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I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Il sistema filosofico Yoga Darshana, codificato nello Yogasutra di Patanjali
cielo
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I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da cielo » 12/03/2017, 15:00

"Si riempiranno le cisterne se c'è scarsità di pioggia?

Verrà estinta la vostra sete se inghiottite un po' di saliva?

Possiamo gonfiare lo stomaco trattenendo il respiro per un po'?

Possiamo ottenere del carbone bruciando poche ciocche di capelli?"


Pavitratmasvarupa (Incarnazioni del puro Atma)!

In questo paese di Bharat [l'India], da tempo immemorabile, molti saggi (maharishi) si adoperarono in diversi modi per comprendere il segreto dell'Atma.
L'azione (karma), la devozione (bhakti), la conoscenza (jnana) e lo yoga sono i quattro maggiori sistemi per la ricerca dell'Atma.
I sentieri dell'azione, della devozione e della conoscenza sono tali da poter essere seguiti anche dalla gente comune.
Ci sono altre vie, che si possono indicare con nomi diversi, quali meditazione (dhyana), preghiera ed adorazione costante (upasana) e rinuncia (thyaga), ma sono tutte comprese nella via dell'azione (karma).
La Via dello Yoga non è facilmente accessibile alla gente comune. Gli studiosi hanno spiegato la via dello yoga in vari modi e l'hanno divulgata in maniere diverse.
Alla maggior parte della gente è accessibile solo una conoscenza acquisita dai libri e manca un'esperienza effettiva.
Molti hanno seguito la via dello yoga tramite il distacco (vairagya) ed hanno sperimentato una certa felicità.

Ai giorni nostri, ci sono diverse persone che spiegano e insegnano i metodi dello yoga ma, in pratica, non sono riuscite in alcun modo a sperimentarne i risultati. Parlare è facile, ma è difficile mettere in pratica ciò che si dice. Cercheremo di capire se l'arduo sentiero dello yoga può essere seguito dalla gente normale.
Se si accettano e si seguono i sutra di Patanjali, lo yoga porta al controllo della mente (yoga cittavritti nirodha).
Sono mai esistite al mondo delle persone così elevate da poter controllare la propria mente?
Sì, tali persone esistono, ma non vivono normalmente tra la gente comune e in modo normale. Esse si interessano al loro Sé interiore, si preoccupano di sviluppare la visione interiore. Affermare che esistano persone, fra la gente comune, in grado di spiegare il vero significato dello yoga è dire il falso.
Coloro che vogliono veramente comprendere lo yoga devono distaccarsi da tutte le attività normali del mondo.
Lo yoga implica il concetto di confluenza fra la Divinità e i sacri aspetti dell'Atma.
Come il fiume perde il suo nome, la sua forma e il suo sapore quando entra nell'oceano, così anche l'essere umano che si unisce allo spirito atmico non ha più nulla da spartire col mondo.
Se gettiamo in mare una bambola di sale, possiamo recuperarla?
Sebbene questa bambola di sale provenga originariamente dall'oceano, una volta che torna in esso vi si fonde e vi si identifica.
In egual modo, per chi comprende a fondo il significato dello yoga, un'ulteriore opportunità di aver a che fare con i piaceri mondani (bhoga) non esisterà più.

I quattro involucri, cioè quelli del corpo fisico (annamaya Kosha), dell'energia vitale (pranamaya kosha), della mente empirica (manomaya kosha) e dell'intelletto (vijnanamaya kosha) sono tutti nati dall'involucro della Beatitudine (anandamaya kosha).
L'obiettivo principale di quest'ultimo involucro è la volontà o risoluzione (sankalpa). Tale volontà o risoluzione si fonde con l'Atma e viene racchiusa all'interno di esso, cioè la volontà perde tutta la sua manifestazione non appena si fonde con il Sé interiore o Atma.
Il mondo intero non è altro che una proiezione o un'immagine di questo sankalpa. Non è possibile per questo sankalpa invischiarsi nell'illusione osservando la propria immagine nel mondo materiale.

(Sai Baba, discorso del 4 gennaio 1977, dal Corso Estivo 1977, vedi Mother Sai n° 6/90)


Se osservo dal mio punto di vista vedo che le radici del karma possono essere molto profonde e che solo un lavoro sistematico di ripulitura del "campo", una disciplina che sappia stare nella via dell'azione e della pratica spirituale (upasana, secondo le indicazioni del maestro), ci conduce alla Conoscenza.
Non dimentichiamo però che la stessa Conoscenza non crea la liberazione, ma offre il mezzo per eliminare quegli impedimenti che si frappongono alla sua attuazione. Volare basso: ottimo consiglio ricevuto.

Patanjali, esponendo il raja yoga all'interno del darshana samkhya, pone il problema della Liberazione, ossia dell'affrancamento del purusha dal divenire della prakriti indicando un percorso che possiamo riassumere come articolato in tre passaggi:
*nel superamento dei tre guna (apparenze della prakriti: tempo-spazio-causa, il purusha incarnato non è soggetto a tempo-spazio-causa in quanto è libero nella sua condizione assoluta di Essere, ma può determinarsi, se lo vuole, lungo indefinite linee di espressione, trovandosi con un nome e una forma -namarupa- e dunque relativamente impigliato nella rete delle produzioni di prakriti, vestito di illusione)
*nella fruizione del karma rettificandolo e direzionandolo (lo vedo come la comprensione della tendenza a perpetuarsi del desiderio, in un susseguirsi di istanti percepiti con riferimento ad un io separato e che creano l'idea di continuità del "me" nell'assolutezza, stato che la mente non può perseguire o percepire fintanto che è attiva, volere afferrare l'atma come un oggetto percepito da "qualcuno", sarebbe come voler comprendere l'Eterno rimanendo intrappolati nel tempo)
*nella soluzione dei klesha, dissolti nello stato di kaivalya (isolamento del purusha dai condizionamenti di prakriti e conseguente liberazione dal ciclo di nascite e morti) dove sono cessati i samskara-vasana ed è dunque risolta l'avidya, anzi la mahavidya, l'ignoranza primordiale, quale primo fattore della produzione dei klesha che portano all'identificazione con ciò che non si è, alla caduta nel divenire dove tutto è contingente, aleatorio, incompiuto.

Per risolvere/dissolvere i klesha Patanjali spiega in modo approfondito il processo del karma evidenziando che:

12. La riserva del karma radicata nei klesha viene sperimentata nella vita visibile (presente) o invisibile (futura).

13. Sussistendo la radice (del karma) ci sarà la conseguente maturazione: nascita, durata della vita con le relative esperienze.

14. Esse (nascita, ecc.) comportano gioia o dolore secondo che la loro causa sia di merito o di demerito.

15. Per colui che discerne vi è soltanto conflitto-sofferenza a causa del cambiamento, del dolore, degli impulsi karmici, dell'opposizione creata dal funzionamento dei guna e dalle modificazioni della mente (vritti) (II pada)

22. Il karma può essere immediato o futuro. Praticando samyama o seguendo certi segni si ha la preveggenza della morte. (III pada)

7. L'azione (karma) dello yogi non è nè bianca nè nera, mentre è triplice negli altri" (IV pada)


Essendo noi "altri", non yogi liberi dal karma in quanto hanno trasceso il klesha "asmita" (egoismo) e non agiscono più per i frutti dell'azione avendo superato desiderio, volontà ed intenzione, non ci resta che affrontare il triplice karma (positivo, negativo, misto) lavorando per neutralizzarlo.

In primis occorre tenere conto che la qualità del karma è determinata dal tipo di samshkara in quanto l'effetto è della natura della causa.
La causa del karma non muore fino a quando non viene risolta e si estende oltre l'attuale incarnazione. Il riso che stiamo seminando lo mangeremo fra un po' , e quello nel deposito dovrà essere consumato prima o poi, come quello che abbiamo nel piatto ora e che ci dobbiamo mangiare, volente o nolente.

9. Essendoci identificazione tra memoria e impressioni (vasana) si crea una consecutività [di queste] anche quando siano separate per classe, luogo e tempo. (IV pada)

Mi ha colpito dove Raphael, nel commento, spiega che in una specifica incarnazione di un "riflesso di coscienza" (jiva) possono maturare solo determinati semi in quanto se dovesse scendere tutto il residuo del karma, l'individualità ne sarebbe completamente annientata. Come dire che se mi dovessi mangiare tutto il riso del deposito in questa vita mi scoppierebbe la pancia...già ho difficoltà a digerire quello che ho nel piatto, ora.
Ricordiamo che il karma è di tre specie:
*il samcita karma è quello accumulato nel passato, ma non ancora giunto a maturazione, non attuato (può essere risolto con la realizzazione)
*l'agami karma è quello che deriva dalle azioni che compiremo vivendo e che darà i suoi frutti nel futuro (può essere risolto con la realizzazione)
*il prarabha è il karma ormai maturo che è impossibile neutralizzare (come l'aver preso un corpo fisico) ma che può essere rettificato e direzionato.

Poi Raphael spiega che il deposito karmico dell'ente, in termini vedanta, è detto karanasharira: corpo causale.
E' questo corpo causale (sharira) che occorre risolvere per uscire dal mondo di maya.
Facendo samyama (dharana, dhiyana e samadhi: concentrazione, meditazione e contemplazione) sui semi karmici che dimorano nel corpo causale si possono conoscere gli effetti che possono maturare.

Come si fa? Impegnandoci in azioni che ci rendano praticanti di yoga tenendo conto, come dice un antico detto indiano, che tyâga (il sacrificio) conduce a yoga (l'unione con Dio), mentre bhoga (il piacere) porta a roga (la malattia).

Ho trovato attinente alla risoluzione del corpo causale un' interessante spiegazione di Sai Baba sul significato simbolico della pratica vedica di recitare tre volte le sacre massime immergendosi nei fiumi sacri e tramite tre tuffi.
Trascrivo il brano per intero ( Sai Baba: discorsi volume IV, pag. 135):

"Il primo tuffo serve a pulire il corpo fisico, il secondo per purificare il corpo sottile degli involucri pranico, mentale e intellettivo ed il terzo tuffo serve per purificare il corpo causale, il quale ha conservato una lieve macchia di illusione.

In quei tre tuffi si consacra anche la disciplina dell'azione e della contemplazione per avere la Conoscenza.

Il dualismo, il monismo qualificato e il non dualismo, inoltre, non rappresentano che tre livelli nella coscienza spirituale.
Lo shastri Somasekhara ha parlato dei due punti di vista, il dualistico e il monistico, i quali distinguono, in ogni campo, il punto di vista delle persone. Però essi non sono distinti, ma sono soltanto degli stadi della trasformazione mentale. Il frutto è il medesimo; terra e sole lo portano a maturazione, dopo che ha attraversato gli stadi del frutto acerbo e di quello che incomincia a crescere.
Quando vi rendete conto che il Signore si trova all'indirizzo che dà nella Gita, alla sessantunesima sloka del capitolo 18 che recita:
"Isvarah sarva-bhutanam hrid-deshe arjuna tisht-hati" che significa: "Il Signore, o Arjuna, risiede nella regione del cuore di tutti gli esseri", voi venite a conoscere l'Uno che non ha secondo.
Per vedere il Signore in ogni essere occorre coltivare amore e scacciare i pipistrelli che infestano gli oscuri antri del vostro cuore, i vampiri dell'odio, dell'invidia e della malizia.

Illuminate tutti i pensieri con la luce dell'amore e trattate allo stesso modo parole, azioni, gesti e giudizi. Quando vi sarete tramutati in amore, il Signore che è manifestazione d'Amore, vi si rivelerà, suonerà il suo flauto e risveglierà la vostra coscienza superiore nel fiume dell'Amore universale.

E' indispensabile seguire una disciplina spirituale, perchè solo l'azione può rimuovere gli effetti dell'azione stessa, così come per togliere una spina si usa un'altra spina. Non la potete levare con un coltello, con un martello e nemmeno con la spada.
L'irrealtà del mondo è una verità che fu insegnata da Shankaracarya per mezzo della sua attività concreta nel mondo "irreale", mediante la fondazione di scuole, la scrittura dei libri e la partecipazione a dispute pubbliche.
Non potete sottrarvi all'azione; dovete però badare sempre di compierla per amore e per il bene del mondo.



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tuffi nel Gange esondato dopo i monsoni

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da A-U-M » 17/03/2017, 1:29

Mmm...
No, non è il mormorio finale di una Om, :P (anche perché ho scoperto di recente, e per me è stato particolarmente illuminante, che non c'è davvero una "m" distinta, nella OM... mi piacerebbe parlarne aprendo un argomento apposito), è invece il mormorio di una mia perplessità sull'esempio della bambola, che conosco da tanti anni.
Se io sono (sempre e comunque) il sale della bambola, e non sono (soltanto) la forma di tale bambola, non basta sciogliere quel tanto di forma che serve a risvegliare nella bambola la consapevolezza che "io sono sale"? A che pro sciogliere invece tutta la forma? Al sale non frega niente se la forma è in un modo o in un altro, quindi tanto vale che essa per lo più rimanga: in questo modo, per lo meno, può permanere una forma (una bambola semi-disciolta) consapevole della sua propria vera realtà (appunto il sale), ed essere da esempio per le altre bambole. Se invece si scioglie tutta, il suo sale potrebbe andare a formare altre bambole di nuovo inconsapevoli.

Mauro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 17/03/2017, 6:27

Ho scoperto di recente, e per me è stato particolarmente illuminante, che non c'è davvero una "m" distinta, nella OM.
Se tu guardi le lettere "A" e "U" dell'alfabeto devanagari, esse sono completamente sovrapponibili, se non per un ricciolo laterale della "U".
Se aggiungi il "chandrabindu", cioè la relativa "nasalizzazione", hai il simbolo grafico del pranava "OM", che non è altro che (in devanagari): A+U+ nasalizzazione (M)= AUM.

Anche per la comprensione del significato profondo del pranava AUM verrebbe in aiuto il Panchikarana Varttika.
Si, lo so: parlo sempre di questo testo, ma mi stupisco di come esso abbia risposte per tutte le questioni che vedo affiorare mano a mano.

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Fedro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Fedro » 17/03/2017, 6:46

A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 1:29

Se io sono (sempre e comunque) il sale della bambola, e non sono (soltanto) la forma di tale bambola, non basta sciogliere quel tanto di forma che serve a risvegliare nella bambola la consapevolezza che "io sono sale"? A che pro sciogliere invece tutta la forma? Al sale non frega niente se la forma è in un modo o in un altro, quindi tanto vale che essa per lo più rimanga: in questo modo, per lo meno, può permanere una forma (una bambola semi-disciolta) consapevole della sua propria vera realtà (appunto il sale), ed essere da esempio per le altre bambole. Se invece si scioglie tutta, il suo sale potrebbe andare a formare altre bambole di nuovo inconsapevoli.
La vedo diversamente.
A parte che la bambola tale rimane finché c'è un corpo, la metafora mostrerebbe invece l'identificazione errata (avidya) con la bambola, e che è una mera rappresentazione, un semplice vestito. Ovviamente non è quest'ultimo che constata la natura di ciò, ma ciò che abbiamo chiamato sale, ovvero la consapevolezza

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 17/03/2017, 7:43

Se io sono (sempre e comunque) il sale della bambola, e non sono (soltanto) la forma di tale bambola
Esatto, A.U.M.
Se tutto è Consapevolezza, cosa ne è escluso?
Non certo la forma-corpo.
Noi siamo anche il corpo e tutte le guaine.
Il problema è rendersi consapevoli che noi non siamo solo il corpo, rimanendone attaccati come un polipo, ma siamo anche altro .
Realizzazione è, IMHO, la presa di consapevolezza che la Coscienza illumina tutto, dall'anima immateriale allo sterco di mucca.

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da A-U-M » 17/03/2017, 11:53

Grazie delle risposte, prima però di valutarle per bene ho una domanda per me molto importante per Mauro (molto importante se quel testo approfondisce la Om): dove trovo il Panchikarana Varttika? È pubblicato in italiano o per lo meno in inglese? E in ogni caso è cartaceo o online? Su internet non trovo quasi nessuna informazione!

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 17/03/2017, 12:54

A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 11:53
Grazie delle risposte, prima però di valutarle per bene ho una domanda per me molto importante per Mauro (molto importante se quel testo approfondisce la Om): dove trovo il Panchikarana Varttika? È pubblicato in italiano o per lo meno in inglese? E in ogni caso è cartaceo o online? Su internet non trovo quasi nessuna informazione!
Te l'ho mandato in mp.
L'ho copiato dal testo cartaceo "Opere Minori" - Shankaracharya.
In realtà è opera di Sureshvaracharya, discepolo di Shankara.
Descrive molto bene il significato e la soluzione della sillaba AUM, che rappresenta i tre stati: A=grossolano, U=sottile, M=causale.
Il "quarto stato", o turiya, si ha nella soluzione dei tre suoni nel silenzio che segue la nasalizzazione.
Cioè: AAA->UUU->MMMmmm... fine vibrazione.

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da A-U-M » 17/03/2017, 16:49

Mauro ha scritto:
17/03/2017, 12:54
A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 11:53
Grazie delle risposte, prima però di valutarle per bene ho una domanda per me molto importante per Mauro (molto importante se quel testo approfondisce la Om): dove trovo il Panchikarana Varttika? È pubblicato in italiano o per lo meno in inglese? E in ogni caso è cartaceo o online? Su internet non trovo quasi nessuna informazione!
Te l'ho mandato in mp.
L'ho copiato dal testo cartaceo "Opere Minori" - Shankaracharya.
In realtà è opera di Sureshvaracharya, discepolo di Shankara.
Descrive molto bene il significato e la soluzione della sillaba AUM, che rappresenta i tre stati: A=grossolano, U=sottile, M=causale.
Il "quarto stato", o turiya, si ha nella soluzione dei tre suoni nel silenzio che segue la nasalizzazione.
Cioè: AAA->UUU->MMMmmm... fine vibrazione.
Ti ringrazio tantissimo!
Effettivamente il testo è molto chiaro. A me resta il dubbio però: tale realizzazione è solo "virtuale"? Mi spiego meglio, prima che tale parola possa generare fraintendimenti: l'estinzione della M nell'atma vale per il singolo individuo, con l'atma che comunque continua in qualche modo ad essere testimone del resto dell'esistenza? Mi spiego ancora meglio: se la mia vera realtà è l'atma (l'acqua salata del mare) e la bambola "affoga" (tutta quanta, fino alla M) nel resto di me, che sono l'atma, ciò cosa comporta per le altre bambole? Il mio "vero io", in quanto atma, è il testimone anche di loro. Questa attuale bambola la sto vivendo in soggettiva... quando questa sarà dissolta, le altre come saranno vissute, per l'atma?
Quello che voglio dire, è che non riesco a capire come portare questi esempi nella mia esperienza. Se la mia vera realtà soggettiva è già tutta l'acqua salata del mare, ma nonostante ciò ora sono identificato in particolare con una piccola porzione di sale a forma di bambola, a che scopo distruggere tale forma totalmente, se restano comunque altre bambole? E come le vivrò tali altre bambole, io che sono l'acqua salata di tutto il mare? Le vivrò in soggettiva, come sto vivendo ora questa bambola?

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da A-U-M » 17/03/2017, 16:49

Fedro ha scritto:
17/03/2017, 6:46
A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 1:29

Se io sono (sempre e comunque) il sale della bambola, e non sono (soltanto) la forma di tale bambola, non basta sciogliere quel tanto di forma che serve a risvegliare nella bambola la consapevolezza che "io sono sale"? A che pro sciogliere invece tutta la forma? Al sale non frega niente se la forma è in un modo o in un altro, quindi tanto vale che essa per lo più rimanga: in questo modo, per lo meno, può permanere una forma (una bambola semi-disciolta) consapevole della sua propria vera realtà (appunto il sale), ed essere da esempio per le altre bambole. Se invece si scioglie tutta, il suo sale potrebbe andare a formare altre bambole di nuovo inconsapevoli.
La vedo diversamente.
A parte che la bambola tale rimane finché c'è un corpo, la metafora mostrerebbe invece l'identificazione errata (avidya) con la bambola, e che è una mera rappresentazione, un semplice vestito. Ovviamente non è quest'ultimo che constata la natura di ciò, ma ciò che abbiamo chiamato sale, ovvero la consapevolezza
Il corpo prima o poi (di solito più prima che poi), si dissolve anche quello... e resta il sale. Ma il sale c'era già anche prima. Perché tale sale non costata il fatto di essere sale anche quando è a forma di bambola? Perché ci sarebbe bisogno di dissolvere tutta la bambola affinché il sale si riconosca sale?
Voglio dire, uscendo dall'esempio: cercare di dissolvere persino il corpo causale, del tutto, a cosa serve? All'atma non serve, essa è sempre e comunque atma. Non serve neanche al corpo causale (e di conseguenza ai corpi che da esso derivano), perché a quel punto esso non ci sarà più per constatare una utilità o una inutilità della propria presenza. Non è sufficiente dissolvere soltanto quelle parti del corpo causale che costituiscono un problema per il resto dei corpi? Cioè quella che fa credere ad essi di essere divisi dall'atma (è il caso del corpo intellettivo), miserevoli (è il caso del corpo mentale), particolarmente limitati (è il caso del corpo fisico), ecc., lasciando però che tali corpi continuino ad esistere, spontaneamente, ma senza più quel "mal di vivere" che si portavano dietro prima?

Io coltivo piante (molto limitatamente). Per scoprire che esse sono fatte degli stessi elementi del mio corpo, ne mangio i frutti, ed inoltre, anche per poterli appunto poi mangiare, le poto, ne tolgo le parti malate, ne curo le parti più utili. Quando non lo faccio, prende il sopravvento malattia e crescita incontrollata, che ben rappresentano l'avidya di cui parli, perché tale stato non mi permette di "assaggiare l'affinità" che hanno con me, non mi permette cioè di mangiarne alcune parti dimostrando così che i loro elementi sono gli stessi del mio corpo. Curare le piante (cioè i corpi, soprattutto il causale) per ridimensionare l'avidya è quindi un bene. Ma non comprendo l'utilità di distruggerle del tutto, polverizzarle o bruciarle totalmente, con la "scusa" di scoprire così che sono fatte dei miei stessi elementi. E' vero, gli elementi che costituiscono me e loro sono sempre gli stessi in ogni caso (e, se distruggo le piante totalmente a livello molecolare, ciò sarà particolarmente evidente), ma non comprendo l'utilità di fare una cosa che è in contraddizione con il fatto di averle piantate, visto anche il modo alternativo che ho per accertarmi della non dualità tra gli elementi miei e loro: assaggiarle. Forse risento troppo della mia religione, per comprendere fino in fondo il Vedanta di Shankara, ma da quello che ho letto fin'ora di lui non mi sembra che, in generale, si tratti di un nichilista, quindi non capisco perché alle volte si parli di dissoluzione totale, come nel caso dell'esempio della bambola, o di quello che in generale sembra essere qui suggerito nei riguardi della totalità del corpo causale.

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 17/03/2017, 17:05

Quello che voglio dire, è che non riesco a capire come portare questi esempi nella mia esperienza.
Quel testo, sebbene denso, è di natura molto elevata.
Non insegna semplicemente a recitare un mantra.
Insegna a discriminare le realtà che stanno dietro le singole lettere che compongono il mantra.
Risolvere la totalità grossolana A, che è il mondo manifesto e che (come dice il testo) sei tu con i tuoi organi esterni nello stato di veglia, nella totalità sottile U, che è il mondo di sogno e che (come dice il testo) sei tu tramite gli organi interni nello stato di sogno, per poi risolvere questo nella totalità causale M, che è il mondo dei princìpi e che (come dice il testo) sei tu con tutti gli organi interni ed esterni ritirati nello stato di sonno profondo; insomma partire da A per poi arrivare a U e poi a M fino al silenzio, vuol dire avere consapevolezza di quegli stati, uno ad uno. Solo allora il mantra assume un significato vero e non solo virtuale.
Spero di essermi spiegato.

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Fedro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Fedro » 17/03/2017, 18:27

A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 16:49
Fedro ha scritto:
17/03/2017, 6:46
A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 1:29

Se io sono (sempre e comunque) il sale della bambola, e non sono (soltanto) la forma di tale bambola, non basta sciogliere quel tanto di forma che serve a risvegliare nella bambola la consapevolezza che "io sono sale"? A che pro sciogliere invece tutta la forma? Al sale non frega niente se la forma è in un modo o in un altro, quindi tanto vale che essa per lo più rimanga: in questo modo, per lo meno, può permanere una forma (una bambola semi-disciolta) consapevole della sua propria vera realtà (appunto il sale), ed essere da esempio per le altre bambole. Se invece si scioglie tutta, il suo sale potrebbe andare a formare altre bambole di nuovo inconsapevoli.
La vedo diversamente.
A parte che la bambola tale rimane finché c'è un corpo, la metafora mostrerebbe invece l'identificazione errata (avidya) con la bambola, e che è una mera rappresentazione, un semplice vestito. Ovviamente non è quest'ultimo che constata la natura di ciò, ma ciò che abbiamo chiamato sale, ovvero la consapevolezza
Il corpo prima o poi (di solito più prima che poi), si dissolve anche quello... e resta il sale. Ma il sale c'era già anche prima. Perché tale sale non costata il fatto di essere sale anche quando è a forma di bambola? Perché ci sarebbe bisogno di dissolvere tutta la bambola affinché il sale si riconosca sale?
Voglio dire, uscendo dall'esempio: cercare di dissolvere persino il corpo causale, del tutto, a cosa serve? All'atma non serve, essa è sempre e comunque atma. Non serve neanche al corpo causale (e di conseguenza ai corpi che da esso derivano), perché a quel punto esso non ci sarà più per constatare una utilità o una inutilità della propria presenza. Non è sufficiente dissolvere soltanto quelle parti del corpo causale che costituiscono un problema per il resto dei corpi? Cioè quella che fa credere ad essi di essere divisi dall'atma (è il caso del corpo intellettivo), miserevoli (è il caso del corpo mentale), particolarmente limitati (è il caso del corpo fisico), ecc., lasciando però che tali corpi continuino ad esistere, spontaneamente, ma senza più quel "mal di vivere" che si portavano dietro prima?
Vedi differenza tra dissoluzione della bambola, e togliere quel velo che è maya?
Io no, e difatti lo considero da questo punto di vista l'approccio:
è maya che crea l'identificazione ai corpi e tutto nasce (e finisce?) qui, mi pare di avere compreso.
Questo credersi ciò che non si è, inoltre, è anche avidya, da quello che ne capisco.
Non capisco invece, che senso abbia il cercare di comprendere come debba avvenire questa dissoluzione, e se basti (?) in modo parziale.
In ogni caso, ripeto, leggo in dissoluzione il senso di disidentificazione e non sparizione; dunque non vedo il "problema" che poni.
Io coltivo piante (molto limitatamente). Per scoprire che esse sono fatte degli stessi elementi del mio corpo, ne mangio i frutti, ed inoltre, anche per poterli appunto poi mangiare, le poto, ne tolgo le parti malate, ne curo le parti più utili. Quando non lo faccio, prende il sopravvento malattia e crescita incontrollata, che ben rappresentano l'avidya di cui parli, perché tale stato non mi permette di "assaggiare l'affinità" che hanno con me, non mi permette cioè di mangiarne alcune parti dimostrando così che i loro elementi sono gli stessi del mio corpo. Curare le piante (cioè i corpi, soprattutto il causale) per ridimensionare l'avidya è quindi un bene. Ma non comprendo l'utilità di distruggerle del tutto, polverizzarle o bruciarle totalmente, con la "scusa" di scoprire così che sono fatte dei miei stessi elementi. E' vero, gli elementi che costituiscono me e loro sono sempre gli stessi in ogni caso (e, se distruggo le piante totalmente a livello molecolare, ciò sarà particolarmente evidente), ma non comprendo l'utilità di fare una cosa che è in contraddizione con il fatto di averle piantate, visto anche il modo alternativo che ho per accertarmi della non dualità tra gli elementi miei e loro: assaggiarle. Forse risento troppo della mia religione, per comprendere fino in fondo il Vedanta di Shankara, ma da quello che ho letto fin'ora di lui non mi sembra che, in generale, si tratti di un nichilista, quindi non capisco perché alle volte si parli di dissoluzione totale, come nel caso dell'esempio della bambola, o di quello che in generale sembra essere qui suggerito nei riguardi della totalità del corpo causale.

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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da A-U-M » 18/03/2017, 16:22

Mauro ha scritto:
17/03/2017, 17:05
Quello che voglio dire, è che non riesco a capire come portare questi esempi nella mia esperienza.
Quel testo, sebbene denso, è di natura molto elevata.
Non insegna semplicemente a recitare un mantra.
Insegna a discriminare le realtà che stanno dietro le singole lettere che compongono il mantra.
Risolvere la totalità grossolana A, che è il mondo manifesto e che (come dice il testo) sei tu con i tuoi organi esterni nello stato di veglia, nella totalità sottile U, che è il mondo di sogno e che (come dice il testo) sei tu tramite gli organi interni nello stato di sogno, per poi risolvere questo nella totalità causale M, che è il mondo dei princìpi e che (come dice il testo) sei tu con tutti gli organi interni ed esterni ritirati nello stato di sonno profondo; insomma partire da A per poi arrivare a U e poi a M fino al silenzio, vuol dire avere consapevolezza di quegli stati, uno ad uno. Solo allora il mantra assume un significato vero e non solo virtuale.
Spero di essermi spiegato.
Sicuramente mi hai spiegato bene come correlare il mantra se lo rapporto ai miei stati. Rimango perplesso, ma è meglio dire interessato, sul fatto che hai appena parlato di "avere consapevolezza di quegli stati": che attinenza ha questa consapevolezza con la dissoluzione di un corpo (in particolare di quello causale)? Spero che non siano un problema queste domande non certo facili, non mi aspetto che sia tu a risolvermele, anzi, provo io a dare una possibile soluzione: forse per "dissoluzione" non bisogna sempre intendere il tipo di dissoluzione che abbiamo con il corpo fisico? Quest'ultimo lo vediamo come una distruzione, e la viviamo come un trauma per la nostra individualità psicologica. Forse per il corpo causale è solo una analogia, con esso la dissoluzione è vissuta direttamente come una integrazione (che, in fondo, è quello che avviene anche con il corpo fisico nei riguardi del resto della materia fisica). Se così non fosse, se il corpo causale si disgregasse invece letteralmente, mi chiedo questo cosa comporti soggettivamente: con la morte di un corpo fisico c'è la formazione di un ulteriore corpo fisico (in fondo, la materia disgregata viene riciclata), con la dissoluzione di un corpo sottile c'è la continuazione di un nuovo corpo sottile (credo che sia quello che viene chiamata reincarnazione), ma con l'integrazione di un corpo causale? Ci sarà un nuovo corpo causale? E questo cosa comporterà per me, per ciò che io sono davvero? Vivrò in tale nuovo corpo?

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A-U-M
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da A-U-M » 18/03/2017, 16:22

Fedro ha scritto:
17/03/2017, 18:27
Vedi differenza tra dissoluzione della bambola, e togliere quel velo che è maya?
Io no, e difatti lo considero da questo punto di vista l'approccio:
è maya che crea l'identificazione ai corpi e tutto nasce (e finisce?) qui, mi pare di avere compreso.
Questo credersi ciò che non si è, inoltre, è anche avidya, da quello che ne capisco.
Non capisco invece, che senso abbia il cercare di comprendere come debba avvenire questa dissoluzione, e se basti (?) in modo parziale.
In ogni caso, ripeto, leggo in dissoluzione il senso di disidentificazione e non sparizione; dunque non vedo il "problema" che poni.
Dicendomi (come poco fa mi ha praticamente detto anche Mauro con parole diverse) che dissoluzione e disidentificazione possono essere presi come sinonimi, mi è tutto molto più chiaro, anche se mi sembra che il Vedanta dica che prima o poi il causale si disgreghi anche letteralmente. Il problema che mi rimane quindi, che a questo punto è più che altro una domanda (intesa come ricerca di una possibilità), è se è possibile disidentificarsi con il corpo causale senza che esso si dissolva-reintegri di fatto, esattamente come è possibile disidentificarsi con il corpo fisico prima che esso muoia letteralmente. Anche perché, se nel caso di un corpo fisico la sua materia disgregata va a formare altri corpi fisici, nel caso di un corpo causale che succede? Va a formare altri corpi causali? E questo cosa comporterà per me, per ciò che io sono davvero? (Sì, è la stessa domanda che ho fatto a Mauro, ma io sono "pessimista": posso capire che un individuo smetta di contribuire al ciclo di maya, ma non riesco a vedere come sia possibile fermare del tutto la maya, come invece mi sembra che alcuni testi affermino: temo mi sia sfuggito qualcosa).

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Fedro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Fedro » 18/03/2017, 16:52

A-U-M ha scritto:
18/03/2017, 16:22
Fedro ha scritto:
17/03/2017, 18:27
Vedi differenza tra dissoluzione della bambola, e togliere quel velo che è maya?
Io no, e difatti lo considero da questo punto di vista l'approccio:
è maya che crea l'identificazione ai corpi e tutto nasce (e finisce?) qui, mi pare di avere compreso.
Questo credersi ciò che non si è, inoltre, è anche avidya, da quello che ne capisco.
Non capisco invece, che senso abbia il cercare di comprendere come debba avvenire questa dissoluzione, e se basti (?) in modo parziale.
In ogni caso, ripeto, leggo in dissoluzione il senso di disidentificazione e non sparizione; dunque non vedo il "problema" che poni.
Dicendomi (come poco fa mi ha praticamente detto anche Mauro con parole diverse) che dissoluzione e disidentificazione possono essere presi come sinonimi, mi è tutto molto più chiaro, anche se mi sembra che il Vedanta dica che prima o poi il causale si disgreghi anche letteralmente. Il problema che mi rimane quindi, che a questo punto è più che altro una domanda (intesa come ricerca di una possibilità), è se è possibile disidentificarsi con il corpo causale senza che esso si dissolva-reintegri di fatto, esattamente come è possibile disidentificarsi con il corpo fisico prima che esso muoia letteralmente. Anche perché, se nel caso di un corpo fisico la sua materia disgregata va a formare altri corpi fisici, nel caso di un corpo causale che succede? Va a formare altri corpi causali? E questo cosa comporterà per me, per ciò che io sono davvero? (Sì, è la stessa domanda che ho fatto a Mauro, ma io sono "pessimista": posso capire che un individuo smetta di contribuire al ciclo di maya, ma non riesco a vedere come sia possibile fermare del tutto la maya, come invece mi sembra che alcuni testi affermino: temo mi sia sfuggito qualcosa).
ho trovato poco fa, casualmente , questo brano di Premadharma

Un giorno l'essere si manifesta e manifestandosi si veste di cento semi che vuole esperire.

Quel vestito un giorno muore e cade. I cento semi nascono a formare un nuovo vestito che l'essere reindossa.

Un seme s'apre e altri se ne formano. Di vita in vita si formano e risolvono i semi.

Nessuno nasce e nessuno muore. L'essere è e non diviene.

Ciò che è in apparenza è il ciclo dei semi, sono loro... anzi il loro "reincontro" ad apparire nuovamente.

E' un ciclo causale. L'azione equanime permette lo sbocciare dei semi senza che se ne formino altri.

Terminati i semi, non ne rimangono da apparire.

Mauro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 18/03/2017, 18:33

A.U.M.

Quando scrivo che bisogna avere consapevolezza dei tre stati, intendo dire che bisogna partire da dove stiamo, cioè da quello grossolano (mondo manifesto) e sottile (mondo dei pensieri e delle emozioni).
Il mondo causale è il regno di Ishvara, del Principio causale.
Parlanto in termini tomistici, è la Potenza che non è (ancora) in atto.
Guarda Vishnu Narayana: coricato sul serpente Ananta, galleggiante nell'oceano causale. Nel suo yoga nidra Vishnu dà origine a Brahma.
Vishnu Narayana è il Principio Causale, in cui in potenza tutto è presente. Brahma è il principio sottile, in cui la potenza si fa atto.
Questo per dire che nello stato causale non vi è consapevolezza se non dell'ignoranza (che esperisci solo nel sonno profondo: yoga nidra, appunto).
Invece è degli stati grossolano e sottile che ti devi anzitutto occupare, perchè in essi la consapevolezza si rivela nella veglia e nei sogni.
Ed è questa consapevolezza che devi ricercare: nella presenza costante dei tuoi atti, intenzioni e volizioni.

Questo è ciò che ho appreso.

cielo
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da cielo » 18/03/2017, 20:34

A-U-M ha scritto:
17/03/2017, 16:49
Ti ringrazio tantissimo!
Effettivamente il testo è molto chiaro. A me resta il dubbio però: tale realizzazione è solo "virtuale"? Mi spiego meglio, prima che tale parola possa generare fraintendimenti: l'estinzione della M nell'atma vale per il singolo individuo, con l'atma che comunque continua in qualche modo ad essere testimone del resto dell'esistenza? Mi spiego ancora meglio: se la mia vera realtà è l'atma (l'acqua salata del mare) e la bambola "affoga" (tutta quanta, fino alla M) nel resto di me, che sono l'atma, ciò cosa comporta per le altre bambole? Il mio "vero io", in quanto atma, è il testimone anche di loro. Questa attuale bambola la sto vivendo in soggettiva... quando questa sarà dissolta, le altre come saranno vissute, per l'atma?
Quello che voglio dire, è che non riesco a capire come portare questi esempi nella mia esperienza. Se la mia vera realtà soggettiva è già tutta l'acqua salata del mare, ma nonostante ciò ora sono identificato in particolare con una piccola porzione di sale a forma di bambola, a che scopo distruggere tale forma totalmente, se restano comunque altre bambole? E come le vivrò tali altre bambole, io che sono l'acqua salata di tutto il mare? Le vivrò in soggettiva, come sto vivendo ora questa bambola?
Scusate se faccio partire un ricordo, ma Pd mi sento che direbbe: "E' sempre e solo Isvara che si incarna".
Se non c'è più la bambolina di sale, quali altre bambole di sale ci saranno e dove, di cui preoccuparsi? Uno è uno, mica due o più. Non subisce trasformazione, nascita e morte non lo toccano.
Nessuna soggettiva (no soggetto), no oggetti da percepire in quanto soggetti separati di percezione.
L'idea della creazione e della sua permanenza nel tempo - spazio, è tutta nella testa del soggetto che si pensa in "autonomia". Io e tu non convivono nell'Uno, altrimenti non sarebbe uno, ma due e più.

PS: l'atma non è soggetto di percezione

Mauro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 18/03/2017, 20:39

Questo, però, cielo, è un discorso che vale in termini ontologici ma non soggettivi.
È vero che è Ishvara che -attuandosi- si incarna, ma noi jiva non conosciamo questo mistero.
Dobbiamo partire da ciò che sentiamo di essere: bamboline.

cielo
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da cielo » 18/03/2017, 20:42

Mauro ha scritto:
18/03/2017, 20:39
Questo, però, cielo, è un discorso che vale in termini ontologici ma non soggettivi.
È vero che è Ishvara che -attuandosi- si incarna, ma noi jiva non conosciamo questo mistero.
Dobbiamo partire da ciò che sentiamo di essere: bamboline.
Appunto, allora perchè proiettare l'idea su come ci sentiremo e quali preoccupazioni avremo una volta sciolte come bamboline?
Procediamo allo scioglimento, alla trasformazione. Passiamo da una percezione dell'esterno a quella dell'interno, nel Sè.
Chi subisce come noi le barriere di tempo e spazio come può comprendere l'Immutabile?
Dunque, riagganciamoci all'inizio, pratichiamo, tuffiamoci nel mistero e a poco a poco sciogliamoci, senza immaginare come sarà sentirsi Puro Essere. Se eventualmente accadrà, in questa vita, in questo corpo, lo sapremo. Saremo quella Felicità di essere e conoscere di essere (uno).

"E' indispensabile seguire una disciplina spirituale, perchè solo l'azione può rimuovere gli effetti dell'azione stessa, così come per togliere una spina si usa un'altra spina. Non la potete levare con un coltello, con un martello e nemmeno con la spada.
L'irrealtà del mondo è una verità che fu insegnata da Shankaracarya per mezzo della sua attività concreta nel mondo "irreale", mediante la fondazione di scuole, la scrittura dei libri e la partecipazione a dispute pubbliche.
Non potete sottrarvi all'azione; dovete però badare sempre di compierla per amore e per il bene del mondo."

cielo
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da cielo » 18/03/2017, 20:51

Mauro ha scritto:
17/03/2017, 17:05
Quello che voglio dire, è che non riesco a capire come portare questi esempi nella mia esperienza.
Quel testo, sebbene denso, è di natura molto elevata.
Non insegna semplicemente a recitare un mantra.
Insegna a discriminare le realtà che stanno dietro le singole lettere che compongono il mantra.
Risolvere la totalità grossolana A, che è il mondo manifesto e che (come dice il testo) sei tu con i tuoi organi esterni nello stato di veglia, nella totalità sottile U, che è il mondo di sogno e che (come dice il testo) sei tu tramite gli organi interni nello stato di sogno, per poi risolvere questo nella totalità causale M, che è il mondo dei princìpi e che (come dice il testo) sei tu con tutti gli organi interni ed esterni ritirati nello stato di sonno profondo; insomma partire da A per poi arrivare a U e poi a M fino al silenzio, vuol dire avere consapevolezza di quegli stati, uno ad uno. Solo allora il mantra assume un significato vero e non solo virtuale.
Spero di essermi spiegato.
Benissimo. Poche volte ho avuto la fortuna di leggere una spiegazione così chiara ed esaustiva dell'utilità del mantra, e nello specifico del Pranava, come strumento di discriminazione e di risoluzione delle vasana (tendenze) che impuklsano la creazione di un io illusorio in due dei tre stati di coscienza.
Grazie.

Mauro
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Re: I tre tuffi: risoluzione del corpo causale

Messaggio da Mauro » 18/03/2017, 21:03

Cielo mi fai arrossire :oops:

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