio irrinunciabile o uno dei requisiti.

Parimenti dovrebbe essere nel rapporto fra aspiranti che condividono la via.

La spietatezza andrebbe usata nei propri confronti.

Mettere l'altro di fronte a sé stesso, se non richiesto, è una violenza inutile.

Anche perché ciascuno cammina comunque con le proprie gambe, non certo con le nostre, e col proprio passo. Fare fretta, tirare, spingere o strattonare, senza l'amore e senza la reciproca comprensione e accettazione, e senza distacco, non aiuta.

latriplice
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da latriplice » 06/12/2023, 15:25

Sat cit ananda è tutto ciò che sei.

Esistenza, il fatto che sei; Coscienza, il fatto che sai di essere; beatitudine, l'assenza di un "io" separativo, è la tua natura non duale, l'essenza stessa dell'amore.

E anche quando quel "sai di essere " cade nell'oblio come nel sonno profondo, sperimenti comunque te stesso in quanto tua assenza.

Nello scambiare la corda (sat cit ananda) per il serpente (nama rupa), concomitante all'apparenza serpente abbiamo il suo testimone, spesso inosservato, affascinati come siamo dalla proiezione.

Che il testimone rimanga tale oppure coinvolto con la proiezione serpente, sempre di un "io" separativo si tratta.

Finché tale io rimane inosservato, l'ignoranza persiste.

24. Se c'è il "tu", c'è l' "io"; se non c'è il "tu", non c'è l' "io". Se c'è "questo", c'è "quello"; in assenza di "quello", non c'è neppure "questo". (Ribhu Gita, primo capitolo)

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cannaminor
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da cannaminor » 06/12/2023, 17:17

Tutto scorre, panta rei….Nella fisica-chimica del secolo scorso (e quello prima ancora) erano giunti a dire che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si tras-forma. Il che è un modo di dire che la forma non si crea e non si diustrugge ma solo si trasforma, morendo a quella forma in un dato momento (tempo) e rinascendo a nuova forma in altra successiva (sempre tempo) e così di seguito all’infinito...tutto scorre; nel senso che tutto nasce e muore e rinasce e rimuore etc etc….
Il che è un modo di interpretare il tempo, il divenire e lo scorrere del tempo stesso col nascere e morire della forma, e rinascere e rimorire etc. Ovviamente questa visione non spiegava quale fosse la causa prima, la “prima forma” e da dove questa fosse giunta e\o stata creata, così come nello scorrere; il tutto scorre, non spiega da dove questo “tutto” ha iniziato a scorrere e cosa cavolo facesse prima di scorrere. Una possibile spiegazione è quella creazionista, nel senso che prima di tutto c’era un “buon dio” che non avendo nulla da fare (di meglio) un bel giorno (un suo giorno che non ha nulla a che fare coi nostri di giorni) ha dato il via allo scorrere della forma…

1 In principio Dio creò il cielo e la terra.
2 Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
4 Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre
5 e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno…

Tutto scorre - Panta rei…. ma in questo scorrere, eterno scorrere, ad un certo punto inserisci queste tue parole: “l’amore non muore, l’amore è eterno...”. Come ti è stato fatto notare, da un punto di vista meramente filosofico-logico, ciò che non muore è necessariamente anche mai nato. Nel senso che può morire solo ciò che ha avuto nascita, così come solo ciò che ha avuto nascita può morire.
Esiste un tramonto perché c’è stata un’alba, esiste la morte perché c'è la nascita, così come si potrebbe anche aggiungere esiste una nascita perché c’è stata una morte. La “forma” nasce e muore, ma non si distrugge. E’ nella natura conformarsi così come disformarsi, continuamente, in un continuo fluire di forme, che nascono e muoiono e rinascono e rimuoiono. In questo senso anche la “forma” è eterna, perché si trasforma continuamente, scorre continuamente, e trova la sua eternità (temporalità) proprio in questo suo scorrere continuo. Un atomo, un elettrone, un quark, un neutrino, un fotone che vita hanno, per quanto tempo scorrono nelle mille e ancor mille forme che vanno a con-formare. Il creato scorre da quando è stato creato, e già questo è controverso dirlo, perché lo spazio-tempo è connaturato-consustanziale al bigbang e non uno spazio-tempo (preesistente, scatolone vuoto) in cui il fenomeno bigbang accade ed inizia a scorrere. Quindi secondo l’analogia, lo scorrere, il “tutto scorre” è scorrere a se stesso, non c’è un inizio (né una fine) dello scorrere, è lo scorrere stesso che “crea” il tempo-spazio di cui scorre; più che crea si dovrebbe dire è lo spazio-tempo di cui scorre. Per paradossale che possa suonare tutto scorre perché (è) tutto scorre.

Una volta, se non ricordo male, avevi parlato di un tuo “amico esperto di Advaita Vedanta”; che ne è stato e cosa ti ha detto, se interrogato in merito, al tutto scorre e all’amore, che non muore mai?

Te lo chiedo perché qualsiasi domanda si ponga e peggio ancora “ci” si ponga, di ogni domanda posta è opportuno definirne in contesto e l’ambito in cui la si pone. Se ci si intterroga di\su Dio è un contesto, sull’Uno-Unità altro (consimile ma non identico); sullo zero e sull’assoluto altro ancora. Ogni domanda merita e spetta la risposta in base al contesto in cui viene posta; parli di amore e menzioni l’amore. Ma sai di quanti amori si può parlare ed in quanti contesti e\o piani lo si può declinare? Tanti….troppi forse. Definire il contesto operativo è fondamentale a se stessi per primi per darsi una risposta, non dico definitiva, perché non lo sono mai, ma almeno relativa al contesto in cui è stata posta la domanda. Poi quando cambierà il contesto, cambierà anche la domanda e relativa risposta data. E questo lo dico, non in rapporto al prossimo ed alle risposte ottenute dal prossimo (amici esperti di advaita vedanta o meno) ma principalmente se non solamente a se stessi, alle domande che ci poniamo ed alle risposte (provvisorie) che ci diamo. Più definiamo il contesto ed il piano in cui si colloca la domanda meglio e più accurata ed esauriente sarà la risposta che riusciamo a darci, e parlo sempre al singolare ed in prima persona, non degli altri, non delle risposte altrui etc etc.

Buone domande (e buone risposte) blue scouter….

latriplice
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da latriplice » 07/12/2023, 11:09

Blue_scouter ha scritto:

È da parecchio che non “navigo” su questo forum e che non leggo il relativo periodico (pur continuando ad archiviarlo nel mio PC). Eppure c’è un articolo proprio del periodico Vedanta – uscito un po’ di tempo fa – che continua a ronzarmi nella testa: si tratta – se non ricordo male – di un breve scritto in cui si parlava di due fasi del processo realizzativo: la fase negativa (neti, neti: non questo, non questo) e la fase positiva (iti, iti: è questo, è questo). Non scendo nel dettaglio delle due fasi – e poi a che servirebbe, non potrei mica parlare da reale “conoscitore”. Vorrei solo esprimere un pensiero che, sebbene in forma alquanto confusa, continua a ripresentarsi alla mia mente: l’amore non muore, l’amore è eterno. Ed esso (l’amore) è, in un certo senso, un “anticipo” di eternità che sperimentiamo, sin da ora, in questo dannato relativo dove tutto sembra scorrere inesorabilmente, apparendo dal nulla e al nulla facendovi ritorno. Forse però le cose che abbiamo davvero amato, una volta morte, ritorneranno a nuova vita. Dando così origine a quel ciclo chiamato vita...
Anche nel processo realizzativo tipico dell'Alchimia si affrontano queste due fasi di discriminazione (neti neti) e di integrazione (iti iti).
L'Opera alchemica nella sua fase iniziale, la nigredo, prende in considerazione lo stato coscienziale di partenza identificato con l'apparato psicosomatico riassumibile nel concetto "io sono questo". Quando poi questa fase di completa disidentificazione dall'apparato psicosomatico ha termine si raggiunge l'albedo, la Coscienza impersonale riassumibile nel concetto "io sono". L'ultima fase, la rubedo, consiste nel risolvere la separazione che sussiste tra l' "io sono" ed il "quello", i nomi e le forme che costituiscono la tua manifestazione, tutto il conoscibile ed il percepibile universale, in modo che si realizzi ciò che effettivamente è presente: "Sono". Quando cade l'ultima vestigia dell'ignoranza, l' io, ciò che rimane è la beatitudine (ananda) dell'indifferenziato, l'amore che non muore a cui ti riferisci.

Finché in te è presente l'io, tu sei il reale "conoscitore", colui che sperimenta "questo dannato relativo dove tutto sembra scorrere inesorabilmente" ed in virtù della sua stessa presenza il tutto dal nulla appare, ed in sua assenza, il tutto nel nulla scompare.

Tu sei il problema, ma anche la soluzione.

blue_scouter
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da blue_scouter » 25/12/2023, 14:52

Grazie per le vostre generose risposte al mio post. Queste risposte – lo devo confessare – mi hanno un po’ spiazzato e, lì per lì, non sapevo bene come argomentare nei loro confronti. Però una cosa mi appariva come certa: quelle sollecitazioni una risposta la meritavano proprio, anche se questa non fosse stata alla loro altezza. Allora rieccomi qui.
Cielo ha espresso una profonda verità quando dice:
Vero che l’amore non muore e che è eterno, solo che se lo leghiamo al ciclo chiamato vita, scopriamo che non è eterno, va e viene, è in divenire […] Però ciò che non muore non è nemmeno nato, per essere eterno. Altrimenti che Eterno sarebbe? L’eternità non è solo “eterna” verso il futuro, ma anche verso il passato.
Eterno, se ben ricordo, non è tanto ciò che si estende infinitamente (o indefinitamente) nel tempo, ciò che non ha né principio né fine, ma la radicale assenza della dimensione temporale, una radicale assenza del passato e del futuro, i quali “collassano” in un presente che è appunto eterno, vale a dire senza tempo. L’eternità per me è insomma l’arrestarsi del moto-apparente del tempo: sicché in una condizione in cui tutto è – per così dire – “fermo” che senso avrà parlare di un inizio o di una fine, di un prima o di un dopo, ecc.? Rimane solo l’adesso.
Cito ancora le parole di Cielo:
E l’Eterno, dal suo punto di vista, non vede i “molti campi”, non essendoci separazione nel suo continuum. Ovunque Lui guardi, vede solo sé stesso. L’Essere è, senza fine, né inizio. […] L’eterno non esce mai dalla sua Eternità, non esce mai dalla coscienza di sé stesso, il suo moto è solo apparente. Il Sé è Amore e l’Amore è il Sé. […] Viviamo per lo più l’amore duale ed emotivo, che proietta immagini e sensazioni, attratto e respinto dall’oggetto desiderato e “amato”, fino a che non diventa odiato e negato…
Ma se non è l’eterno a muoversi e a produrre il moto del tempo, altrimenti l’eterno non sarebbe più tale – moto che, come abbiamo visto, in realtà è solo apparente – chi o che cosa è ciò che si muove, facendo sì che il fisso ci appaia come non-fisso? Io, personalmente, credo che sia la nostra mente colei che muovendosi dà origine a questa sensazione – che è prima di tutto è psicologica, e perciò relativa – del fluire temporale. Un po’ come in alcune specie di cinodromi, in cui sul dorso del cane è attaccato un meccanismo che fa muovere un’asta con all’altra estremità un peluche o un pezzo di carne: il cane si affanna per cercare di prendere la preda, che non raggiungerà mai, perché è lui stesso, con la sua corsa, a farla muovere. Tragica metafora di molte nostre vite. Tornando invece alla mente individuale che causerebbe il “moto-vita” perché sarebbe colei quella che si muove. Ma questa mente non è, alla fine dei conti, quello stesso Essere-eterno e senza-secondo, ma gravato dalla identificazione col mondo della individualità (nama-rupa)? Detto altrimenti: mente-individuale, sé-transpersonale e sé-cosmico sono la stessa cosa, a diversi livelli di identificazione. Stiamo parlando sempre della stessa coscienza sebbene essa si presenti sotto forma di diversi stati vibratori. Allora è lecito chiedersi: questa coscienza è fissa o si muove in qualche modo? La risposta a questo interrogativo nel Vedanta advaita non l’ho trovata (forse ho cercato superficialmente…). Il vedanta ci dice che l’unica realtà è l’assoluto, uno senza-secondo o zero-metafisico e che il divenire o realtà fenomenica ha, appunto, un livello minore di realtà, anche se non ne comprendiamo il perché. Insomma del divenire sappiamo solo che esiste, dunque che ha avuto un inizio e avrà una fine, e che come dice cannaminor, in un lungo passo che qui sotto cito, esso è destinato a rinascere e poi a morire nuovamente, in una continua ciclicità. Riporto qui il suo scritto perché lo ritengo significativo:
la forma non si crea e non si distrugge ma solo si trasforma, morendo a quella forma in un dato momento (tempo) e rinascendo a nuova forma in altro successivo (sempre tempo) e così di seguito all’infinito...tutto scorre; nel senso che tutto nasce e muore e rinasce e rimuore etc. […] Come ti è stato fatto notare, da un punto di vista meramente filosofico-logico, ciò che non muore è necessariamente anche mai nato. Nel senso che può morire solo ciò che ha avuto nascita, così come solo ciò che ha avuto nascita può morire. In questo senso anche la “forma” è eterna, perché si trasforma continuamente, scorre continuamente, e trova la sua eternità (temporalità) proprio in questo suo scorrere continuo.
E, se il nostro fosse solo un problema di linguaggio: se inizio e fine avessero, come parole, senso sono in un certo odine concettuale. Prendiamo un esempio tratto della geometria euclidea (quella che si studia a scuola): in un segmento c’è un inizio e una fine; però in una circonferenza qual è il punto iniziale e quello finale: non c’è! O, per meglio dire, l’inizio e la fine possono essere posti arbitrariamente ovunque. Nessun inizio e nessuna fine, quindi ogni punto della circonferenza può essere un inizio o una fine. O un nuovo inizio.
Buon Natale, Buon Sole invitto, amici vedantini!

P.S.
Se posso, posterò un’altra domanda sempre sul tema bhakti. Purtroppo il mio amico, “appassionato” di advaita vedanta, non è più mio amico. Panta rei.

latriplice
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da latriplice » 26/12/2023, 11:37

blue_scouter ha scritto:

Allora è lecito chiedersi: questa coscienza è fissa o si muove in qualche modo? La risposta a questo interrogativo nel Vedanta advaita non l’ho trovata (forse ho cercato superficialmente…). Il vedanta ci dice che l’unica realtà è l’assoluto, uno senza-secondo o zero-metafisico e che il divenire o realtà fenomenica ha, appunto, un livello minore di realtà, anche se non ne comprendiamo il perché.
La risposta a questo quesito lo trovi nelle karika di Gaudapada presenti nella Mandukya Upanisad:

Se il mondo fenomenico avesse una qualsiasi esistenza, allora cesserebbe di esistere, ma questa molteplicita’, che e’ maya, non e’ altro che non-dualita’, la quale e’ la sola realta’.
Agama Prakarana 17

La conoscenza distintiva viene a cessare in quanto immaginata da un essere particolare .
Questa spiegazione ha per scopo di facilitare l’insegnamento; la dualita’ cessa di esistere quando viene conseguita la realizzazione.

Agama Prakarana 18


Per l’identita’ della percezione, riconosciuta per inferenza, i saggi dicono che gli stati di sogno e di veglia sono della stessa natura.
Vaitathya Prakarana 5



Cio’ che e’ non-reale al principio e alla fine deve essere necessariamente non-reale nell’intervallo. Per quanto gli oggetti (di veglia) siano della stessa natura irreale (di quelli di sogno), tuttavia vengono considerati reali.
Vaitathya Prakarana 6



La suprema verita’ e’ questa : non vi e’ nascita ne dissoluzione, ne aspirante alla liberazione ne liberato, ne alcuno che sia in schiavitu’.
Vaitathya Prakarana32



E’ per virtu’ di maya con l’esclusione di ogni altra possibilita’ che questo non-nato (Brahman senza secondo) puo’ differenziarsi.
Se la differenziazione dovesse essere reale , allora l’immortale diverrebbe mortale.

Advaita Prakarana 19



I dualisti affermano la nascita di cio’ che e’ non –nato.
Ma come puo’ cio’ che e’ non-nato e immortale divenire mortale?

Advaita Prakarana 20



Come nello stato di sogno la mente , tramite il movimento mayahico, presenta l’apparenza della dualita’, cosi’ nello stato di veglia la mente, tramite lo stesso movimento mayahico, sembra produrre la dualita’.
Advaita Prakarana 29



Non vi e’ alcun dubbio che nel sogno la mente, per quanto una , appaia duale (soggetto –oggetto) ; cosi’ nello stato di veglia , la mente, per quanto una , appare scissa.
Advaita Prakarana 30



Questa molteplicita’ compreso cio’ che si muove e cio’ che non si muove percepita dalla mente, e’ sempre rappresentata dalla stessa mente perche’ la dualita’ non viene piu’ percepita quando la mente cessa di operare.
Advaita Prakarana 31



Quando la mente – come conseguenza della realizzazione della verita’, che e’ il se’ – non pensa piu’, cessa di essere mente e, nell’assenza di cose da percepire, diviene non percipiente.
Advaita Prakarana 32



Quando la mente cessa di operare non vi e’ piu’ niente che possa essere accettato o rifiutato, per cui la conoscenza si risolve nell’Atman senza nascita e senza cambiamento.
Advaita Prakarana 38



Questo (Brahman) che riposa in se stesso, e’ estinzione di ogni sofferenza, e’ inesprimibile, e’ suprema beatitudine senza nascita, e’ identico al conoscibile non nato, e’onnisciente.
Advaita Prakarana 47



L’immortale non puo’ divenire mortale , ne il mortale puo’ divenire immortale perche’ un dato in nessun modo puo’ cambiare la propria natura.
Alatasanti Prakarana 7



E’ la coscienza – senza nascita, senza moto e non grossolana, e allo stesso tempo tranquilla e non duale – che sembra nascere, muoversi ed avere qualita’.
Alatasanti Prakarana 45



Come il movimento di un tizzone ardente sembra avere una linea dritta o curva, cosi’ la coscienza in movimento appare essere il conoscitore e il conosciuto.
Alatisanti Prakarana 47



Come il tizzone ardente quando non e’ in moto diviene libero dalle apparenze e dalla nascita, cosi’ la coscienza quando non e’ in movimento rimane libera dalle apparenze e dalla nascita
Alatasanti Prakarana 48



Finche’ vi e’ rappresentazione mentale della causalita’, la ruota senza fine delle nascite e delle morti continua a girare. Ma quando il pensiero della causalita’ viene risolto, nascite e morti cessano di prodursi.
Alatasanti Prakarana 56



Gli enti che nascono, in realta’ non nascono perche’ la loro nascita e’ vista attraverso la maya e questa stessa maya non ha alcuna realta’ assoluta.
Alatasanti Prakarana 58



Come nel sogno la mente si modifica producendo l’apparenza della dualita’, cosi’ nello stato di veglia la mente si modifica producendo nozioni duali.
Alatasanti Prakarana 61



Assolutamente nessun ente e’ mai nato perche’ nessuna causa vi e’ stata per tale nascita. La verita’ ultima e’ che assolutamente niente e’ nato.
Atalasanti Prakarana 71



Questa dualita’, caratterizzata dal soggetto-oggetto, e’ una semplice modificazione mentale. Ma (dal punto di vista della realta’ suprema) la mente non entra in contatto con nessun oggetto esterno indipendente, percio’ essa e’ senza relazione (asparsa).
Atalasanti Prakarana72



Dopo aver realizzato l’assenza di causalita’ in quanto verita’ ultima, si accede allo stato di liberazione che e’ esente da dolore, da desiderio e da paura.
Atalasanti Prakarana 78


In sostanza è soltanto attraverso le rappresentazioni mentali che l'Assoluto può (apparentemente) scindersi e "vedersi" altro da sè. Ignori di essere l’impersonale, l’immutabile, l’illimitata e ordinaria Coscienza non nata, non agente e non duale, e a causa di questa ignoranza immagini di essere ciò che in realtà non sei. La rappresentazione mentale derivante genera l’apparente alterità che ci sia qualcos’altro oltre a te, che sia universo, persona o cosa, inclusa la mente stessa. Pertanto il credere al rapporto duale di soggetto-oggetto, tu e l’altro che questa proiezione mentale comporta, costituisce l'elemento fondante a sostegno dell'intero spettacolo a cui segue l'identificazione con l’oggetto proiettato e l'inevitabile comparsa dell'ego-sperimentatore sul palcoscenico della vita.

Come ti ho accennato in precedenza, concepirsi come un io, anche nella veste del testimone non identificato con gli oggetti della sua espressione, è la causa apparente della separazione e di conseguenza della creazione di un centro autoreferenziale che mette il "me" in relazione con il movimento percepito generando l'apparente dualità della manifestazione fenomenica che è l'essenza stessa della mente.

L' io è il problema, ma anche la soluzione.

cielo
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Re: Tutto scorre...

Messaggio da cielo » 27/12/2023, 9:44

blue_scouter ha scritto:
25/12/2023, 14:52
Grazie per le vostre generose risposte al mio post. Queste risposte – lo devo confessare – mi hanno un po’ spiazzato e, lì per lì, non sapevo bene come argomentare nei loro confronti. Però una cosa mi appariva come certa: quelle sollecitazioni una risposta la meritavano proprio, anche se questa non fosse stata alla loro altezza. Allora rieccomi qui.
Cielo ha espresso una profonda verità quando dice:
Vero che l’amore non muore e che è eterno, solo che se lo leghiamo al ciclo chiamato vita, scopriamo che non è eterno, va e viene, è in divenire […] Però ciò che non muore non è nemmeno nato, per essere eterno. Altrimenti che Eterno sarebbe? L’eternità non è solo “eterna” verso il futuro, ma anche verso il passato.
Eterno, se ben ricordo, non è tanto ciò che si estende infinitamente (o indefinitamente) nel tempo, ciò che non ha né principio né fine, ma la radicale assenza della dimensione temporale, una radicale assenza del passato e del futuro, i quali “collassano” in un presente che è appunto eterno, vale a dire senza tempo.

L’eternità per me è insomma l’arrestarsi del moto-apparente del tempo: sicché in una condizione in cui tutto è – per così dire – “fermo” che senso avrà parlare di un inizio o di una fine, di un prima o di un dopo, ecc.? Rimane solo l’adesso.
Appunto, rimane solo l'adesso, ma perchè ciò accada, perchè splenda autonomamente quella Gioia e Pienezza che è la nostra natura profonda, il Sè, la Pura Coscienza unitaria e senza soluzione, è necessario un arretramento dal mondo del relativo, dai desideri, dalle aspettative, dai tentativi di mettere "in ordine" il mentale che opera nel duale, giudicando, condannando, valutando, confrontando, e anche trovando sostegno nei concetti e nelle grandi affermazioni delle Scritture,i "gioielli" della discriminazione tra Reale e irreale, transitorio ed Eterno.

Se non trovi quello che cerchi nelle "scrittture advaita" oppure se nell'adesso le comprendi ma trovi qualche problemino pratico di non facile risoluzione nel mondo di veglia, quello ordinario che raccontano i quotidiani, allora forse dovresti arretrare rispetto all'"oggetto" che stai cercando e tornare al centro del cerchio, da cui si può essere consapevoli contemporaneamente di tutti i punti della circonferenza in movimento (i carrettini della giostra) e del centro immobile; il mozzo che fa girare la giostra.

Nell'adesso l'osservazione è depurata da ogni giudizio, si vede senza confrontare, senza passato da rimembrare, senza futuro da immaginare.
Consapevoli di essere degli attori e di dover recitare la parte, consapevoli di essere spettatori ma non troppo emotivamente coinvolti, in grado di uscire dal teatro stabili sulle proprie gambe. E' sempre una parte, un passaggio tra io e tu: attore e spettatore sono oggetti, protagonista e pubblico sono Coscienza, riflessa in colori e forme diversi, con ruoli diversi, ma uniti nello spettacolo,

E' una trasformazione interiore che presuppone una piena risoluzione delle sovrapposizioni velanti che interpretano il mondo e lo desiderano (comprendere, possedere, cambiare....) e implica il dissolvimento delle proiezioni costruite dalla memoria sulla base delle quali farsi film sul futuro.
La mente crea oggetti e li distrugge, timorosa e incapace di interrompere il suo muoversi a zig zag.

Il Sè è al di sopra di ogni condizionamento spaziale o temporale. Non lo riguarda nè la causalità, nè lo spazio, nè il tempo che sono soltanto categorie oggettive elaborate da ognuno soggettivamente.

Il sole non ha bisogno di nessun altra luce per irradiare e illuminare. Le stesse nuvole che lo coprono, spostandosi, lo rivelano.
Il Sè è pienezza a sè stesso, conosce sè stesso per mezzo di sè stesso.

Il discernimento e il distacco nell'osservazione non giudicante ci permette di vedere che il nostro corpo e il nostro mentale non sono che pura sensorialità, percezione soggettiva. Siamo continuamente perturbati da elementi esterni inattesi, in mutamento continuo, che riconduciamo a noi stessi identificati, e cerchiamo di tenere in ordine in categorie distinte (bene e male, giusto ingiusto, utile non utile...) ma noi stessi mutiamo continuamente. Inseguire un io maturo ed eticamente "corretto" è inseguire un fantasma.

Tutto scorre, per l'appunto, ma occorre realizzare la "tela di fondo", lo schermo su cui scorre il film, che continuerà a scorrere finchè il corpo avrà vita e la mente produrrà oggetti da conoscere e amare o respingere.

Nel sonno profondo mente e corpo non sono più oggetti, resta la piena consapevolezza "addormentata", indifferenziata. Poi si ritorna al gioco del mondo "reale". Quello che continua a scorrere, finchè la Madre vorrà.

Realizzare la tela di fondo ci affranca dal relativo, le testimonianze della tradizione avaita-vedanta ci dicono che la consapevolezza della tela di fondo è non vedere più le cose da oggetto a oggetto, o da io verso tu. Chi è stabilito nel sè è amore senza oggetto, trova sè stesso nell'altro, libero dai sistemi e dalle qualificazioni che dividono e oppongono.
In fondo il vero amore è amare l'amore. Se non si ama l'amore si amano solo delle qualità, e le qualità non sono permanenti e globali.

Mi immagino che chi è stabilito nello sfondo svolga i compiti dettati dalle circostanze e che lo stato invisibile in cui è stabilito (quel quarto: puro silenzio onnicomprensivo: turīya) è la Vita, e la vita ama la vita. Non è mai stata creata e non muore mai. Ama sè stessa in sè stessa.
Le scritture vediche dicono che è Luce e Pace e Costante Beatitudine dell'Essere.

L'eternità risolve, se si è compresa Vita, la carta bianca su cui si combinano lettere e parole, mentre scorrono le pagine del libro, e ognuno legge con il suo ritmo. Così ci si domanda se comprendere la vita rende inutile considerare la morte. Se si è davvero compresa la vita allora probabilmente non c'è bisogno di considerare la morte, visto che tutto scorre, ma c'è sempre un adesso da attenzionare, in espansione, non in contrazione.
Allora, forse, considerare la morte rasserena e non spaventa ( più tanto).
In effetti, tutto nasce e muore: sentimenti, pensieri, emozioni.
Noi andiamo dallo stato di veglia al sogno e da questo al sonno profondo. Poi torniamo. Uno stato muore e un altro prende il suo posto.
Ma quella tela di fondo è lì...La carta bianca su cui scrivere le nostre lettere e parole non cambia.

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Fedro
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PANTA REI

Messaggio da Fedro » 28/12/2023, 10:51

PANTA REI...



15 (34)”Stabiliti nella dualità, ascoltano come sordi.
Per loro vale il detto: presenti, sono assenti.”

Eraclito

Stabiliti nella dualità, si cerca di
capire, ma non c'è niente da capire.
Sui banchi di lavoro dentro la dualità,
si percepisce solo essa, ma sembra essere “l'altro”
secondo un centro percettivo, il soggetto, il sé,
in alcun modo disponibile alla realtà così com'è.
È estremamente difficile scuotere l’essere umano
da un'abitudine coltivata giorno dopo giorno, settimana dopo
settimana, anno dopo anno. Fin dall'inizio, si è aggrappati
saldamente nella dualità e, raggiunta l'età adulta,
è praticamente impossibile invertire il
movimento centrifugo e dissipativo.
Sembriamo attenti alle cose, alle persone, agli eventi, ma in
profondità siamo attenti ai concetti, alle rappresentazioni,
secondo i dettami della memoria,
non presenti alla realtà così com'è,
perché non siamo nella Presenza stessa.


(da Jean Bouchart D'Orval: Heraclite, la lumiere de l'obscure)

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