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L'occhio della conoscenza e la mente che vola

Il sistema filosofico Yoga Darshana, codificato nello Yogasutra di Patanjali
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cielo
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Iscritto il: 01/10/2016, 20:34

L'occhio della conoscenza e la mente che vola

Messaggio da cielo » 16/10/2016, 20:25

"E' molto difficile acquisire l'Occhio della Conoscenza.
Per riuscirvi, la prerogativa più importante è la concentrazione,
per ottenere la quale, e renderla stabile, sono necessari tre importanti requisiti:
la purezza della coscienza,
la consapevolezza morale e
la discriminazione spirituale.
Per la gente comune, queste sono qualificazioni difficili da raggiungere".


La mente vola, come un uccello che si stacca dal ramo, entra nel mondo, lo penetra, lo divora, lo assimila.
Lo plasma e lo crea, ci gioca, ne piange, si trastulla.
Come un uccello torna al nido e trova un altro uccello sul ramo accanto.
"Ma tu non voli?"
"Sì, che volo. Volo al contrario".
"Ah! Ma scusa, com'è volare al contrario? Sai, fratello, mi viene proprio difficile immaginarlo.
Io solco l'azzurro, se tu non ti stacchi dal ramo e non voli come tutti noialtri...che razza di uccello sei?"
Sorrise con un allegro trillo, l'altro uccellino.
"Volo, volo. Abbi fiducia".

Così, l'uccello che volava al contrario iniziò a istruire quel pennuto convinto di sapere tutto lui, solo perchè sapeva migrare tra gli emisferi.

"L'uomo è dotato di speciali strumenti quali:
la discriminazione,
il giudizio,
l'analisi e la sintesi
che egli solo, tra tutti gli animali, possiede.
Deve svilupparli e utilizzarli nel migliore dei modi, per poter prendere coscienza della Divinità immanente."


Così parlò l'uccello dai mille colori: "L'Assoluto, il brahman, illumina il Sè individualizzato (jivi), riflettendosi nella sua consapevolezza interiore (antahkarana). Non dovresti fare altro che distogliere quella coscienza dal mondo oggettivo che contamina la mente ed allenarla a meditare sull'Om, con concentrazione.
Medita sullo Spirito (atman) e su come non venga alterato dal sé individualizzato, benchè lo attivi e sia in esso e con esso.
Medita sull'Atma, nel tuo cuore, caro fratello pennuto e non svolazzare di qua e di là.
Dal tuo piccolo cuore irradiano innumerevoli nervi sottili (nadi).
Se farai ciò otterrai la Conoscenza (jnana) e allora saprai anche tu volare al contrario.

Per ora, ognuno sul nostro ramo facciamoci una cantatina lodando la benevolenza di nostra Madre che ha unito il cielo e la terra per farci incontrare.
Jivatman e Paramatman
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Caro fratello pennuto, guarda:

"L'Universo è uno strumento che rivela la Maestà di Dio.

Anche il firmamento interiore, nel cuore dell'uomo, rivela il Suo Splendore.

E' il Respiro del tuo respiro, piccolo amico.

Non avendo una forma specifica, non può essere descritto per mezzo della parola, nè il suo mistero può essere penetrato dagli altri sensi.

Potrai conoscerlo solo se il tuo intelletto sarà libero da ogni traccia di attaccamento e di odio, di egoismo e di senso del possesso".


"Capito, penso che sia bellissimo volare ovunque, pur stando fermo, perchè non hai una forma specifica.
Però sei un passero, proprio come me, dunque se non voli per il mondo e sperimenti, che razza di passero sei?
E poi ti vorrei fare qualche domanda, che non mi sono chiari alcuni concetti.
Sai la mia mente vola anche mentre sono fermo sul ramo a chiacchierare con te.
Vola ovunque...anche io volo stando fermo.
Vado in un sacco di luoghi bellissimi, vuoi che te li racconto?

Disse l'altro: "Procedi con le domande, non eri tu che volevi imparare a volare al contrario senza muoverti dal ramo?"

Allora comincia con queste due, per favore:"Dove si trova Dio? Se Dio è Reale perché non lo vediamo?"

"Caro fratello pennuto, non dovresti tormentare te stesso e gli altri con domande del genere.
Dovresti compiangere chi le fa perché sta dichiarando la propria insensatezza.
E' come lo stupido che vuole la laurea senza aver fatto lo sforzo di imparare l'alfabeto.
Ci sono alcuni che vorrebbero raggiungere la consapevolezza di Dio senza darsi la pena di impegnarsi nella necessaria pratica spirituale.
Chi non ha purezza e forza morale, ma parla di Dio e della sua sperimentazione, disprezzando lo sforzo necessario per poterlo vedere, non merita lo sforzo di essere ascoltato".


Tutte le penne gli si raddrizzarono sul corpo e capì, per un attimo, che forse era meglio non fare più domande e star fermo e quieto sul ramo ad ascoltare quelle belle storie.
La sua mente si piegò come un giunco e immaginò di stare volando al contrario anche lui preso da quella musichetta che si sentiva e svaniva appena si cercava di rifischiettarla a modo proprio.
Così si concentrò completamente sulle melodiose parole del fratello azzurro.

Ishavasyam idam sarvam, yatkinchajagatyam

Tena tyaktena bhunjitah,

ma gridhah kasya svid-dhanam.

Tutte le cose di questo mondo, transitorio ed evanescente,

sono ravvolte dal Signore, che è la vera Realtà di ogni essere.

Perciò devono venire usate con reverente rinuncia,

senza brama nè cupidigia,

perchè appartengono al Signore, non a quegli esseri.

[Ishavasyopanishad: primo mantra]

L'uccello azzurro continuò, mentre la piccola palla di piume sul ramo a fianco si rilassava al suo melodioso canto.

"Lo Spirito, l'Atma, non subisce alcuna modificazione, eppure è più veloce del pensiero.

E' questo il mistero e il miracolo: sembra sperimentare tutti gli stati, ma non cresce, non declina, nè cambia.

Per quanto sia ovunque, non è percettibile dai sensi.

Ogni crescita, ogni attività ed ogni mutamento avvengono a causa del suo esistere come substrato e della sua immanenza onnipresente.

Le cause e gli effetti agiscono e reagiscono in virtù della realtà atmica che è il fondamento di ogni cosa.

L'Essenza di tutto il mondo oggettivo, l'atma, è vicina e lontana, interna ed esterna, ferma e dinamica.

Chi conosce questa Realtà merita il nome di Saggio, jnani.
"

Dice l'uccellino: "Bello! Grazie, non capisco tanto...ma giuro che ci penserò. Non voglio più essere un povero uccello ignorante che svolazza di qua e di là. Voglio afferrare il concetto dell'immanenza dello Spirito.
Per volare al contrario dovrò volare consapevole che in ogni oggetto che sfiorerò c'è la sua Presenza, che Quello è sempre con me.
Anche da morto.
Gli altri cercheranno il gioiello perduto, il luogo più bello e mite dove svernare, senza accorgersi che il gioiello lo stanno indossando o che già ci sono in quella foresta del paradiso.
Ma io no, Maestro fratello pennuto. Resterò concentrato.

"Bravo - disse il fratello azzurro - Rimani concentrato e ricorda:
"Per quanta istruzione potrai avere, se ti mancherà la consapevolezza dell'Atma, la concepirai sempre come non esistente in qualche luogo inavvicinabile. Invece il saggio che ne è consapevole, la vede in tutti gli esseri e vede tutti gli esseri come Spirito, come atma.
Per lui tutti sono uguali, non vede differenza alcuna e in tal modo si salva dal dualismo."
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Solo la conoscenza (jnana) può dare la realizzazione del Sè.
La meditazione può portare alla concentrazione delle facoltà mentali e con la concentrazione si può ottenere la conoscenza mentre ancora si è nel corpo.

L'Assoluto (brahman) attiva il corpo per mezzo delle cinque energie vitali o soffi (prana) e acconsente a rivelarsi non appena la coscienza interiore raggiunge la necessaria purezza, perchè lo Spirito, l'atma, è immanente nei sensi, interni ed esterni, come il calore nel combustibile e il burro nel latte.

La coscienza è come un'esca bagnata, immersa nel sudiciume dei desideri e degli inganni dei sensi.

Quando il lago del cuore verrà ripulito da quella viscida vegetazione, lo Spirito risplenderà nella sua luce originaria.

Chi consegue la conoscenza dell'atma deve essere venerato, perchè è un liberato, egli è diventato brahman, ciò che ha lottato per conoscere ed essere.


[mundakopanishad, 13]

Il Sè, l'Atma, è come il Sole, brilla di luce propria.
Alcuni dicono di vederlo o di scorgerne il fulgore, ma ciò non può essere.

Dato che non ha secondo, nulla può esistere al di fuori di lui.

Non vede e non è veduto, non possiede gli organi della vista, nè dell'olfatto e non ha parti che, coordinate tra loro, possano svolgere delle funzioni.

Bisogna amare solo il Sè, tutto il resto sarà amato per amor suo.

Una volta compresa la realtà dell'Atma, ogni altra cosa sarà chiara.
Tutti gli effetti sono inclusi nella causa.
L'oceano è la destinazione di tutte le acque e tutti i sapori hanno per meta la lingua.
Tutte le forme si realizzano nell'occhio, tutti i suoni sono destinati all'orecchio e tutte le decisioni hanno per obiettivo la mente.
In altre parole, l'intero mondo manifesto, Jagat si fonde nel principio assoluto, nel brahman.

[Brihadaranyakopanishad 19 e 25]

L'Assoluto è oltre la ricerca intellettuale e può essere raggiunto solo da chi rinuncia alla ragione in quanto strumento inadeguato.

Il solo modo di accostarlo è l'esperienza che costituisce, altresì, la prova e il risultato.

Lo stadio ultimo della conoscenza dell'assoluto (brahmajnana) segna la fine di ogni indagine, di ogni ricerca.
E la vera realizzazione (sakshatkara) è il godimento di quello stato supremo che viene raggiunto nel samadhi, dove tutte le agitazioni della mente sono sedate ad ogni livello di coscienza.

Tuttavia i passi preliminari dell'ascolto (sravana), della riflessione (manana) e dell'assimilazione di quanto appreso (nididhyasana) vengono svolti dall'intelletto, buddhi.

Chi comprende la natura dell'atma assume la forma stessa della verità (satyasvarupa), gli altri subiscono solo una grave perdita, tenetelo per certo.
Il saggio riconosce in ogni essere ed in ogni cosa lo spirito che tutto pervade e quando lascerà il mondo sarà libero dal vincolo delle nascite e delle morti.

Quando lo spirito si manifesta alla coscienza, balena come un lampo, rivelando in un istante tutta la sua luce e il suo splendore.

Non è possibile afferrare completamente questa magnificenza.

La mente (manas) è il mantello dell'Atma.
Lo condiziona, o almeno così pare.

Sembra stargli tanto vicina da farvi credere che lo possa raggiungere, ma in verità non è in grado di farlo.

Però l'aspirante spirituale, il sadhaka, per effetto di questa vicinanza, spesso immagina che la sua mente abbia realizzato l'atma e quindi cerca ardentemente di reiterare l'esperienza.

Naturalmente tutto ciò ha un suo lato positivo perchè incoraggia a proseguire la ricerca verso la fusione con l'Assoluto.

Per chi conosce l'Assoluto (brahmajnani), gli opposti mentali quali il giusto e l'ingiusto (dharma e adharma), il merito e il demerito, non esistono.

L'aspirante deve cercare di spezzare i fili che legano il cuore al mondo oggettivo ed è per questo che cerca una risposta alle domande dell'upanishad.

[la parola upanishad è piena di significati: upa sta ad indicare il procedimento dello studio svolto con nishta, con continuità. Shad significa "il raggiungimento della realtà ultima".
Le upanishad non si limitano ad insegnare i principi della scienza del Sè, dello Spirito (atmavidya), ma indicano anche i mezzi pratici per poterla realizzare.
Additano non solo i doveri e gli obblighi da rispettare, ma anche le azioni da compiere e quelle da evitare].

Chi consente alla mente di afferrare le cose e la spinge a posarsi sugli oggetti?
Chi impone all'energia vitale di svolgere il suo compito?
Per il volere di chi si manifesta la parola?
Quale divinità presiede agli organi della vista e dell'udito?

[kenopanishad, 14-17 + 1]
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Le storie precedenti sono state (molto liberamente) ispirate dal terzo mundaka (mantra), primo khanda, della Mundakopanishad dove si narra di due uccelli dalle ali sottili e variopinte che stanno sempre insieme, appollaiati su un albero. Nella costruzione del dialogo ho utilizzato dei brani di Sai Baba con minimi adattamenti per la costruzione della storia.

Sul piano simbolico, il "volo ordinario" e il "volo al contrario" si riferiscono al pravṛittimārga, il "sentiero dell'attività", all'atteggiamento di coinvolgimento e attaccamento all'azione e alle attività rivolte all'esterno, e al nivṛittimārga, il "sentiero della cessazione", il sentiero realizzativo di rinuncia all'attività, anche meditativa. Implica il ritorno a spirale verso l'interno.

L'albero rappresenta il corpo e i due uccelli, rispettivamente, lo Spirito individuale (Jivatma) e quello universale (Paramatma).
Quello intento a gustare i frutti dell'albero è lo spirito individuale, che prova gioia e dolore come conseguenza delle azioni che compie, mentre l'altro, lo Spirito universale, più sottile del sottile, guarda ma non mangia, limitandosi a testimoniare ciò che vede.

Il jīvātma è implicato nel dominio dell’azione e delle sue conseguenze; il secondo è ātma incondizionato, pura Conoscenza.
Essi sono inseparabilmente uniti, poiché entrambi non si distinguono che in modo illusorio.
Essi non possono essere separati, dato che sono due aspetti della stessa realtà.
Il vapore nell'aria può essere invisibile, ma è della stessa natura del ghiaccio, che è solido.
L'aspetto senza forma del Divino (nirakara) e la Divinità manifesta (sakara) sono solo due modi in cui l'Uno proietta se stesso.

Il jīva è il pratibimba, l'immagine riflessa, dell'ātma o del brahmaṇ.
Śankara spiega la natura del pratibimba con l'esempio dell'immagine del sole riflessa sull'acqua che pare possedere il movimento dell'acqua, mentre il disco solare (bimba) è immobile in cielo.
Śankara precisa altresì che la natura fluttuante del jīva è quella di riflesso coscienziale (caitanyapratibimba) dell'ātma.

Ecco i brani della mundakaopaniṣad' che si riferiscono ai due uccelli sul ramo.
La mundaka istruisce sulla scienza divina (brahmavidya) definendola come il mistero che solo colui che si è sottoposto al rito dell'imposizione del fuoco sul capo rasato può comprendere, ed è per questa ragione che è detta "mundaka", ossia "testa rasa".

Viene considerata la vetta delle upanishad in quanto espone l'essenza della Conoscenza di Dio (brahma jnana). E' assegnata al quarto veda. l'Atharva.

A seguire tre khanda del terzo mundaka nella traduzione di Carlo della Casa.

PRIMO KHANDA

"1. Due alati, stretti amici, sono attaccati allo stesso albero. L'un d'essi mangia i dolci fichi, l'altro senza mangiare guarda attentamente.

2. Su un albero eguale lo spirito individuale, imprigionato, soffre, accecato dalla sua impotenza; quando vede l'altro, il signore sovrano nella sua soddisfazione e nella sua maestà, è libero dal dolore.

3. Quando il meditante distingue l'aureo creatore, il sovrano, lo Spirito Universale, che è matrice del Brahman, allora, raggiunta la conoscenza, dopo essersi liberato del bene e del male, senza macchia, raggiunge l'identità suprema.

4. Esso è il soffio vitale che risplende in tutte le creature. Colui che comprende, colui che conosce, non parla senza criterio. Si compiace dell'Atman, gode dell'Atman, e, pur compiendo le azioni sacrificali, diventa il migliore dei conoscitori del Brahman.

5. Con la verità, con l'ascesi, con la retta conoscenza, con la castità continua, è possibile [cercare di] ottenere questo Atman. Costituito di luce, puro, Esso abita dentro il corpo. Gli asceti lo contemplano quando hanno cancellato le loro colpe.

6. La verità vince, non la menzogna; attraverso la verità passa la via che porta al mondo degli dei. Lungo di essa i veggenti che hanno realizzato i loro desideri giungono là dove si trova il Tat, la suprema dimora della verità.

7. Il Tat risplende, grande, divino, inconcepibile nella sua forma, più sottile del sottile; lontanissimo, distante, Esso è pur qui vicino sulla terra, nascosto nell'intimo [del cuore] per coloro che [rettamente] vedono.

8. Non è possibile raggiungerlo con l'occhio, né con le parole, né con gli altri organi dei sensi, o con l'ascesi o con l'azione sacrificale. Chi ha l'animo puro per la luce della conoscenza lo vede nella sua interezza quando medita.

9. Questo Atman sottile può essere conosciuto [soltanto] con il pensiero, nel quale il respiro è penetrato con le sue cinque forme: tutto il pensiero delle creature è [infatti] intessuto con i soffi vitali. Quando [il pensiero] è purificato, risplende allora l'Atman.

10. Qualsiasi mondo con la mente si formi, qualsiasi desiderio concepisca, chi ha l'animo puro tale mondo conquista e tale desiderio. Chi desidera la felicità onori dunque il conoscitore dell'Atman""

SECONDO KHANDA

"1. Costui (il conoscitore dell'Atman) conosce la sede suprema del Brahman: fondato su di esso l'intero universo rifulge, puro. I saggi, che, privi di desideri, venerano lo Spirito Universale, passano oltre [ogni] impurità."

2. Colui che nella mente concepisce desideri, costui rinasce ora qui ora là secondo i desideri. Per chi ha placato i desideri e si è preparato interiormente, già qui in terra tutti i desideri si dissolvono.

3. Non è possibile raggiungere l'Atman con l'insegnamento, e neppure con l'intelletto né con molta dottrina. Lo può ottenere soltanto colui che Esso trasceglie; a costui l'Atman medesimo rivela la propria essenza .

4. L'Atman non può essere raggiunto da chi non ha forza, e neppure attraverso la distrazione o un'ascesi irregolare. Soltanto l'animo di colui che, saggio, si sforza con i mezzi [adatti], entra nella dimora del Brahman.

5. Avendolo ottenuto, i veggenti che sono soddisfatti della conoscenza, che si sono preparati interiormente, privi di passioni, placati, avendo ottenuto in ogni dove colui che dappertutto penetra, saggi, con lo spirito raccolto, penetrano nel Tutto.

6. Coloro che hanno come scopo ben determinato la conoscenza del Vedanta, gli asceti che si son purificati praticando la rinuncia, tutti costoro, al momento supremo, del tutto immortali, son liberi nei mondi del Brahman.

7. Le quindici parti [della natura umana] ritornano ai loro fondamenti 18, tutti i sensi ritornano agli elementi cosmici corrispondenti. Le azioni e il sé costituito di conoscenza, tutti s'unificano nel principio supremo indistruttibile.

8. Come i fiumi che scorrono si dissolvono nell'oceano perdendo la loro individualità, così il saggio, liberato dall'individualità, s'immerge nel divino Spirito Universale, più alto della cosa più alta.

9. Colui che conosce questo supremo Brahman diventa il Brahman, e nella sua stirpe non nasce chi non conosca il Brahman. Supera il dolore, supera il male, libero dai legami interiori diventa immortale.

10. Ciò è stato dichiarato nel verso sacro:

"Coloro che compiono i riti sacri, esperti nei Veda, devoti al Brahman, che, pieni di fede, se stessi sacrificano all'Unico veggente, a costoro, dopo che abbiano, secondo il rito praticato il voto [della rasatura] del capo, deve essere insegnata questa scienza del Brahman.

11. Questa è la verità che un dì proclamò il veggente Angiras. Chi non ha compiuto il sacro voto non può apprenderla. Onore ai sommi veggenti, onore ai sommi veggenti!

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Fonti:
Sai Baba, Il Fiume delle upanishad (Upanishad vahini), Mother Sai publications.
Glossario Sanscrito a cura del Gruppo Kevala, ed. Parmenides
Upaniṣad (traduzione di Carlo Della Casa)

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