Trataka - appunti
Tutte le pratiche meditative mirano inizialmente a stabilire la concentrazione della mente (dharana) come preludio alla meditazione vera e propria (dhyana) e quindi al samadhi, ossia allo stato di immersione nel supremo Sé.
Per raggiungere questo stadio di concentrazione si adottano vari metodi. Uno molto diretto, semplice e tuttavia efficace, è la tecnica chiamata trataka finalizzata a convogliare prima lo sguardo e poi la mente su un punto d’osservazione prescelto, escludendo tutto il resto e generando, attraverso l’attenzione costante su un punto, un flusso continuo di energia.
La parola Trataka in sanscrito significa "guardare fisso”, “fissare stabilmente una cosa” e implica il guardare un punto o un oggetto con lo sguardo fisso e gli occhi ben aperti, facendo attenzione a non battere le ciglia per un po' di secondi o minuti. La fissità dello sguardo provoca solitamente la caduta delle lacrime. A questo punto si deve smettere e chiudere mantenendo concentrato lo sguardo "mentale" sull’immagine impressa sulla retina fino a quando essa non svanisce, allora si riaprono gli occhi e si ricomincia Trataka.
La durata della tecnica è relativa al tempo a disposizone, normalmente precede la pratica meditativa.
La lacrimazione prodotta dal Trataka è un buon lavaggio all’occhio attraverso la stimolazione delle ghiandole lacrimali e la pratica è considerata utile anche per migliorare difetti ottici, come la miopia.
Le ore migliori per praticare sono le prime ore dell’alba, ma si può eseguire trataka anche durante la giornata, purché lontano dai pasti, come ogni tecnica yoga, per non interferire con il processo digestivo.
L’azione di trataka si estende però oltre l’aspetto fisico, infatti essa migliora, se praticata regolarmente, la capacità di concentrazione, da cui deriva la capacità di stabilizzarsi nello stato di pratyahara: il ritiro dei sensi all'interno del "guscio", come fa la tartaruga quando ritira le proprie membra per proteggersi dalle aggressioni esterne.
L’oggetto dello sguardo può essere sia esterno al proprio corpo (BahyaTrataka), sia interno (Antar Trataka).
Sia la “Gheranda Samhita” sia lo “Hatha Yoga Pradipika” (i tradizionali trattati di Hatha Yoga) forniscono suggerimenti semplici circa lo svolgimento corretto di Trataka.
Dice Swami Sathyananda Saraswati:
«Occorre allenare gli occhi a lungo affinché essi possano fissarsi stabilmente su un oggetto (la fiamma di una candela, il simbolo della OM, la punta del proprio naso o il centro tra le sopracciglia), evitando anche il minimo battito delle palpebre. Finché, successivamente, a occhi chiusi, l’oggetto diventa un’immagine saldamente acquisita e visibile all’interno di sé».
Trataka è considerata l’ultimo degli shatkarma le sei pratiche di purificazione del corpo e rappresenta l’anello di congiunzione, il ponte, tra le pratiche finalizzate alla purificazione fisica (hatha yoga) e quelle finalizzate alla purificazione della mente (raja yoga).
la parola shatkarma è composta da shat: sei e karma che qui assume il significato di “azione” o “dovere” da compiere. I shatkarma tradizionali dello hatha yoga sono neti, dhauti, nauli, basti, kapalabhati e trataka.
Trataka esterno
Ogni praticante di yoga ha imparato, per esperienza diretta, che durante l’esecuzione di una posizione/asana di equilibrio è necessario “appoggiare lo sguardo fermamente” su un punto qualsiasi di fronte a sé affinché l’attenzione costante stabilizzi la posizione e induca la respirazione corretta.
Bahya Trataka concorre all’esecuzione degli asana, permette di ottenere equilibrio, stabilità e quel tipo di consapevolezza di sé che nasce dall’assenza di pensieri, di immagini e di tutto ciò che normalmente affolla la mente.
La forma insorge e viene mantenuta con trataka. Si noti come la pratica delle posizioni di equilibrio avvenga più facilmente quando siamo soli in quanto anche la mera presenza di un'altra persona accanto o il suo sguardo su di noi mentre pratichiamo riduce il potere di concentrazione sul "punto" prescelto, proprio come la fiamma della candela che ondeggia quando arriva qualche corrente d'aria.
Per essere precisi, si distingue tra bahya trataka, che prevede la concentrazione su un punto lontano come la luna o i raggi del sole che illuminano la terra, e madhya trataka che mantiene la concentrazione dello sguardo su un oggetto più vicino.
Trataka interno
L’osservazione dell’oggetto interno favorisce l’introspezione e facilita la cessazione dei vortici dei pensieri.
La concentrazione interna può focalizzarsi ad esempio sull'hiranyagarbha: il fagiolino d’oro nel cuore dove dimora il Divino, oppure sul punto tra le sopracciglia [bhrumandhya drishti] o sulle narici in cui fluisce il respiro o su qualche altro organo interno.
La tecnica viene praticata ad occhi chiusi e possibilmente in Kechari Mudra, “il gesto che ti connette con lo spazio”, cioè con la lingua arrotolata all’indietro e la punta a contatto con il palato molle (il mudra stimola l’ipofisi e tutto il sistema ormonale “calmando” il sistema mente-corpo).
Trataka sul sole
Si può eseguire trataka sul sole (che non deve mai essere fissato direttamente) mantenendo la concentrazione sulla corona di luce che si estende dalla stella e fissando lo sguardo all’orizzonte.
Rimanere in piedi ad occhi socchiusi, gustando la luce del sole con ogni cellula del corpo. Respirare la luce ed espirare la nebulosità interna. Nebbie che si dissolvono ad ogni espirazione.
La luce è purificatrice per eccellenza, perché disperde tutte le tenebre. Dirigere la luce attraverso il corpo, per purificare gli organi ed i sensi, e collocarla nel loto del del cuore.
Solitamente questa pratica si abbina alla recitazione del Gayatri mantra che si esegue preferibilmente all'alba, a mezzogiorno (sole allo zenit) e al tramonto.
Il corrispondente Trataka interno è visualizzare nel cuore un sole nascente, rosso-arancione e percepire i raggi che si diffondono nel corpo penetrando di luce ogni cellula.
Trataka con la fiamma della candela
Fissare la fiamma concentrandosi sul cuore interno di luce pulsante e non solo sugli ondeggiamenti.
La fiamma danza come la nostra mente, al centro l'ovoide luminoso: il cuore della fiamma.
Evitare di battere le palpebre o almeno averne la consapevolezza quando accade. Quando gli occhi sono stanchi chiudere gli occhi e contemplare la forma ovoidale della fiamma rimasta impressa sulla retina.
Contemplare l'uovo dorato e poi tornare ad osservare il buio dietro gli occhi.
Che cosa c'è dietro il buio dei nostri occhi?
Istruzioni:
Sedersi davanti alla candela nella posizione del loto (padmasana) o in qualsiasi altra posizione purchè sia comoda. Continuare a fissare stabilmente la fiamma e, ad occhi chiusi, cercate di sentirla dentro di noi, nel punto fra le sopracciglia.
Farla scorrere verso il loto del cuore, immaginando che la sua luce lasci una scia dove passa.
Quando la luce entra nel cuore, visualizzarla come un fiore di loto che dischiude i suoi petali ad uno ad uno, irrorando di luce ogni pensiero, ogni sentimento, ogni emozione e dissipando l'oscurità che non trova più spazio per nascondersi. La luce della fiamma diventa sempre più ampia e luminosa.
Fare penetrare la luce nelle membra, immaginare che la luce le vivifichi in ogni cellula.
Toccare le labbra : quando la Luce raggiunge la lingua, la menzogna si dilegua.
Fare salire la fiamma fino agli occhi ed alle orecchie [toccare le corrispondenti parti del corpo rinforza la pratica] perché neutralizzi i desideri che creano ansietà e agitazione.
Fare in modo che la testa si inondi di Luce, così che tutti i pensieri si dissolvano.
Immaginare che la Luce sia sempre più intensa, poi che risplenda tutt'intorno a noi e che da noi venga effusa in cerchi via via più grandi, racchiudendo nella sua sfera tutti i nostri cari, i parenti, gli amici e compagni, i nemici e i rivali, gli estranei, tutti gli esseri viventi, il mondo intero.
Lasciare dissolvere la luce nel profondo spazio blu del Cosmo.
Mantenete viva l'entusiasmante consapevolezza di vedere la Luce dovunque.
[cfr.
qui ]