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Infatuazione

La via del cuore, della devozione. L'abbandono al Divino per trascendere il divenire.
cielo
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Infatuazione

Messaggio da cielo » 24/09/2017, 9:49

Gironzolando sul vecchio forum dei pitagorici, con lo spirito del minatore che scava le gallerie per trovare le gemme scintillanti, mi sono imbattuta in un dialogo del 2010 intitolato "infatuazione" che, nell'ambito del riordino intrapreso da Premadharma prima di chiudere il forum, era stato salvato e spostato dal dojo (luogo di confronti e tenzoni) in bhakti yoga (luogo dove confrontarsi sulla pratica del cuore: la devozione ferma e costante verso il Dio-persona).
Rileggendolo oggi insieme a voi, trovo l'argomento "infatuazione" sempre interessante e ancora mi domando che cosa significhi "essere infatuati", di cosa o di chi lo siamo? E in che modo questa infatuazione che proviamo rappresenta un nemico interiore? Mi rispondo che occorre indagare sulla natura della mente ed usarla quando serve senza infatuarsi della sue potenzialità e del potere dell'immaginazione che porta altrove da ciò che siamo.

A seguire il dialogo (sfrondato) tra varie persone che vengono contrassegnate con lettere, e il corposo intervento di Premadharma (che cita Bodhananda e lo spiega) in quote.


Immagine


Sai Baba:

L'uomo si è reso schiavo di sei nemici quali:

1. il desiderio,

2. l'ira,

3. la concupiscenza,

4. l'orgoglio,

5. l'invidia,

6. l'infatuazione.

Soggiogato da questi sei nemici, l'uomo utilizza a loro favore i talenti che Dio gli ha donato, come la mente, la posizione sociale, la ricchezza ed anche la buona fortuna. Merita il nome di uomo l'individuo che, dotato di qualità divine quali l'intelletto, la ricchezza e le circostanze favorevoli della vita, le mette a servizio del bene.
Purtroppo, però, l'uomo approfitta delle proprie capacità mentali, della posizione sociale, degli avvenimenti e della ricchezza per svariati scopi, danneggiando se stesso e mettendo a repentaglio la sicurezza sociale.
Di questo stato di cose, l'unico ad essere responsabile è l'uomo, che ha lacerato l'unità frammentandola in diversità e facendo cattivo uso della propria mente.

"Mameti paraman dukham; na mameti paraman shukham"
Il senso del mio è causa di grande dolore; la mancanza di possessività è causa di suprema felicità.


A. Stavo cercando di memorizzare i famosi sei nemici interiori di cui spesso parla Sai Baba, cercando di sintetizzarli a mio uso e consumo. Nessun problema per: ira, orgoglio, concupiscienza/lussuria. Li conosco, sono i colori dei vestiti che l'Io indossa per tenermi allegra.
Uno, due, tre...Rimangono fuori: desiderio/avidità che è un pozzo senza fondo, l'invidia che mi pare non mi appartenga, ma è meglio non dirlo troppo forte perchè la conosco, è un venticello e muove la manipolazione e la calunnia...ci sarebbe da approfondire, secondo me. Resta l'ultimo nemico: l'infatuazione. Di primo acchito mi son detta e che vuol dire? Forse servirebbe anche il testo inglese...mi è venuto subito l'abbinamento: infatuazione/illusione.
Innamorati di Maya, la bella dei mondi? Anche, il desiderio sostiene la volontà di vivere.
Ma nel più piccolo, nel limitato e meschinetto mondo umano che cosa vuol dire?
Così ora ho pensato a un po' di cose...
all'arroganza dei giovani, infatuati delle prime splendide, luccicanti credenze in cui sono incappati...
La voce delle sirene?
siddhi
creature dell'astrale
vite precedenti
alieni che comunicano telepaticamente e hanno corpi di luce
nutrirsi di luce...
congreghe e logge
sette e aśram.
Infatuazioni?
Anche i "maestri" (soprattutto quelli a pagamento) che parlano, parlano e ripetono sempre le stesse cose da anni...
siamo infatuati di insegnamenti? Insegnamenti sempre più "OK!" "Io sì che ho capito...il mio maestro è moltoooooo più bello e illuminato del tuo...."
Infatuati di credenze.
Infatuati di quello che crediamo di aver capito.
E i libri...quanti libri interessantissimi da leggere stravaccati sul divano o appollaiati nella yogica posizione del loto sugli scogli, a "meditare" sull'Essere.
Parole,
pensieri
Come sono affascinanti.
Infatuazione?
Cibo: sostanze liquide solide e gassose, musica, televisione, web.
L'infatuazione è un mondo tutto da scoprire.
Maya, la danzatrice dei mondi.
Peccato che danzi sopra un cadavere.
Qualcosa deve morire.
Narciso?
Mi sa che ha sette vite come i gatti, Narciso, bravo ragazzo, in fondo.

***

B. Ok.... buttiamoci in questo confronto di “pensieri, parole, opere, omissioni..”
parliamo dei sei veleni....
citi:
- ira
- orgoglio
- concupiscenza/lussuria
- desiderio/avidità
- invidia
- infatuazione
Frequentando un centro buddhista ho appreso che ci sono tre veleni. La scrittura originale è in sanscrito che non conosco.
Tradotti in italiano diventano, secondo il sentire del traduttore:
- desiderio, rabbia, illusione
- odio, attaccamento, ignoranza
- cupidigia, rabbia, stupidità
- avidità, malevolenza, illusione
- avidità, collera, ignoranza
- attaccamento, avversione, ignoranza
- brama (avidità o attaccamento), odio (ostilità o invidia), ignoranza (cecità o rimozione)
Sono sempre triadi... benché abbia scritto 7 gruppi di 3 parole.. 21 parole in tutto... 21 definizioni, 21 interpretazioni, 21 sentire... e se ne possono trovare tanti altri...
ognuno guarda in se stesso e, se si fa un esame di coscienza, prende quel “vestito” che gli sembra calzi meglio...
vestito... vestito nero... vestito bianco... male.. bene...
il mio vestito nero è: attaccamento, ignoranza, illusione, ostilità, indolenza...
quello bianco è: fiducia, responsabilità, costanza, compassione...... Amore...
Il nero è consunto... il bianco sembra non essere mai stato indossato... è più facile indossare quello nero... il bianco sembra sempre un po' stretto e lo lascio spesso in disparte...
L'infatuazione è più comoda...
L'infatuazione è l'innamoramento temporaneo per qualcosa/qualcuno, ma è diversa da Amore che è Tutto.
Infatuazione è "falso amore"... quell'"amore" che pretende, esige, ha aspettative, si illude, poi svanisce...
...come parole sulla sabbia in riva al mare.....
L'infatuazione da sola racchiude, per me, tutti i veleni...
Dall'innamoramento possono nascere attaccamento, invidia, gelosia, rabbia, ira, odio, cupidigia, lussuria, paura, ozio, ignoranza....
Per questo occorre disciplina, costanza e determinazione.. perdersi è facile fra sentimenti, emozioni, dolori fisici, impermanenza....
“Chi sono io?” suggerisce Ramana Maharśi...
e, con dire diverso, anche Sai Baba, il Buddhismo, il Cristianesimo...
Ed è nel “chi sono io?” che mi sto muovendo, con alti e bassi, in abissi oscuri e in cieli luminosi...
il piatto della bilancia prima o poi troverà una stabilità...
sorrido, fede speranza carità,
con gasshou
***
Premadharma:
Quando dalla circonferenza si va verso il centro, i raggi restringono il campo di visione.
Nel caso in cui dal centro si va verso la circonferenza, i raggi allargano il campo di visione.
Quando dalla circonferenza si va oltre il centro, non esistono più né raggi, né campo, né visione.
Quando da oltre il centro si guarda verso la circonferenza attraverso il centro, si vede ogni raggio, ogni campo, ogni visione.
Quando non c'è conoscenza dei raggi, allora è la credenza che conduce verso i raggi.
Bodhananda
Nell'ambito duale ogni aspetto può essere visto secondo la complementarità propria del duale. Ogni difetto o vizio, può essere visto come strumento non di dannazione, ma di liberazione, perché è attraverso la sua risoluzione/sacralizzazione che l'ente si solleva verso il Divino o Liberazione.

La paura diviene un canale di autoconoscenza e l'ira, l'orgoglio, la concupiscenza/lussuria, il desiderio/avidità, l'invidia, l'infatuazione se volti al Divino divengono strumenti di ascesi.

La capacità di centrarsi, attraverso la meditazione, su ciascuno di questi aspetti, facendo sì che assorbano ogni altro elemento esterno ad essi e dirigendolo verso l'Altissimo, fa sì che ciascuno di questi vizi sia capitale, ossia sia, non solo in grado di generare tutti gli altri, ma anche eliminarli tutti attraverso l'assorbimento.

Questa via in passato intesa come della mano sinistra è andata man mano corrompendosi, apparendo talvolta come "fasi" all'interno di altri processi di ascesi, spesso confuse come "attacchi" o "contaminazioni" esterne. In realtà, i vizi capitali possono essere invertiti in virtù attraverso il processo di amore/anelito per il Divino (più rischioso usare un processo di gnosi).

- Ira, ogni rabbia è volta verso il Divino, quale fonte e motore del manifesto e quindi causa di ogni evento e quindi oggetto dell'ira (e conseguentemente scarica ogni altro elemento di tale ira).
- Orgoglio di essere una creatura del Signore, orgoglio della Sua Divinità, della Sua Grandezza (da cui la consapevolezza della propria piccolezza).
- Concupiscenza/lussuria verso il Divino, che man mano viene visto come figlio/a, padre/madre, amante, marito/moglie, centrando ogni aspetto nei suoi confronti, dalla più turpe alla più elevata.
- Desiderio/avidità del Bene Supremo.
- Invidia della Sua Bellezza.
- Infatuazione della Sua Forma.

Rimanendo centrati sempre e solo sul Divino ecco che si attua quell'inversione che viene auspicata in una vita equanime dedita ai purushartha (i quattro scopi della vita).

- Desiderio (Kama)
- Benessere (Artha)
- Equanimità (Dharma)
- Liberazione (Moksha)

Viene rettificata la posizione:
Desiderio per il benessere e liberazione dall'equanimità (doveri)
trasformandosi in
Benessere attraverso l'equanimità e desiderio per la liberazione.

[E ancora:]
Rimanendo entro l'infatuazione per il Divino, si arriva al folle di Dio, che ne diviene sì ebbro da non vedere e vivere altri che Lui. Figure storiche come Sri Ramakrishna, altre forse un po' romanzate come Sri Caitanya, Sri Ramana Maharshi - secondo le sue stesse parole - ci hanno mostrato come il Divino possa divenire una realtà quotidiana che riempie ogni spazio esteriore e momento interiore. Sri Ramakrishna ci narra i suoi incontri con la Madre Divina, incontri che poi divengono una presenza continua, al punto che giunge ad udirne finanche il tintinnare delle cavigliere, la notte, udendo il suoi passi fuori dalla sua stanza.
Sono tutti aspetti che la mente razionale non compendia e infatti fanno parte della mistica di quei devoti che entrano in tali reami, che di razionale e dimostrabile hanno ben poco; per questo è opportuno con considerarli come riferimento di sadhana, se non ne condividiamo la via.
D'altra parte esistono anche i millantatori, i predicatori di visioni e venditori di clamore e souvenir, pertanto è bene applicare il discernimento e verificare in primis la buona fede di costoro e poi verificare cui prodest, ossia se alle spalle di tutto ciò non si nasconda, o neppure si nasconda, un processo di mercificazione del sacro spesso anche ammantato di ideali salvifici e di benessere altruistico. Certe attività divengono vere e proprie professioni, se non delle strutture multilevel che necessitano sempre più accoliti per sostenerne la vetta.

Esistono poi in tale ambito quei devoti che in nome della propria visione del Divino, sono portati a calpestare le altre persone, giustificandosi con l'infatuazione, non vedendo altri che Lui calpestano tutto ciò che "decidono" non sia Lui. Una contraddizione in termini che mostra l'effettivo stato di questi pseudo-mistici. In realtà per il folle di Dio, non c'è cosa o persona che non sia Dio! Per questo occorre stare attenti con quei devoti - devoti ad un principio, ad una scuola, ad una via - che in nome di questa calpestano altri principi, altre scuole, altre vie. Occorre verificare se in realtà costoro non sia irrimediabilmente devoti di sé stessi.

C. Si parlava di Narciso, cito due brani di Raphael:

"Narciso, specchiandosi, s'innamora della sua effige (oggetto), crea l'"identificazione" con questa e si perde, dimenticando la sua origine. Nella vita non vi è altro scopo se non quello di "ritrovarsi", "completarsi", "riunirsi"; ogni azione, ogni movimento, ogni esteriorizzazione o oggettivazione, ogni appetizione rappresenta una semplice alienazione, evasione e allontanamento da ciò che realmente si è.

(tratto da "Opere minori Vol. II", Raphael, Ed. Asram Vidya, pag. 87)

"Ciò rappresenta il mito di Narciso che, specchiandosi, si identifica con la sua ombra, e col perdersi nell'ombra dimentica la fonte. La consapevolezza incarnata, mediante il veicolo mentale, appare altro da sé.
La mente funge da maya, da specchio, come l'acqua per Narciso rappresenta la sostanza tramite cui appare il suo riflesso; l'identificazione con questo riflesso determina la sua caduta. La sostanza mentale, quindi è il medium con cui appare il riflesso del Puruśa."

(tratto da "Oltre l'illusione dell'io", Raphael, Ed. Asram Vidya, pag 25)

***
D. E' uno specchio fragile in fondo,ma che riempiamo di tante parole.

C. Non è tanto la fragilità dello specchio in questione, quanto l'infatuazione con cui ci crediamo (credenza-identificazione) l'immagine riflessa. In fondo Narciso casca (caduta) nella sua stessa immagine, dimentico di ciò che è, l'originale, l'autentico.
E' il destino che viviamo tutti noi in fondo, infatuati dalla nostra immagine e dimentichi di ciò che siamo.
L'infatuazione in fondo cos'è se non l'identificazione nell'immagine riflessa di noi, che sovrapponiamo a noi stessi?

***
E. Cito Aristotele: L'anima è tutto ciò che essa conosce.
***

F. l'infatuazione di cui si parla è ciò che Mila il Leone [Milarepa] definisce Shamata; è lo stagno da cui deve sbocciare il loto di vipassana. Possibile far crescere il loto al di fuori dello stagno? Chissà.

Immagine



Incarnazioni del Divino Amore, sono sempre di più oggi gli intellettuali che tendono a sostenere un mondo molteplice e differenziato, mentre in realtà tutto si riconduce all'unità. Tuttavia, è in graduale aumento anche il numero di quei fortunati che nella diversità intravedono l'unità, la dimostrano e dichiarano: "In un mondo saturo di afflizioni e difficoltà, l'unica cosa che può portare pace è un contatto con gli altri in clima di unità pur nella diversità". Nel mondo odierno, gente che abbia un cuore così puro è indispensabile.

L'esperienza immediata dell'unità nella diversità è possibile quando ci si accosta agli altri con cuore puro e disinteressato. Da un punto di vista scientifico e razionale, gli elementi naturali che servono alla crescita di ogni essere sono il cibo e l'acqua. La fame è una sensazione identica e comune a tutti. Chi è ricco si sazia di alimenti buoni e nutrienti, chi è povero dovrà sfamarsi con quanto riesce a rimediare elemosinando. Ma, sia per un miliardario sia per un mendicante, la fame è un'esperienza comune e identica.

Ciò vale anche per il sonno e per la paura. Un ricco dormirà in un lussuosissimo letto, mentre un povero dovrà accontentarsi della nuda terra. Cambia solo il posto dove si coricano, ma il sonno in se è per entrambi uguale.

I princìpi fondamentali da comprendere sono la nascita e la morte, due fattori imprescindibili che accomunano tutti gli esseri umani. Non è che il miliardario cada giù dal cielo e il misero nasca dalla terra, ma entrambi nascono dal seno di una madre. Lo stesso vale per la morte: che ti trovi in un foresta, in cima ad una collina o nel cuore di un villaggio o di una città, dovunque tu sia, la morte ti può sempre cogliere. Perciò, sia la nascita sia la morte sono una dichiarazione ed una dimostrazione di unità nella diversità.

Anche nella Kathopanishad è stato dimostrato il principio dell'unità nella diversità. In questa Scrittura, l'uomo viene descritto come un essere dotato di un cocchio, il corpo, guidato da un auriga, lo Spirito (Atma), il quale dirige il carro nell'azione. Ed è proprio in quest'Upanishad che il cocchio del corpo e l'Auriga dello Spirito vengono visti associati nel compimento dell'attività. (...)
Sai Baba, brani tratti dal discorso del 24 agosto 1991

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cannaminor
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Re: Infatuazione

Messaggio da cannaminor » 24/09/2017, 15:19

cielo ha scritto:
24/09/2017, 9:49
Rileggendolo oggi insieme a voi, trovo l'argomento "infatuazione" sempre interessante e ancora mi domando che cosa significhi "essere infatuati", di cosa o di chi lo siamo? E in che modo questa infatuazione che proviamo rappresenta un nemico interiore? Mi rispondo che occorre indagare sulla natura della mente ed usarla quando serve senza infatuarsi della sue potenzialità e del potere dell'immaginazione che porta altrove da ciò che siamo.

A seguire il dialogo (sfrondato) tra varie persone che vengono contrassegnate con lettere, e il corposo intervento di Premadharma (che cita Bodhananda e lo spiega) in quote.
Dialogo a seguire e relative "sfrondature" a parte, rimango che non ho compreso nè capito cosa tu ne pensi, che esperienza ne hai (o non ne hai), come ti ci rapporti e relazioni con l' "infatuazione", ammesso e non concesso di aver capito di che si parli ed a cosa ci si riferisca.

Mi domando cielo, cosa tu volessi dire, o domandare, o anche solo proporre quale riflessione postando questo mix sfrondato sull'infatuazione.
Cioè cosa ne debbo trarre dalle parole lette? l'opinione altrui sull'infatuazione; dovrei forse essere spronato a riflettere sull'infatuazione, a pensarci sopra? e perchè dovrei farlo?

Non capisco, e me ne scuso di questo mio limite, del "a che pro" postare un articolo come quello sopra. Volevi domandare qualcosa o chiedere al forum un chiarimento su qualcosa, presumo sull'infatuazione? Ma se tu per prima non dichiari e dici cosa è per te, cosa per te significhi ed in che modo e maniera ti è motivo di riflessione etc, perchè mai dovrebbero farlo gli altri leggendo semplicemente questo mix sfrondato dei nomi di chi vi ha scritto e partecipato.

A me personalmenete infatuazione non mi dice nulla di più di quello del nome che in italiano dice:

infatuazióne s. f. [der. di infatuare]. – Stato di chi è infatuato; passione sproporzionata e irragionevole, per lo più di breve durata, per qualche cosa o persona: ha una vera i. per il ballo; non è ancora guarito dalla sua i. per quella ragazza.

di quale particolare riflessione dovrebbe essere oggetto in riferimento ai temi trattati da questo forum, vedanta, etc?

Se non li esponi e chiarisci tu per prima che posti l'articolo (e relativa domanda posta indiretta), chi lo dovrebbe fare?

ortica
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Re: Infatuazione

Messaggio da ortica » 24/09/2017, 19:34

cielo ha scritto:L'infatuazione è un mondo tutto da scoprire.
Maya, la danzatrice dei mondi.
Peccato che danzi sopra un cadavere.
Qualcosa deve morire.
Narciso?
Mi sa che ha sette vite come i gatti, Narciso, bravo ragazzo, in fondo.

Narra Alce Nero, Wichasha Wacan dei Lakota Oglala, che una mattina - molti e molti inverni orsono - due Lakota mentre andavano a caccia videro una donna bellissima, vestita di pelle di daino bianca e recante un involto sulle spalle, che avanzava in modo misterioso verso di loro.
La donna era talmente bella che ad uno dei due Lakota vennero pensieri cattivi che confidò all'amico.
Quando la misteriosa creatura fu vicina ai due posò a terra l'involto e chiese a quello con le cattive intenzioni di andare da lei. Immediatamente i due furono avvolti da una grande nube che poco dopo si sollevò, mostrando la donna sacra e, ai suoi piedi, l'uomo con i cattivi pensieri divorato da terribili serpenti e ormai ridotto alle sole ossa.
"Ricorda quello che vedi" disse la donna all'uomo buono, e si avviarono insieme verso l'accampamento ove la donna avrebbe poi recato in dono la Sacra Pipa1.
Si tratta del mito della Donna Bisonte Bianco che portò in dono ai Lakota la Sacra Pipa e insegnò a celebrarne il rito, ma questa è un'altra storia.

Ho ricordato questo episodio perchè la tradizione Lakota non è certamente improntata al puritanesimo di certe forme delle religioni del libro, eppure nella storia l'uomo che fa cattivi pensieri sulla bellissima donna sacra viene punito.
Perchè? ci si potrebbe chiedere.
Alce Nero stesso risponde a questa domanda: "Chiunque", egli disse, "sia schiavo dei sensi e delle cose di questo mondo, è uno che vive nell'ignoranza e che è consumato dai serpenti, simboli delle passioni".


Un'altra storia, di diversa origine tradizionale, mostra lo stesso insegnamento con diverse parole.
Si tratta del racconto dei due monaci (mi pare) buddhisti, maestro e allievo, che incontrano sulla sponda di un corso d'acqua una bellissima fanciulla che chiede di essere aiutata nella traversata.
L'allievo nasconde il viso e distoglie lo sguardo, mentre il maestro si carica la fanciulla sulle spalle e la porta al di là del fiume. L'allievo rimane inorridito dal comportamento del maestro e gli chiede scandalizzato come possa egli, uomo sacro, aver toccato una donna.
Il maestro risponde seraficamente: io l'ho fatta salire sulle mie spalle, ma l'ho lasciata sull'altra sponda del fiume, tu la porti ancora con te.

L'infatuazione, di cui spesso siamo prede, è una di questi serpenti (nemici), che ci portiamo dietro senza neppure accorgercene. A mio avviso non devono essere temuti nè rifiutati, bensì affrontati e conosciuti in tutta la loro estensione interiore.
Come saggiamente indica Premadharma i 'nemici', volti all'Altissimo, divenuti strumenti di ascesi, sono risolti e sacralizzati.

Premadharma ha scritto:La capacità di centrarsi, attraverso la meditazione, su ciascuno di questi aspetti, facendo sì che assorbano ogni altro elemento esterno ad essi e dirigendolo verso l'Altissimo, fa sì che ciascuno di questi vizi sia capitale, ossia sia, non solo in grado di generare tutti gli altri, ma anche eliminarli tutti attraverso l'assorbimento.


1. liberamento tratto da La Sacra Pipa, Alce Nero, edizioni Rusconi

cielo
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Re: Infatuazione

Messaggio da cielo » 24/09/2017, 19:47

cannaminor ha scritto:
24/09/2017, 15:19
cielo ha scritto:
24/09/2017, 9:49
Rileggendolo oggi insieme a voi, trovo l'argomento "infatuazione" sempre interessante e ancora mi domando che cosa significhi "essere infatuati", di cosa o di chi lo siamo? E in che modo questa infatuazione che proviamo rappresenta un nemico interiore? Mi rispondo che occorre indagare sulla natura della mente ed usarla quando serve senza infatuarsi della sue potenzialità e del potere dell'immaginazione che porta altrove da ciò che siamo.

A seguire il dialogo (sfrondato) tra varie persone che vengono contrassegnate con lettere, e il corposo intervento di Premadharma (che cita Bodhananda e lo spiega) in quote.
Dialogo a seguire e relative "sfrondature" a parte, rimango che non ho compreso nè capito cosa tu ne pensi, che esperienza ne hai (o non ne hai), come ti ci rapporti e relazioni con l' "infatuazione", ammesso e non concesso di aver capito di che si parli ed a cosa ci si riferisca.

Mi domando cielo, cosa tu volessi dire, o domandare, o anche solo proporre quale riflessione postando questo mix sfrondato sull'infatuazione.
Cioè cosa ne debbo trarre dalle parole lette? l'opinione altrui sull'infatuazione; dovrei forse essere spronato a riflettere sull'infatuazione, a pensarci sopra? e perchè dovrei farlo?

Non capisco, e me ne scuso di questo mio limite, del "a che pro" postare un articolo come quello sopra. Volevi domandare qualcosa o chiedere al forum un chiarimento su qualcosa, presumo sull'infatuazione? Ma se tu per prima non dichiari e dici cosa è per te, cosa per te significhi ed in che modo e maniera ti è motivo di riflessione etc, perchè mai dovrebbero farlo gli altri leggendo semplicemente questo mix sfrondato dei nomi di chi vi ha scritto e partecipato.

A me personalmenete infatuazione non mi dice nulla di più di quello del nome che in italiano dice:

infatuazióne s. f. [der. di infatuare]. – Stato di chi è infatuato; passione sproporzionata e irragionevole, per lo più di breve durata, per qualche cosa o persona: ha una vera i. per il ballo; non è ancora guarito dalla sua i. per quella ragazza.

di quale particolare riflessione dovrebbe essere oggetto in riferimento ai temi trattati da questo forum, vedanta, etc?

Se non li esponi e chiarisci tu per prima che posti l'articolo (e relativa domanda posta indiretta), chi lo dovrebbe fare?
A dire la verità, io non volevo nè dire, nè domandare, semplicemente offrire il frutto dei miei gironzolamenti sul vecchio forum, reputando, magari erroneamente, che fossero d'interesse anche per altri che magari, ben sette anni fa, avevano interagito in quello specifico dialogo.
Naturalmente nessuno dovrebbe sentirsi obbligato a interagire, oggi, su quell'argomento.
Magari nel frattempo gli A, B e C di allora hanno risolto la propria "personale" infatuazione e sviluppato il necessario distacco e discriminazione per almeno vederla svilupparsi in sè stessi e risolverla, sempre che venga riconosciuta e considerata un ostacolo sul percorso. Non è detto che lo stato di infatuazione, magari per un bel ragazzo o una nuova idea sia deleterio o da combattere appena sorge, ma alla lunga può capitare che la vita suoni la sveglia e allora, magari, son dolori se non si prende coscienza del proprio stato infatuato.
Sai Baba la mette nel gruppo dei "nemici interiori" e, dunque, mi fido e ci rifletto su.
Distacco e discriminazione, viveka e vairagya sono "parti" imprescindibili di una sadhana vedanta, dunque mi sembrava che l'argomento fosse attinente ai temi qui trattati.
Per quello che riguarda "me", vedo che la mente è spesso infatuata delle sue idee e convinzioni e questo è un limite ad un'osservazione distaccata ed equanime di me stessa e del mio prossimo.

cielo
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Re: Infatuazione

Messaggio da cielo » 24/09/2017, 20:44

ortica ha scritto:
24/09/2017, 19:34
cielo ha scritto:L'infatuazione è un mondo tutto da scoprire.
Maya, la danzatrice dei mondi.
Peccato che danzi sopra un cadavere.
Qualcosa deve morire.
Narciso?
Mi sa che ha sette vite come i gatti, Narciso, bravo ragazzo, in fondo.

Narra Alce Nero, Wichasha Wacan dei Lakota Oglala, che una mattina - molti e molti inverni orsono - due Lakota mentre andavano a caccia videro una donna bellissima, vestita di pelle di daino bianca e recante un involto sulle spalle, che avanzava in modo misterioso verso di loro.
La donna era talmente bella che ad uno dei due Lakota vennero pensieri cattivi che confidò all'amico.
Quando la misteriosa creatura fu vicina ai due posò a terra l'involto e chiese a quello con le cattive intenzioni di andare da lei. Immediatamente i due furono avvolti da una grande nube che poco dopo si sollevò, mostrando la donna sacra e, ai suoi piedi, l'uomo con i cattivi pensieri divorato da terribili serpenti e ormai ridotto alle sole ossa.
"Ricorda quello che vedi" disse la donna all'uomo buono, e si avviarono insieme verso l'accampamento ove la donna avrebbe poi recato in dono la Sacra Pipa1.
Si tratta del mito della Donna Bisonte Bianco che portò in dono ai Lakota la Sacra Pipa e insegnò a celebrarne il rito, ma questa è un'altra storia.

Ho ricordato questo episodio perchè la tradizione Lakota non è certamente improntata al puritanesimo di certe forme delle religioni del libro, eppure nella storia l'uomo che fa cattivi pensieri sulla bellissima donna sacra viene punito.
Perchè? ci si potrebbe chiedere.
Alce Nero stesso risponde a questa domanda: "Chiunque", egli disse, "sia schiavo dei sensi e delle cose di questo mondo, è uno che vive nell'ignoranza e che è consumato dai serpenti, simboli delle passioni".


Un'altra storia, di diversa origine tradizionale, mostra lo stesso insegnamento con diverse parole.
Si tratta del racconto dei due monaci (mi pare) buddhisti, maestro e allievo, che incontrano sulla sponda di un corso d'acqua una bellissima fanciulla che chiede di essere aiutata nella traversata.
L'allievo nasconde il viso e distoglie lo sguardo, mentre il maestro si carica la fanciulla sulle spalle e la porta al di là del fiume. L'allievo rimane inorridito dal comportamento del maestro e gli chiede scandalizzato come possa egli, uomo sacro, aver toccato una donna.
Il maestro risponde seraficamente: io l'ho fatta salire sulle mie spalle, ma l'ho lasciata sull'altra sponda del fiume, tu la porti ancora con te.

L'infatuazione, di cui spesso siamo prede, è una di questi serpenti (nemici), che ci portiamo dietro senza neppure accorgercene. A mio avviso non devono essere temuti nè rifiutati, bensì affrontati e conosciuti in tutta la loro estensione interiore.
Come saggiamente indica Premadharma i 'nemici', volti all'Altissimo, divenuti strumenti di ascesi, sono risolti e sacralizzati.

Premadharma ha scritto:La capacità di centrarsi, attraverso la meditazione, su ciascuno di questi aspetti, facendo sì che assorbano ogni altro elemento esterno ad essi e dirigendolo verso l'Altissimo, fa sì che ciascuno di questi vizi sia capitale, ossia sia, non solo in grado di generare tutti gli altri, ma anche eliminarli tutti attraverso l'assorbimento.


1. liberamento tratto da La Sacra Pipa, Alce Nero, edizioni Rusconi
Belle storie, è sempre un arricchimento leggerle.
In altri discorsi Si Baba chiama i sei nemici interiori con i loro nomi sanscriti, cioè kâma (il desiderio), krodha (la collera), lobha (l'avidità), moha (l'attaccamento), mada (l'orgoglio) e mâtsarya (la gelosia o invidia).
L'infatuazione è moha: un attaccamento; ed è evidente che ci attacchiamo ai nostri "serpenti" senza renderci conto che prima o poi ci morderanno inoculandoci il loro veleno. Ce li teniamo al collo perchè probabilmente ci piace.
Moha è anche tradotto come "illusione", quella di considerare permanente e nostro ciò che invece è transitorio e destinato all'impermanenza.
Solo l'atma è definibile "nostra", non perirà in quanto testimone del puro Essere incondizionato.

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cannaminor
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Re: Infatuazione

Messaggio da cannaminor » 25/09/2017, 12:19

cielo ha scritto:
24/09/2017, 20:44
In altri discorsi Si Baba chiama i sei nemici interiori con i loro nomi sanscriti, cioè kâma (il desiderio), krodha (la collera), lobha (l'avidità), moha (l'attaccamento), mada (l'orgoglio) e mâtsarya (la gelosia o invidia).
L'infatuazione è moha: un attaccamento; ed è evidente che ci attacchiamo ai nostri "serpenti" senza renderci conto che prima o poi ci morderanno inoculandoci il loro veleno. Ce li teniamo al collo perchè probabilmente ci piace.
Moha è anche tradotto come "illusione", quella di considerare permanente e nostro ciò che invece è transitorio e destinato all'impermanenza.
Solo l'atma è definibile "nostra", non perirà in quanto testimone del puro Essere incondizionato.
Al solito glossario sanscrito (quello che piace tanto a mauro) la voce moha dice:

Moha (m) : "confusione mentale", smarrimento (vyamoha), soggezione ad uno stato di illusione; stordimento (sammoha), condizione mentale di turbamento o smarrimento che accompagna la sofferenza esistenziale (soka); accecamento; è il non discernimento che induce ad attribuire realtà agli oggetti del mondo. Uno dei sei difetti (dosa); illusione.

In merito ai sei difetti di cui si accenna, del termine doṣa dice: "difetto", "vizio", pecca, mancanza, imperfezione: "errore", "inesattezza": "illegittimità" di una tesi; squilibrio, in relazione ai tre umori (tridosa) del corpo umano: pitta, vata, kapha, silesman. Lo yoga elenca sei difetti: kama (desiderio), krodha (ira), lobha (avidità), mada (orgoglio), matsarya (invidia), moha (illusione).

Questo quanto leggo sul glossario. Quindi continuo a domandarmi tutto ciò cosa centra con l'infatuazione? il più prossimo parla di illusione, che seppur simile all'infatuazione, non mi sembra esattamente la stessa cosa. O forse l'infatuazione è un caso particolare di illusione, non so.

Visto che il discorso infatuazione è stato tirato fuori qualcuno me ne spiega anche il senso, che cosa vuol dire, a cosa si riferisce? Cosa sarebbe un'infatuazione e perchè dovrei considerarla alla stregua di serpenti etc etc? Un'ultima domanda; si può parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria?

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Re: Infatuazione

Messaggio da Mauro » 25/09/2017, 15:28

Al solito glossario sanscrito (quello che piace tanto a mauro) la voce moha dice
Mi sa che ti sbagli.
Chi rivendicava l'uso del glossario sanscrito per avere "versioni ufficiali" di un termine era qualcun altro, non certo io.

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Re: Infatuazione

Messaggio da Mauro » 25/09/2017, 15:30

Un'ultima domanda; si può parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria?
... o per Dio?
Chiamasi bhakti.

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Re: Infatuazione

Messaggio da cannaminor » 25/09/2017, 15:52

Mauro ha scritto:
25/09/2017, 15:28
Al solito glossario sanscrito (quello che piace tanto a mauro) la voce moha dice
Mi sa che ti sbagli.
Chi rivendicava l'uso del glossario sanscrito per avere "versioni ufficiali" di un termine era qualcun altro, non certo io.
per una volta che ci scherzavo sopra anch'io...certo che mi ricordo, quindi di certo non eri tu, bensì...(nick carter)

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cielo
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Re: Infatuazione

Messaggio da cielo » 25/09/2017, 17:10

cannaminor ha scritto:
25/09/2017, 12:19
cielo ha scritto:
24/09/2017, 20:44
In altri discorsi Si Baba chiama i sei nemici interiori con i loro nomi sanscriti, cioè kâma (il desiderio), krodha (la collera), lobha (l'avidità), moha (l'attaccamento), mada (l'orgoglio) e mâtsarya (la gelosia o invidia).
L'infatuazione è moha: un attaccamento; ed è evidente che ci attacchiamo ai nostri "serpenti" senza renderci conto che prima o poi ci morderanno inoculandoci il loro veleno. Ce li teniamo al collo perchè probabilmente ci piace.
Moha è anche tradotto come "illusione", quella di considerare permanente e nostro ciò che invece è transitorio e destinato all'impermanenza.
Solo l'atma è definibile "nostra", non perirà in quanto testimone del puro Essere incondizionato.
Al solito glossario sanscrito (quello che piace tanto a mauro) la voce moha dice:

Moha (m) : "confusione mentale", smarrimento (vyamoha), soggezione ad uno stato di illusione; stordimento (sammoha), condizione mentale di turbamento o smarrimento che accompagna la sofferenza esistenziale (soka); accecamento; è il non discernimento che induce ad attribuire realtà agli oggetti del mondo. Uno dei sei difetti (dosa); illusione.

In merito ai sei difetti di cui si accenna, del termine doṣa dice: "difetto", "vizio", pecca, mancanza, imperfezione: "errore", "inesattezza": "illegittimità" di una tesi; squilibrio, in relazione ai tre umori (tridosa) del corpo umano: pitta, vata, kapha, silesman. Lo yoga elenca sei difetti: kama (desiderio), krodha (ira), lobha (avidità), mada (orgoglio), matsarya (invidia), moha (illusione).

Questo quanto leggo sul glossario. Quindi continuo a domandarmi tutto ciò cosa centra con l'infatuazione? il più prossimo parla di illusione, che seppur simile all'infatuazione, non mi sembra esattamente la stessa cosa. O forse l'infatuazione è un caso particolare di illusione, non so.

Visto che il discorso infatuazione è stato tirato fuori qualcuno me ne spiega anche il senso, che cosa vuol dire, a cosa si riferisce? Cosa sarebbe un'infatuazione e perchè dovrei considerarla alla stregua di serpenti etc etc? Un'ultima domanda; si può parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria?
Grazie per le delucidazioni da Glossario che evidenziano, se ancora ce ne fosse bisogno, le problematiche connesse alle traduzioni (prima in inglese, se Sai Baba parlava in telugu, e poi dall'inglese all'italiano) dei termini usati per tradurre correttamente le parole sanscrite.
Anche io trovo corretta la traduzione (aggiornata nelle traduzioni più recenti dei discorsi di SB) del termime moha come "illusione" o meglio ancora come soggezione ad uno stato di illusione [causato dal] non discernimento che induce ad attribuire realtà (assoluta) agli oggetti del mondo transitorio che hanno realtà relativa.
Infatuandoci dei piaceri (veri o presunti) che offre il divenire perdiamo di vista l'unica Realtà e concentriamo la nostra attenzione sull'ottenimento degli oggetti dei sensi nella speranza che, una volta posseduti, ci procurino quella felicità costante e permanente che cerchiamo e la sapienza.
Ecco che allora l'infatuazione è un "nemico interiore" da cui è opportuno guardarsi, volendo percorrere la strada dell'atmavicara" (o indagine sul Sè).
Considerare gli attaccamenti come serpenti che ci attorciglano la trovo un'allegoria azzeccata, tra le tante che si possono fare.
Penso eccome che si possa parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria. Si tratta di infatuazioni della mente. Attribuiamo a degli "oggetti" il compito di "salvarci" dai desideri e dalle illusioni da noi stessi generati.

cielo
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Re: Infatuazione

Messaggio da cielo » 25/09/2017, 17:20

Mauro ha scritto:
25/09/2017, 15:30
Un'ultima domanda; si può parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria?
... o per Dio?
Chiamasi bhakti.
vero, ma quale bhakti?
Non certo la bhakti che secondo il Vivekacudamani (il gran gioiello della discriminazione) viene considerata come uno dei mezzi più elevati che portano alla liberazione.
Dice il sutra 31 che "la ricerca costante della propria reale natura si chiama devozione" e Raphael nel commento precisa che questo modo di vedere la devozione-bhakti è peculiare alla concezione advaita evidenziando che "i dualisti , ad esempio, collegano l'atman ad Iśvara (il Signore-Dio) definendo la bhakti quale amore intenso per un'Entità particolare" e che: "La devozione, comunque, ha un arco molto vasto di direzioni. Si può essere devoti ad una Entità, ad una virtù-qualità, alla liberazione, alla Verità stessa, a Bhraman in quanto assoluto (che siamo noi stessi).

Anche Sai Baba precisa che la devozione è conoscere la propria natura divina e dice (discorso del 24 agosto 1991):

La gente d'oggi non ha ancora ben capito che cosa sia la devozione e che cosa si debba intendere per disciplina spirituale (sadhana): s'illude che la devozione consista in pellegrinaggi, canti devozionali, culti vari, ecc. Non sono queste le caratteristiche e le qualità della devozione. Al massimo, tutte queste pratiche vi potranno dare una certa soddisfazione mentale, ma nulla più.

Pratiche infatuanti?

Mauro
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Re: Infatuazione

Messaggio da Mauro » 25/09/2017, 18:07

cannaminor ha scritto:
25/09/2017, 15:52
Mauro ha scritto:
25/09/2017, 15:28
Al solito glossario sanscrito (quello che piace tanto a mauro) la voce moha dice
Mi sa che ti sbagli.
Chi rivendicava l'uso del glossario sanscrito per avere "versioni ufficiali" di un termine era qualcun altro, non certo io.
per una volta che ci scherzavo sopra anch'io...certo che mi ricordo, quindi di certo non eri tu, bensì...(nick carter)

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:lol: Scusa stavolta non avevo colto l'ironia... È che sto a letto con la febbre e connetto poco...

Mauro
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Re: Infatuazione

Messaggio da Mauro » 25/09/2017, 18:09

cielo ha scritto:
25/09/2017, 17:20
Mauro ha scritto:
25/09/2017, 15:30
Un'ultima domanda; si può parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria?
... o per Dio?
Chiamasi bhakti.
vero, ma quale bhakti?
Non certo la bhakti che secondo il Vivekacudamani (il gran gioiello della discriminazione) viene considerata come uno dei mezzi più elevati che portano alla liberazione.
Dice il sutra 31 che "la ricerca costante della propria reale natura si chiama devozione" e Raphael nel commento precisa che questo modo di vedere la devozione-bhakti è peculiare alla concezione advaita evidenziando che "i dualisti , ad esempio, collegano l'atman ad Iśvara (il Signore-Dio) definendo la bhakti quale amore intenso per un'Entità particolare" e che: "La devozione, comunque, ha un arco molto vasto di direzioni. Si può essere devoti ad una Entità, ad una virtù-qualità, alla liberazione, alla Verità stessa, a Bhraman in quanto assoluto (che siamo noi stessi).

Anche Sai Baba precisa che la devozione è conoscere la propria natura divina e dice (discorso del 24 agosto 1991):

La gente d'oggi non ha ancora ben capito che cosa sia la devozione e che cosa si debba intendere per disciplina spirituale (sadhana): s'illude che la devozione consista in pellegrinaggi, canti devozionali, culti vari, ecc. Non sono queste le caratteristiche e le qualità della devozione. Al massimo, tutte queste pratiche vi potranno dare una certa soddisfazione mentale, ma nulla più.

Pratiche infatuanti?
Vallo a dire a certi vaisnava...

cielo
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Re: Infatuazione

Messaggio da cielo » 25/09/2017, 18:13

Mauro ha scritto:
25/09/2017, 18:09
cielo ha scritto:
25/09/2017, 17:20
Mauro ha scritto:
25/09/2017, 15:30
Un'ultima domanda; si può parlare di infatuazione per il maestro, per il riferimento spirituale, et similaria?
... o per Dio?
Chiamasi bhakti.
vero, ma quale bhakti?
Non certo la bhakti che secondo il Vivekacudamani (il gran gioiello della discriminazione) viene considerata come uno dei mezzi più elevati che portano alla liberazione.
Dice il sutra 31 che "la ricerca costante della propria reale natura si chiama devozione" e Raphael nel commento precisa che questo modo di vedere la devozione-bhakti è peculiare alla concezione advaita evidenziando che "i dualisti , ad esempio, collegano l'atman ad Iśvara (il Signore-Dio) definendo la bhakti quale amore intenso per un'Entità particolare" e che: "La devozione, comunque, ha un arco molto vasto di direzioni. Si può essere devoti ad una Entità, ad una virtù-qualità, alla liberazione, alla Verità stessa, a Bhraman in quanto assoluto (che siamo noi stessi).

Anche Sai Baba precisa che la devozione è conoscere la propria natura divina e dice (discorso del 24 agosto 1991):

La gente d'oggi non ha ancora ben capito che cosa sia la devozione e che cosa si debba intendere per disciplina spirituale (sadhana): s'illude che la devozione consista in pellegrinaggi, canti devozionali, culti vari, ecc. Non sono queste le caratteristiche e le qualità della devozione. Al massimo, tutte queste pratiche vi potranno dare una certa soddisfazione mentale, ma nulla più.

Pratiche infatuanti?
Vallo a dire a certi vaisnava...
non ci provo neanche

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Re: Infatuazione

Messaggio da lux o » 25/09/2017, 20:06

dal viveka cudamani
32. V’è chi sostiene che la ricerca verso la verità del Sé non sia
altro che bhakti. Chi aspira alla verità dell’atman deve, avendo
le qualificazioni suddette, avvicinare un saggio Istruttore che lo
guidi ad emanciparsi dalla schiavitù.
59. Vano è lo studio degli sastra fino a quando è sconosciuta la
suprema realtà. Esso è ancora più vano una volta che si
conosce direttamente la realtà.
60. Quelle scritture composte da una moltitudine di parole non
formano altro che una foresta impenetrabile in cui la mente
facilmente si smarrisce. Il saggio aspirante deve applicarsi con
zelo a sperimentare da sé la vera natura dell’"tman.

allora a che scopo infatuarsi del dire di sankara ?
ramkrsna era infatuato dapprima del tantra poi del vedanta poi del bhakti e in parte del cristianesimo
ramana era infatuato di arunachala e raphael di sankara e guenon
pd sembrava esserlo di raphael e delle altre due R

esser 'ebbri di Dio' è un modo originario della mistica fatimita sh'ta e del Sufi

l'infatuazione è scambiare la propria mancanza per la Perdita e la gratificazione per l'Acquisto

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Re: Infatuazione

Messaggio da Fedro » 25/09/2017, 21:08

E chi lo avrebbe detto che bisogna infatuarsi, lux?

Mauro
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Re: Infatuazione

Messaggio da Mauro » 26/09/2017, 8:34

Fedro ha scritto:
25/09/2017, 21:08
E chi lo avrebbe detto che bisogna infatuarsi, lux?
E dove ha scritto lux che sarebbe "male" infatuarsi?

Il problema è che ci sono sempre persone che ritengono che una via sia preferibile all'altra.

Lux invece ha solo messo in evidenza che tutte le vie altro non sono che "infatuazioni".

E ha perfettamente ragione.

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Re: Infatuazione

Messaggio da Fedro » 26/09/2017, 8:39

Mauro ha scritto:
26/09/2017, 8:34
Fedro ha scritto:
25/09/2017, 21:08
E chi lo avrebbe detto che bisogna infatuarsi, lux?
E dove ha scritto lux che sarebbe "male" infatuarsi?

Il problema è che ci sono sempre persone che ritengono che una via sia preferibile all'altra.

Lux invece ha solo messo in evidenza che tutte le vie altro non sono che "infatuazioni".

E ha perfettamente ragione.
Perfetto.
Tu che hai capito tutto, compreso quello che ha perfettamente detto, hai perfettamente ragione.

Mauro
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Re: Infatuazione

Messaggio da Mauro » 26/09/2017, 8:46

Come ce sformi :lol:

Come li regazzini! :roll:

ortica
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Re: Infatuazione

Messaggio da ortica » 26/09/2017, 11:50

Il termine infatuazione significa letteralmente esser reso fatuo, ovvero superficiale, sciocco, vano, futile.
L'infatuazione - di cui ogni essere umano una volta almeno è stato preda più o meno consapevole - reca in sè una connotazione di superficialità.
Cosa significa questo?
Che si tratta di un moto emotivo impulsante che può avere una forte presa, ma consiste comunque in qualcosa di non radicato, qualcosa che come viene se ne va.
Si può essere infatuati di una persona, una cosa, un modo di vivere, una poesia, un cibo.
La caratteristica comune è che non dura, benché appaia all'inizio assai pervadente.

In sanscrito il termine moha - fra i suoi diversi significati, tutti comunque relativi a uno stato di confusione - corrisponde ad infatuazione ma anche a incapacità di discriminazione, che è una conseguenza inevitabile dell'infatuazione quando da essa ci si lascia possedere, restandone soffocati come dalla morsa di un serpente.

Di tutt'altra pasta è la bhakti, impropriamente resa come devozione, termine che pur significativo ne restringe l'ampiezza di significato nella lingua originale.

Come distinguere fra le due?
Esplorando la propria interiorità, tanto infatti la devozione è radicale, fino alla parabhakti, quanto l'infatuazione è superficiale e stolta.


Ciò è rappresentato nella storia di Alce Nero, Wichasha Wacan dei Lakota Oglala.
Dei due giovani cacciatori che incontrano la Donna di Bisonte Bianco l'uno, infatuato della sua bellezza e impulsato dalla sua infatuazione a possederla, viene divorato dai serpenti, l'altro, fermamente devoto, resta e ha l'onore di accompagnare la Donna venuta a portare la tradizione presso il campo della sua tribù.

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