Parlami del desiderio, autista
Inviato: 27/10/2019, 16:07
Cos’è il desiderio?
Possiamo dirlo…
…anelito verso altro.
…trasformazione verso altro.
…movimento verso altro.
Quindi si necessita una alterità e si necessita processo.
Osserviamo bene che non è richiesto un soggetto, perché alla fine il soggetto stesso è il processo.
Ossia il desiderio.
Il desiderio è il soggetto, o quanto noi crediamo tale, del sensibile, del manifesto.
Se un aspirante si osserva alla ricerca di quanto chiama io, troverà solo dei movimenti, delle credenze, delle adesioni (poggianti o conseguenti ai desideri), esauriti i quali non c’è più nulla da esaminare… se non un sottofondo, un movimento, quello stesso che si sta sostenendo in quell’istante e che è a sua volta un desiderio (in quello specifico caso di conoscenza).
Se ci spostiamo dall’individuale all’universale, ecco che lo scopo, la causa del manifesto è l’ottemperamento di un desiderio... un desiderio di esistenza, di alterità.
Volendo spostarsi da un altro punto di vista, la stessa affermazione può essere detta altresì: “Il manifesto è lo svolgimento di tanti diversi effetti causati o desideri”.
Eppure ci sono i libri e persone che non fanno altro che invocare l’elisione e l’annullamento dei desideri…
Vorrebbero insegnare che il desiderio è un qualcosa che deve essere eliminato, allontanato, annullato. Chi solitamente afferma questo o vi sta riferendo delle cose che non ha praticato con successo al punto di raggiungere uno stato senza desideri o vi sta riferendo delle cose che non erano rivolte a lui e probabilmente nemmeno a voi.
L’insegnamento “bisogna eliminare i desideri” è un insegnamento che veniva dato agli aspiranti evoluti già in prossimità del silenzio, ove i desideri erano ridotti al minimo, spesso semplici abitudini mentali.
Per coloro che invece non si trovino in quella posizione (che corrisponde a quella dell’anacoreta e, poi, del rinunciante), quindi nella posizione di giovane che si avvicina alla vita o di adulto preso dai compiti di responsabilità (famiglia, lavoro, etc.), i desideri sono gli strumenti e lo scopo stesso della vita, che viene svolta per fruire degli stessi.
Sarebbe terribile che lo studente non desideri svolgere al meglio il proprio servizio, sarebbe terribile la madre che non desideri un buon futuro per il proprio figlio e quindi non desideri subito essere la migliore madre.
Terribile il capofamiglia che non desideri assicurare un buon futuro per la propria progenie.
Iniziamo quindi a comprendere che il desiderio fa parte della vita e in certi casi non solo è lecito che ci sia, ma sarebbe devastante se non ci fosse.
Abbiamo detto che un desiderio è un movimento, un processo, un fluire; quindi fermare un movimento implica andare a scaricare nello stop l’energia impegnata nel processo. Chi ha mai cercato di fermare un desiderio sa quanto sia difficile, e chi ci sia riuscito sa anche quanto sia doloroso e dannoso.
Noi stessi diamo “corpo” ai desideri di chi ci ha concepito… fermare quel desiderio, significa uccidere il nostro corpo.
Non potendo rinunciare ai desideri, perché essi sono già degli effetti in atto, allora ci viene insegnato che un desiderio può essere rettificato e volto al bene, al Divino, alla Conoscenza.
Una personalità non disciplinata avrà desiderio (kama) per il benessere (artha) e cercherà la liberazione (moksha) dal dharma (dovere.)
Una personalità disciplinata volgerà il dovere (dharma) al conseguimento del benessere (artha) e il desiderio (kama) verso la liberazione (moksha).
In realtà tutta la pratica spirituale non consiste nel fermare i desideri quanto nel volgerli all’armonia. La tradizione dei popoli ci insegna che l’armonia si ottiene disciplinando la nostra personalità attraverso la Conoscenza (che può essere rivolta interiormente ad armonizzare noi stessi o esteriormente ad armonizzare, attraverso il servizio amorevole, il mondo).
Tutte le varie tecniche in uso, oltre a servire all’ottenimento di improbabili poteri, servono ad acquisire la conoscenza degli strumenti che abbiamo. Nessuno dubita che uno yogi ad alto livello possa stare delle ore assorbito in samadhi, ma ci si potrebbe interrogare cosa questo serva a lui o all’umanità. Per questo infatti solitamente costoro lasciano il corpo, tutti gli altri solitamente sono dei millantatori, o stanno cercando di stabilizzare quello stato per andare oltre, avendo un dharma differente rispetto ad altri. Ma costoro sono figure così rare, per quanto presenti, che il più delle volte si viene gabbati da qualche imbroglione o semplice aspirante a cui la concettualizzazione della mente dianoetica ha creato degli squilibri e si sente mandato da Dio a salvare il mondo e gli uomini.
Concentrazione, meditazione non servono ad affrettare la liberazione, servono a meglio vivere nel mondo le azioni che ci sono da compiere. È all’esaurirsi di queste che l’essente prende consapevolezza di sé, quale unica e comune Realtà.
Tutto il lavoro da fare, quale che sia la posizione sociale e quella coscienziale, consiste nel rettificare i desideri per volgere il dovere (dharma) al conseguimento del benessere (artha) e il desiderio (kama) verso la liberazione (moksha).
Questa la sintesi, poi ogni via dà le proprie prescrizioni.
l'Autista, in takeniwa
(il giardino di bambù)
Possiamo dirlo…
…anelito verso altro.
…trasformazione verso altro.
…movimento verso altro.
Quindi si necessita una alterità e si necessita processo.
Osserviamo bene che non è richiesto un soggetto, perché alla fine il soggetto stesso è il processo.
Ossia il desiderio.
Il desiderio è il soggetto, o quanto noi crediamo tale, del sensibile, del manifesto.
Se un aspirante si osserva alla ricerca di quanto chiama io, troverà solo dei movimenti, delle credenze, delle adesioni (poggianti o conseguenti ai desideri), esauriti i quali non c’è più nulla da esaminare… se non un sottofondo, un movimento, quello stesso che si sta sostenendo in quell’istante e che è a sua volta un desiderio (in quello specifico caso di conoscenza).
Se ci spostiamo dall’individuale all’universale, ecco che lo scopo, la causa del manifesto è l’ottemperamento di un desiderio... un desiderio di esistenza, di alterità.
Volendo spostarsi da un altro punto di vista, la stessa affermazione può essere detta altresì: “Il manifesto è lo svolgimento di tanti diversi effetti causati o desideri”.
Eppure ci sono i libri e persone che non fanno altro che invocare l’elisione e l’annullamento dei desideri…
Vorrebbero insegnare che il desiderio è un qualcosa che deve essere eliminato, allontanato, annullato. Chi solitamente afferma questo o vi sta riferendo delle cose che non ha praticato con successo al punto di raggiungere uno stato senza desideri o vi sta riferendo delle cose che non erano rivolte a lui e probabilmente nemmeno a voi.
L’insegnamento “bisogna eliminare i desideri” è un insegnamento che veniva dato agli aspiranti evoluti già in prossimità del silenzio, ove i desideri erano ridotti al minimo, spesso semplici abitudini mentali.
Per coloro che invece non si trovino in quella posizione (che corrisponde a quella dell’anacoreta e, poi, del rinunciante), quindi nella posizione di giovane che si avvicina alla vita o di adulto preso dai compiti di responsabilità (famiglia, lavoro, etc.), i desideri sono gli strumenti e lo scopo stesso della vita, che viene svolta per fruire degli stessi.
Sarebbe terribile che lo studente non desideri svolgere al meglio il proprio servizio, sarebbe terribile la madre che non desideri un buon futuro per il proprio figlio e quindi non desideri subito essere la migliore madre.
Terribile il capofamiglia che non desideri assicurare un buon futuro per la propria progenie.
Iniziamo quindi a comprendere che il desiderio fa parte della vita e in certi casi non solo è lecito che ci sia, ma sarebbe devastante se non ci fosse.
Abbiamo detto che un desiderio è un movimento, un processo, un fluire; quindi fermare un movimento implica andare a scaricare nello stop l’energia impegnata nel processo. Chi ha mai cercato di fermare un desiderio sa quanto sia difficile, e chi ci sia riuscito sa anche quanto sia doloroso e dannoso.
Noi stessi diamo “corpo” ai desideri di chi ci ha concepito… fermare quel desiderio, significa uccidere il nostro corpo.
Non potendo rinunciare ai desideri, perché essi sono già degli effetti in atto, allora ci viene insegnato che un desiderio può essere rettificato e volto al bene, al Divino, alla Conoscenza.
Una personalità non disciplinata avrà desiderio (kama) per il benessere (artha) e cercherà la liberazione (moksha) dal dharma (dovere.)
Una personalità disciplinata volgerà il dovere (dharma) al conseguimento del benessere (artha) e il desiderio (kama) verso la liberazione (moksha).
In realtà tutta la pratica spirituale non consiste nel fermare i desideri quanto nel volgerli all’armonia. La tradizione dei popoli ci insegna che l’armonia si ottiene disciplinando la nostra personalità attraverso la Conoscenza (che può essere rivolta interiormente ad armonizzare noi stessi o esteriormente ad armonizzare, attraverso il servizio amorevole, il mondo).
Tutte le varie tecniche in uso, oltre a servire all’ottenimento di improbabili poteri, servono ad acquisire la conoscenza degli strumenti che abbiamo. Nessuno dubita che uno yogi ad alto livello possa stare delle ore assorbito in samadhi, ma ci si potrebbe interrogare cosa questo serva a lui o all’umanità. Per questo infatti solitamente costoro lasciano il corpo, tutti gli altri solitamente sono dei millantatori, o stanno cercando di stabilizzare quello stato per andare oltre, avendo un dharma differente rispetto ad altri. Ma costoro sono figure così rare, per quanto presenti, che il più delle volte si viene gabbati da qualche imbroglione o semplice aspirante a cui la concettualizzazione della mente dianoetica ha creato degli squilibri e si sente mandato da Dio a salvare il mondo e gli uomini.
Concentrazione, meditazione non servono ad affrettare la liberazione, servono a meglio vivere nel mondo le azioni che ci sono da compiere. È all’esaurirsi di queste che l’essente prende consapevolezza di sé, quale unica e comune Realtà.
Tutto il lavoro da fare, quale che sia la posizione sociale e quella coscienziale, consiste nel rettificare i desideri per volgere il dovere (dharma) al conseguimento del benessere (artha) e il desiderio (kama) verso la liberazione (moksha).
Questa la sintesi, poi ogni via dà le proprie prescrizioni.
l'Autista, in takeniwa
(il giardino di bambù)