Ayurveda: filosofie e pratiche
Inviato: 27/01/2018, 10:15
Essendo incerta su dove postare alcuni appunti relativi all'ayurveda (la co-scienza della vita), ossia quel ramo dei Veda che trasmette indicazioni e pratiche per conservare, preservare e ristabilire la salute fisica e psichica, ho scelto il forum karma yoga che è dedicato alle pratiche "ripetute", alle azioni che compiamo quotidianamente per dar corso alla nostra vita.
Le pratiche ayurvediche, alla base, sono semplici, implicano piccole correzioni nello stile di vita, nei ritmi sonno-veglia, nell'alimentazione, nei "rimedi" che assumiamo quando siamo in uno stato di salute che non ci soddisfa.
Tutte le pratiche ayurvediche dovrebbero agire "prima" che si sviluppi uno squilibrio che poi si traduce in malattia e come diceva il mio Vaidya ayurvedico: i migliori e primi rimedi sono quelli più vicini a noi (le erbe officinali coltivate nei nostri vasi, i frutti del nostro territorio, le nostre tisane e intrugli, sperimentati da noi, per noi stessi e i nostri familiari e amici).
L'arte della salute è opera personale, il che non esclude il ricorso a professionisti esterni in caso di squilibri importanti.
I rimedi sono nelle nostre mani, non all'esterno ed è meglio accorgersi di quanto si cerchi sempre fuori qualcuno che risolva i nostri problemi. Preferiamo affidarci che conoscerci?
A seguire brani estratti dal forum pitagorico relativi all'ayurveda.
Introduzione al pensiero ayurvedico
All’inizio troviamo la pura esistenza
Che, sperimentando il desiderio di manifestarsi,
si divide in coscienza e volontà
dalla cui unione nasce l’intelletto
che è la capacità di
discernimento.
L’intelletto infine evolve in ahamkara:
ovvero “colei che si fa io”.
L’universo si riempie di innumerevoli involucri individuali dotati di intelletto, tutti alla ricerca di un mezzo per esprimersi.
Gli involucri - ahamkara si manifestano in base alle loro innate preferenze.
Come onde di energia cinetica,
rajas
come particelle materiali di energia potenziale,
tamas
come coscienza soggettiva,
sattva.
I tre guna e i cinque elementi.
Rajas è l’attività, tamas l’inerzia e sattva l’equilibrio di entrambe, giacché solo la coscienza può compensare l’energia cinetica con l’energia potenziale.
L’ahamkara della Natura mantiene in equilibrio le energie di tutto il cosmo, mentre la coscienza individuale dell’uomo è in grado di armonizzare le sue proprie energie.
Lo “spirito” individuale, desideroso di esprimersi, si avvale della coscienza soggettiva, o sattva, per produrre la manifestazione degli organi di senso e della mente.
In seguito mente e spirito si proiettano in un corpo fisico creato dai cinque grandi elementi, i quali traggono origine dal tamas.
Gli organi di senso si avvalgono di rajas per proiettarsi nel mondo esterno e sperimentare gli oggetti.
Il corpo è il veicolo della mente, il suo strumento di gratificazione sensoriale.
Durante il sonno la mente, stanca di vagare all’esterno, si ritira nel proprio rifugio, il corpo.
Lo spirito invece risiede stabile in tale rifugio, sorgente ininterrotta di vita per il corpo, e di coscienza per la mente.
Come i nostri corpi sono formati da cellule indipendenti, così ognuno di noi è cellula dell’organismo universale, dispone di un'esistenza individuale, ma nessuno è abbastanza libero da poter vivere in modo indipendente.
La comprensione dell’interdipendenza di tutto ciò che vive ci fa capire che ogni cosa che esiste nell’universo esterno ha la sua controparte nel particolare universo interno di un essere umano.
In forma diversa, vi sono rappresentate tutte le forme cosmiche, il flusso costante degli elementi nutritivi e delle sostanze di rifiuto che coinvolge le cellule corporee caratterizza in modo analogo anche le piante e gli animali.
I rishi formularono la teoria dei cinque grandi elementi: pancha maha buttha (i cinque grandi stati di esistenza materiale) per spiegare il legame reciproco fra forze interne ed esterne.
Terra: stabilità, fissità. Rigidità
Acqua: mutevolezza, è una sostanza instabile
Fuoco: potere di trasformazione di una sostanza da solida in liquida e da liquida in gassosa, e viceversa, provocando il passaggio da uno stato all’altro della materia. Il fuoco è forma priva di sostanza il cui attributo caratteristico è la trasformazione.
Aria: mobilità e dinamismo, è esistenza priva di forma.
Etere, il campo a partire dal quale ogni cosa si manifesta ed al quale ritorna; lo spazio che ospita il verificarsi degli eventi.
L’etere non possiede una realtà fisica; esiste solo in qualità di intervallo che separa le frazioni di materia.
“Sappiamo che la materia è composta da cinque elementi di base, che sono la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria e lo spazio, a cui si associano cinque qualità: l’odore, la liquidità, la luminosità, la tattilità e il suono.
Nella terra sono incluse tutte e cinque le qualità, compresa quella che la riguarda specificamente, cioè l’odore.
L’acqua è contraddistinta dalla qualità dell’essere liquida: perciò, è più leggera della terra ed è mobile.
Quattro sono, dunque, le sue qualità.
Il fuoco ne ha tre, delle quali la forma è quella sua precipua ed è più leggero dell’acqua. Poi c’è l’aria, più leggera del fuoco, con due sole qualità: la tattilità e il movimento.
Infine, viene lo spazio eterico, detto akasha, il più sottile dei cinque elementi, che pervade ogni cosa. Lo spazio eterico e trascendente è Dio, il quale è onnipresente.
A ben guardare, si scopre che tali diverse caratteristiche sono alla base di sentimenti e reazioni. Perciò esse vanno tenute sotto controllo. Contemporaneamente, bisognerebbe ridurre il peso della vita mondana e i desideri che riempiono la mente. L’uomo odierno è schiacciato dal peso dei suoi desideri. Il progresso spirituale è direttamente collegato alla riduzione dei desideri. La grazia di Dio è proporzionale agli sforzi umani.”
(SAI BABA, Prashanti Nilayam, 9 ottobre 1997 Sai Kulvant Hall, traduzione da Sanathana Sarathi, n. 11/1997)
I tridosha
I cinque elementi si compendiano nei tre dosha: vata, pitta e kapha, rispettivamente aria, fuoco ed acqua.
Vata è il fattore dell’energia cinetica: interessa soprattutto il sistema nervoso e controlla i movimenti del corpo.
Kapha è il fattore dell’energia potenziale, che controlla la stabilità e la lubrificazione, governa i tessuti e le sostanze di rifiuto mobilitate da vata.
Pitta si occupa dell’equilibrio fra energia cinetica e quella potenziale, tutti i processi che lo riguardano comprendono una digestione o “cottura” anche nel caso in cui il cibo sono i pensieri cotti nella mente affinchè divengano idee e teoria.
Il principale campo di azione di pitta è dato dal sistema enzimatico e da quello endocrino.
L’equilibrio dei dosha nel corpo è garanzia di salute e compito primario del medico ayurvedico è aiutare la persona a mantenere tale equilibrio comprendendo quali sono i rapporti tra i dosha cioè i fattori energetici del corpo.
Il modello metabolico innato (o costituzione o biotipo) è detta prakriti (natura, prima creazione).
Prakriti è la prima reazione di fronte alla necessità di adattarci alle trasformazioni dell’ambiente.
E’ l’insieme delle inclinazioni metaboliche che determinano la reazione istintiva dell’organismo (corpo e mente) ad uno stimolo.
Molti tratti apprezzabili della personalità nascono e dipendono da tali inclinazioni, così come la maggior parte delle caratteristiche riprovevoli.
Conoscere il modello costitutivo cui si appartiene consente di comprendere meglio la propria realtà psicofisica imparando a non sentirsi in colpa per le proprie preferenze alimentari o per determinate pulsioni psichiche come la rabbia o la paura.
Comprendendo come tali caratteristiche innate ci influenzino potremo apportare opportuni cambiamenti nello stile di vita aiutando l’organismo a minimizzarne l’interferenza.
Il sistema ayurvedico si basa sulla comprensione della propria prakriti, è un percorso in cui veniamo guidati inizialmente dal vaidya, il medico, ma i criteri di lettura della prakriti sono semplici e comprensibili e possiamo imparare a conoscerli.
Osserviamo i tre guna: calmo, attivo e lento.
Essi influiscono sulla coscienza e per questo rendiamo omaggio ai tre aspetti di Mahakali, Mahalakshmi e Mahasarasvati.
“L’ayurveda non è matematica”, mi diceva il dottor Chandrashekhar Ganesh Joshi quando ripetevo i ragionamenti sull’equilibrio dei dosha come un bravo pappagallino e cercavo i rimedi basandomi esclusivamente sulla “prakriti”, la costituzione fisica della persona, che non può mai mutare nel corso della vita.
E' ereditata dai genitori: l'ala destra e l'ala sinistra, quelle che ci permettono di spiccare il volo. L'impronta genetica, la costituzione mentale non è costante, pur risentendo dell'impronta genetica.
Così facendo, applicando le regole, tendevo a considerare i tridosha come qualcosa di statico e fisso, non elementi vivi e mutevoli nelle manifestazioni molteplici di Madre Natura.
Conoscere la propria costituzione di base è comunque il primo passo per scegliere i cibi ed i rimedi appropriati alla propria natura.
Non ci sono, però, formule “matematiche” da applicare in modo ripetitivo e rimedi standard uguali da utilizzare per tutte le persone che condividono la medesima costituzione delle otto che nell’ayurveda vengono considerate.
E neppure indicazioni basate su parametri sempre uguali, occorre adattare continuamente la dieta e i rimedi al tempo atmosferico, alla stagione, alle condizioni esistenziali del momento, all’umore, alle problematiche in atto…
Ho imparato che bisogna sperimentare e comprendere che i dosha che colorano la nostra costituzione sono fattori energetici e non “quantità” fisse di sostanze, non sono solo materia.
Individui di uguale costituzione fisica possono ricevere dal vaidya (il medico) indicazioni terapeutiche diverse, sarà la sensibilità del terapeuta a comprendere, aldilà delle formule “costituzione vata-pitta”, o “pitta-kapha” o “vata puro” quale può essere il suggerimento adatto per quella persona, in quel particolare momento.
Nello stile di vita quotidiana e nella scelta dei cibi appropriati occorre favorire l’armonia tra i dosha tenendo particolarmente sotto controllo i dosha costituzionali che solitamente tendono a manifestarsi in eccesso, squilibrando il sistema.
La quantità di ciascun dosha prodotta (ed espulsa) dal nostro corpo dipende principalmente dai sei sapori, “rasa”: dolce, acido, salato, piccante, amaro, astringente che consumiamo attraverso l’alimentazione.
I rasa, che provengono anch’essi dai cinque grandi elementi, influenzano l’equilibrio dei tre dosha all’interno dell’organismo.
Dovremo preferire ed “incontrare”, tra i sei sapori, quelli deputati ad accrescere o a diminuire i nostri dosha costituzionali a seconda del bisogno contingente e mantenere il sistema in equilibrio
I suggerimenti dell’antichissima medicina ayurvedica per una vita sana e creativa sono molto semplici.
Il vaidya ci insegna ad utilizzare i rimedi “vicini” prima di quelli “lontani”, quelli gratuiti, a disposizione di tutti in ogni cucina, o comunque facili da reperire, prima di quelli costosi, fortemente trasformati.
Il vaidya diagnostica osservando, ma non fa mai sentire la persona ammalata, non parla al “disturbo”, ma alla globalità dell’essere umano, cerca la via per metterlo nelle condizioni più favorevoli per comunicare con la sua ahamkara e ristabilire l’unità.
Le pratiche ayurvediche, alla base, sono semplici, implicano piccole correzioni nello stile di vita, nei ritmi sonno-veglia, nell'alimentazione, nei "rimedi" che assumiamo quando siamo in uno stato di salute che non ci soddisfa.
Tutte le pratiche ayurvediche dovrebbero agire "prima" che si sviluppi uno squilibrio che poi si traduce in malattia e come diceva il mio Vaidya ayurvedico: i migliori e primi rimedi sono quelli più vicini a noi (le erbe officinali coltivate nei nostri vasi, i frutti del nostro territorio, le nostre tisane e intrugli, sperimentati da noi, per noi stessi e i nostri familiari e amici).
L'arte della salute è opera personale, il che non esclude il ricorso a professionisti esterni in caso di squilibri importanti.
I rimedi sono nelle nostre mani, non all'esterno ed è meglio accorgersi di quanto si cerchi sempre fuori qualcuno che risolva i nostri problemi. Preferiamo affidarci che conoscerci?
A seguire brani estratti dal forum pitagorico relativi all'ayurveda.
Salute
La salute spirituale viene conservata e promossa dall'attenzione delle tre tendenze inerenti (Guna):
Satva, Rajas e Tamas.
La salute fisica viene conservata e promossa dall'attenzione dei tre umori del corpo:
Vata (vento), Pitta (bile) e Kapha (flemma).
I tre umori non devono venir viziati, né perdere l'equilibrio.
Un corpo sano è il miglior contenitore per una mente sana.
La malattia rende la mente agitata ed ansiosa.
La materia e lo spirito sono i due piatti della bilancia.
Devono essere curati entrambi, in eguale misura, almeno fino a quando si è ottenuto un certo progresso
nello sviluppo spirituale.
Sai Baba (pensiero raccolto senza data)
La salute spirituale viene conservata e promossa dall'attenzione delle tre tendenze inerenti (Guna):
Satva, Rajas e Tamas.
La salute fisica viene conservata e promossa dall'attenzione dei tre umori del corpo:
Vata (vento), Pitta (bile) e Kapha (flemma).
I tre umori non devono venir viziati, né perdere l'equilibrio.
Un corpo sano è il miglior contenitore per una mente sana.
La malattia rende la mente agitata ed ansiosa.
La materia e lo spirito sono i due piatti della bilancia.
Devono essere curati entrambi, in eguale misura, almeno fino a quando si è ottenuto un certo progresso
nello sviluppo spirituale.
Sai Baba (pensiero raccolto senza data)
Introduzione al pensiero ayurvedico
All’inizio troviamo la pura esistenza
Che, sperimentando il desiderio di manifestarsi,
si divide in coscienza e volontà
dalla cui unione nasce l’intelletto
che è la capacità di
discernimento.
L’intelletto infine evolve in ahamkara:
ovvero “colei che si fa io”.
L’universo si riempie di innumerevoli involucri individuali dotati di intelletto, tutti alla ricerca di un mezzo per esprimersi.
Gli involucri - ahamkara si manifestano in base alle loro innate preferenze.
Come onde di energia cinetica,
rajas
come particelle materiali di energia potenziale,
tamas
come coscienza soggettiva,
sattva.
I tre guna e i cinque elementi.
Rajas è l’attività, tamas l’inerzia e sattva l’equilibrio di entrambe, giacché solo la coscienza può compensare l’energia cinetica con l’energia potenziale.
L’ahamkara della Natura mantiene in equilibrio le energie di tutto il cosmo, mentre la coscienza individuale dell’uomo è in grado di armonizzare le sue proprie energie.
Lo “spirito” individuale, desideroso di esprimersi, si avvale della coscienza soggettiva, o sattva, per produrre la manifestazione degli organi di senso e della mente.
In seguito mente e spirito si proiettano in un corpo fisico creato dai cinque grandi elementi, i quali traggono origine dal tamas.
Gli organi di senso si avvalgono di rajas per proiettarsi nel mondo esterno e sperimentare gli oggetti.
Il corpo è il veicolo della mente, il suo strumento di gratificazione sensoriale.
Durante il sonno la mente, stanca di vagare all’esterno, si ritira nel proprio rifugio, il corpo.
Lo spirito invece risiede stabile in tale rifugio, sorgente ininterrotta di vita per il corpo, e di coscienza per la mente.
Come i nostri corpi sono formati da cellule indipendenti, così ognuno di noi è cellula dell’organismo universale, dispone di un'esistenza individuale, ma nessuno è abbastanza libero da poter vivere in modo indipendente.
La comprensione dell’interdipendenza di tutto ciò che vive ci fa capire che ogni cosa che esiste nell’universo esterno ha la sua controparte nel particolare universo interno di un essere umano.
In forma diversa, vi sono rappresentate tutte le forme cosmiche, il flusso costante degli elementi nutritivi e delle sostanze di rifiuto che coinvolge le cellule corporee caratterizza in modo analogo anche le piante e gli animali.
I rishi formularono la teoria dei cinque grandi elementi: pancha maha buttha (i cinque grandi stati di esistenza materiale) per spiegare il legame reciproco fra forze interne ed esterne.
Terra: stabilità, fissità. Rigidità
Acqua: mutevolezza, è una sostanza instabile
Fuoco: potere di trasformazione di una sostanza da solida in liquida e da liquida in gassosa, e viceversa, provocando il passaggio da uno stato all’altro della materia. Il fuoco è forma priva di sostanza il cui attributo caratteristico è la trasformazione.
Aria: mobilità e dinamismo, è esistenza priva di forma.
Etere, il campo a partire dal quale ogni cosa si manifesta ed al quale ritorna; lo spazio che ospita il verificarsi degli eventi.
L’etere non possiede una realtà fisica; esiste solo in qualità di intervallo che separa le frazioni di materia.
“Sappiamo che la materia è composta da cinque elementi di base, che sono la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria e lo spazio, a cui si associano cinque qualità: l’odore, la liquidità, la luminosità, la tattilità e il suono.
Nella terra sono incluse tutte e cinque le qualità, compresa quella che la riguarda specificamente, cioè l’odore.
L’acqua è contraddistinta dalla qualità dell’essere liquida: perciò, è più leggera della terra ed è mobile.
Quattro sono, dunque, le sue qualità.
Il fuoco ne ha tre, delle quali la forma è quella sua precipua ed è più leggero dell’acqua. Poi c’è l’aria, più leggera del fuoco, con due sole qualità: la tattilità e il movimento.
Infine, viene lo spazio eterico, detto akasha, il più sottile dei cinque elementi, che pervade ogni cosa. Lo spazio eterico e trascendente è Dio, il quale è onnipresente.
A ben guardare, si scopre che tali diverse caratteristiche sono alla base di sentimenti e reazioni. Perciò esse vanno tenute sotto controllo. Contemporaneamente, bisognerebbe ridurre il peso della vita mondana e i desideri che riempiono la mente. L’uomo odierno è schiacciato dal peso dei suoi desideri. Il progresso spirituale è direttamente collegato alla riduzione dei desideri. La grazia di Dio è proporzionale agli sforzi umani.”
(SAI BABA, Prashanti Nilayam, 9 ottobre 1997 Sai Kulvant Hall, traduzione da Sanathana Sarathi, n. 11/1997)
I tridosha
I cinque elementi si compendiano nei tre dosha: vata, pitta e kapha, rispettivamente aria, fuoco ed acqua.
Vata è il fattore dell’energia cinetica: interessa soprattutto il sistema nervoso e controlla i movimenti del corpo.
Kapha è il fattore dell’energia potenziale, che controlla la stabilità e la lubrificazione, governa i tessuti e le sostanze di rifiuto mobilitate da vata.
Pitta si occupa dell’equilibrio fra energia cinetica e quella potenziale, tutti i processi che lo riguardano comprendono una digestione o “cottura” anche nel caso in cui il cibo sono i pensieri cotti nella mente affinchè divengano idee e teoria.
Il principale campo di azione di pitta è dato dal sistema enzimatico e da quello endocrino.
L’equilibrio dei dosha nel corpo è garanzia di salute e compito primario del medico ayurvedico è aiutare la persona a mantenere tale equilibrio comprendendo quali sono i rapporti tra i dosha cioè i fattori energetici del corpo.
Il modello metabolico innato (o costituzione o biotipo) è detta prakriti (natura, prima creazione).
Prakriti è la prima reazione di fronte alla necessità di adattarci alle trasformazioni dell’ambiente.
E’ l’insieme delle inclinazioni metaboliche che determinano la reazione istintiva dell’organismo (corpo e mente) ad uno stimolo.
Molti tratti apprezzabili della personalità nascono e dipendono da tali inclinazioni, così come la maggior parte delle caratteristiche riprovevoli.
Conoscere il modello costitutivo cui si appartiene consente di comprendere meglio la propria realtà psicofisica imparando a non sentirsi in colpa per le proprie preferenze alimentari o per determinate pulsioni psichiche come la rabbia o la paura.
Comprendendo come tali caratteristiche innate ci influenzino potremo apportare opportuni cambiamenti nello stile di vita aiutando l’organismo a minimizzarne l’interferenza.
Il sistema ayurvedico si basa sulla comprensione della propria prakriti, è un percorso in cui veniamo guidati inizialmente dal vaidya, il medico, ma i criteri di lettura della prakriti sono semplici e comprensibili e possiamo imparare a conoscerli.
Osserviamo i tre guna: calmo, attivo e lento.
Essi influiscono sulla coscienza e per questo rendiamo omaggio ai tre aspetti di Mahakali, Mahalakshmi e Mahasarasvati.
“L’ayurveda non è matematica”, mi diceva il dottor Chandrashekhar Ganesh Joshi quando ripetevo i ragionamenti sull’equilibrio dei dosha come un bravo pappagallino e cercavo i rimedi basandomi esclusivamente sulla “prakriti”, la costituzione fisica della persona, che non può mai mutare nel corso della vita.
E' ereditata dai genitori: l'ala destra e l'ala sinistra, quelle che ci permettono di spiccare il volo. L'impronta genetica, la costituzione mentale non è costante, pur risentendo dell'impronta genetica.
Così facendo, applicando le regole, tendevo a considerare i tridosha come qualcosa di statico e fisso, non elementi vivi e mutevoli nelle manifestazioni molteplici di Madre Natura.
Conoscere la propria costituzione di base è comunque il primo passo per scegliere i cibi ed i rimedi appropriati alla propria natura.
Non ci sono, però, formule “matematiche” da applicare in modo ripetitivo e rimedi standard uguali da utilizzare per tutte le persone che condividono la medesima costituzione delle otto che nell’ayurveda vengono considerate.
E neppure indicazioni basate su parametri sempre uguali, occorre adattare continuamente la dieta e i rimedi al tempo atmosferico, alla stagione, alle condizioni esistenziali del momento, all’umore, alle problematiche in atto…
Ho imparato che bisogna sperimentare e comprendere che i dosha che colorano la nostra costituzione sono fattori energetici e non “quantità” fisse di sostanze, non sono solo materia.
Individui di uguale costituzione fisica possono ricevere dal vaidya (il medico) indicazioni terapeutiche diverse, sarà la sensibilità del terapeuta a comprendere, aldilà delle formule “costituzione vata-pitta”, o “pitta-kapha” o “vata puro” quale può essere il suggerimento adatto per quella persona, in quel particolare momento.
Nello stile di vita quotidiana e nella scelta dei cibi appropriati occorre favorire l’armonia tra i dosha tenendo particolarmente sotto controllo i dosha costituzionali che solitamente tendono a manifestarsi in eccesso, squilibrando il sistema.
La quantità di ciascun dosha prodotta (ed espulsa) dal nostro corpo dipende principalmente dai sei sapori, “rasa”: dolce, acido, salato, piccante, amaro, astringente che consumiamo attraverso l’alimentazione.
I rasa, che provengono anch’essi dai cinque grandi elementi, influenzano l’equilibrio dei tre dosha all’interno dell’organismo.
Dovremo preferire ed “incontrare”, tra i sei sapori, quelli deputati ad accrescere o a diminuire i nostri dosha costituzionali a seconda del bisogno contingente e mantenere il sistema in equilibrio
I suggerimenti dell’antichissima medicina ayurvedica per una vita sana e creativa sono molto semplici.
Il vaidya ci insegna ad utilizzare i rimedi “vicini” prima di quelli “lontani”, quelli gratuiti, a disposizione di tutti in ogni cucina, o comunque facili da reperire, prima di quelli costosi, fortemente trasformati.
Il vaidya diagnostica osservando, ma non fa mai sentire la persona ammalata, non parla al “disturbo”, ma alla globalità dell’essere umano, cerca la via per metterlo nelle condizioni più favorevoli per comunicare con la sua ahamkara e ristabilire l’unità.