Sul libero arbitrio
Inviato: 03/06/2021, 18:01
Libero arbitrio=libera scelta….scelta, si sceglie tra due (o più) quindi serve la dualità e la dualità è necessità; necessità è causa→effetto, nascita→morte; la causa di necessità diviene (divenire) effetto, la nascita di necessità diviene, implica la morte, il morire.
Dove è la scelta nel nascere se non nel necessario epilogo della morte e del morire?
Si può forse scegliere nascendo di non morire?
Si può forse, promuovendo una causa non doverne subire in divenire dell’effetto che ne consegue?
La vita è una serie innumerevole di cause→effetto→causa→effetto con un unico effetto finale per tutti la morte (avendo tutti avuto la stessa causa iniziale, la nascita).
Pensiamo davvero di poter scegliere? Cosa? Con quale percorso, con quale sequenza (causa→effetto) giungere alla morte, all’effetto finale di tutte le cause in divenire?
Se scegli (ammesso che sia una scelta) di nascere, quindi dualità, quindi divenire, etc etc ne ammetti implicitamente l’effetto finale di tale scelta iniziale, ossia la morte ed il morire (per tutti).
E quindi il tanto decantato “libero arbitrio” a cosa si riduce? O meglio dove e come si colloca?
Si può parlare di libero arbitrio, di libera scelta là dove c’è almeno un doppia possibilità, un bivio: vado a destra o vado a sinistra? Ma se entrambi, comunque, conducono ad un effetto che sarà causa di una ulteriore scelta (bivio), cui dover scegliere di nuovo (destra o sinistra), di una ulteriore necessità che si pone nel dover scegliere tra due (o più eventualmente) scelte da prendere e percorrere, effetti, dove sta la libertà in tutto ciò?
Libertà starebbe semmai non dover scegliere, non dover porsi la necessità (di dover scegliere), ma se questa si pone, anzi si impone, persino nella negazione di scelta che è essa stessa scelta, allora dove è la libertà in tutto ciò?
Siamo convinti di poter scegliere, liberamente scegliere, e sia pur restringendo o eliminando i vari condizionamenti esistenziali di varia natura, pur ammettendo ciò possibile e quindi praticabile resterebbe sempre la problematica di base del dover scegliere in sé, la necessità (dello scegliere).
È questa necessità (duale, del duale, del divenire ) del “bivio” che impone una scelta (fosse anche quella di non voler scegliere), ma l’imporre una scelta, per quanto apparentemente di libero arbitrio e scelta è l’esatto contrario della libertà, proprio perché si impone.
Scusate la brutalità ma sarebbe come chiedere al condannato a morte se preferisce (libera scelta) morire per impiccagione, per decapitazione o per sedia elettrica, etc, ponendogli non solo due scelte, ma innumerevoli scelte; forse che più numerose sono più è libero?
È questa la libertà di scelta di cui godiamo, il libero arbitrio di cui tanto ci vantiamo?
Memento mori (motto dei frati trappisti, e forse non solo loro) usavano dire; Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteri (ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai), tutti modi per ricordare nell’esercizio del libero arbitrio e libera scelta che l’effetto finale di qualsivoglia causa (anche e sopratutto dell’iniziale, il nascere) è sempre il medesimo, la morte-morire.
Questo vuol dire di fatto, che qualuque scelta pensi o credi di fare l’effetto finale non varia e non cambia, quindi la scelta o le scelte fatte sono ininfluenti rispetto all’effetto finale, la morte.
Non lo sono per la vita ed il divenire in corso, certo che no, ovvero certamente varia e cambia il percorso in mezzo tra la causa iniziale del nascere e l’effetto finale del morire, entrambi necessari e inevitabili una volta determinati e avviati, quindi varia il percorso ma non l’inizio e la fine del percorso. Ora sulla qualità (e quantità) del percorso se ne potrebbe discutere a lungo, intere filosofie si sono prodigate in questo sforzo di giudicare un percorso rispetto ad un altro, il bene ed il male, etc etc, ma si ricorda che un percorso, quale che sia, si ha solo nel duale, nel duale di un’inizio ed una fine. Occorre che l’unità si scinda e sdoppi in due perché si possa creare una tensione tra i due poli, in geometria si chiama linea (non necessariamente rettilinea), ovvero ciò che collega con continuità due punti. In una celebre battuta, Ennio Flaiano usava dire che “In Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco”, questo ad indicare l’inventiva e genialità del “libero arbitrio” italico. Ma anche un arabesco alla fine giunge sempre lì a sua volta.
Quanto sopra non vuole essere mero fatalismo, era solo per cercare di collocare e leggere ogni piano nella sua prospettiva, ovvero che il senso e significato di “libero arbitrio” o “libera scelta” si pone solo ed unicamente in un contesto e piano duale, in divenire. Solo lì ha senso parlare di scelta e arbitrio, e non tanto per metterne in discussione la “libertà” quanto proprio del porsi di una scelta o arbitrio. La libertà è e dovrebbere essere ben altro che dovere o potere scegliere; la libertà sta e si colloca nella “nessuna scelta”, quindi nella non dualità, nel non-divenire, etc. La libertà non può essere associata alla necessità, in qualsiasi forma essa si ponga, anche fosse di scelta o persino di non-scelta.
Quindi a mio vedere parlare di libero-arbitrio o libera-scelta è una cotraddizione in termini, dove c’è l’una non c’è l’altra e viceversa.
Dove è la scelta nel nascere se non nel necessario epilogo della morte e del morire?
Si può forse scegliere nascendo di non morire?
Si può forse, promuovendo una causa non doverne subire in divenire dell’effetto che ne consegue?
La vita è una serie innumerevole di cause→effetto→causa→effetto con un unico effetto finale per tutti la morte (avendo tutti avuto la stessa causa iniziale, la nascita).
Pensiamo davvero di poter scegliere? Cosa? Con quale percorso, con quale sequenza (causa→effetto) giungere alla morte, all’effetto finale di tutte le cause in divenire?
Se scegli (ammesso che sia una scelta) di nascere, quindi dualità, quindi divenire, etc etc ne ammetti implicitamente l’effetto finale di tale scelta iniziale, ossia la morte ed il morire (per tutti).
E quindi il tanto decantato “libero arbitrio” a cosa si riduce? O meglio dove e come si colloca?
Si può parlare di libero arbitrio, di libera scelta là dove c’è almeno un doppia possibilità, un bivio: vado a destra o vado a sinistra? Ma se entrambi, comunque, conducono ad un effetto che sarà causa di una ulteriore scelta (bivio), cui dover scegliere di nuovo (destra o sinistra), di una ulteriore necessità che si pone nel dover scegliere tra due (o più eventualmente) scelte da prendere e percorrere, effetti, dove sta la libertà in tutto ciò?
Libertà starebbe semmai non dover scegliere, non dover porsi la necessità (di dover scegliere), ma se questa si pone, anzi si impone, persino nella negazione di scelta che è essa stessa scelta, allora dove è la libertà in tutto ciò?
Siamo convinti di poter scegliere, liberamente scegliere, e sia pur restringendo o eliminando i vari condizionamenti esistenziali di varia natura, pur ammettendo ciò possibile e quindi praticabile resterebbe sempre la problematica di base del dover scegliere in sé, la necessità (dello scegliere).
È questa necessità (duale, del duale, del divenire ) del “bivio” che impone una scelta (fosse anche quella di non voler scegliere), ma l’imporre una scelta, per quanto apparentemente di libero arbitrio e scelta è l’esatto contrario della libertà, proprio perché si impone.
Scusate la brutalità ma sarebbe come chiedere al condannato a morte se preferisce (libera scelta) morire per impiccagione, per decapitazione o per sedia elettrica, etc, ponendogli non solo due scelte, ma innumerevoli scelte; forse che più numerose sono più è libero?
È questa la libertà di scelta di cui godiamo, il libero arbitrio di cui tanto ci vantiamo?
Memento mori (motto dei frati trappisti, e forse non solo loro) usavano dire; Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteri (ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai), tutti modi per ricordare nell’esercizio del libero arbitrio e libera scelta che l’effetto finale di qualsivoglia causa (anche e sopratutto dell’iniziale, il nascere) è sempre il medesimo, la morte-morire.
Questo vuol dire di fatto, che qualuque scelta pensi o credi di fare l’effetto finale non varia e non cambia, quindi la scelta o le scelte fatte sono ininfluenti rispetto all’effetto finale, la morte.
Non lo sono per la vita ed il divenire in corso, certo che no, ovvero certamente varia e cambia il percorso in mezzo tra la causa iniziale del nascere e l’effetto finale del morire, entrambi necessari e inevitabili una volta determinati e avviati, quindi varia il percorso ma non l’inizio e la fine del percorso. Ora sulla qualità (e quantità) del percorso se ne potrebbe discutere a lungo, intere filosofie si sono prodigate in questo sforzo di giudicare un percorso rispetto ad un altro, il bene ed il male, etc etc, ma si ricorda che un percorso, quale che sia, si ha solo nel duale, nel duale di un’inizio ed una fine. Occorre che l’unità si scinda e sdoppi in due perché si possa creare una tensione tra i due poli, in geometria si chiama linea (non necessariamente rettilinea), ovvero ciò che collega con continuità due punti. In una celebre battuta, Ennio Flaiano usava dire che “In Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco”, questo ad indicare l’inventiva e genialità del “libero arbitrio” italico. Ma anche un arabesco alla fine giunge sempre lì a sua volta.
Quanto sopra non vuole essere mero fatalismo, era solo per cercare di collocare e leggere ogni piano nella sua prospettiva, ovvero che il senso e significato di “libero arbitrio” o “libera scelta” si pone solo ed unicamente in un contesto e piano duale, in divenire. Solo lì ha senso parlare di scelta e arbitrio, e non tanto per metterne in discussione la “libertà” quanto proprio del porsi di una scelta o arbitrio. La libertà è e dovrebbere essere ben altro che dovere o potere scegliere; la libertà sta e si colloca nella “nessuna scelta”, quindi nella non dualità, nel non-divenire, etc. La libertà non può essere associata alla necessità, in qualsiasi forma essa si ponga, anche fosse di scelta o persino di non-scelta.
Quindi a mio vedere parlare di libero-arbitrio o libera-scelta è una cotraddizione in termini, dove c’è l’una non c’è l’altra e viceversa.