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Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 27/10/2019, 10:37
da jbj89
Buongiorno a voi tutti..
Questa mattina ho avutoquella che per me è stata una grande intuizione e sebbene possa sembrare poca cosa ho voluto subito condividerla con voi perché vi ritengo parte integrante di questa mia scoperta...veniamo al dunque...
Quando un individuo svela quale è la pratica yoga più vicina alla sua situazione contingente..in questo caso il karma yoga..questa stessa pratica è così connaturata ..così. diciamo..spontanea da risvegliare in lui/lei una consapevolezza molto più solida e costante ..che un semplice esercizio meditativo non avrebbe mai attivato
...ma non solo...questa pratica una volta scoperta ..stimola già per se stessa la discriminazione ed il distacco...attiva la TESTIMONIANZA...
Ovviamente tutto questo va poi approfondito ..compreso e svelato sempre più in molte modalità...per renderlo sempre più trasformante..
Cosa ne pensate?

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 27/10/2019, 15:42
da ortica
jbj89 ha scritto:
27/10/2019, 10:37
Buongiorno a voi tutti..
Questa mattina ho avutoquella che per me è stata una grande intuizione e sebbene possa sembrare poca cosa ho voluto subito condividerla con voi perché vi ritengo parte integrante di questa mia scoperta...veniamo al dunque...
Quando un individuo svela quale è la pratica yoga più vicina alla sua situazione contingente..in questo caso il karma yoga..questa stessa pratica è così connaturata ..così. diciamo..spontanea da risvegliare in lui/lei una consapevolezza molto più solida e costante ..che un semplice esercizio meditativo non avrebbe mai attivato
...ma non solo...questa pratica una volta scoperta ..stimola già per se stessa la discriminazione ed il distacco...attiva la TESTIMONIANZA...
Ovviamente tutto questo va poi approfondito ..compreso e svelato sempre più in molte modalità...per renderlo sempre più trasformante..
Cosa ne pensate?

Quando, dopo tanto vagare, si trovano tracce in cui i nostri piedi sembrano calzare alla perfezione, avviene il riconoscimento, un lampo di luce inconfondibile.
Poichè per me è stato cosi, posso riconoscermi nella tua testimonianza.
Alcuni, che dicono di praticare la via dello jnana, ritengono il karma yoga un sentiero inferiore, adatto a chi razzola terra terra e non ce la fa a percorrere il sentiero in salita.
È una loro opinione e merita rispetto.
Ma noi ricordiamo Krishna dire ad Arjuna che nessuno può stare senza agire, neppure lui, consapevole incarnazione divina.
E dunque agiamo, tentando di rendere ogni nostra azione yajna, sacrificio nel fuoco ardente della coscienza.
Perché alla fine, sebbene ogni aspirante sia diverso dall'altro e per ciascuno ci sia una via differente nella molteplicità di Jagat, tutte le vie diventano una e la meta è identica.
Ogni sadhana, ogni via, non è che tentativo di rettificazione dei guna, purificazione dei veicoli corporei sì da renderci idonei, qualificati alla realizzazione del Sé.
Senza dimenticare che nessuna azione, anche la più pura, nessun pensiero, nessuna concentrazione, nessuna discriminazione nel distacco, nessuna devozione possono causare la realizzazione del Brahman per inseità.
Semplicemente perché Brahman è l'incausato.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 27/10/2019, 16:22
da Fedro
Non so se è un intendimento personale, ma se il karma yoga è la via dell'azione, non può significare che interessi solo chi vuole seguirla, oppure che possa stare sotto altre vie: è inevitabile, come qualsiasi altra constatazione, che si cammina (talvolta pur stando fermi) .
Dunque è l'azione che si riconosce di assecondare, perché è quella giusta per la natura che si è, e non di come si dovrebbe essere.
Sino ad un certo punto, si potrà pure credere che l'abbiamo davvero scelta o di esserne gli effettivi agenti; man mano però, sorge la percezione che si compie quello che si manifesta, senza che ciò sia frutto di una scelta effettiva, ma come l'unica possibile.
Proprio per questo, l'azione diviene una benedizione, non essendo né autori né fruitori, ma semplici strumenti dell'azione ed a cosa essa porti.
A questo punto però, non è più percepibile, a mio vedere, laddove inizi un'azione a discapito di una non azione, e viceversa. D'altronde, se osserviamo l'acqua che scorre in un fiume, non c'è un inizio di flusso o la resistenza, o ancora un'accelerazione voluta dell'acqua in punto rispetto ad altri, ma è tutto un fluire, scorrere verso il mare, a prescindere se si incontrino gorghi, pietre e cascate a vivacizzarne o frenarne il corso.
E in tutto ciò, si può stare fermi, osservando il flusso, e nel contempo fluire, essendo ciò nella natura dell'essente

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 27/10/2019, 21:46
da jbj89
Per ora non posso dire ancora nulla..solo che cercherò di sperimentare sempre più a fondo condividendo sempre con voi.
Grazie mille

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 27/10/2019, 22:26
da viviana
Caro jbj89, talvolta quando abbiamo l’opportunità di osservare e praticare uno stesso cammino guardandolo da una diversa angolazione puo’ sembrare, in apparenza, che sia diverso, che sia più adatto a noi, talvolta una diversa prospettiva, apparentemente a noi più vicina
(alla ns natura condizionata, ai nostri condizionamenti mentali)
ci permette di procedere con nuovo slancio la quotidiana ricerca (di retta comprensione e retta pratica) talvolta una prospettiva differente ci permette di “allargare la nostra visione, di comprendere meglio l’insieme”.
La conoscenza di ognuno di noi è condizionata dai propri guna, qs comprensione è alla base della pratica. Come ben sai, tutto quanto proviamo, pensiamo e percepiamo non è che un fenomeno impermanente, io compreso, e noi siamo tutti viandanti in cerca (consapevolmente o meno) di liberazione.

Per quanto mi riguarda (e parlo della individuale prospettiva di un essere profondamente radicato nel mondo dei nomi e delle forme) non v’è alcuna differenza fra il cammino del Buddha e quello del Vedanta, è la stessa Tradizione, vengono presentati gli stessi strumenti, viene perseguito il medesimo fine, solo la terminologia cambia.
Premetto che anch’io sono vicina alla tradizione theravada e che ne utilizzo “indicazioni e strumenti”, pratico anapana, metta e vipassana e cerco di praticare il Nobile ottuplice sentiero e in qs altro non vedo se non:
karma yoga, bhakti yoga, raja yoga e jnana yoga.
Per quanto mi riguarda Gotama era uno jnanin.

Le scuole e i seguaci di qs diversi rami della tradizione spesso si fanno le pulci l’un l’altro in un opporsi che per quanto mi riguarda è sterile e fine a se stesso, opponendosi a tutto ciò che la Tradizione e di suoi diversi rami ci offrono.

Dove hai inteso che nel Vedanta non si utilizzi lo strumento della meditazione?
In ogni testo sacro che la meditazione è indicata come parte integrante della pratica, una parte preziosa, importante, è una pratica che si consiglia di iniziare ad utilizzare dal momento in cui si sono in parte rettificati i propri condizionamenti più grossolani/tamasici, quelli che ci portano ad agire, pensare, parlare non rettamente, radicando i nostri condizionamenti ancor più saldamente a qs forme; allontanandoci dal sentiero che tutti noi, volente o nolente stiamo percorrendo.

Nel quaderno che avevo quando servivo in un centro di meditazione ho riportato:
“la mente molto impura contamina, alterandola grandemente, la capacità discriminante”
non so dirti se qs affermazione fosse presa dai discorsi di Gotama o dalle Upanisad e in fin dei conti non credo importi, è vera ed è utile ricordarselo.

Ora ci sarà chi ti dirà che nulla dipende da te e che non devi fare alcunchè per percorrere qs cammino, perchè in realtà non c’è alcun cammino da percorrere, perchè tu sei già Quello, ma qs non ci riguarda, non riguarda chi vive ancora immerso nei propri condizionamenti.
Il Buddha ci spiega che siamo qui perchè desideriamo ed è solo distaccandoci dalla Bramosia
(“In qs universo non c’è niente a cui aggrappparsi, non c’è nulla a cui aggrapparsi”)
e dalla Repulsione (rettificando parzialmente i condizionamenti che ci hanno portato ad avere un nome e una forma in qs realtà) che potremo arrivare a rettificare la Bramosia spogliandola dei più grossolani condizionamenti arrivando ad osservarla equanimamente come desiderio, causa di qs individuazione e solo allora anche qs desiderio diverrà strumento di Conoscenza e liberazione.

Ma è utile partire dal grossolano per poi muoversi in piani sempre più sottili, come potrebbe essere altrimenti?

“Bisogna esaminare a fondo il modo in cui il mondo interagisce con la struttura psicofisica, bisogna uscire dalla miseria delle proprie bramosie, bisogna realizzare qs realtà entro la struttura del proprio corpo, facendone equanime esperienza, qs è la legge del Dhamma, bisogna farlo equanimamente, con comprensione costante e completa di Anicca (dell’Impermanenza).”

Nella tradizione theravada i semi utilizzati sono il corpo, la mente, i contenuti mentali e l’amore compassionevole ma e’ davvero così importante il seme utilizzato nella meditazione? Puo’ il differente seme indicato nella pratica meditativa essere la discriminante di un sentiero appartenente alla Tradizione da uno che non lo è? Non credo.

Personalmente, visto che sono alle basi della pratica (abbondo di rajas ma ancor più di tamas) è per me più semplice da seguire la pratica indicata nel Nobile ottuplice sentiero, penso che per chi viva immerso nei condizionamenti e privo di un Maestro sia più “semplice da comprendere (retta comprensione) e mettere in pratica”, mentre per quello che riguarda i testi sacri preferisco nettamente i Vedanta, la sorprendente intuizione e potenza vibratoria di qs testi non ha per me eguali ma bisogna essere pronti ad accoglierli, il terreno dev’essere fertile e ben arato, la mente dev’esser mondata dalle grossolanità più tamasiche o anche la sola lettura di qs testi potrebbe nuocere (a me è successo ad esempio).
I Vedanta ci portano la’ dove il Buddha ha preferito tacere ai più, riservando probabilmente a pochissimi suoi discepoli tali indicazioni.

Il Buddha era focalizzato sulle basi del cammino, il suo desiderio era che la maggior parte dell’umanità potesse usufruirne, che la maggior parte dell’umanità potesse arrivare a raggiungere la retta comprensione delle basi necessarie a percorrere consapevolmente il cammino. E la stragrande maggior parte di noi naviga ciecamente nei propri condizionamenti tamasici, cercando, in qualche modo di rimanere a galla, siamo molto ottusi e confusi, d'altronde ci è stato più e più volte detto che è inutile e nocivo dar le perle ai porci.

“Quel che con intimo sforzo ho trovato or palesare è interamente vano:
Agli uomini, che d’odio ardono e brama,
non conviene davver tale dottrina.
Dotrina , che risale la corrente, ch’è interna ed è profonda ed è nascosta:
essa resta invisibile ai bramosi,
nella più fitta tenebra ravvolta”.
“Dell’immortalità s’apron le porte:
chi ha orecchi per udire venga ed oda.
Repulsione intuendo io non volevo l’alta dottrina palesar”

D’altronde lui stesso non volle mai che nulla fosse scritto.

“il discepolo di Gotama lascia il mondo essere il mondo, intatto da ciò che si dice.”

Ed infatti i suoi discorsi e le sue indicazioni, a mio parere, sono stati molto condizionati dalle varie “correnti e culture” che li hanno trasmessi fino a noi, non di rado mi trovo in totale disaccordo con ciò che è scritto: vi si trova forte espressione di repulsione e disprezzo. Non fraintendermi, vi sono passaggi bellissimi ma anche affermazioni, pregiudizi e rigidità che a mio parere non potevano essere state espresse da un liberato in vita.

Detto questo non dimentichiamoci che anche testi sacri come le Upanisad non erano indirizzati a tutti.

Nel Vivekacudamani è scritto:

“occorre elevare lentamente ma decisamente la coscienza dalla condizione grossolana fino allo stato di samadhi”

e ancora:

“dov’è il nostro desiderio, là dimorano il nostro cuore e la nostra stessa esistenza”

Nel Drgdrsyaviveka è scritto:

“è necessario che il veggente si faccia prima simile e affine a ciò che deve esser visto e poi si applichi alla visione”

e ancora:

“i desideri sono oggetti di conoscenza, oggetti di percezione che possiamo inibire, assecondare, trasmutare o trascendere. Qs processo rivela l’esistenza di un centro volitivo dietro l’oggetto di conoscenza/desiderio, è bene considerarlo un semplice moto pensativo con il quale non identificarsi. Possiamo porci in raccoglimento e osservare/percepire tutti i contenuti psichici che affiorano, essendo consapevoli x via diretta, creando una consapevole disentificazione dai vari contenuti energetici imprigionati, così da renderli semplici oggetti di coscienza. Poi dobbiamo stabilizzare la coscienza sì da rimanere ferma su se stessa in modo che sia la coscienza ad essere direttamente consapevole di tutto il “visibile” in quanto oggetto e non la mente, con i suoi sensi, a percepire gli oggetti.
Così il jiva prende consapevolmente la direzione dello scopo della sua manifestazione sul piano intellegibile e sensibile”.

In cosa qs differisce dalla pratica indicata dal Buddha?

e ancora:

“ogni sistema di coordinate ha le sue leggi e le sue modalità operative e se vogliamo affrontare il problema della realtà di quel sistema, dobbiamo necessariamente attenerci a quelle leggi e a quelle modalità. Prima di affermare e giudicare è necessario sperimentare quei sistemi di coordinate”

Buona pratica e ogni bene a noi

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 9:18
da jbj89
Mi rincuora sapere che altri la pensano così..più che differenze di nomi e concettualizzazioni vedo per la verità una grande UNITÀ tra questi due rami della Tradizione e credo fermamente che in un eventuale raffronto non possa che trovarsi un arricchimento
...ogni bene a tutti voi

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 11:52
da ortica
Quanto scrivono Viviana e jbj89 è, a mio avviso, sostanzialmente corretto e coincide con le tesi esposte magistralmente nell'opera di Coomaraswamy Induismo e buddhismo.
Come è noto, quest'opera e i contatti frequenti fra i due filosofi, indussero Renè Guenon a rivedere la sua valutazione del buddhismo in Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, precedentemente forse un po' troppo frettolosa.


Tuttavia, personalmente, tento di mantenermi fedele a questa indicazione del Riferimento: "Troppi lumi confondono la via, scegline uno solo e seguilo univocamente".

Non è qui in discussione la validità tradizionale della via del Buddha, né l'opportunità di conoscere e comparare diverse vie.
Per la pratica personale, però, è preferibile, secondo me, seguire un percorso senza sfarfallare in giro.
Questa almeno è la mia esperienza.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 13:08
da Fedro
Chi può giudicare cosa sia corretto in un esperienza altrui?
Possiamo equiparare la nostra esperienza con quella dell'altro, e già al nostro livello, è un impresa.
Oppure possiamo giocare ad azzardarci a confrontare delle teorie, che non sono nostra esperienza:
ed anche questo rimane nel campo delle teorie, quindi lascia il tempo che trova.
Già mi era capitato di toccare questo argomento, nel quale si pretenderebbe di valutare la coscienza dell'altro, evidentemente conoscendo poco la propria.
In questo mondo vi sono sette miliardi di persone con sette miliardi di stati di coscienza e cammini diversi, come lo sono tutte le gocce d'acqua che incontriamo, per usare l'esempio del nostro Autista.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 14:13
da cielo
Fedro ha scritto:
28/10/2019, 13:08
Chi può giudicare cosa sia corretto in un esperienza altrui?
Possiamo equiparare la nostra esperienza con quella dell'altro, e già al nostro livello, è un impresa.
Oppure possiamo giocare ad azzardarci a confrontare delle teorie, che non sono nostra esperienza:
ed anche questo rimane nel campo delle teorie, quindi lascia il tempo che trova.
Già mi era capitato di toccare questo argomento, nel quale si pretenderebbe di valutare la coscienza dell'altro, evidentemente conoscendo poco la propria.
In questo mondo vi sono sette miliardi di persone con sette miliardi di stati di coscienza e cammini diversi, come lo sono tutte le gocce d'acqua che incontriamo, per usare l'esempio del nostro Autista.
Ortica non ha giudicato l'esperienza altrui, ma ha considerato corretta dal punto di vista formale e sostanziale l'esposizione di alcuni caposaldi e principi che si ritrovano sia nel buddhismo che nell'induismo.
Confrontarsi sulle teorie lascerà pure il tempo che trova, ma può essere utile ad alcuni.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 14:28
da Fedro
Quindi è anche possibile stabilire cosa non è corretto...
E questo sempre tramite le letture varie:
siamo o no nel campo delle interpretazioni?
Quindi, da che punto stiamo valutando cosa?

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 15:26
da cielo
Fedro ha scritto:
28/10/2019, 14:28
Quindi è anche possibile stabilire cosa non è corretto...
E questo sempre tramite le letture varie:
siamo o no nel campo delle interpretazioni?
Quindi, da che punto stiamo valutando cosa?
dal suo punto di vista è corretto (dice, difatti: a mio avviso). I punti di vista si possono esporre?

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 16:45
da Fedro
cielo ha scritto:
28/10/2019, 15:26
Fedro ha scritto:
28/10/2019, 14:28
Quindi è anche possibile stabilire cosa non è corretto...
E questo sempre tramite le letture varie:
siamo o no nel campo delle interpretazioni?
Quindi, da che punto stiamo valutando cosa?
dal suo punto di vista è corretto (dice, difatti: a mio avviso). I punti di vista si possono esporre?
Ovviamente sì.
Buona continuazione

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 17:03
da cielo
Fedro ha scritto:
28/10/2019, 16:45
cielo ha scritto:
28/10/2019, 15:26
Fedro ha scritto:
28/10/2019, 14:28
Quindi è anche possibile stabilire cosa non è corretto...
E questo sempre tramite le letture varie:
siamo o no nel campo delle interpretazioni?
Quindi, da che punto stiamo valutando cosa?
dal suo punto di vista è corretto (dice, difatti: a mio avviso). I punti di vista si possono esporre?
Ovviamente sì.
Buona continuazione
io penso che sia nostro dovere (dharma che condividiamo quali utenti) non soffermarci su eventuali criticità che cogliamo nei post altrui.
Si parlava di lasciare scorrere, ognuno ha il suo modo, i suoi limiti espressivi, la sua visione.
Marcare un difetto è vedere la pagliuzza negli occhi altrui e non tutti sono abili ad aiutare togliendo la pagliuzza con la pinzetta.
Buona continuazione per dove? Sei indignato? Di già?

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 18:15
da Fedro
Ma che c'entra marcare un difetto!
Non si è parlato anche di approccio?
Non sei stata tu a dire:

.
Il confronto tra opinioni è confronto vano e spesso inutile, perchè è confronto tra tazze da tè piene ciascuna della propria convinzione e credenza.

Di solito, e logica dell'aneddoto vorrebbe, bisognerebbe prima svuotare (leggasi comprendere ed esserne consapevoli..) le rispettive tazze da tè, per essere in grado di confrontare alcunchè di "altrui".
?

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 18:39
da ortica
Fedro ha scritto:
28/10/2019, 13:08
Chi può giudicare cosa sia corretto in un esperienza altrui?
A mio avviso, nessuno se non il Riferimento tradizionale cui ci si affida in piena fiducia.

Però, se qualcuno dovesse chiedere insistentemente a questa persona cosa è meglio per lui/lei e non fosse possibile evitare una risposta, gli chiederei a mia volta qual è il suo obiettivo.
In altre parole, gli chiederei: cosa cerchi?

Se mi rispondesse: il benessere psicofisico, potrei rispondergli per esempio:
Dieta sana, esercizio fisico per almeno quindici minuti al giorno, qualche minuto di raccoglimento silenzioso al mattino, una puja ogni tanto alla forma Divina preferita, sesso quanto basta in relazione all'età e possibilmente con una persona con cui si abbia confidenza e affetto (non sarà esaltante, ma è molto confortevole e produce endorfine, senza stress per la performance), una passeggiata nella natura almeno una volta alla settimana, cercare di non far del male agli altri, porsi obiettivi realistici in base a possibilità e attitudini.
In questo ambito sarebbe corretto è utile, a mio avviso, usare qualsiasi pratica psicofisica atta ad incrementare il benessere, presa da qualsivoglia via spirituale o psicologica o ginnica.

Se, invece, dovesse rispondermi: conoscere me stesso/a, la realizzazione del Brahman Nirguna per inseità, la risposta dovrebbe essere necessariamente molto diversa.
Qualcuno, invero pochissimi, alla domanda qual è il tuo obiettivo, risponde così.
In questo caso, in base alla mia esperienza, confortatata dalla testimonianza concordante e ininterrotta dei saggi, la via tradizionale è solo una: Advaita Vedanta.
Questo non significa, ovviamente, che chi scrive ha realizzato alcunchè.
Tuttavia l'Advaita Vedanta prospetta a coloro che sono qualificati un percorso al termine del quale c'è la vetta, sebbene impervia, inaccessibile, oscura alla mente discorsiva. Un percorso che comprende piccoli e grandi Misteri, ontologia e metafisica.
Si tratta di un percorso tradizionale, ovvero rientrante nel Sanathana Dharma, che non ammette sincretismo alcuno.
Ci sono altri percorsi che pure conducono alla medesima vetta? Certamente si, ma io non li conosco, neppure per averne percorso un brevissimo tratto come invece è accaduto per l'Advaita Vedanta.
In ogni caso non è consigliabile, se l'obiettivo è Quello, fare miscugli e sfarfallinare di fiore in fiore, non perché sia vietato, ci mancherebbe, ma solo perchè si tratta di un errare che allontana inevitabilmente dall'obiettivo.

Come dicevo, sono lontanissima da Quello, sebbene sia già Quello, poiché è per me oscurato dal duplice velo di Maya: proiezione e velamento.
Probabilmente ci vorranno, nel tempo-spazio, diecimila milioni di vite e forse più affinché quel duplice velo si dissipi totalmente.
Ma quale gioia sapere con certezza assoluta che, prima o poi, in ogni caso sarà Satcitananda!
Quale immensa felicità essere certa del ritorno a casa! Anche soltanto sapere che la casa c'è, anzi è tutto quel che è, che quel sentire d'indicibile nostalgia ha un senso e una direzione, riempie di felicità. Una gioia, questa, che credo simile a un pallido riflesso di quella Reale.

Questo significa che questa persona non soffre, non gioisce, non sente dolore o fame o sete, non è preoccupata o triste o malinconica o ansiosa? Naturalmente no, perché tali mutevoli stati d'animo, queste emozioni, alla pari di un mal di denti o di altre più gravi affezioni, sono connaturate alla natura e alla condizione umane e, finché se ne indossano i corpi, non sono evitabili.
Tutto quello che si può, se ci si riesce, è discriminarli nel distacco.
Ci si può preparare affinché, di vita in vita, si possa finalmente un giorno tornare a casa, coscienti che nulla di quanto si è tentato nella quotidiana sadhana potrà mai andare perduto.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 28/10/2019, 19:03
da Fedro
Grazie per la dettagliata risposta.
Io invece, non mi sognerei di consigliare alcunché, neanche fosse mia figlia.
Nisargadatta chiedeva spietatamente a tutti cosa andavano a fare da lui.
E si facevano migliaia di chilometri per vederlo...
Il Buddhismo, almeno, ha un intento più pratico: uscire dalla sofferenza, per quanto l'investimento divenga anche lì totale, se si intende risolverlo, ma l'Advaita Vedanta? Ai più seduce il linguaggio non duale, poi non so..

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 29/10/2019, 8:47
da cannaminor
Volevo riproporvi, in tema di "punti che si iniziano a riunire", un breve articolo di Premadharma (a titolo: Preferire uno yoga) tratto dal periodico mensile Vedanta, il numero 16 (un pò anzianotto del 2007, ma sempre attuale), che potete scaricare per chi interessato da qui.

Preferire uno yoga

Come preferire uno yoga? Chi inizia a praticare la bhakti può forse sconnettere manomayakosa (il veicolo mentale) e fare a meno di pensare? O forse il bhakta che inizi la pratica lo utilizzerà per meglio servire, adorare, venerare, ingraziarsi l’Ideale prescelto (istadevata)?
Chi pratica lo jnanayoga, può forse sconnettere pranamayakosa o annamayakosa (il veicolo energetico e il veicolo grossolano) ed evitare le emozioni? O forse li userà per avere motivazione, istanze ed energie per ricercare la Conoscenza?
E quando il bhakta mette il veicolo mentale a servizio dell’Ideale, non è forse jnanayoga? E quando l’aspirante jnani usa la sua energia e il suo corpo al servizio del conseguimento della Conoscenza, non è forse bhaktiyoga?
Lo jnanayoga è amore per la Conoscenza e la bhakti è la Conoscenza del Divino, l’Assoluto percepito nel manifesto. Jnana assurge a vidya e bhakti diventa prema.
Non può esserci separazione nello yoga, lo yoga è unione, lo yoga è uno. Osservandoci con occhio libero da veli, col cuore libero da passione, ci accorgiamo che ne esiste uno e uno solo, vissuto in tutti i piani di esistenza in cui l’uomo si esprime. Gli vengono dati vari nomi perché l’uomo si vive frammentato su piani diversi. Si vede disintegrato fra emotività, pensieri e fisicità, ma quello che in realtà vede è solo un unico processo, quello dell’apprensione (che in realtà è una spoliazione), che si può svolgere solo in unico modo (integrazione) e che conduce in un’unica direzione: l’armonia. Ciò che mostra dissomiglianza sono l’apparente contrapposizione di vie che seguendo i raggi corrono verso l’unico centro.
L’iniziale impossibilità a discernere fra la percezione dei sensi e le successive impressioni e modificazioni della mente, è conseguente all’abitudine di ritenere reale un oggetto-evento solo perché percepito.
«Il corpo sottile consiste ugualmente di parti, è instabile, oggetto di percezione, limitato e non-autoesistente per natura. Come può, quindi, questo corpo essere il Purusa?» (1)
«L’astrazione della mente da tutti gli oggetti e l’assorbimento nella suprema Coscienza sono conosciuti come pratyahara (dodicesimo passo) dai ricercatori della Liberazione».(2)
«Il pratyahara si ha quando i sensi non sono più in contatto con i rispettivi oggetti, assumendo [così] l’identità con la natura propria della mente [che rimane ferma e incolore]».(3)
La sovrapposizione del concetto di realtà sulla percezione si risolve attraverso il processo di integrazione, che inizia a distinguere la percezione sensoriale dalla percezione mentale e infine la percezione dal percepito per restare sul percipiente.
Questa distinzione “spinta” a più ed estremi livelli, che procede per pratiche di ascolto e di silenzio, determinate attraverso i vari strumenti a disposizione del praticante, è lo yoga.
«Tra una percezione ed un’altra, tra un’idea ed un’altra, tra un quanto di luce ed un altro esiste il “continuo”, la sospensione, il vuoto; vale a dire l’Infinito. Felice chi sa captare e vivere questo “continuo” di Pienezza».(4)
Non è possibile uno yoga senza una sua pratica; lo yoga inteso come via devozionale o di conoscenza passano da questa pratica che non si esaurisce in letture, frequentazioni e corsi. Sravana, satsanga e upadesa sono ben altro da questo e non si comprano nelle librerie, nei salotti e nei corsi multilivello. Come è inutile cercare dietro sigle e titoli altisonanti, così non serve spostare l’attenzione superficiale dalla religione alla spiritualità indiana, con un impegno parziale; perché mentre la religione riconosce e prescrive gli ierofanti, i “mediatori”, l’impegno parziale impedisce l’accesso al riconoscimento della propria posizione nel mondo (karma) e posizione etica (dharma).
Se si pratica la bhakti, ogni volta che si pensa (senza accorgersene) si farà jnana. Jnana è discriminazione e distacco? Bene, il vero bhakta rivolge ogni pensiero all’Ideale (ista) e in questo si distacca da sé, poi col tempo inizierà a rivolgere pensieri sempre più puri (e questa è la discriminazione).
In sostanza lo yoga è il processo attraverso cui l’essere individuato scioglie l’individuazione (fatta da sovrapposizioni e adesioni) sull’essere. Se l’essere viene visto come altro da sé, il processo di unione viene chiamato bhaktiyoga, se l’essere viene visto non come altro da sé viene detto jnanayoga, se l’essere non viene considerato viene detto karmayoga. Se non viene vista l’individuazione, è detto asparsayoga. Se non viene visto il processo, viene detto ajativada. Quanto esuli da queste linee o che non sia una gradazione o interpolazione di queste sostiene l’individuazione dell’essere o avidya: proiezione, sovrapposizione, adesione. Anche queste stesse parole, ritenute quale assunto di verità, invece che semplice testimonianza, diverrebbero sovrapposizione.

1) Sankara, Aparoksanubhuti, 39.
2) Sankara, Aparoksanubhuti, 121.
3) Patanjali, Yogasutra, 54.
4) Raphael, La Triplice Via del Fuoco, VI, 6.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 29/10/2019, 12:52
da jbj89
Dunque sebbene nella fase iniziale della Sadhana ogni cercatore ricerchi la pratica che egli ritiene più accostarsi al suo sussistente se pur falso ego..lo yoga è compenetrazione totale non solo per ciò che concerne lo scopo conclusivo...ma anche la reale commistione che si crea ..benché non notata ..tra le diverse pratiche..
Giusto?

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 30/10/2019, 8:37
da cannaminor
jbj89 ha scritto:
29/10/2019, 12:52
Dunque sebbene nella fase iniziale della Sadhana ogni cercatore ricerchi la pratica che egli ritiene più accostarsi al suo sussistente se pur falso ego..lo yoga è compenetrazione totale non solo per ciò che concerne lo scopo conclusivo...ma anche la reale commistione che si crea ..benché non notata ..tra le diverse pratiche..
Giusto?
Qui yoga ha significato di cammino, di sadhana, da cui l'uso del termine abbinato a karma-yoga, bhakti-yoga, jnana-yoga, raja-yoga, etc.
L'essere umano, l'ente-jiva è composto di vari piani, di vari aspetti, note, tonalità, guaine-kosa, il vedanta ne definisce 5 per esempio.

Ogni aspirante all'inzio del cammino si avvicinerà per sua stessa natura, nota, tonalità ad una certa modalità piuttosto che un'altra. Ma questo non escluderà di praticarle tutte lo stesso, anche se porrà maggior rilievo ad una piuttosto che ad altre. Quella che chiami "commistione" in effetti, se commistione vogliamo chiamarla, è commistione a monte, già di partenza dello stesso ente-jiva. Noi siamo una commistione di aspetti, note, mentali, emotive, sentimentali, etc; lo siamo già di noi stessi, inquanto esseri individuati, il cammino o meglio i cammini che andremo ad intraprendere sono semplicemente specchio dell'aspetto che in noi in quel momento risalta-spicca-emerge maggiormente.

Nessuno di noi riuscirà ad arrivare in fondo al cammino senza averli parimenti risolti tutti. È una scelta nostra (della nostra stessa natura e del saperla riconoscere) da quale cammino-nota iniziare, ma è certo che bisognerà risolvere integralmente tutti gli aspetti del jiva, nessuno escluso.

I cammini anche se partono separati ai piedi del monte, salendo non possono che avvicinarsi l'un l'altro sino a sovrapporsi ed essere uno dal momento che la meta è una ed una sola (la cima).

Volendolo leggere in un altro modo, man mano che stai salendo lungo un versante, quello sud per esempio, se è pur vero che sei su quel versante e non su un'altro (nord, est, ovest), è anche vero che la montagna è sempre una pure lei (come la rispettiva cima) per cui anche se sei su un versante e ne stai salendo quello, allo stesso tempo, in parallelo, ne stai salendo anche gli altri, perchè a pari "livello", a pari "quota" ci passano e arrivano tutti i cammini, ognuno per il suo versante sì, ma tutti, nessuno escluso.

Alla fine quello che conta è arrivare in cima, alla una-cima, e non tanto il come e/o per quale versante-versanti ci sei poi arrivato, ma che tu ci sia arrivato...

Che poi di fatto, man mano che sali, i cammini sui rispettivi versanti si avvicinano l'un l'altro, tanto da quasi sovrapporsi in ultimo, anche questo è vero e non nega quanto detto precedente.

Re: Quando i punti si iniziano a riunire

Inviato: 31/10/2019, 7:55
da jbj89
Grazie mille a tutti voi..poter leggere i vostri pensieri per me rappresentava una ricchezza inestimabile..