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Il Castello dell'Atma

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cielo
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Il Castello dell'Atma

Messaggio da cielo » 04/11/2020, 21:04

Vi ripropongo una parte di appunti, già postati sul forum pitagorico, tratti da un interessante testo: Atma - Vijnana - La scienza dell’anima di Swami Yogeshwaranand Saraswati (editrice Lakshmi Niketan), relativi ai cinque involucri in cui è racchiuso l'atma, il sè.

E' un libro che giace nella mia libreria da 29 anni, ogni tanto mi chiama perchè ne rilegga qualche parte.

L'argomento dei cinque corpi è di mio interesse, ma sono consapevole di concentrare la mia attenzione soprattutto sul corpo fisico, come se indossassi solo quello.
Poi mi accorgo che nello stato di sogno ne uso un altro dotato di "poteri" che nemmeno io conosco, e neppure padroneggio in modo soddisfacente.
Quindi riprendere gli "studi" è sempre opportuno.

Immagine


La trinità dei corpi e i cinque involucri dell’individuo (Pancha kosha)

Il nostro corpo può essere paragonato ad un castello costituito da tre parti (fisico, sottile o astrale e casuale).

Lì dimora l’Atma (l'anima)

Come possiamo ottenere la conoscenza del Jivatman, l’anima individuale che è celata dalla combinazione dei tre corpi?
Questo è il fine dell’atma vijnana.

Atma- Vijnana è è la scienza dell’anima o dell’autorealizzazione.
E’ il metodo per entrare nel Castello che è il nostro corpo e acquisire la conoscenza dello spirito conscio (anima), nascosto dalla materia che è inconscia.


Ciò che viene chiamato "Io" è in realtà costituito dall’aggregazione di due Tattwa (principi):
Jada o materia inerte e Chetan o coscienza.

La coscienza risiede nella materia che la tiene celata.

Il corpo fisico o grossolano è la porta principale che conduce all’anima (atma) e noi dobbiamo varcare questa soglia.

Il corpo fisico è formato da cinque elementi materiali (pancha maha bhuta) e nasce come conseguenza di azioni passate.

Il corpo fisico ha due parti:
1) Annamaya Kosha (involucro del nutrimento: la parte più grezza)
e
2) Pranamaya kosha (involucro del soffio vitale)
Insieme essi offrono servigi al Jivatman, il Signore del castello.

Il corpo fisico non possiede però una forza propria per servire l’anima.


Questa forza o energia deriva da un altro corpo che lo abita:
il Sukshma Sharira (corpo astrale o sottile). che è la guida del corpo fisico e lo pervade interamente.

Tutte le azioni compiute dal corpo fisico possono avere luogo esclusivamente grazie all’energia e all’impulso dati dal corpo sottile.

In questo impulso sono fusi due tipi di energia: la conoscenza e l’azione che danno origine ad una forza conosciuta come vita, che permette al corpo fisico di restare vivo e compiere tutte le sue funzioni.

Anche il corpo sottile ha due parti:
1) Manomaya kosha (involucro della mente) in cui predomina l’azione
e
2) Vijnanamaya Kosha (Involucro dell’intelletto) in cui predomina la conoscenza.

Dice il testo:
E’ sorprendente che questa forza vitale non animi anche il corpo astrale e che ci sia un altro corpo ancora che lo pervada e che gli dia vita, che viene definito corpo casuale o Karana Sharira, conosciuto anche come Linga Sharira o Avyakta Sharira.

Il corpo casuale è ancora più sottile del corpo astrale.
La sua capacità di vita dimora in Anandamayakosha (involucro della beatitudine).
E’ come una massa luminosa, ma inerte; non ha una facoltà propria di generare forza vitale. Così, queste tre parti del castello dell’anima sono completamente inerti se paragonate al Jivatman cosciente.
E’ attraverso l’unione con il Jivatman cosciente che gli aggregati dei cinque involucri sembrano essere consci.


A causa del contatto con questa “anima cosciente”, l’energia sotto forma di Jnana o conoscenza e Kriya o attività, ha origine da Citta Satva, il mentale puro di Anandamaya Kosha (Involucro della beatitudine).

In Anandamaya Kosha, Citta è la parte in cui predomina la conoscenza.
Ahamkara o ego è la parte in cui predomina l’azione.
Tramite Ahamkara vengono diffusi e portati alla luce entrambi i tipi di energia dell’involucro della beatitudine sotto forma di di: Sukshma Prana o forza vitale sottile.

Questa forza entra nel corpo astrale vivificandolo.

Il corpo astrale a sua volta rende il corpo fisico vivo e attivo e questo processo continua per tutta la vita di un individuo.

Nel castello (il corpo) è presente anche Ishvara, il Signore che controlla l’intero universo.
Questa esperienza è comune a tutti i santi e i saggi, eppure la maggior parte dell’umanità cerca Dio all’esterno di sé, nei templi, nelle chiese, nelle moschee…

Samtyajya Hridayaguheshanam Devamanyam Prayanti ye.
Te Ratnamabhivanchhanti tyaktahastastha-Kauustubhah.

“L’uomo che avendo rinunciato al Signore, nell’intimo del proprio cuore, ricerca altri dei (vale a dire lo cerca in altri luoghi) è come colui che cerca i frammenti di un vetro infranto, dopo aver gettato la perla che teneva nella sua stessa mano”.

(Mah. Upanishad 6, 20)
[la citazione è presumibilmente riferita alla Maha Upaniṣad]


Atman e Paramatman (il Sè individuale e il Sè supremo) sono molto vicini.
Perchè l'uomo non è in grado di prenderne coscienza?

Anoraniyan Mahatomahiyan Atmasya Jantoh Nihito Guhayam.
(katha upanishad, 1, 2, 20)

Jivatman (il Sè individuale), che è sottile e minuto ed Ishwara (il Sè supremo) che è più grande del grande, entrambi risiedono nell'intimo del cuore".

Da questo risulta evidente che:

1) Jivatma è minuto
2) Brahman o Dio è grande.
In conseguenza di ciò potete decidere da soli qual'è la via giusta.

Nella Katha upanishad (1, 2, 12) Yama, il signore della morte dice:

"Jivatman e Paramatman sono entrambi così sottili che non possono essere percepiti normalmente, sono nascosti nel profondo del cuore e non hanno alcun inizio e alcuna fine"

Viene poi descritto il frutto della visione di jivatman e paramatman:

colui che acquisisce la natura divina, conoscibile attraverso l'Adhyatma yoga (lo yoga dell'Atma) si libera da tutte le coppie di opposti, quali Harsa e Shoka (gioia e dolore) Raga e Dvesha (passione e avversione) ...

Così i principi consci dimorano nel cuore:
Jivatman sottile e minuto
e
Ishvara, Dio, il grande, l'onnipresente.
Entrambi sono nascosti nel profondo segreto del cuore che è nel nostro corpo, nel castello.

Nel castello, costituito dai cinque elementi grossi, si possono vedere nove porte:
occhi
orecchie
narici
bocca
organi di escrezione
organi di riproduzione

ma questi passaggi dopo poco si chiudono e noi non siamo in grado di vedere altri accessi attraverso cui entrare, e se non entriamo nel castello non possiamo procedere nel nostro intento di auto-realizzazione.

Anche la porta principale non è visibile dall'esterno, è segreta, è nascosta, eppure è solo da questa porta che noi potremo accedere al castello.
La nostra sadhana (disciplina spirituale) quindi comincerà da ANNAMAYA KOSHA (l'involucro del nutrimrento).
Dovremo capirne la natura interiore ed esteriore di questo "velo esterno" per poter procedere ulteriormente e solo allora potremo sviluppare Vairagya (distacco) nei suoi confronti.

Dovremo procedere tramite il Raja yoga quale sintesi delle otto membra dello yoga:
yama
Niyama
Asana
Pranayama
Pratyahara
Dharana
Dhyana
Samadhi.

In particolare con la pratica delle ultime quattro membra dello yoga:
pratyahara (ritiro dei sensi)
Dharana (concentrazione)
Dhyana (nmeduitazione) e
Samadhi (stato di supercoscienza)
domina gradatamente Annamayakosha (Involucro del nutrimento) e Pranamaya kosha (Involucro del soffio vitale),
Poi controlla il corpo astrale (corpo sottile), formato dai cinque TANMATRA (elementi sottili), e Divya Vishaya (sottile felicità del corpo astrale nei confronti degli oggetti divini).

Avendo perfezionato la sadhana di queste quattro parti attraverso la potenza del Samyama (concentrazione stabile) lo yogi raggiunge la capacità di far uso dei sensi superiori.

Tajjayat Prajnalokah. (yoga sutra, III, 5)

Dal successo di questa (la disciplina del Samyama) la luce della conoscenza.

Il senso divino della vista comincerà a prendere coscienza di tutte le funzioni interne incessantemente compiute da Manomaya kosha, Vijnanamaya kosha e Anandamaya kosha.

La vita dell'uomo è basata su queste funzioni. Lo yogi dovrebbe dirigere la potenza del suo samyama verso gli stati superiori dello yoga, e dunque verso la comprensione degli oggetti superiori, delle funzioni "divine" degli ultimi tre corpi: Manomaya kosha, Vijnanamaya kosha e Anandamayakosha e dalla gioia che da esse deriva.

Egli dovrebbe continuare fino al raggiungimento di Svarupasthiti (lo stabilirsi nella natura essenziale) attraverso la conoscenza discriminativa di Purusha e Prakriti (l'Assoluto e la Materia) che è lo stato più elevato dello yoga.

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