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Yama, Dharmaraja e l'inferno

Il sistema filosofico Yoga Darshana, codificato nello Yogasutra di Patanjali
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cielo
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Yama, Dharmaraja e l'inferno

Messaggio da cielo » 21/11/2016, 21:41

Come sappiamo, scopo delle scritture è far sì che lo studente purifichi la mente con il proprio sforzo, attraverso le buone azioni, l'austerità e la devozione. Per indurlo ad iniziare la pratica gli si dice che queste procureranno piacere. Essendo però queste insenzienti, non sono in grado di accordare frutti, cosicché si dice che un onnipotente Isvara dispenserà i frutti delle azioni.

Isvara, il Divino, appare sulla scena con varie funzioni e forme, essendo il prodotto di maya, ci appare a seconda del velo che la Madre dei mondi indosserà. Vorrei perciò proporre alcune riflessioni personali sul perchè la parola Yama sia anche il nome proprio del Dio della morte nel pantheon induista.

Yama (NON fare: austerità e rinunce) insieme a Niyama (fare, osservanze) sono il primo gradino nello yoga tradizionale di Patanjali.

Sugli yama Shankara dice:

"Brahman è tutto; da tale conoscenza insistentemente realizzata [deriva] il dominio dell'apparato sensitivo, questo è chiamato giustamente Yama"
(Aparokshanubhuti, 104)

Sui niyama dice:

"Il continuo trovarsi con un solo contenuto di pensiero, vijatiyati, escludendo tutti gli altri, è chiamato niyama.
Ciò che rappresenta paranando, la suprema beatitudine, è praticato regolarmente dal saggio"

(Aparokshanubhuti 105)

Attraverso la pratica di YAMA si abbandona l’attaccamento al corpo e ai sensi.

E' evidente che con la morte del corpo fisico, si abbandona, volente o nolente, l’attaccamento al corpo e ai sensi "definitivamente" e tramite il corpo "sottile" si svolazza altrove.

Ecco che comincia a risultare più chiaramente il collegamento tra le austerità e le rinunce dello yoga, finalizzate a distaccarsi in vita dall'individualità che temporaneamente incarniamo con nome e forma e Yama, il Dio della morte che chiude i giochi "dirottandoci" o all'inferno o al paradiso, secondo le nostre tendenze e aspettative.

Qui si racconta il viaggio che "ad occhi aperti" Dharmaraja, il re del Dharma, compie nel regno di Yama, accompagnato dal padrone di casa che gli mostra le varie "stanze" del suo regno.

Prima tappa l'inferno.

Il nome completo del dio della morte è Yama Dharmaraja, dove yama significa “rigoroso”, dharma significa “retta condotta” e raja significa “re, colui che senza riserve fa rispettare il dharma”.
Yama governa lo yamaloka: l'inferno, luogo di purificazione in cui si impara a rinunciare visto che in vita evidentemente non lo si è fatto, la dura legge del karma chiede pegno.

In proposito Sai Baba racconta una bella storia sull’incontro di Dharmaraja, il re dei Pandava, chiamato anche Dharmaja, e il Dio della morte: Yama Dharmaraja.

Si racconta che alla morte di Krishna, che segna l’inizio della nostra era (l’era di Kali) i Pandava sconvolti decisero di abbandonare il governo del regno al piccolo Parikshit, figlio di Abhimanyu, a sua volta figlio di Arjuna.
Dopo l’incoronazione e l'insediamento sul trono di Hastinapura di questo re bambino, disperato per le responsabilità che gli venivano lasciate, tutti i fratelli pandava e Draupadi, moglie di Arjuna, partirono.

Dharmaja, il più vecchio dei cinque fratelli pandava, cominciò a camminare in direzione nord; gli altri lo seguirono, uno dietro l'altro.
Tra loro non parlavano né si guardavano.
Dopo aver camminato per una certa distanza, Nakula cadde a terra. Poi fu Sahadeva a cadere, e poi Bhîma e Arjuna; anche Draupadî cadde.

Dharmaraja invece rimase imperturbabile e disse:

“Tutti se ne vanno; io vado avanti da solo.”
Egli aderiva strettamente alla Verità ed era ardito nel seguirla, parlava secondo verità e si comportava coerentemente.

Yama Dharmarâja, il Dio della morte e re del Dharma, si manifestò a lui dicendogli:
“Tu sei Dharmarâja e io sono Yama Dharmarâja. Verrò con te.”

Prese le sembianze di un cane e lo seguì. Persino il Dio della morte ha rispetto del Dharma.

“Il Dharma è la nostra vita. Che ne sarà di noi se abbandoniamo il Dharma?”

Con quel pensiero Yama lo seguì. Dopo aver percorso una certa distanza, a Dharmaja si presentò la visione di una scena spaventosa.

Egli pensò: “Che cosa sono queste urla strazianti? Quante sofferenze, quante pene si vedono qui! Perché?”.

La volontà di Krishna è che ogni cosa accada secondo la legge del karma.

Dharmaja era ormai entrato nel regno della morte, l'inferno.

Yama gli disse: “Dharmaja, in tutta la tua vita, solo una volta hai detto una bugia: ‘Ashvatthâma Hatah Kuñjarah', che significa: ‘un elefante di nome Ashvatthâma è stato ucciso'.
Quella non fu esattamente una bugia. Dicesti così allo scopo di scoraggiare Drona [maestro d'armi dei Pândava e dei Kaurava, e padre di Ashvatthâma; in quel momento era al comando dell'esercito nemico ed attaccava i Pândava con inarrestabile violenza, al fine di catturare Dharmaja], ma pronunciasti la parola kuñjaraha (elefante) sottovoce. Facesti così credere a Dronâchârya che suo figlio fosse stato ucciso. Per quel peccato, occorre che tu trascorra qualche tempo all'inferno.”.

E così il figlio di Pându, Yudhisthira, detto Dharmarâja, re del Dharma, per la sua integrità morale si fece un giretto all’inferno.

Tutti gli esseri che soffrivano nello Yamaloka, negli inferi, esclamarono: “Ora siamo in estasi, in estasi! Oh, Dharmaja! Per merito tuo, grazie al solo tuo tocco, alle tue parole, alla tua visita qui, tutta la nostra sofferenza è svanita!”

Dharmaja visitò il luogo. Tutti gli spiriti guardiani, però, non gli permisero di rimanere e lo avvisarono: “Ora, il tuo tempo qui è terminato. Devi andare in Paradiso.”

Gli esseri che si trovavano là ne furono così addolorati!
“Come potremo stare senza questa gioia? Vogliamo venire con te!”
Ma i guardiani di Yama lo impedirono. Allora Dharmaja, che era così nobile, così grande, così sincero, mosso a pietà decise di restare all’inferno per dare conforto a quei sofferenti.

Ma Yama disse: “Tu sei Dharmarâja, io sono Yama Dharmarâja; se si toglie quella parola ‘yama' il risultato è yoga. La Verità comprende yama e niyama; essa è la tua forma. Tale Verità possiede la forma del Dharma.”

Così dicendo, lo mandò in Paradiso. Yama gli aveva svelato il significato interiore di tutto.

Chi segue il sentiero della verità, a prescindere da qualsiasi situazione, non incontrerà mai sofferenze.

(...)

Dove si trova la Verità?

Verità, Saggezza ed Eternità sono Dio.

Verità è Jñânam, ovvero Saggezza, suprema conoscenza.
Che cosa significa Saggezza?
La percezione della non dualità è Saggezza.

La Verità è ciò che non cambia. Non può essere nascosta, afferrata o trattenuta, presa in mano, acquistata o ricevuta. Quella è vera Beatitudine.

Se la mente duale è presente, non potrete provare Beatitudine.


I brani sono tratti dal discorso di Sai Baba del 14 ottobre 2002
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