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Gurupurnima: la grazia del guru

La via del cuore, della devozione. L'abbandono al Divino per trascendere il divenire.
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cielo
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Gurupurnima: la grazia del guru

Messaggio da cielo » 27/07/2018, 23:04

Saluto del commentatore Śaṃkara:

1. M'inchino profondamente a questo Brahman, il quale, benché senza nascita, appare esser nato tramite il suo potere imperscrutabile; benché sempre in riposo appare in movimento; benché uno, appare multiplo a coloro la cui visione è divenuta deformata dalla percezione dei diversi attributi degli oggetti, questo Brahman distruttore di ogni timore per coloro che in lui trovano rifugio.

2. Saluto, prostrandomi, il Maestro del mio Maestro, il più venerabile tra i venerabili, il quale, vedendo le creature affogate nell'oceano di questo mondo - oceano infestato da paurosi squali quali la nascita e la morte - ha dato, per compassione degli esseri, questo nettare, difficile da bere persino dagli Dei(75) e che giace nelle profondità dell'oceano che sono i Veda, Veda che egli svela con la potenza del suo intelletto illuminato.

3. Con tutto il cuore offro l'omaggio al mio Maestro il quale distrugge la paura della trasmigrazione. Con la luce del suo intelletto illuminato ha dissipato l'oscurità delle illusioni in cui si trovava la mia mente e ha spezzato per sempre la mia paura dell'apparire e dello sparire nel terribile mare del samsara. Coloro che trovano rifugio ai suoi piedi possono realizzare l'infallibile conoscenza delle Upaniṣad, la pace e l'umiltà.

nota (75): L'asparsa è difficile persino per gli Dei - le gerarchie superumane - perché anch'essi vivono in uno di quei tre stati già menzionati; stati che rappresentano il serpente sovrapposto alla corda. Il messaggio dell'Upanisad, di Gaudapada e Samkara è un invito che si basa non sulla fuga, rinuncia o contrapposizione al mondo, ma sul riconoscimento della Realtà qual è nella sua espressione suprema. I due grandi Maestri dicono agli aspiranti asparsin che non possono modificare se stessi se prima non cercano di modificare la propria visione della Realtà.

(Commiato di Śaṃkara a commento della Māndūkya Upaniṣad. (Māndūkya Upaniṣad - Ed. Asram Vidya, pag 264)ù


Dialogo tra il maggiore Alan Chadwick e Rāmaṇa Mahārṣi:

Chadwick: Bhagavan dice di non avere discepoli.

Bhagavan: Sì

C: Dice anche che un guru è necessario se si desidera conseguire la Liberazione.

B: Sì

C: Allora che devo fare? Forse tutti gli anni che ho trascorso seduto qui sono stati soltanto una perdita di tempo? Devo andare a cercare un guru per ricevere l'iniziazione, visto che Bhagavan dice di non essere un guru?

B: Che cosa credi che ti abbia portato qui da tanto lontano e ti abbia fatto rimanere tanto tempo? Perchè dubiti? Se ci fosse stato bisogno di cercare un guru altrove, saresti andato via molto tempo fa.

Il guru o jñānin non vede differenza tra sè e gli altri. Per lui tutti sono jñānin, tutti sono una cosa sola con lui. Allora come può uno jñānin dire che il tal dei tali è suo discepolo? Ma chi non è liberato vede tutti come molteplicità, vede tutti differenti da sè, così per lui il rapporto guru discepolo è reale ed ha bisogno che la grazia del guru lo desti alla realtà. Per lui vi sono tre tipi di iniziazione: attraverso il contatto, lo sguardo e il silenzio.
(A questo punto Sri Bhagavan mi fece capire che il suo era attraverso il silenzio, come ha fatto con molti in altre occasioni).

C: Allora Bhagavan ha discepoli!

B: Come ho detto, dal punto di vista di Bhagavan non ci sono discepoli, ma dal punto di vista del discepolo la grazia del guru è come l'oceano. Se verrà con una tazza, ne avrà solo una tazza. E' inutile lamentarsi della tirchieria dell'oceano; più grande è il recipiente, più potrà portarsene. Dipende tutto da lui.

C: Allora sapere se Bhagavan è il mio guru o no è soltanto una questione di fede, se Bhagavan non l'ammetterà.

B: (sedendosi dritto, volgendosi all'interprete e parlando con grande enfasi): Chiedetegli: vuole che gli dia un documento scritto?

("Rāmaṇa Mahārṣi e la Via della Conoscenza", di Arthur Osborne, per le Edizioni Vidyananda, pag, 136)


Chiosa di Premadharma:

Da un certo punto di vista non c'è niente da insegnare... siamo già Quello.

Ma è il punto di vista del Realizzato che afferma, infatti, che non c'è nulla da realizzare.

Affermare però che non servano sādhanā o guru, denuncia l'incongruità di chi lo professa. Ovviamente questo non significa affermare che la sādhanā o il guru causino la realizzazione.

La Grazia del Guru (o del Divino) è necessaria, senza è ben difficile.

Ricordando che l'unico Guru è il Divino (Sé).


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